Intervista di Nina Andreeva

 

– Qual’ è la storia di questa lettera? Perché scelse “Sovetskaja Rossija”? Provò ad inviare il testo a qualche altro giornale? Cos’è che La spinse a pubblicare la lettera? Cosa voleva ottenere con il Suo appello?

Intervista di Nina Andreeva
A 25 anni dalla sua celebre lettera contro Gorbaciov

– Qual’ è la storia di questa lettera? Perché scelse “Sovetskaja Rossija”? Provò ad inviare il testo a qualche altro giornale? Cos’è che La spinse a pubblicare la lettera? Cosa voleva ottenere con il Suo appello?

Dopo aver analizzato le rivelazioni dei mass-media occidentali circa le reali intenzioni di Gorbaciov e della “perestrojka”, cominciai a seguire attentamente i suoi interventi, le sue omissioni, le sue mezze verità. Ebbi la sensazione che Gorbaciov nascondesse ciò che stava effettivamente per fare e gli obiettivi ai quali mirava.

La società ribolliva nell’estasi delle “riforme” e nell’incomprensione di quanto accadeva: comizi, discussioni, seminari, incontri affollati e propagandistici di Gorby con il popolo e continue allusioni senza risposte precise ai problemi che emergevano da questi suoi incontri. Si rappresentavano provocatorie pièces antisovietiche di M.Shatrov. Gli spettatori si esaltavano assistendo a tali spettacoli, mentre sui giornali si susseguivano esternazioni anticomuniste di artisti e uomini politici.

Negli ambienti studenteschi si svolgevano discussioni e dibattiti sui più svariati problemi della vita, sulla storia dell’URSS, sul servizio di leva, sulla possibilità di emigrare in paesi stranieri, ecc., ecc.

Come responsabile di un gruppo di studenti e come docente sovietico ritenni importante e indispensabile attirare l’attenzione su quanto stava accadendo nel paese in seguito alle riforme gorbacioviane. Così nell’estate del 1987 scrissi un articolo dal titolo “Ricordi sul futuro” (il titolo fu escogitato dal giornale e non rifletteva il contenuto del mio scritto dedicato ai problemi della perestrojka. Io l’avevo intitolato semplicemente “Riflessioni sul futuro”). L’articolo fu pubblicato dal “Leningradskij rabocij” (9.10.1987, p. 4). Poi il redattore di questo stesso giornale non ebbe il coraggio di pubblicare un mio secondo articolo e ordinò di nasconderlo in cassaforte, affinché nessuno potesse leggerlo. Inviai copie di ambedue gli articoli anche alla “Pravda”, alla “Leningradskaja pravda”, alla “Literaturnaja gazeta” e a “Sovetskaja Rossija”. Mi rispose soltanto “Sovetskaja Rossija” il 22 febbraio 1988, proponendomi di accorciare il pezzo fino ad una pagina di stampa. Mi dichiarai d’accordo e consegnai lo scritto ad un collaboratore del quotidiano, che venne a prenderlo all’istituto dove lavoravo. L’articolo “Non posso transigere sui principi” uscì il 13 marzo 1988 con pochissime correzioni (mi proposero di infilare un capoverso sulle “repressioni”, senza la qual cosa l’articolo non poteva passare, e di modificare il tono della conclusione da: “Su questo siamo fermi e fermi RESTEREMO!” a: “Su questo siamo fermi e fermi resteremo ”).

La redazione del giornale non introdusse nessun’ altra correzione. L’articolo è riportato nel libro “I principi non donati” (Leningrado, 1992, tiratura 100.000 copie) e nel sito del VKPB alla rubrica “Biblioteca”. E’ stato tradotto in inglese, francese, italiano, spagnolo, giapponese, cinese e coreano. Scrissi l’articolo mossa dal desiderio di attirare l’attenzione dei cittadini sovietici su QUANTO stava davvero accadendo ed indurre tutti a riflettere sulla realtà della “perestrojka”.

– E’ soddisfatta dell’effetto avuto dal Suo appello? Se potesse tornare indietro rifarebbe questo Suo gesto? Alla fine degli anni ottanta si sarebbe potuto scongiurare il crollo dell’URSS?

Non definirei “un gesto” l’invio degli articoli ai giornali. Ero animata solo dalla volontà di esprimere la mia opinione e i miei timori riguardo alla linea gorbacioviana. Infatti, dietro la demagogia e i giochini di Gorbaciov a fare il “capo del popolo” preoccupato solo del bene dei cittadini, intravidi una menzogna, il desiderio di nascondere qualcosa che poi sarebbe avvenuto. Dopo aver analizzato il riformismo gorbacioviano avvertii la necessità di mettere in guardia i cittadini sovietici contro il possibile inganno progettato dal Segretario Generale del più importante partito comunista del mondo e leader della superpotenza socialista. Si prenda il suo intervento alla Sessione Generale dell’ONU del 1987, dove propose la rilettura dell’acronimo SSSR come Sojuz Sovetskich Suverennych Respublik. Scompariva qui il termine SOCIALISTE, sostituito con sovrane. I Soviet, che nella moderna accezione equivalgono ai comuni, possono essere sia socialisti che borghesi. Ricordiamo al riguardo che nel luglio del 1917 Lenin accantonò la parola d’ordine “Tutto il potere ai Soviet!” visto che questi erano divenuti menscevichi. Dopo un po’ la parola d’ordine venne riproposta. Prendiamo anche il discorso di Gorbaciov sugli obiettivi della “perestrojka” al Plenum del CC del PCUS nell’estate del 1987. Questo discorso, pronunciato in occasione della pubblicazione dei suoi scritti, conteneva un brano poi cancellato dal testo ufficiale, che tuttavia rimase nel numero della “Pravda” uscita subito dopo il Plenum. Lessi ed evidenziai questo brano ponendo a margine un punto interrogativo. Al Plenum Gorbaciov disse che il fine della “perestrojka” era quello di “… sradicare il vecchio albero, arare il terreno, seminarlo e raccogliere i frutti”. Era chiaro quel che lui intendeva fare.

Capii che Gorbaciov intendeva sradicare il SOCIALISMO e la storia ha confermato la mia interpretazione. Ma il segretario generale del CC del PCUS fece anche tante altre “allusioni”.

Sì, rimasi soddisfatta della reazione della gente alla pubblicazione della mia lettera. Subito dopo la società si divise in due campi: da una parte si schierarono i sostenitori del socialismo, dalla parte opposta tutti coloro che volevano distruggere quanto era legato al periodo sovietico. Si capì chiaramente chi era da un lato della barricata e chi dall’altro. A giudicare dalle lettere che mi pervennero all’Istituto Tecnologico i fautori del socialismo erano circa l’80%, contro il 20% dei seguaci di Gorbaciov. Debbo dire, purtroppo, che i giornali corressero un poco questo dato. Ligaciov, penso, fece il furbo quando disse a Gorbaciov che i sostenitori delle mie tesi erano circa il 60% (si veda la sua intervista a “Sovetskaja Rossija” del 13 marzo 2008).

Il “tiro della fune” a favore della “quinta colonna” continua ancora adesso in tutti gli show televisivi dove si discute dell’URSS e del ruolo di Stalin. Però non si può sempre nascondere la verità. In un’intervista sul 60° anniversario della morte di Stalin, 5 marzo 2013, sul Canale 5 di San Pietroburgo la conduttrice ha detto con mia grande sorpresa che: “i risultati delle inchieste demoscopiche ci stupiscono: l’amore del popolo per il Generalissimo sta crescendo. A differenza di due anni fa un cittadino su tre è ora disposto ad iscriversi tra i tifosi del socialismo e quasi la metà degli intervistati si dicono sicuri che il Generalissimo ha fatto tante cose buone per il paese”.

Questo mutamento di opinione nei confronti di Stalin, così vilipeso dai nemici del popolo sovietico, così coperto di fango dal trozkista Chruscev al XX Congresso del PCUS, questa percezione obiettiva della grandezza e dell’importanza gigantesca di Stalin visto l’esito del suo operato per le sorti dei popoli di un sesto del pianeta e dell’umanità intera, sono merito nostro, merito dei membri del VKPB. Sono il risultato del nostro lavoro in questi anni difficili dopo la controrivoluzione e l’antistalinismo viscerale seminato dalle autorità di governo attraverso i media. Sono il risultato della pubblicazione su “Sovetskaja Rossija” dell’articolo “Non posso transigere sui principi”, articolo che annunciò la rinascita del bolscevismo.

Se fosse possibile tornare indietro, rifarei la stessa identica cosa. Non ho nulla di cui rammaricarmi. Ribadisco nel modo più assoluto l’immutabilità della posizione che assunsi allora, 25 anni fa. Alla fine degli anni ‘80 sarebbe stato POSSIBILE scongiurare la distruzione forzata dell’URSS, se i massimi dirigenti fossero stati dei veri comunisti e avessero pensato al bene del loro paese e del popolo che aveva affidato ad essi la propria vita, il proprio futuro e quello dei propri figli. Al vertice del potere, però, si erano annidati tantissimi carrieristi, galoppini e filistei (molti dei quali si sentivano “frustrati dal potere sovietico”), gente di cui una volta ci si liberava attraverso le “purghe” in seno al partito. La maggior parte di costoro si schierarono con la controrivoluzione, pure l’élite intellettuale aderì alla “quinta colonna”. Noi boscevichi non avevamo allora una organizzazione politica capace di svolgere il necessario lavoro di chiarimento tra il popolo. La bassa nomenclatura del partito si spaventò persino della nostra pura e semplice presenza e cominciò subito ad infilarsi nel nuovo sistema di relazioni capitalistiche mantenendo una fraseologia comunista. Ricordo, tralasciando i dettagli, che tentammo di dare battaglia alla controrivoluzione attraverso la costituzione della Piattaforma bolscevica nel PCUS. In un primo tempo avevamo formato l’Associazione pansovietica “Unità per il leninismo e gli ideali del comunismo” (Mosca, maggio 1989), poi si arrivò alla Conferenza pansovietica di Minsk dove nacque la Piattaforma bolscevica nel PCUS.

Attraverso la costituzione della Piattaforma bolscevica nel PCUS volevamo restituire al Partito Comunista dell’Unione Sovietica l’assetto politico-organizzativo e la funzione ideologico-morale di avanguardia dei lavoratori nella lotta per i loro interessi di classe storicamente determinati, per la costruzione della società socialista e comunista. Volevamo unire tutte le forze sane e progressive, socialiste e patriottiche presenti nella società e dare su questa base una risposta risolutiva alla controrivoluzione borghese, che ogni giorno si scagliava sempre più pericolosamente e drammaticamente contro la nostra Patria socialista.

Nell’Appello a tutti i bolscevichi, comunisti e senza partito approvato alla Conferenza di Minsk si propose la convocazione del Congresso straordinario per stabilire il principio secondo cui nel partito dovevano esserci solo i comunisti in grado di:

– respingere la “perestrojka” di Gorbaciov come scelta politica antipopolare e disfattista, che stava già portando alla catastrofe nazionale con la prospettiva dello smembramento a breve dell’URSS in “feudi indipendenti” e della trasformazione della Patria in una semi-colonia dell’Occidente;

– costringere Gorbaciov e il suo entourage a rispondere dinanzi al partito della distruzione del PCUS e dello Stato sovietico, del tradimento della causa di Lenin, dell’Ottobre e del movimento comunista e operaio internazionale;

– esaminare la situazione nel partito e nel paese da posizioni di classe e di partito ed elaborare su basi scientifiche una politica del PCUS assolutamente nuova capace di esprimere gli interessi vitali dei lavoratori, di risollevare la Patria da una crisi senza via d’uscita, restituendo al nostro stato plurinazionale la potenza di una volta; di elaborare una linea politica che potesse portare il socialismo al successo nella competizione mondiale con il capitalismo;

– eleggere una nuova direzione del PCUS in grado di realizzare la linea politica tracciata dal XXIX Congresso straordinario del PCUS;

– bollare d’infamia a futura memoria tutti i traditori, gli impostori, i voltagabbana passati all’anticomunismo e soprattutto i membri del Politburo come A.Jakovlev, E.Shevardnadze,E.Primakov, B.Eltsin.

Gorbaciov chiese per telefono al suo segretario di chiarire il punto della risoluzione della Conferenza in cui si esprimeva la volontà di “chiamare Gorbaciov a rispondere penalmente”…

Alla conferenza parteciparono oltre 800 delegati. Erano presenti anche i massimi dirigenti del partito bielorusso (che si appartarono vigliaccamente in galleria) e la nomenclatura dei partiti di altre regioni dell’URSS.

Lo svolgimento del Congresso straordinario era stato da noi previsto per l’autunno 1991. La situazione nel frattempo si era fatta incandescente. Dopo gli avvenimenti dell’agosto 1991 (quando si ebbe il tentativo di colpo di stato da parte del GKCP), esattamente il 29 di quello stesso mese, il Soviet Supremo dell’URSS sospese l’attività del Partito Comunista dell’URSS su tutto il territorio. Più tardi, il 6 novembre, Eltsin con un apposito decreto mise fuori legge il PCUS e il partito comunista della RSFSR.

Divenne pertanto impossibile convocare il XXIX Congresso straordinario del PCUS e fummo costretti a cambiare tattica nella lotta alla controrivoluzione.

– Com’ è cambiata la Sua vita dopo l’articolo su “Sovetskaja Rossija”? Come hanno reagito i Suoi parenti a questa lettera aperta?

– Vediamo innanzi tutto perché il mio articolo ebbe tanta risonanza all’interno del Politburo e suscitò la stizza di Gorbaciov. Perché, per dirla con Aleksandr Jakovlev, principale artefice della perestrojka (dopo Gorbaciov), membro del Politburo e capo della sezione Ideologia e Propaganda del Comitato Centrale, nell’articolo “le questioni sollevate sono assai serie e sono state poste in una chiave per cui non possono essere definite altrimenti che una piattaforma ideale, un manifesto delle forze anti-perestrojka…Per la prima volta, forse, i lettori hanno potuto vedere in questa “lettera al giornale”, in forma così concentrata, non una riflessione, non solo l’espressione di un disagio, di uno stato di confusione di fronte alle questioni complesse ed aspre che la realtà pone, bensì la non accettazione dell’idea stessa del rinnovamento, la dura esposizione di una posizione ben determinata, una posizione -nella sostanza- conservatrice e dogmatica. Due tesi di fondo ne attraversano essenzialmente l’intero contenuto come un filo rosso: a che pro tutta questa storia della perestrojka e non ci siamo forse spinti troppo lontano con la democratizzazione e la trasparenza? L’articolo ci invita a compiere aggiustamenti e correzioni nel campo della perestrojka, altrimenti le “autorità” sarebbero costrette a salvare il socialismo”.

Il 23 e 24 marzo si riunì il Politburo su pressione di Jakovlev e Shevardnadze con all’ordine del giorno un solo punto, l’articolo di Nina Andreeva. Gorbaciov in quella sede costrinse per due giorni consecutivi tutti i presenti a dissociarsi personalmente dalle tesi del mio appello. Ed essi in un modo o nell’altro obbedirono. Dopo l’apparizione della risposta di Jakovlev sulla “Pravda” iniziò la campagna denigratoria contro di me. Il Comitato Centrale del PCUS indusse parecchie organizzazioni e associazioni di artisti a sparare a zero sul mio articolo. Fui allontanata dall’insegnamento per ordine del rettore. All’Istituto Tecnologico di Leningrado giunsero lettere minacciose contro la mia persona. Per strada i “riformatori” mi ingiuriavano e mi contestavano. I media cominciarono a perseguitarmi.

In questa campagna denigratoria si distinse il programma televisivo “Quinta ruota” di tale Bella Kurkova, messo in piedi alla svelta dopo l’uscita del mio articolo. Il conduttore della trasmissione, un certo Pravdjuk, andava letteralmente in estasi nel suo basso servilismo di fronte ai riformatori. La persecuzione prese di mira non solo me, ma anche mio marito, provocandogli due infarti.

Questo baccanale si protrasse a lungo e perciò nel febbraio 1989 rinunciai a richiedere per l’anno seguente l’incarico all’Istituto Tecnologico, presi le ferie senza mantenimento dello stipendio fino al raggiungimento dell’età di pensione.

Anche mio marito fu allontanato dal lavoro. Per due anni vivemmo senza mezzi di sussistenza, grazie ad alcuni risparmi accantonati per “ogni evenienza”. Non dicemmo nulla ai nostri familiari per non rattristarli. Essi non seppero quasi nulla della nostra “epopea”.

Ma, come si suol dire, non tutti i mali vengono per nuocere e la persecuzione mi temprò per la lotta futura alla controrivoluzione e alla “perestrojka”. Questo duro lavoro, come ho già detto, valse inizialmente a costruire l’Associazione pansovietica “Unità per il leninismo e gli ideali comunisti” (Mosca, maggio 1989). Nel luglio del 1991 fondammo la Piattaforma bolscevica nel PCUS alla Conferenza pansovietica di Minsk, i cui sostenitori si proclamarono eredi e seguaci della linea rivoluzionaria proletaria e leninista in seno al PCUS. In ultimo, sulla base dell’Associazione “Unità” e della Piattaforma boscevica nel PCUS fu costituito il Partito Comunista Pansovietico dei Boscevichi, il cui Congresso costituente ebbe luogo a Leningrado l’8 novembre 1991.

– Nel suo articolo sosteneva la necessità di rispettare i principi. Lei pensa che i politici di oggi siano sufficientemente coerenti? Nella politica odierna è concepibile la fermezza nei principi?

E’ difficile parlare di principi quando si pongono alla base di tutto il potere personale, il denaro e il proprio tornaconto. Il potere ora insediato al Cremlino serve più i monopoli americani che il popolo, è diretto da questi monopoli. La politica di Putin ricorda i personaggi della favola “Il gatto e il cuoco” di Krylov. Putin in sostanza sta tentando di vivere in pace sia con gli oligarchi, “ladri legalizzati”, sia con il popolo immiserito e defraudato. Quando arriva il momento di “usare il potere”, Putin si rifugia nella demagogia. Prendiamo, ad esempio, il suo intervento sulla riforma delle forze armate, disastrosa per le sorti della nostra difesa. Si è distrutto tutto. Si è messo il “falegname” fraudolento Serdjukov (un mobiliere senza nessuna cognizione militare) a capo del Ministero della difesa della FR, ma Putin non si è mosso minimamente per bloccare le esiziali riforme delle forze armate dal lui avviate ed ha deciso di “continuarle, impegnandosi in una lieve limatura di tutti i meccanismi della macchina militare, mantenendo tuttavia inalterata la logica strategica del rinnovamento delle forze armate”! (Dal discorso pronunciato da Putin al Collegio del Ministero della Difesa il 23 febbraio 2013). La stessa cosa avviene per le riforme negli altri campi della vita sociale. Pur consapevole del carattere letale delle “riforme” in atto, Putin non sembra pronto a rinunciarvi, ragion per cui prosegue la politica di devastazione del paese iniziata da Gorbaciov. In effetti Putin ha dimostrato la sua affinità elettiva con Gorbaciov, quando ha pronunciato un vero e proprio peana in occasione del compleanno dell’artefice della “perestrojka” sottolineandone “i meriti nel campo dello sviluppo dei contatti della Russia con l’Occidente” e non solo in questa sfera.

Stalin fu di saldi principi in politica e in ogni altra cosa. L’assenza di principi in politica equivale a debolezza e incapacità di direzione, il che porta alla subalternità politica, al diktat del nemico, al tradimento degli interessi del paese.

– Cosa pensa del Partito Comunista della Federazione Russa?

– Ai tempi dell’URSS Zjuganov è stato vice responsabile della sezione Ideologia e Propaganda della CC del PCUS, in altri termini il vice di Aleksandr Jakovlev, dal 1989 al 1990. Il PCFR si è costituito nel febbraio 1993, dopo la revoca della messa al bando dei partiti comunisti. Tuttavia già nel 1991 Zjuganov aveva concordato con Eltsin la soluzione del problema relativo all’organizzazione “di un partito di orientamento socialista non estremista”, ottenendo l‘approvazione dello stesso Eltsin e di Burbulis. La fondazione di un partito del genere da parte di Zjuganov fu posta all’ordine del giorno dopo la nascita del VKPB, avvenuta l’8 novembre 1991, e la rapida espansione dei nostri ranghi (fin dai primi mesi di attività il nostro partito aveva registrato l’adesione di circa 20 mila persone in diverse regioni del paese). Precedentemente, alla Conferenza pansovietica della Piattaforma Bolscevica nel PCUS, 13-14 luglio 1991, era stata approvata la risoluzione “Sulla sfiducia politica al Segretario Generale del CC del PCUS M.S.Gorbaciov”, dove vi era un punto preciso sulla necessità di “chiamare M.Gorbaciov e il suo entourage a rispondere dinanzi al partito della distruzione del PCUS e dello Stato Sovietico, del tradimento della causa di Lenin , dell’Ottobre e del movimento comunista e operaio internazionale”. Perciò, nel momento in cui concordò con Eltsin la costituzione del suo partito , il PCFR, Zjuganov pensò praticamente a salvarsi la pelle.

Zjuganov ha sempre assunto una posizione conciliante rispetto agli eltsinisti, praticando la linea di “inserimento nel potere”. All’inizio del 1993, all’atto della costituzione del PCFR, Zjuganov utilizzò su suggerimento di Gorbaciov le liste degli iscritti al PCUS presso i comitati territoriali del partito. La nascita del PCFR segnò la realizzazione di un evidente proposito di Eltsin: l’indebolimento del movimento comunista attraverso la raccolta all’interno del PCFR della “fanteria” partitica più remissiva (partito di massa).

Nell’ottobre 1993 si profilò la possibilità di estromettere Eltsin dal potere . Mosca ribolliva dalla rabbia di tutti gli scontenti della politica eltsiniana. Fu proprio Zjuganov in quel frangente a salvare Eltsin e la controrivoluzione.

Il 2 ottobre Zjuganov intervenne alla TV nazionale e in un appello al popolo invitò tutti a “non partecipare a nessuna iniziativa, a nessuno scontro”, a restarsene a casa. Il 3 ottobre Eltsin ordinò di sparare sui difensori del Soviet Supremo nel pieno centro di Mosca e ad Ostankino (sede della televisione di Stato. – N.d.T.), poi il giorno dopo fece bombardare dai carri armati il Soviet Supremo della RF (Casa Bianca), dove si trovavano i deputati, i sostenitori del potere sovietico, i combattenti e numerosi cittadini sovietici. Eltsin represse nel sangue le manifestazioni di piazza. Caddero molti giovani. Le vittime, che furono più di 10 mila, le ha sulla coscienza Zjuganov. I difensori del potere sovietico che parteciparono ai fatti dell’ottobre 1993 definiscono Zjuganov “un complice di Eltsin che cambia opinioni e tutori a seconda della congiuntura politica”.

Zjuganov è sempre pronto a inserirsi nel sistema, sostituendo a seconda dei casi una parola d’ordine con un’altra diametralmente opposta. Comunista diamantino prima della” perestrojka”, egli si è subito dopo trasformato in un socialdemocratico, dichiarando che “la Russia aveva ormai esaurito la sua propensione rivoluzionaria”. Non è mai stato un sostenitore di Stalin, ma da quando l’atteggiamento dei russi nei suoi confronti è mutato da negativo a positivo, i militanti di Zjuganov non si allontanano più in maniera dimostrativa dai ritratti di Stalin che noi portiamo in tutte le manifestazioni e dichiarano persino di essergli fedeli. Zjuganov è allineato sulle posizioni della chiesa ortodossa e pubblica articoli a sua difesa. Nelle file del PCFR non vi è comunque unità e sono frequenti le scissioni e le uscite dal partito di singole organizzazioni territoriali. Le posizioni politiche delle strutture regionali del PCFR non sono le stesse e in tante località noi organizziamo con loro iniziative comuni.

– Per chi ha votato alle elezioni presidenziali?

Noi non partecipiamo alle elezioni del presidente e ci limitiamo a svolgere un lavoro di chiarimento tra la popolazione sul sistema elettorale e i candidati. In pratica i pretendenti alla carica presidenziale si differenziano poco l‘uno dall’altro e si attengono tutti alla politica della classe dominante borghese. Il conteggio dei voti è tale che la percentuale prefissata a sostegno del potere viene puntualmente ottenuta. Stalin diceva che nel sistema borghese non è importante come si vota, ma CHI conta i voti. Noi parteciperemo alle elezioni del presidente se dovesse verificarsi una differenza di principio nelle posizioni politiche dei candidati. Per esempio, se uno dei candidati fosse un filo-americano verace, o un fascista, noi andremo a votare per impedire la sua ascesa alla suprema carica del paese.

– Appoggia Putin?

Dipende dal problema concreto. Lo appoggiamo nell’impegno per la unificazione delle ex repubbliche sovietiche, cosa che contribuirebbe anche ad unire i proletari. Appoggiamo gli sforzi del presidente volti ad accrescere il numero dei partecipanti all’Unione Doganale. Siamo però categoricamente contrari alla sua politica di “destalinizzazione”, con la quale egli offende i sentimenti dei cittadini sovietici che hanno costruito il socialismo e lo hanno difeso, insieme alla vita sulla terra, con la vittoria del popolo sotto la guida del Stalin nella Grande Guerra Patriottica e Seconda Guerra Mondiale. La “destalinizzazione” è tanto più ignobile ove si consideri che gli attuali oligarchi ricavano enormi profitti dalle fabbriche costruite durante i piani quinquennali diStalin, dal funzionamento delle centrali elettriche costruite sotto Stalin, dalla vendita delle nostre risorse minerarie scoperte nel periodo di Stalin. Noi appoggiamo Putin quando decide la inammissibilità del traffico dei nostri bambini (che chiamano “adozioni internazionali”).

Non lo appoggiamo affatto nelle riforme del sistema d’istruzione tese a sminuire ed a oscurare la grande storia della Russia e dell’Unione Sovietica, a promuovere l’ignoranza e l’arretratezza, l’oblio dei nostri classici della letteratura, dell’arte, ecc. Non lo appoggiamo nel suo tentativo di trasformare la Russia da stato laico in stato clericale attraverso la sponsorizzazione dell’ideologia biblica. Si è cancellato il marxismo come unica teoria scientifica di sviluppo della società, senza che nulla di valido sia stato proposto. Si sono imposti i vecchi miti biblici come ideologia del mondo moderno. Negli ultimi tempi sono stati costruiti tantissimi “templi” di ogni confessione, mentre non si è minimamente pensato alla realizzazione di case accessibili al popolo. Non appoggiamo Putin quando commercializza l’istruzione e la sanità, rendendole inaccessibili alla maggioranza dei cittadini. Non appoggiamo il presidente nelle iniziative dannose per il paese e per il popolo. Non lo appoggiamo quando il suo operato lede la dignità della nazione russa. Non siamo nazionalisti, però la nazione che ha dato il nome alla Russia deve essere rispettata.

– Appoggia l’odierno movimento di protesta? Perché?

Il movimento di protesta è assai variegato: abbiamo la “Marcia di milioni”, il “Fronte di sinistra”, la “Causa giusta”, la “Società civile”, “Rot-front” e tante altre organizzazioni che si differenziano poco nel nome e sono prive di una piattaforma politica ben distinta. Il movimento di protesta può essere classificato ed analizzato secondo l’atteggiamento di ciascuna componente verso la proprietà privata e gli obiettivi che essa persegue. Quanto all’atteggiamento verso la proprietà privata abbiamo due campi differenti: la “Marcia di milioni”, il “Fronte di sinistra” (qui sinistra sta per destra nell’accezione comune del termine), la “Causa giusta”, la “Società civile” sono a favore della proprietà privata ed esprimono gli interessi della classe borghese dominante o, come adesso si dice, i “valori liberali”.“Rot-front” e RKRP (Partito Comunista Operaio Russo), guidati entrambi da Viktor Tjulkin, sono per i valori socialisti. Tutti i movimenti di protesta sono divisi anche al loro interno. I movimenti dei liberali, ad esempio, si differenziano per il rapporto che hanno con i due diversi blocchi della borghesia: la borghesia compradora e la borghesia nazionale. La “Marcia di milioni” (Boris Nemcov è uno dei leader) guarda alla borghesia compradora , il “Fronte di sinistra” (Udalcov) pure.“La causa giusta” (Aleksej Navalnyj) pure. Boris Nemcov ha dichiarato che le proteste “sono l’unico modo di cambiare il sistema nel suo insieme”. Quando fu primo ministro sotto Eltsin egli mostrò COME voleva cambiare il sistema. E ci è bastato.

Non appoggiamo questi movimenti poiché mirano, ci pare, a sostituire Putin con un leader di inclinazioni ancora più filo-americane, a distruggere il paese ed a consegnarlo agli Stati Uniti in ogni campo. Questi movimenti intendono conseguire i loro obiettivi aggravando progressivamente la tensione nel nostro paese, seminando paura e terrore, organizzando disordini e provocazioni. Gli avvenimenti del maggio 2012 in piazza Bolotnaja hanno mostrato la volontà dei movimenti protestatari liberali di organizzare una loro “majdan” dove poter svolgere una continua opera di provocazione fino a determinare una situazione esplosiva. Pertanto noi appoggiamo Putin nella sua opera di demolizione di questa “quinta colonna”. Abbiamo invece la sensazione che Medvedev non sia del tutto estraneo a questi movimenti “liberali”. Putin appoggia di più la borghesia nazionale. I liberali vorrebbero conquistare il potere attraverso le elezioni e perciò fanno molto chiasso intorno alla necessità di modificare le leggi elettorali. Nella fase di svolgimento delle elezioni e in un eventuale clima di contestazione dei risultati sarebbe possibile, infatti, scatenare una rivoluzione arancione o comunque “colorata” con tutte le conseguenze che ne deriverebbero. L’Occidente, come al solito, è sempre disposto a dare una mano… Il “Partito del fare” (Konstantin Babkin e Michail Prochorov) e la “Società civile” guardano alle aspettative della borghesia nazionale e finora non hanno organizzato massicce manifestazioni di protesta.

Il movimento di protesta di orientamento socialista “Rot-front” si propone di entrare in parlamento attraverso le elezioni. Non pare abbia altre aspirazioni.

– Perché, secondo Lei, molti leader ed esponenti politici che negli anni ’80 aderivano e lavoravano nel PCUS dopo la caduta dell’URSS sono rimasti al potere e si sono iscritti a “Russia Unita”?

Questo dimostra la degenerazione del PCUS da partito difensore degli interessi della classe operaia a partito tutore degli interessi privati di filistei, carrieristi e banderuole varie. E’ noto che molti entravano nel PCUS per intraprendere una scalata sociale. Le “purghe” che si facevano all’epoca di Stalin servivano a ripulire il partito dagli intrusi carrieristi e non sempre ci riuscivano. Il trozkista Nikita Chruscev, infiltratosi nel VKP(b), riuscì a sottrarsi a quelle “purghe”. Effettivamente, l’odiosa “Russia Unita” si compone per quasi il 90% di ex membri del PCUS. Oggi “Russia Unita”, fondata come partito del presidente, non ha alcun sostegno nella società, tanto evidenti sono il carrierismo dei suoi iscritti e il loro desidero di arricchimento personale attraverso il partito.

Se vogliamo parlare più in generale dell’appiattimento del PCUS sui valori borghesi, ricordiamo che Eltsin stesso era stato per lunghi anni segretario regionale e persino membro supplente del Politburo, il suo ministro per la Sicurezza dello Stato Golushko aveva guidato il KGB ucraino; il segretario di Stato e vice premierBurbulis aveva insegnato marxismo-leinismo all’università; l’ideologo delle riforme e di fatto capo del governo Gajdar era stato dirigente di primo piano della rivista ufficiale del PCUS “Kommunist” e poi anche della “Pravda; il successivo premier Chernomyrdin era stato membro del Comitato Centrale del PCUS.

Secondo l’istituto demoscopico dell’Accademia delle Scienze, l’amministrazione di Eltsin e il governo della FR erano composti già nel 1995 di ex membri della nomenclatura del PCUS per il 75 e il 73,4% rispettivamente. L’unico esponente del governo eltsiniano che non aveva fatto parte del PCUS era Serghej Glaziev, ministro dei rapporti economici con l’estero. E, guarda caso, fu l’unico ministro che nell’ottobre del 1993 condannò Eltsin e appoggiò il Soviet Supremo.

L’alta nomenclatura del partito è stata parte attiva nella preparazione e nello svolgimento della controrivoluzione.

– Se Volesse scrivere oggi un appello al paese, a quale testata lo affiderebbe e su che cosa si soffermerebbe?

Affiderei il mio appello a quella testata che di sicuro non traviserebbe, né falsificherebbe il mio pensiero. Oggi dedicherei il mio appello alla questione della rinascita del socialismo e dell’URSS come famiglia unita e plurinazionale dei popoli delle ex repubbliche sovietiche.

Leningrado, 7 marzo 2013

Fonte: VKPB
Traduzione dal russo di Stefano Trocini
Fonte: siarivoluzione
Link: [qui]

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