“L’imperialismo e la tigre di carta”

“Che sul piano economico, militare e strategico il fronte imperialista che fa capo agli USA si trovasse in crisi è apparso evidente da molto tempo, anzi la sua crisi si può datare dai risultati dello scontro militare in Medio Oriente”.

 

L’imperialismo e la tigre di carta

 

Che sul piano economico, militare e strategico il fronte imperialista che fa capo agli USA si trovasse in crisi è apparso evidente da molto tempo, anzi la sua crisi si può datare dai risultati dello scontro militare in Medio Oriente, dove è apparso evidente che, nonostante l’aggressività, la tigre di carta non è riuscita a prevalere. Quindi per tentare di reinserirsi nei giochi, gli USA hanno dovuto puntare prima sulle ‘primavere’ arabe e quando queste sono state spazzate via si sono adottate nuove tattiche. La divisione tra sciti e sunniti, la rivalutazione delle crociate antiterrorismo, l’uso del terrorismo nella vicenda siriana, l’ISIS in Iraq. Niente di tutto questo ha però funzionato.

La Siria è ancora in piedi, la Libia è terra di nessuno, il Califfato diventa protagonista di un’operazione di cui l’Arabia Saudita è entrata a gamba tesa per regolare i suoi conti con gli sciti e con l’Iran diventato troppo influente al punto di lambire la stessa penisola arabica. E’ in questo contesto che Obama, messo alle strette da un’assenza totale di disegni strategici, ha maturato la sua svolta, puntando almeno in parte sulla carta politica e su operazioni che impedissero nell’immediato l’approfondimento delle contraddizioni in cui gli americani si stanno dibattendo. La trattativa con l’Iran sul nucleare e l’apertura delle relazioni con Cuba rientrano in questo contesto.

Ma esiste davvero un nuovo disegno strategico americano? Il campo è troppo minato perchè si possa determinare una ritirata per riprendere fiato. Il Medio Oriente è in fiamme e sembra quasi impossibile rimettere in piedi i cocci. Israele non solo agisce sulle contraddizioni, ma sfida Obama proprio negli USA per le sue aperture all’Iran. In Europa rimane aperta la ferita dell’Ucraina e lo scontro con la Russia. Su tutto quanto incombe una situazione economica dell’occidente capitalistico che non accenna a riprendersi, ma che anzi rimane pressata dal colosso cinese e dalla sua intrapredenza e dinamicità.

Quali sono dunque le prospettive?

Nonostante la drammaticidità della situazione, sul piano economico e militare siamo ancora nei tempi lunghi, dal momento che la tigre è impantanata e non riesce a trovare una via d’uscita. Per essere espliciti, bisogna rispondere a queste domande: gli Stati Uniti possono oggi entrare in guerra con la Russia? Con la voce grossa Putin non si smuove e quindi bisognerebbe adottare altri mezzi. E ancora, è possibile una pacificazione nell’area mediorientale e nel mondo islamico? Con quali mezzi e con quali obiettivi credibili? E infine su quale terreno si può determinare la ripresa del sistema occidentale dal momento che anche l’Europa è costretta a serrare i ranghi dietro la Merkel per non essere schiacciata sia dalla crisi americana che dalle contraddizioni che gli USA hanno scatenato coinvolgendo anche l’UE?

Quindi non si vedono schiarite e la nuova fase di aperture americane è, come si è detto, una pausa di riflessione prima di nuovi disastri. Per capire meglio possiamo immaginarci un purgatorio dove però bollono nuove contraddizioni e la cui prospettiva non è il paradiso, ma un inferno molto grande. A meno che le forze soggettive che lottano contro l’imperialismo non dimostrino un’efficacia che possa bloccare le previsioni peggiori.

 

Aginform

12 aprile 2015

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