Non bisogna aspettare le stragi per limitare l’accesso alle armi: la Nuova Zelanda corre ai ripari

Una strage, una mass shooting terribile con un bilancio di 50 vittime. La Nuova Zelanda è sotto shock per quanto accaduto a Christchurch: l’attentato di Brenton Tarrant è un evento che ha segnato tragicamente la storia del Paese.

 

Non bisogna aspettare le stragi per limitare l’accesso alle armi: ora la Nuova Zelanda corre ai ripari

Una strage, una mass shooting terribile con un bilancio di 50 vittime. La Nuova Zelanda è sotto shock per quanto accaduto a Christchurch: l’attentato di Brenton Tarrant è un evento che ha segnato tragicamente la storia del Paese. Ma che, nella sua drammaticità, ha aperto un dibattito politico fondamentale: la necessità di operare una “stretta sulle armi”. Come riferisce Euronews, la prima mossa è stata la cancellazione di una fiera sulle armi in programma il 23 marzo. Non solo. Il governo è intenzionato a modificare in maniera sostanziale la legislazione, visto che l’attentatore era munito di regolare licenza per detenere armi. Spiega il Post:

Dopo una lunga riunione la prima ministra Jacinda Ardern ha detto che il suo gabinetto «è totalmente unito» sulla questione, ma non ha ancora annunciato una proposta concreta: si prenderà il resto della settimana per discutere i dettagli dopo aver concordato di cambiare la legge «in principio». «Questi non sono territori legislativi semplici. Quindi semplicemente ci prenderemo il tempo per farlo nel modo corretto», ha spiegato.

Tarrant, dunque, ha ottenuto le armi in maniera agevole: l’unica “fatica” è stata quella di doverle modificare per renderle semiautomatiche (quindi in grado di sparare con maggiore facilità). Un’operazione abbastanza semplice per chi è esperto.

Non bisogna aspettare le stragi per limitare l’accesso alle armi

La strage di Christchurch deve riecheggiare come un tragico monito su cosa può accadere di fronte alla diffusione di armi: bisogna limitarne l’accesso prima che accadono fatti del genere. Certo, la Nuova Zelanda ha una legislazione un po’ più permissiva, ma la storia ha dimostrato che anche in Italia sono possibili eventi del genere: non a caso Tarrant aveva indicato tra i suoi “modelli” Luca Traini, l’attentatore di Macerata. Anche lui aveva una regolare licenza, ottenuta peraltro in poche settimane. Fortunatamente a Macerata non ci sono state vittime, solo feriti. Ma la dinamica e il fanatismo alla base sono identici. E nulla ci mette al riparo da emulazioni.

L’attacco di Tarrant arriva a pochi giorni dall’approvazione della legittima difesa voluta da Matteo Salvini: una riforma che, come specificato più volte, non modifica la possibilità di avere più armi, perché su questo punto c’è stato già il decreto entrato in vigore a settembre, ma ne sdogana l’uso. In sostanza incentiva l’acquisto di pistole e fucili in nome della sicurezza fai-da-te. L’attentato in Nuova Zelanda sottrae anche l’argomento, spesso usato, che il numero di armi a disposizione non aumenta i pericoli, come ripetono gli amanti di pistole e fucili: averne 6 o 12 (numeri non casuali che tirano in ballo il già menzionato decreto raddoppi-armi) significa avere in dotazione un arsenale. Che di fronte a queste situazioni fa la differenza, una differenza formata da vite distrutte.

Insomma: più armi, meno sicurezza. Ci sono Paesi che corrono ai ripari e altri in cui il ministro dell’Interno, che dovrebbe garantire la nostra sicurezza, si fa fotografare con fucili tra le mani.

18 Marzo 2019

Giuseppe Civati
 

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