Il Venezuela e i fantomatici esperti nei dibattiti televisivi

Superficialità e disonestà intellettuale spadroneggiano sugli schermi della tv italica allorquando fantomatici esperti presentati come super-partes approcciano alla questione Venezuela.

 

Il Venezuela e i fantomatici esperti nei dibattiti televisivi

Superficialità e disonestà intellettuale spadroneggiano sugli schermi della tv italica allorquando fantomatici esperti presentati come super-partes approcciano alla questione Venezuela. L’ultimo esempio lo abbiamo avuto in occasione di un dibattito andato in onda sulle frequenze di Sky TG24 alla presenza dell’ambasciatore in Italia della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Julian Isaias Rodriguez Diaz, il sottosegretario agli Esteri del governo italiano Ricardo Merlo, e Antonella Mori dell’ISPI. 

Possiamo anche passare sopra le banalità proferite da Merlo, ma le false notizie presentate dalla signora Mori come fossero verità oggettive rappresentano un’intollerabile dimostrazione di disonestà intellettuale.

La signora Mori infatti arriva ad affermare che le sanzioni illegali imposte dagli Stati Uniti contro il Venezuela non avrebbero sostanzialmente colpito l’economia di Caracas. Solo al governo bolivariano, suggerisce l’intervento della signora Mori, sarebbero da imputare colpe per il decadimento dell’economia venezuelana. 

Tutto ciò affermato dopo aver premesso che le sue conclusioni arrivano dopo anni di studi dedicati all’argomento. E menomale che ci sono anni di studi alla spalle, viene naturale a questo punto affermare, altrimenti cosa sarebbe arrivata a dichiarare la signora Mori?

Come si può affermare che le sanzioni non hanno prodotto alcun effetto se queste sono state definite da Alfred de Zayas – ex esperto ONU che è stato in Venezuela e ha stilato un accurato rapporto – alla stregua di un assedio e un vero e proprio crimine contro l’umanità secondo la definizione stabilita nel Trattato di Roma? 

Magari la signora Mori potrebbe aggiornare i suoi studi e aggiungere a questi la lettura dello studio condotto da Mark Weisbrot e Jeffrey Sachs per il Center for Economic and Policy Research dal titolo assai emblematico: Sanzioni economiche come punizione collettiva: il caso del Venezuela.

Uno studio dove vengono esaminati alcuni degli impatti più importanti delle sanzioni economiche imposte al governo venezuelano dall’agosto del 2017. Si scopre che la maggior parte dell’impatto di queste sanzioni non è stato per il governo ma per la popolazione civile. Dove scopriamo che le sanzioni hanno inflitto e sempre più gravemente danni alla vita e alla salute umana, tra cui una stima di oltre 40.000 morti nel 2017-2018; e che queste sanzioni corrisponderebbero alla definizione di punizione collettiva della popolazione civile, come descritto nelle convenzioni internazionali di Ginevra e dell’Aja, di cui gli Stati Uniti sono firmatari.

Sanzioni illegali secondo il diritto e i trattati internazionali che gli Stati Uniti hanno firmato e sembrerebbero violare la legge statunitense. 

Ci permettiamo sommessamente, inoltre, alla signora Mori di aggiungere ai suoi eminenti studi quello realizzato dall’Unità di Dibattito Economico del CELAG, diretto dall’economista spagnolo Alfredo Serrano Mancilla, dove viene mostrato dati alla mano che il blocco finanziario internazionale contro il Venezuela dal 2013 è la causa principale della crisi economica. Questo blocco ha comportato la perdita di 350.000 milioni di dollari nella produzione di beni e servizi tra il 2013 e il 2017, secondo uno degli scenari proposti nel modello macroeconomico di coerenza utilizzato.

Così come sulla questione inflazione invitiamo la signora Mori ad essere maggiormente accorta per non incorrere in errori marchiani. Non si può affermare che l’esplosione dell’inflazione in Venezuela sia stata causata dal governo socialista che ha deciso di aumentare la stampa di denaro. Questo è smentito dai numeri dal già citato economia spagnolo Alfredo Serrano Mancilla, nel suo articolo ‘Manuale di stupidaggini sull’inflazione in Venezuela‘, dove spiega: «In Venezuela, da diversi decenni, l’inflazione è costituita come componente strutturale dell’economia (…) Per alcuni neoliberisti da manuale (monetaristi) tutto è dovuto al chavismo che utilizza troppo la macchina per stampare bolívares. Questo corrisponde a verità?  È tutta colpa dell’emissione monetaria? No. Assolutamente no. Non tutto è dovuto all’aumento degli aggregati monetari. Numericamente è molto semplice dimostrarlo. Basta dare uno sguardo ad alcuni casi per renderci rapidamente conto che non vi è alcuna relazione diretta. È vero che nel 2015 l’inflazione fu elevata (180,9%) così come anche l’emissione monetaria (100,66%). Tuttavia, non è stato sempre così. Osserviamo l’anno 2006: con maggiore creazione di denaro (104,34%), l’inflazione fu relativamente bassa (17%). Oppure guardiamo l’anno 1996, prima dell’avvento del chavismo al potere, l’inflazione giunse al 103% con una crescita della massa monetaria del 55%. Comunque si guardi la questione, non vi è alcuna relazione semplicistica tra prezzi e denaro in circolazione». 

Infine, vi invitiamo a leggere questo articolo che riproduciamo per intero dove vengono spiegate per bene le conseguenze sul Venezuela dettate da sanzioni ed aggressione finanziaria. Giudicate voi se la signora Mori non è quantomeno in malafede. 

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L’annuncio dell’ingresso  di “aiuti umanitari” da parte degli Stati Uniti attraverso i confini della Colombia e del Brasile – valutato 20 milioni di dollari e totalmente irrisorio in contrasto con il danno prodotto dall’assedio finanziario quantificato in 30 miliardi di dollari – non riesce ad egemonizzare l’opinione pubblica, in particolare per le minacce di intervento militare che sono filtrate dalla Casa bianca, ma anche perché i dati reali sulla situazione politica ed economica del Venezuela non sono in sintonia con quelli delle nazioni che vivono una profonda devastazione sociale.

La crisi umanitaria è una categoria del diritto umanitario internazionale, che si riferisce alle calamità naturali o alle  guerre ad alta densità e permette all’aiuto transnazionale gestito da governi e organizzazioni internazionali un argomento per intervenire nelle decisioni riguardanti gli Stati, violando la loro sovranità. Haiti, Somalia e Sud Sudan sono i precedenti del Venezuela, l’attuale obiettivo delle crociate umanitarie.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite definisce che, per esistere un’emergenza di questa natura, i livelli di violenza, fame e malattie devono colpire milioni di persone senza che lo Stato incaricato sia in grado di esercitare un controllo efficace dei problemi.

Yemen, Libia, Iraq, Siria, Repubblica Democratica del Congo, Ucraina, sono alcuni dei principali paesi che l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) considera come i più critici del 2018 perché sono immersi in una crisi sociale di natura complessa e prolungata. Le guerre che li attraversano aumentano le crisi alimentari, epidemie di malattie, spostamenti interni e migrazioni forzate.

Le caratteristiche specifiche che si ripetono in queste regioni dell’Africa, Asia ed Europa orientale, non si verificano in Venezuela o sono per alcuni parametri molto meno intensi.

 

INSUFFICIENZA ALIMENTARE INDOTTA E CONTROFFENSIVA DEI CLAP

Dal 2016, si è cominciato a utilizzare il riferimento alla “crisi umanitaria” dalla Assemblea Nazionale, tribuna dell’opposizione, e negli spazi della Organizzazione degli Stati Americani (OAS) con Luis Almagro a capo dell’operazione, prevedendo che gli effetti del decreto Obama e la sua ratifica da parte del presidente Donald Trump si sentissero nella vita quotidiana della popolazione.

È innegabile il deterioramento delle condizioni economiche del popolo venezuelano prodotto dalla violenta aggressione economica, che ha anche favorito la proliferazione di un’economia parallela e la speculazione, ma ancora nulla a che vedere con il vero e proprio crollo strutturale delle regioni asiatiche e africane.

Gli ultimi rapporti della FAO stimano che tra il 2016 e il 2018 c’è stato un aumento del 11% di denutrizione, totalmente insufficiente per paragonarlo alle emergenze alimentari che soffrono i paesi sub-sahariani, dove la percentuale di persone denutrite è il 30% del totale della popolazione.

Il boicottaggio deliberato dell’industria privata che esercita pressione economica, insieme all’attacco alla moneta da parte delle mafie cambiarie, hanno influenzato negativamente l’accesso dei cittadini comuni a prodotti essenziali del paniere di base.

Allo stesso tempo, le sanzioni finanziarie applicate alla Banca Centrale del Venezuela e all’azienda statale PDVSA hanno limitato la capacità di manovra del governo venezuelano per rispondere alla precarizzazione alimentare.

Ma la politica di distribuzione del cibo a prezzi agevolati, che lo Stato venezuelano articola attraverso il CLAP, ha ampiamente contenuto gran parte degli effetti di queste aggressioni dirette contro la popolazione.

L’attacco e il discredito internazionale su una struttura che attualmente garantisce cibo di base a più di 6 milioni di famiglie, riafferma le intenzioni di strumentalizzare la storia della carestia come elemento di una presunta “crisi umanitaria” in Venezuela, che serve per giustificare un intervento militare.

Non dimentichiamo che lo scorso anno il governo della Colombia, sotto la tutela del Dipartimento di Stato, ha impedito l’ingresso di oltre 25 mila scatole di cibo CLAP, mentre le banche internazionali hanno ostacolato il pagamento di altri 18 mila, costringendo il paese a triangolare con i paesi alleati per evitare il blocco.

 

CONSEGUENZE DELL’AGGRESSIONE FINANZIARIA AL SETTORE DELLA SALUTE PUBBLICA

Più critico è stato il sabotaggio nell’acquisizione di forniture mediche per i servizi di emergenza ospedaliera. Le condizioni deteriorate dei centri di assistenza hanno come principale causa l’ordine esecutivo firmato da Donald Trump nell’agosto del 2017.

Ai fenomeni nazionali di accaparramento dei farmaci, che aumentano i prezzi e le reti di contrabbando che deviano le risorse, si aggiungono i vincoli internazionali per l’importazione di particolare trattamenti medici, come ad esempio il rifiuto della Citibank di ricevere il pagamento per l’acquisto di 300 mila dosi di insulina, l’ostruzione in Colombia di una spedizione con farmaci contro la malaria, e il recente blocco dalla Spagna della compagnia aerea Iberia di 200 mila unità di farmaci per le malattie croniche, che il Venezuela aveva acquistato dal Qatar.

Ora, la controffensiva venezuelana compensa nuovamente le gravi conseguenze di questi attacchi multidimensionali.

L’attivazione del piano vaccinale nazionale gratuito 2018, con il supporto dell’Organizzazione mondiale della sanità e dei rappresentanti dei medici cubani, ne è un esempio.

Durante i mesi di aprile e maggio è stato sviluppato un processo di vaccinazione con oltre 11 milioni di dosi, per un totale di 9 milioni di beneficiari. Tra le malattie incluse, c’erano difterite, tubercolosi, malaria, epatite B, poliomielite, morbillo e tetano.

L’arrivo della nave ospedale cinese “Peace Ark” nel settembre del 2018, è un altro fattore da soppesare quando si accusa il governo di essere responsabile della situazione ospedaliera. Questa nave è arrivata nel porto venezuelano, con 120 medici, 8 sale operatorie, 300 posti letto ospedalieri e circa 2.666 dispositivi medici per fornire assistenza specializzata al paese. L’attività è stata un’azione coordinata tra Cina e Venezuela.

A differenza di Stati che hanno perso la capacità di esercitare un controllo sui loro territori e, in caso di conflitti o catastrofi naturali non sono in grado di gestire le soluzioni alle crisi sanitarie derivanti, il Venezuela è riuscito a stabilire partnership di cooperazione con i paesi e le organizzazioni internazionali per mitigare i danni alla salute della popolazione.

 

SPOSTAMENTI INTERNI E RIFUGIATI: DATI CONTRAPPOSTI

Una caratteristica elementare dei paesi con crisi umanitarie sono gli spostamenti forzati interni e verso altri paesi, persone che cercano di proteggersi dagli scontri violenti. Nella relazione annuale 2018, l’UNHCR ha precisato che due terzi dei 68 milioni di persone sfollate da guerre e conflitti provengono da cinque paesi: Siria, Afghanistan, Sud Sudan, Myanmar e Somalia. D’altra parte, la Colombia ha 7,7 milioni di vittime del conflitto in fuga attraverso il territorio nazionale, risultando il paese latinoamericano con i maggiori sfollati interni.

Tuttavia, in Venezuela non v’è alcuna traccia di spostamento forzato all’interno del paese, ma i dati decontestualizzati sulla migrazione e sui rifugiati mediante l’uso dei media internazionali è ben documentata, e si è attirata l’attenzione su una crisi di immigrazione che non corrisponde agli spostamenti causati da uno scontro bellicoso.

I dati pubblicati da diverse iniziative per rimarcare l ‘”esodo venezuelano” come un problema che minaccia la sicurezza internazionale, variano di numero e collocano migranti e rifugiati nella stessa statistica. La verità è che le ragioni della migrazione del Venezuela sono principalmente economiche (aggravata da campagne mediatiche) e si sviluppa nel 2017, quando il blocco finanziario contro il paese si è intensificato.

Allo stato attuale un totale di 12 mila 750 persone che avevano viaggiato in altri paesi per migliorare la loro condizione economica sono tornati attraverso il “Piano di ritorno alla Patria”, programma attuato a rimpatriare le vittime venezuelane di sfruttamento del lavoro, di atti di xenofobia e tratta di persone.

 

ATTORI E ELEMENTI ATTUALI CHE SMONTANO LA “CRISI UMANITARIA”

Lo Stato venezuelano mantiene l’articolazione tra attori statali e non statali allo scopo di proteggere i programmi sociali, a condizione che la fornitura di sostegno non sia condizionata.

In un incontro con la FAO e l’UNICEF a metà gennaio, come parte di un invito da parte della Presidenza ricevuta dall’ONU, in relazione ai programmi di alimentazione scolastica, si sono firmati convezioni in relazione ai programmi di alimentazione scolastica, educazione integrale e agricoltura urbana.

Inoltre, i membri del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) hanno partecipato insieme al Vice Presidente e il Ministero della Salute per valutare meccanismi di cooperazione per rafforzare l’area medica. Dopo pochi giorni, il presidente della Croce Rossa Christoph Harnisch ha preso atto della natura politica dell’operazione che vuole attivarsi al confine con la Colombia e ha dichiarato di non partecipare ad un’operazione di quelli che non considera aiuti umanitari.

Il ministro della Sanità Carlos Alvarado ha anche annunciato l’ingresso di 18 milioni di farmaci, provenienti in gran parte dagli accordi stabiliti con Cuba e la Cina, una società dirette acquisto in tutto il mondo che non ostacolano i pagamenti e gli altri ingressi attraverso Revolving Fund e Pan American Health Organization.

Questa gestione diretta delle istituzioni venezuelane impedisce che le azioni coordinate da Washington determinino una vera crisi umanitaria che promuova l’imminente caduta delle strutture che mantengono l’ordine politico all’interno del paese. Vale a dire: lo Stato e il chavismo.

Nel riconoscere organi paralleli come legittimi e finanziandoli, gli Stati Uniti negano l’autorità politica del governo nazionale come massimo rappresentante del paese nella risoluzione dei problemi. Allo stesso tempo, denunciano che il Venezuela non accetta gli “aiuti umanitari”, ma non riconosce gli sforzi multilaterali per garantire la stabilità sociale. E tutto questo perché un’uscita diplomatica minaccia le variabili che sono state fabbricate per giustificare l’accesso militare nel territorio venezuelano con il presupposto degli aiuti umanitari.

da: www.lantidiplomatico.it

 

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