Casa, audizione al Ministero Infrastrutture

Dichiarazione di Guido Lanciano della segreteria nazionale dell’Unione Inquilini.

 

 

CASA/AUDIZIONE AL MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE: 
L’UNIONE INQUILINI BOCCIA IL PIANO CASA DEL GOVERNO.
SERVONO 500 MILA ALLOGGI A CANONE SOCIALE. NEL SOCIAL HOUSING, INVECE, SI COMINCI CON METTERCI LE CASE DEGLI ENTI.

Dichiarazione di Guido Lanciano della segreteria nazionale dell’Unione Inquilini.
“Nel corso dell’audizione svolta oggi al Ministero delle Infrastrutture sull’attuazione del piano casa del governo e la situazione degli enti previdenziali privatizzati, l’Unione Inquilini ha presentato un documento con le proprie analisi e proposte.
In particolare, abbiamo sottolineato come il governo ancora non abbia risposto alle obiezioni della Corte Costituzionale che ha eccepito la possibilità che lo Stato possa finanziare piani di edilizia residenziale che non abbiano finalità sociale come il governo, invece, vuole rendere possibile attraverso lo strumento dei fondi immobiliari.
In Italia giacciono nei cassetti dei comuni 650 mila domande per la casa popolare utilmente collocate in graduatoria. Si tratta di nuclei che avrebbero diritto a un alloggio popolare ma che ne vengono privati perché è da oltre 20 anni che non ci sono più piani di edilizia residenziale pubblica e, una volta esaurita la vecchia Gescal, non sono state introdotte altre fonti certe e stabili di finanziamento.
L’imbroglio del governo, che noi denunciamo apertamente, è il seguente: con il social housing vuole sostituire l’edilizia residenziale pubblica. Ma, l’intervento dei fondi immobiliari individua rendimenti dei capitali investiti che prefigurano canoni incompatibili con la stragrande maggioranza di quelle 650 mila famiglie che attendono in graduatoria.
L’Italia è il fanalino di coda in Europa nell’offerta di alloggi a canone sociale (un misero 4% contro una media del 16%). Serve un grande piano per 500.000 alloggi popolari, a cominciare dalla riconversione a uso di residenza sociale degli immobili pubblici in disuso, a partire da quelli della difesa e dalle caserme in particolare.
Solo a quel punto, il social housing può avere una prospettiva positiva in quanto aggiuntivo e non sostitutivo alle case popolari e può rappresentare la terza gamba del settore casa, che utilmente si rivolga a chi non è così ricco da poter reggere il mercato privato ma neanche così povero da poter aspirare a un alloggio a canone sociale.
In questo senso, prima di pensare al social housing nuovo da costruire, occorrerebbe pensare a quello che già c’è e che, invece, si sta sfaldando. Pensiamo agli enti previdenziali, alle varie casse di previdenza, alle ex Ipab e così via. Un patrimonio oggi che sfugge a qualsiasi regolamentazione e che tende a inseguire la speculazione privata.
Abbiamo proposto l’adozione di una normativa che inserisca questo patrimonio dentro il comparto del social housing. Ciò vuol dire: per gli affitti, obbligo di stare nelle fasce minime degli accordi territoriali e aumenti vincolati all’inflazione programmata prevista dal governo; per le vendite, diritto all’abitazione per i redditi bassi, possibilità di intervento da parte delle Regioni, gli enti locali e le ATER.”

Roma, 27 gennaio 2011

 

 

e mail: unioneinquilini@virgilio.it – sito internet: unioneinquilini.it

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