[Sinistrainrete] Gen. Fabio Mini: Salvare la dittatura del dollaro: la vera guerra di resistenza USA

Sono tempi davvero strani, questi. Tempi in cui politici da quattro soldi, comici e gazzettieri si infilano l’elmetto e chiamano alla “bella guerra”. Soprattutto perché sono altri a combatterla.

 

 

Redazione Contropiano – gen. Fabio Mini: Salvare la dittatura del dollaro: la vera guerra di resistenza USA

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Salvare la dittatura del dollaro: la vera guerra di resistenza USA

di Redazione Contropiano – gen. Fabio Mini*

Dollaro sgualcitoSono tempi davvero strani, questi. Tempi in cui politici da quattro soldi, comici e gazzettieri si infilano l’elmetto e chiamano alla “bella guerra”. Soprattutto perché sono altri a combatterla.

Tempi in cui, il nome della “libertà” e del “pluralismo”, è ammessa una sola opinione – quella dominante – altrimenti “stai con il nemico” (oggi Putin, ma altri si delineano all’orizzonte).

Tempi in cui si ragiona per “assoluti” (l’”autodeterminazione” – se ci torna utile, se no cippa -, la “sovranità” dello Stato – se ci torna utile, se non cippa, sei un “sovranista” -, la “resistenza” – se sono i nostri servi a doverla fare, se no è “terrorismo”).

Tempi in cui le conseguenze di ogni scelta, specie se bellica, sono ignorate. Come se “il nemico” fosse una bersaglio di carta, che si può colpire a piacere, senza riceverne risposta “proporzionata”.

Sappiamo da dove viene questa stolida convinzione. Da trenta anni di guerre fatte “da noi” contro stati incompleti, deboli militarmente ed economicamente, bombardabili a piacere.

Non che le risposte, anche in qui casi, non ci siano tornate indietro sotto forma di bombe ed attentati. Ma, appunto, il termine “terrorismo” serviva a maledire gli autori e soprattutto a non porsi alcuna domanda sul “perché”. “Pazzi”, “invasati”, “sanguinari”, “demoni”, e via infiorettando epiteti non bisognosi di approfondimento, ma perfetti per alzare cortine fumogene.

Ora, invece, abbiamo davanti un “nemico simmetrico”, dotato anch’esso di aviazione, marina, ecc. E armi nucleari. In numero e quantità grosso modo equivalenti alle “nostre” (in realtà degli Usa, ma si sa che i tifosi pensano sempre di essere quasi proprietari della squadra per cui spendono soldi…).

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Maurizio Franzini: Federico Caffè. Sono passati 35 anni

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Federico Caffè. Sono passati 35 anni

di Maurizio Franzini

Federico Caffè“La mia indipendenza, che è la mia forza,
implica la solitudine, che è la mia debolezza”

Pier Paolo Pasolini

La mattina del 15 aprile di 35 anni fa il telefono fisso di casa mia squillò molto presto, mentre ancora dormivo. Alzai la cornetta e a parlarmi era il mio amico e un po’ più anziano collega Giorgio Gagliani, che purtroppo ci ha lasciato da molti anni. Con voce calma mi chiese se fossi sveglio e prima ancora che potessi dirgli ‘fino a un minuto fa, no’ mi resi conto che nella calma della sua voce c’era qualcosa di strano. ‘Senti, Caffè è scomparso’ ‘Scomparso? Mi stai dicendo che è morto’ ‘No, non è morto è scomparso, sparito non sappiamo dove sia andato’. Giorgio credo sia stato l’ultimo di noi a vederlo, il giorno prima della scomparsa, ma questo di certo non gli fu d’aiuto per fare ipotesi su dove potesse essere. Poco dopo, tutti noi, suoi ‘allievi’, eravamo lì, a casa di Caffè in via Cadlolo, alla ricerca di idee sul da farsi. Quella che prevalse fu di cercarlo sulla collina di Monte Mario nella angosciosa speranza che fosse finito lì sospinto da un momento di cedimento alla sensazione che la vita gli stesse sfuggendo di mano. Non fu una buona idea, come tutte quelle che le fecero seguito. La sequenza presto si esaurì e abbandonare la speranza di recuperarlo al nostro affetto e alla nostra gratitudine non fu facile. Certo fu impossibile – io credo, per ognuno di noi – smettere di interrogarsi sulle ragioni ultime e sul significato di quel suo gesto smisurato.

Sapevamo della sua sofferenza per il venir meno di essenziali affetti, sospettavamo che fosse stato se non raggiunto almeno lambito dal social despair per il percorso che il mondo aveva imboccato e sapevamo – dovrei dire meglio: credevamo di sapere – quanti intralci alla sua vitalità creava quella stagione della vita in cui gioie e soddisfazioni quasi dimenticano di germogliare.

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Andrea Fumagalli: Il circolo perverso delle sanzioni alla Russia

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Il circolo perverso delle sanzioni alla Russia

di Andrea Fumagalli

Premessa necessaria, visto il clima esistente: il contributo che segue è un’analisi critica della possibile efficacia delle sanzioni dei paesi occidentali contro l’economia russa. La critica a tali sanzioni non significa che non si stigmatizzi in modo netto l’invasione dell’esercito di Putin in Ucraina: piuttosto vuole stimolare la ricerca di una strada diversa – quella della ragione e della diplomazia – per mettere fine alle diverse atrocità a cui ogni giorno assistiamo. In particolare, due sono i punti di contraddizione che vogliamo sollevare: perché il dibattito europeo si concentra sul blocco dell’import del gas russo e del carbone, quando tale blocco, anche se venisse effettuato, avrebbe un effetto inferiore a quello di altri provvedimenti, e, in secondo luogo, perché non viene detto che tale politica avrebbe dei costi per l’Europa di gran lunga superiori a quelli che si vorrebbe infliggere alla Russia?

embargo russo 1 1200x801I dati non sono oggettivi. Ma disporre di dati, il più possibile attendibili, cioè tratti da fonti ufficialmente riconosciute, può essere utile per comprendere alcune situazioni e fenomeni economici. Nella scienza e nella statistica economica, il dato si presta a variabili interpretazioni e per questo la sua analisi deve essere accompagnata da solide argomentazioni.

In questi giorni, sono in molti, a livello politico e istituzionale, a perorare la causa dell’embargo dell’export dei prodotti energetici (petrolio, soprattutto gas, carbone) provenienti dalla Russia, come arma economica per depotenziare la minaccia militare di Putin, con il duplice obiettivo di mettere fine all’invasione dell’Ucraina e quindi creare le condizioni per una soluzione diplomatica.

Secondo costoro si tratterebbe di una “guerra economica umanitaria” sulla falsariga di quella guerra militare “umanitaria” che era stata propagandata dalle potenze occidentali per giustificare l’attacco all’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia e via dicendo (la lista è alquanto lunga).

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Intervista a Valerio Evangelisti

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Intervista a Valerio Evangelisti

0e99dc 6d77945896644c9186fa9b5c63e0a8dfmv2Ci ha lasciati Valerio Evangelisti, storico e scrittore militante bolognese, animatore di diversi progetti, tra cui «Carmilla». Ha contribuito a creare un immaginario attraverso i suoi numerosi romanzi, da quelli legati alla famosa figura dell’inquisitore Eymerich al ciclo del Pantera, nel clima della guerra civile americana, dai pirati di Tortuga agli intrecci dei percorsi biografici de Il sole dell’avvenire, dagli Iww alla rivoluzione messicana, fino ai volumi dedicati a raccontare un’altra storia del Risorgimento italiano. Lo ricordiamo con un estratto dell’intervista del 18 marzo 2000, per il volume Futuro anteriore. Dai «Quaderni rossi» ai movimenti globali: ricchezze e limiti dell’operaismo italiano (DeriveApprodi, 2002).

* * *

Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e l’inizio della tua attività militante?

La mia storia è abbastanza lunga perché io cominciai ad accostarmi al movimento nel 1969, quando ero uno studente medio. Sulle prime chi interveniva nella mia scuola erano i maoisti e quello fu il primo contatto, anche un po’ traumatico, con la sinistra, come allora si diceva, extra-parlamentare; ma quasi subito passai a Lotta continua. A dire la verità a spingermi non era tanto un calcolo ideologico: Lotta continua era il gruppo ritenuto il più duro e cattivo di tutti, vidi una loro manifestazione che mi impressionò, e quindi alla fine del 1969 vi entrai, tra i primi studenti bolognesi a farne parte (allora era appena nata anche in Italia). Rimasi con loro diversi anni: va detto che era un gruppo molto affiatato dal punto di vista umano, interno, però con quasi nessuna forma di organizzazione, cosa che lasciava spazio a un amplissimo leaderismo; poi c’era la venerazione di Sofri come una sorta di divinità.

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Federico Dezzani: Dopo la conquista del mare di Azov

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Dopo la conquista del mare di Azov

di Federico Dezzani

Nel 57esimo giorno della guerra russo-ucraina, il ministero della Difesa russa ha annunciato la conquista della città di Mariupol. È tempo di analizzare come la campagna militare si sia evoluta in questi due mesi, come potrebbe evolvere nel prossimo futuro e, sopratutto, quali saranno le sue ricadute internazionali: è sempre più evidente la volontà delle potenze anglosassoni di usare il conflitto per indebolire la Russia e, allo stesso tempo, destabilizzare Germania e Italia.

 

Guerra per procura ad oltranza

A distanza di poco meno di due mesi dall’inizio delle ostilità russo-ucraina, il Ministero della Difesa russo ha annunciato la conquista della città di Mariupol, circa 400.000 anime sul Mare di Azov: solo il grande complesso siderurgico, facente parte del kombinat dell’acciaio costruito nel Donbass negli anni ‘30, rimane ancora in mano alle sparute truppe ucraine, ma la sua caduta è questione di tempo. La Russia ha quindi ottenuto un primo tangibile risultato strategico: ha ricreato un ponte terrestre con la penisola di Crimea (annessa nel 2014) e trasformato il Mare di Azov in lago interno.

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SI Cobas nazionale: Note a margine del convegno “Il capitalismo delle catastrofi” del 10 aprile

ilpungolorosso

Note a margine del convegno “Il capitalismo delle catastrofi” del 10 aprile

di SI Cobas nazionale

L’iniziativa promossa domenica 10 aprile dal SI Cobas, già nel titolo e nel sottotitolo “due anni di pandemia e di uso capitalistico dell’emergenza sanitaria”, ha tracciato una linea di continuità con l’analoga iniziativa dell’aprile 2021.

Sebbene la quantità dei partecipanti sia stata al di sotto dei numeri della precedente assemblea e della iniziativa online del 13 marzo contro la guerra, il convegno di domenica ha registrato un consenso unanime per la qualità, lo spessore e il livello del dibattito.

L’introduzione di Peppe D’Alesio del SI Cobas, ha evidenziato le ragioni dell’iniziativa, partendo dalla necessità di dotare il movimento di classe di un’analisi e di una chiave di lettura “sistemica” di questa crisi sanitaria, in quanto parte integrante di una crisi altrettanto sistemica del capitalismo su scala mondiale, e di mantenere alta l’attenzione sugli effetti e sull’impatto sociale di una pandemia che, malgrado siano calati i riflettori mediatici su di essa, non solo continua a persistere e a mietere migliaia di vittime ogni giorno nel mondo, ma si colloca in un contesto che preannuncia, assieme a nuove guerre e ai disastri ambientali, altre e forse ancora più virulente pandemie.

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Piccole Note: Ucraina: nello stallo, le brutalità, vere o presunte, dei contendenti

piccolenote

Ucraina: nello stallo, le brutalità, vere o presunte, dei contendenti

di Piccole Note

La guerra ucraina, come preannunciato, sta entrando in una nuova fase. Dopo la caduta di Mariupol, ormai presa al di là di una cellula di resistenza presso l’acciaieria Azovstal, l’esercito russo si sta organizzando per prendere il pieno controllo del Donbass (si prospettano battaglie più pesanti).

Ma iniziamo dall’acciaieria di Azovstal, a Mariupol, dove i resistenti hanno rifiutato di arrendersi nonostante i ripetuti appelli: di fatto un suicidio collettivo che porterà la morte di parte dei civili che si trovano lì col battaglione Azov, presumibilmente contro la loro volontà (arduo, infatti, immaginare che siano anch’essi votati al suicidio). Tali civili sono scudi umani, cosa che spiega tanto delle metodologie del battaglione, ma non si può dire…

Insieme all’Azov anche dei “volontari” occidentali, il cui numero e grado è imprecisato. I russi hanno mostrato i video dei due britannici catturati, ma è da presumere che ce ne siano altri e di altre nazionalità.

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Alberto Lombardo: L’orchizzazione del popolo russo apre le vie della guerra senza fine

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L’orchizzazione del popolo russo apre le vie della guerra senza fine

di Alberto Lombardo – La Riscossa

“Nella fantasia popolare, mostro favoloso (protagonista di tante fiabe per l’infanzia) vorace di carne umana e spece di bambini, rappresentato come un gigante dalla testa grossa, la bocca enorme, la barba e i capelli ispidi e arruffati.” (Treccani)

“L’orco del folclore è correlato a quello della mitologia germanica; in generale un essere descritto come più simile a una bestia o a un demone (per esempio gli orchi di Piers Anthony), e talvolta a quella dell’orco della mitologia (gli orchi di J. R. R. Tolkien)” (Wikipedia)

Non sfugge il senso di disumanizzazione che tale appellativo induce verso il suo destinatario. L’orco non è un umano, anche se può assumerne vagamente le sembianze. È un essere pericolosissimo che incarna il massimo della malvagità che si può immaginare: l’antropofagia. In particolare essa è rivolta verso i bambini, che per tutti gli esseri umani comportano un duplice senso di protezione: individuale, perché i più indifesi, e sociale, perché i continuatori della nostra collettività, intesa in senso stretto come comunità e in senso lato come società.

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Guido Salerno Aletta: A tutto gas, senza gas

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A tutto gas, senza gas

di Guido Salerno Aletta

Sostituire le forniture russe richiede tempo, investimenti e non azzera i rischi

Nel giro di pochi mesi, il panorama economico e politico mondiale è stato stravolto: ancora al G20 di Roma, in autunno, la priorità assoluta dei governi era quella di perseguire a tappe forzate la decarbonizzazione dell’economia, abbandonando il carbone ed il petrolio a favore delle fonti energetiche rinnovabili che non immettono CO2 nell’atmosfera, condizione indispensabile per contrastare l’aumento della temperatura terrestre, contenendolo entro 1,5°.

In questo contesto, con la parità tra emissioni ed assorbimenti di CO2 prevista intorno al 2050, il gas e l’energia nucleare sarebbero rimasti strumenti indispensabili per assicurare il fabbisogno durante questo trentennio di transizione.

La guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia hanno stravolto il quadro di riferimento già a breve termine, considerando che è stato decretato l’embargo delle importazioni di carbone e che si discute se imporre anche quello sul gas.

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Giorgio Agamben: Stato di eccezione e guerra civile

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Stato di eccezione e guerra civile

di Giorgio Agamben

In un libro pubblicato qualche anno fa, Stasis. La guerra civile come paradigma politico, ho cercato di mostrare che nella Grecia classica la possibilità – sottolineo il termine “possibilità” – della guerra civile funzionava come una soglia di politicizzazione fra l’oikos e la polis, senza la quale la vita politica sarebbe stata inconcepibile. Senza la stasis, il levarsi in piedi dei cittadini nella forma estrema del dissenso, la polis non è più tale. Questo nesso costitutivo fra stasis e politica era così inaggirabile che anche nel pensatore che sembrava aver fondato la sua concezione della politica sull’esclusione della guerra civile, cioè Hobbes, questa resta invece fino all’ultimo virtualmente possibile.

L’ipotesi che vorrei proporre è allora che se siamo giunti alla situazione di assoluta depoliticizzazione in cui ora ci troviamo, ciò è appunto perché la stessa possibilità della stasis è stata negli ultimi decenni progressivamente e integralmente esclusa dalla riflessione politica, anche attraverso la sua surrettizia identificazione col terrorismo.

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Francesco Schettino: La conflittualità valutaria e l’enigma del gas valutato in rubli

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La conflittualità valutaria e l’enigma del gas valutato in rubli

di Francesco Schettino

720x410c50mnuidcfvL’attualità più stringente ci induce a pensare che la questione valutaria sia di nuovo al centro dell’attenzione. Non è un caso che essa venga adoperata come arma all’interno di un conflitto esplicito e che sembri essere la reazione più forte e più evidente che il governo russo ha messo in piedi per contrastare le sanzioni che nel frattempo continuano a mutare forma e divenire sempre più coercitive nei confronti della Russia e del popolo russo. Se ne è parlato tanto però sembra opportuno specificare alcuni elementi innanzitutto semplificando all’osso la questione. È pertanto importante tornare un po’ indietro e cercare di delineare dal punto di vista concettuale che cosa è una valuta internazionale e perché appunto il governo russo abbia pensato di attuare una mossa del genere per agire da contrappeso alle sanzioni internazionali.

Innanzitutto, è importante districarci da quel nodo teorico perlopiù inventato dal mainstream – in altri termini la scuola liberale, conosciuta in dottrina come neoclassica o marginalista – per cui la moneta non possa influenzare le variabili reali come disoccupazione e reddito (il famoso “velo”). A livello capitalistico la moneta è una merce a tutti gli effetti disponendo di tutte le caratteristiche degli altri beni prodotti capitalisticamente e cioè di un valore d’uso, un valore di scambio. Solo le banche centrali hanno l’autorità per emetterle e dunque si può dire che esista un monopolio nella sua produzione.

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Alessandro Visalli: Guerra

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Guerra

di Alessandro Visalli

armatura di CortezHo amato il mio piccolo bambino, oggi adulto, dal primo momento che me lo hanno messo in braccio; un miracolo che si è ripetuto. Da quel giorno ho sentito quella forma di responsabilità concreta per la vita che fa esistere l’umanità. Amare il proprio figlio è l’esperienza che innesca ogni capacità di superarsi nel dono, e di riconoscere sé nell’altro, la quale rende propriamente umani.

La guerra di tutto ciò è esattamente l’opposto.

La guerra sollecita sentimenti di morte, gratifica le virtù meno virtuose, esalta il coraggio meramente fisico. Il coraggio ascende a virtù centrale, ma anche Attila era un grande guerriero e Hitler alla fine fu coraggioso (e lo era stato anche nella Grande Guerra); il valore militare non ha alcuna relazione, né positiva né negativa, con le altre qualità della mente e dello spirito. La nostra civiltà, come è accaduto in altre crisi, sta retrocedendo rapidamente (uso questa parola che evito sempre perché qui è appropriata in senso tecnico) a stati spirituali ed emotivi che si credevano erroneamente passati, quando erano solo sopiti perché non necessari.

Anche se lascia senza parole, non accade per caso: appena la posizione dei nostri sistemi economici nella catena del valore, o, per dirlo meglio, nella catena dello sfruttamento e dell’estrazione di valore mondiale è stata sfidata, e ciò si è fatto urgente[1], allora abbiamo immediatamente dismesso l’abito del mercante per prendere dagli antichi armadi quello del guerriero. Con esso tutta la sua epica.

Ad esempio, qualche giorno fa il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo[2] di Andrea Nicastro che esalta il coraggio fisico disperato dei macellai del battaglione “Azov”, rinchiusi nei sotterranei dell’acciaieria di Mariupol.

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Roberto Pecchioli: Francia. La somma non fa il totale

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Francia. La somma non fa il totale

di Roberto Pecchioli

Emmanuel Polanco 10267 200601 lexpress bombe retardement couv emmanuelpolanco finalIl primo turno delle elezioni presidenziali francesi evoca una battuta di Totò: è la somma che fa il totale. Nella fattispecie, in negativo; la somma non fa il totale, poiché si è manifestata una volta di più un’anomalia delle sedicenti democrazie liberali: la maggioranza dei cittadini ha votato contro il sistema, ma il sistema ha vinto. Il 24 aprile questa verità sarà confermata dal ballottaggio tra Emmanuel Macron, il presidente in carica, giovin signore della scuderia Rothschild prestato alla politica e Marine Le Pen, la sua avversaria, definita esponente dell’estrema destra.

Lo schema è lo stesso delle precedenti elezioni e uguale sarà il risultato, benché sia certo che lo scarto di voti tra l’uomo dell’oligarchia e la donna dell’opposizione sarà assai più contenuto rispetto al 2017, quando funzionò alla perfezione lo schema classico della politica – non solo francese-, ovvero la conventio ad excludendum, il cordone sanitario contro la Le Pen, già sperimentato nei confronti del padre Jean Marie.

Uno sguardo ai numeri: Macron ha ottenuto poco più del 27 per cento, la Le Pen ha superato il 23, distanziando di circa mezzo milione di voti il terzo arrivato, Jean Luc Mélenchon, campione della sinistra sociale. Devastante la sconfitta delle sigle politiche che dominano la scena transalpina da decenni: un umiliante 4,7 per cento per la rappresentante della destra moderata, Valérie Pecresse, addirittura l’1,7 per Anne Hidalgo, socialista, sindaco in carica di Parigi. Modestissimi gli esiti degli ecologisti e del candidato comunista, fedele alleato dei socialisti. Lusinghiero, per contro, il risultato del candidato rurale conservatore, Jean Lassalle, che, senza mezzi, ha superato il 3 per cento dei voti. Contraddittorio il 7 per cento raccolto dal polemista di estrema destra Eric Zemmour, ebreo di origine nordafricana, che ha mobilitato un notevole seguito giovanile ed imposto non pochi temi della campagna.

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Gal Luft: Gli USA, la guerra nucleare finanziaria contro la Russia e il nuovo ordine finanziario globale

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Gli USA, la guerra nucleare finanziaria contro la Russia e il nuovo ordine finanziario globale

Giulio Chinappi intervista Gal Luft

221137964 c939203f f6a0 4794 a24c 0c99b1eeb303Gal Luft, consulente senior del Consiglio per la sicurezza energetica degli Stati Uniti, ha rilasciato un’intervista alla testata cinese Guancha, traducibile come (“L’Osservatore”). Nell’intervista, Luft affronta tematiche di grande attualità come le sanzioni contro la Russia, la fine del dominio del dollaro come valuta di riferimento e la nascita di un nuovo ordine finanziario, sottolineando anche i reali interessi degli Stati Uniti in Europa. Di seguito la traduzione dell’intervista.

* * * *

Gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo con i principali alleati europei per rimuovere diverse banche russe dal sistema SWIFT, in quelle che sono state definite sanzioni “a livello di bomba nucleare finanziaria“. Il sistema SWIFT è stato creato dagli Stati Uniti, ma l’allargamento delle sanzioni alla Russia dimostra che Europa e Stati Uniti stanno indebolendo il sistema internazionale da loro stessi stabilito. Che impatto avrà questo sull’ordine economico e finanziario mondiale?

Nell’estate del 2019 ho pubblicato un libro intitolato De-dollarization: The Revolt Against the Dollar and the Rise of a New Financial World Order (“Dedollarizzazione: la rivolta contro il dollaro e l’ascesa di un nuovo ordine finanziario”, ndt). Molti degli eventi che stanno accadendo oggi sono stati predetti nel libro, ma devo dire che anche io sono piuttosto stupito dalla velocità del cambiamento. Stiamo letteralmente assistendo a una trasformazione del sistema finanziario globale annunciata dalle potenze occidentali dopo la seconda guerra mondiale alla conferenza di Bretton Woods.

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Daniele Cardetta: Cina: le prospettive di Pechino oltre la crisi in Ucraina

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Cina: le prospettive di Pechino oltre la crisi in Ucraina

di Daniele Cardetta

In questi giorni comprensibilmente gli occhi del mondo sono tutti rivolti verso Kiev e l’Ucraina dove si sta assistendo a una guerra che, a detta di molti esperti di geopolitica, potrebbe portare a un cambio degli equilibri strategici globali. Mentre lo spettro di un conflitto nucleare spaventa il mondo, l’attenzione di Washington si spinge ben più a Oriente rispetto all’Ucraina, attraversa l’India e raggiunge Pechino. Non è certo una novità che la Repubblica Popolare Cinese rappresenti il vero “nemico” dell’establishment americano e in tanti hanno visto nel conflitto in Ucraina, e nel possibile conflitto Occidente-Mosca, una sorta di antipasto (o una prima tappa di avvicinamento) di quello che potrebbe succedere da qui a breve a Taiwan.

E’ proprio di queste ore la notizia che Pechino avrebbe deciso di rinforzare il proprio arsenale nucleare così da aumentare la deterrenza nei confronti degli Stati Uniti in caso di un surriscaldarsi della situazione a Taiwan. Secondo il Wall Street Journal[1] sarebbe stata la presunta “cautela” americana a intervenire a Kiev a convincere Xi Jinping ad accelerare sulla strada dell’armamento nucleare.

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Salvatore Bravo: Male quotidiano

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Male quotidiano

di Salvatore Bravo

Il male non è nei grandi eventi, ma nella normalità del quotidiano. Le grandi manifestazioni della violenza sono la punta dell’iceberg della normalità del male e del suo radicarsi nel quotidiano. Associare il male esclusivamente a malvagie intenzioni è una trappola in cui non bisogna cadere, l’intenzione malvagia è un’eccezione nella pratica del male, essa è piuttosto indifferenza e pensiero acritico. L’indifferenza non è casuale, è coltivata nel sistema mediante l’addestramento competitivo il cui scopo a trasformare ogni occasione in profitto, ciò si radica e si introietta fino a diventare la seconda natura dell’essere umano che tutto guida. Dall’orizzonte emotivo l’alterità è oscurata e con essa scompare il pensiero critico ed il giudizio qualitativo. L’indifferenza verso la comunità diviene giudizio acritico, si può vivere nel male, ma essere superficialmente convinti di essere nel bene. L’inganno dei totalitarismi è sempre eguale, si parte da un postulato da cui tutto dedurre logicamente deduttivamente senza che vi sia nella catena logica dubbio o riflessione sulle asserzioni logiche.

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Johan Anderberg: Ecco perché nessuno vuole parlare della Svezia

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Ecco perché nessuno vuole parlare della Svezia

di Johan Anderberg – Istituto Brownstone

La storia della Svezia diventa sempre di più il punto oscuro di tutta la vicenda del Covid. Una storia semplice: in Svezia sono state prese poche restrizioni, enormemente meno che in altri paesi europei. Ciononostante, l’epidemia di Covid ha colpito la Svezia molto meno pesantemente dei paesi “chiusuristi.” Certo, uno si può avvitare su vari e ragionamenti per intorbidare le acque (ma la Norvegia…), ma i numeri sono quelli.

Questo articolo di Johan Andeberg è particolarmente interessante perché va a esaminare il meccanismo psicologico e narrativo di come la gente è stata spaventata fino a credere che l’epidemia fosse enormemente più grave di quanto non lo fosse realmente. Basta un dato: nel 2020, gli americani avevano sopravvalutato la mortalità da virus di un fattore di oltre 200 volte. Altri paesi non avevano fatto molto meglio. L’Italia non era stata esaminata, ma vi posso dire a livello informale che avevo fatto un sondaggio simile con i miei studenti – tutti ragazzi bene avanti negli studi universitari – e avevano sopravvalutato la letalità del Covid di almeno un fattore 20.

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Roberto Buffagni: Sulla seconda fase delle ostilità in Ucraina

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Sulla seconda fase delle ostilità in Ucraina

di Roberto Buffagni

Nel video linkato in calce[1], il giornalista e documentarista italiano Giorgio Bianchi, che dal 2014 segue il conflitto in Ucraina, riporta quanto gli ha detto nel Donbass una fonte di alto livello e degna di fede del campo russo.

E’ notevole che il contenuto riportato da Bianchi coincida con quanto scritto da Gilbert Doctorow il 14 aprile[2] nel suo articolo The Russian Way of War – Part Two. Doctorow è uno storico americano, collaboratore dell’American Committee for U.S.-Russia Accord (ACURA)[3] del quale fu cofondatore il professor Stephen Cohen[4] (Princeton University), uno dei maggiori studiosi della Russia sovietica e post-sovietica.  Oggi Doctorow è residente a Bruxelles. Per decenni ha studiato la Russia e lavorato colà per imprese occidentali, come consulente. Ha dunque una vasta rete di relazioni in Russia.

I punti essenziali riportati da Bianchi sono:

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Mauro Armanino: Gli assenti del vertice Europa–Africa

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Gli assenti del vertice Europa–Africa

di Mauro Armanino

«Tout ce qui est fait pour l’Afrique sans le peuple africain n’est pas pour l’Afrique». (Tutto quanto si decide per l’Africa senza il popolo africano non è per l’Africa).

Niamey, 20 febbraio 2022. Questa la traduzione della frase posta come emblema della dichiarazione dei popoli africani sul recente vertice dell’Unione Europea e Africana. Ancora prima dell’incontro effettuatosi a Bruxelles il 17 e 18 febbraio passato, c’erano stati vari contatti. Il ‘terreno’ opportunamente preparato con la promessa della Commissione Europea di un aiuto di qualcosa come 150 miliardi di euro per l’Africa. L’apertura solenne di questo sesto vertice era sotto il tema ‘ Africa e Europa, due continenti con una visione comune per il 2030’. Per un’ Africa in ‘piena mutazione’, ricordava il presidente in esercizio dell’Unione Africana Macky Sall del Senegal. Con la necessità di ‘reinventare la relazione trai due continenti’, affermava Emmanuel Macron, presidente francese. C’è solo da sperare che detta visione non sia comune, né nel 2030 nè mai. A Bruxelles, infatti, i popoli non c’erano affatto.

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Nico Maccentelli: I capponi di Renzo

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I capponi di Renzo

di Nico Maccentelli

“Lascio poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all’in giù, nella mano d’un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora l’alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse, e faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura.”

(Alessandro Manzoni, Promessi sposi, cap. 3, l’episodio dei capponi)

E’ da tempi immemorabili che nella sinistreria con velleità rivoluzionariste si marcia divisi per colpire… divisi. E’ dalla notte dei tempi che ci sono parrocchie litgiose tra loro, sempre pronte a beccarsi per misere egemonie. In altre parole, i classici capponi di Renzo, che si beccano l’un l’altro mentre stanno per finire in pentola. E stavolta la questione è proprio questa: la pentola che accomuna non solo i litigiosi pennuti (che evidentemente non hanno la minima cognizione della responsabilità che dovrebbero assumersi), ma l’intera umanità.

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