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[SinistraInRete] Carla Filosa: Dazi e democrazia

Rassegna 25/03/2024

Carla Filosa: Dazi e democrazia

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Dazi e democrazia

di Carla Filosa

jpeaojvòpsDalle promesse elettorali alle ingiunzioni televisive in mondovisione, Trump ritira provvisoriamente – sembra – i dazi a Messico e Canada. Si pone il problema se sappia, anche rivolto a chi gli suggerisce o stila i suoi proclami, di cosa stia minacciando e soprattutto con quali conseguenze potrebbero avviarsi i prodromi di una guerra commerciale che non si sa contro chi alla fine potrebbe ritorcersi. Anche quotidiani Usa scrivono che una guerra sui dazi è una cosa stupida, che la vittoria non potrà essere di nessuno e che a rimetterci sarà solo il lavoro di base in ogni settore produttivo.

Le ultime notizie poi, danno per cancellati i guadagni ottenuti nel post elezioni (bitcoin), per provocate ritorsioni ai dazi del 25% imposti a Messico, Canada e del 20% a Cina, dando un via inflazionistico dagli esiti incerti, proprio negli Usa. La motivazione eufemisticamente “fittizia”, addotta all’imposizione dei dazi, riguarderebbe il flusso di fentanyl che questi Paesi inviano negli Stati Uniti, cui farebbe seguito l’attacco protezionista provocando un’ulteriore ritorsione senza più fine. L’avvio di questa guerra commerciale, per primo solo con l’alleato canadese, ricorda la favola del lupo e dell’agnello di antica saggezza, nel coraggioso belato di Trudeau per non diventare “mai” il 51° Stato americano.

Il crollo delle borse e il prezzo dei bitcoin che avrebbe dovuto creare una “riserva strategica” di criptovalute negli Usa, segnano un primo risvolto alle risoluzioni di Trump, cui si affiancano i guai alla Tesla e a quelli possibili dei robotaxi e robot del futuro non ancora pronti di E. Musk. Se negli ultimi cinque mesi, in Cina – il più grande mercato del mondo – le vendite delle auto con la T sul cofano sono crollate, come pure la quota di mercato di Tesla in Cina al di sotto del 5%, la cinese BYD di Shenzhen vende a più del 161%.

Per quanto poi concerne l’impatto che le tariffe doganali al 25% in più si avrebbero in Italia dopo il 2 aprile, i settori più colpiti potrebbero essere vini, auto di lusso, yacht e moto, farmaci e componenti elettronici con un costo tra 4 e 7 miliardi di euro (calcolo di Prometeia, istituto di previsioni economiche).

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Giorgio Monestarlo: Il realismo appassionato di Piero Bevilacqua

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Il realismo appassionato di Piero Bevilacqua

di Giorgio Monestarlo

Recensione di Giorgio Monestarlo a «La guerra mondiale a pezzi e la disfatta dell’Unione europea» (Castelvecchi, 2025)

nòoaswuergftuiIl libro di Piero Bevilacqua è piccolo (per pagine) ma grande per saggezza e radicalità. Bevilacqua è uno storico di razza, attento conoscitore dell’agricoltura e dell’economia italiana, meridionalista e pioniere della storia ambientale.

Collocandosi in una corrente che critica e demistifica l’interpretazione ufficiale della guerra in Ucraina, Bevilacqua in realtà si muove su un piano che non è tanto quello dell’approfondimento geopolitico del conflitto quanto quello di una serrata rilettura della storia statunitense ed europea dal dopoguerra ai giorni nostri. In altri termini, “la guerra mondiale a pezzi” acquista nelle pagine di Bevilacqua il significato di rilevare, in modo chiaro, la natura di un processo storico pluridecennale che è giunto al suo compimento e che coincide in sostanza con il progetto di predominio statunitense edificato, con successi e fallimenti, all’indomani della vittoria sui nazifascisti e della spaccatura con l’Urss, momento cruciale di quella volontà di dominio unipolare che ha mosso con ferrea continuità la politica di Washington. Di qui la netta contrapposizione di Bevilacqua tra la cultura e il sapere che la storia può offrire per formare una coscienza critica degna di questo nome e invece l’informazione giornalistica che, tranne poche eccezioni, risponde non tanto al bisogno di verità ma piuttosto alla creazione del consenso che questo o quel decisore politico o economico di volta in volta impongono come presunto, e in realtà esattamente opposto, interesse generale.

Anche per questo motivo Bevilacqua rivendica il bisogno di storia che attraversa in lungo e in largo la nostra società: la storia spiega la complessità, la storia è in grado di smascherare l’occultamento della verità su cui si regge il potere, occultamento che è tanto più invadente quanto più il potere traballa.

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Carlos X. Blanco: Il silenzio degli agnelli

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Il silenzio degli agnelli

di Carlos X. Blanco

Ci conducono, come se fossimo agnelli, al macello. I cittadini dell’Europa occidentale sono stati agnelli per molto tempo. Un agnello è mansueto anche quando finge di non esserlo e mostra i suoi denti da erbivoro ai lupi e ad altra fauna: i lupi che sono liberi nel mondo, e le iene che guidano il gregge, lo sanno, ed è per questo che stanno preparando l´olocausto per questo gregge di pecore con i denti scoperti. Ursula e Sanchez sono erbivori guidati da lupi molto feroci nell’ombra.

Sarà l’olocausto degli europei, con la complicità – attiva o passiva – della cosiddetta sinistra.

Uno dei riferimenti teorici della sinistra spagnola, Manolo Monereo, in una recente intervista per la pubblicazione “El Viejo Topo” [numero di marzo 2025, in dialogo con Miguel Riera], ha sostenuto, con una grande dose di realismo, che la vera sinistra non esiste più. Ci può essere la destra e l’ultradestra, o la sinistra neoliberale (woke, progressista, arcobaleno, postmoderna o come la si voglia chiamare). E quest’ultima non è certo la vera sinistra. È semplicemente l’ala “progressista” della destra neoliberista di sempre.

In questa intervista, Monereo propone una traversata del deserto, cioè una lenta e faticosa ricostruzione della sinistra, assumendo – ancora una volta – tutti i suoi valori irrinunciabili (repubblicanesimo, socialismo, uguaglianza tra cittadini e tra territori), ma, dice, senza spendere un solo minuto per criticare la sedicente ma falsa sinistra, oggi e di recente al potere in Spagna e in altri paesi europei.

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Emanuele Maggio: L’ABC della politica

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L’ABC della politica

di Emanuele Maggio

A proposito di Georgescu, occorre ribadire un pochino l’ABC della politica, cioè come funziona la politica. Io non so fino a che punto queste cose siano chiare, anche a chi si considera “anti-sistema” (anti-Nato, anti-UE, anti-tutto).

Questo breve riepilogo dei “fondamentali”, può essere riassunto come segue: ma dove vai, se una pistola non ce l’hai (cosa che non consiglio eh, vostro onore).

Mettiamola giù semplice. Esistono “blocchi” di potere, sistemi di potere consolidato, composti da complessi militari-industriali-finanziari, che ricadono sulle democrazie nazionali moderne come “vincoli esterni”, limitazioni di sovranità.

Non vanno immaginati come Moloch occulti perfettamente organizzati e privi di conflitti interni, ma non vanno nemmeno intesi come serpenti senza testa incapaci di dare forma al caos.

Significa che, qualunque sia la direzione politica intrapresa dalle democrazie, sostenute da maggioranze elettorali, esiste un “indirizzo di fondo” che semplicemente non può essere sottoposto al vaglio elettorale.

C’è quindi un insieme di obiettivi politici che può essere conseguito senza disturbare quell’equilibrio di potere; e c’è un insieme di obiettivi politici che NON può essere conseguito senza disturbare quell’equilibrio di potere, quando cioè si contraddice direttamente quell’ “indirizzo di fondo”.

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Fulvio Grimaldi: L’informazione al tempo del complesso politico-mediatico-militare — Catastrofismo – infantilizzazione – sottomissione — Da Srebrenica a Mahsa Amini

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L’informazione al tempo del complesso politico-mediatico-militare — Catastrofismo – infantilizzazione – sottomissione — Da Srebrenica a Mahsa Amini

di Fulvio Grimaldi

“Mala Tempora” Antonello Sacchetti intervista Fulvio Grimaldi:

https://www.youtube.com/watch?v=chof0wBiLsw

https://youtu.be/chof0wBiLsw

Il tema è l’informazione nell’inverno del nostro scontento. Un inverno ormai lungo alcuni decenni.che io, dato l’infortunio di un’anagrafe – ἀναγραϕή «registro» (ἀναγράϕω «registrare») – smisurata, ho avuto in sorte di vedere nel suo dispiegarsi fino ai limiti dell’attuale glaciazione.

Il Vietnam, sfuggito al controllo di un complesso politico-militar-mediatico ancora in fase di rodaggio dopo la cementificazione nazifascista, ha suonato il primo campanello d’allarme. Voci dal sen imperialista fuggite ci raccontavano di un feroce imperialismo, bombardamenti stragisti, My Lai, napalm, agente orange e perfino di ragioni ed eroismo dei cattivi.

Tutto questo ha poi risuonato nelle menti, nei cuori e nelle marce di una generazione, facendone prosperare l’intelligenza e la coscienza. E mettendo in crisi un apparato oligarchico e disciplinare che tornava a riprovarci dopo la debacle nazifascista in Europa e diventava cinico, onnipotente e impunito in virtù di quella “vittoria della democrazia”.

Da lì, anni ’80-’90, ricordate, dopo la grande paura, il Sistema che si attrezza affinchè tutto questo non debba mai più ripetersi e, quindi, la ripartenza in contropiede a mandare a ogni possibile nuovo attacco e a prendere alle spalle la nostra difesa.

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Andrea Zhok: Spinti nell’abisso da pattuglia di sonnambuli senili

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Spinti nell’abisso da pattuglia di sonnambuli senili

di Andrea Zhok*

Della manifestazione del 15 marzo in Piazza del Popolo a Roma molte cose possono essere notate, molti particolari inquietanti, ma uno sguardo complessivo, di cornice ci consegna credo un’immagine chiara del suo significato.

Si tratta di una piazza prevalentemente composta di anziani e qualche persona di mezza età – e questo di per sé non sarebbe niente di male – se l’età avanzata corrispondesse a un avvenuto processo di maturazione. Purtroppo quello che invece colpisce è proprio la totale inconsapevolezza nei partecipanti della propria collocazione storica e del concetto guida che li doveva accomunare in quella piazza: l’Europa.

Da un lato c’erano quelli che proponevano una visione romantica dell’Europa culturale. Certo, si poteva trovare un alfiere meno imbarazzante di Vecchioni, autore di un discorso che al tempo stesso trasudava razzismo culturale e manifestava una raccapricciante superficialità, affastellando nomi celebri come figurine dei Pokemon, senza neppure rendersi conto che praticamente tutti i nomi fatti (Hegel, Marx, Leopardi, Manzoni, ecc.) erano letteralmente agli antipodi di tutto quanto quella piazza esprimeva.

Ma già il fatto di pensare che la tradizione culturale europea e le politiche dell’Unione Europea avessero qualcosa a che spartire è indice di una sprovvedutezza rimarchevole, visto che da trent’anni l’intera spinta dinamica delle “riforme culturali europee” sono state all’insegna di un’americanizzazione spinta dei modelli di formazione.

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Dante Barontini: Se telefonando… La via per il cessate il fuoco non è semplice

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Se telefonando… La via per il cessate il fuoco non è semplice

di Dante Barontini

La “linea rossa” tra la Casa Bianca e il Cremlino raramente è stata così al centro dell’attenzione mondiale. Bisogna risalire alle fasi acute della “Guerra Fredda” per trovare analogie credibili…

Annunciata da Trump e confermata da Peskov, il portavoce di Putin, ci sarà quindi tra poco la telefonata che potrà cominciare a cambiare il corso della guerra in Ucraina.

Cominciare, perché non c’è alcuna possibilità che il “cessate il fuoco” possa essere annunciato già oggi. La chiacchierata sarà comunque decisiva per ristabilire “normali rapporti” tra Stati Uniti e Russia, dopo anni di ostilità totale degenerati appunto nella “guerra per procura” che va avanti dal 24 febbraio 2022.

Per quanto riguarda i temi al centro del confronto appare chiaro che un cessate il fuoco potrà arrivare solo dopo aver fissato una serie di punti preliminari, niente affatto semplici da delineare.

Il problema principale è quello del futuro dei territori attualmente sotto il controllo russo, ossia la Crimea (annessa alla Russia dal 2014, dopo un referendum con maggioranza “bulgara”, peraltro pienamente corrispondente alla composizione etnica della regione) e i quattro oblast del Donbass (Donetsk e Lugansk, “autonomizzatisi” undici anni fa e per questo attaccati militarmente da Kiev, più Kherson e Melitopol, quasi del tutto occupati nel corso della guerra).

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Fabrizio Russo: Trump 2.0 e il sistema finanziario globale

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Trump 2.0 e il sistema finanziario globale

di Fabrizio Russo

Apparentemente viviamo tempi confusi! Sicuramente la pensano così molti imprenditori, altrettanti sedicenti (nonostante la carica formale) responsabili finanziari e, certamente, tutto il pubblico comune, diremmo così: “l’uomo della strada”.

Trump è pazzo! Si sente risuonare nelle conversazioni più o meno amichevoli e spesso “da bar” o, altrettanto spesso, nei consigli d’Amministrazione: tutti sono focalizzati sui dazi, sule barriere al commercio internazionale, linfa vitale di un mondo economico sempre più integrato. Moltissimi non guardano assolutamente, però, al quadro più generale, alla “Big Picture”.

A questo punto per gli osservatori che non si fermano alla prima impressione diventa difficile non ricordare il famoso detto: “guardare il dito che punta alla luna”! Ecco secondo me è una delle frasi più belle e significative mai coniate dal genere umano. Perché? Perché guardare il dito è sempre la cosa più facile, visto che lo sguardo lo incontra per primo, piuttosto che “rilevare con i nostri sensi” un pianeta, una massa enorme ….anzi, quella massa enorme che gli sta dietro: la Luna!

Una piccola digressione: i cinesi dicevano – e forse lo dicono ancora – che il modo migliore per nascondere qualcosa è lasciarlo in vista a tutti per molto tempo ….. alla fine nessuno lo noterà! Ebbene spesso in economia politica succede la stessa cosa: se la Luna è sempre in cielo nel momento in cui la indichi le “anime povere” saranno attratte solamente dal dito! Molti dei mali di questo mondo probabilmente discendono da ciò..…

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Francesco Cappello: Le conseguenze economiche del ReArm Europe

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Le conseguenze economiche del ReArm Europe

Una pericolosissima operazione tutta finanziaria

di Francesco Cappello

La riconversione bellica, Smantellamento del welfare a vantaggio del warfare

photo 2025 03 18 09 39 10 1 691x641.jpgL’Unione europea, che ha già subito la rottura dei rapporti con la Russia imposta dagli USA (si pensi al sabotaggio USA del North Stream) causa prima della incipiente recessione economica, sotto l’ipnosi indotta dalla volontà inglese – che intervengono per sabotare ogni trattativa di pace – e del sistema delle lobby da cui sono governati, piuttosto che riattivare la diplomazia con la Russia, negoziando con essa il ripristino dell’architettura di sicurezza europea, ha varato la risoluzione 0146/2025 che pretende di portare l’Europa in guerra con la Federazione Russa schierandosi incondizionatamente con Kiev, impegnandosi a fornire più armamenti e a revocare i precedenti limiti sull’uso delle armi fornite autorizzando a usarle per colpire in profondità la Russia, rimuovendo le gravi conseguenze inscritte nella nuova dottrina nucleare russa.

Il punto 32 della risoluzione invita esplicitamente gli Stati membri a prepararsi perle evenienze militari più estreme e sottolinea la necessità di ridurre gli ostacoli presenti nelle legislazioni nazionali e dell’UE che potrebbero compromettere le esigenze di difesa e sicurezza europee. Come è noto sono già state proposte modifiche alla legge 185/1990 sul commercio di armi in Italia che mirano a ridurre la trasparenza e i controlli sull’export di armamenti [1].

L’art. 11 dalla Costituzione che ripudia la guerra in generale ed in particolare come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, è, per fortuna, intangibile perché parte dei primi dodici articoli che non possono essere né rimossi né riformabili. Questi articoli sono considerati il cuore della Costituzione e non possono essere modificati nemmeno attraverso il procedimento di revisione costituzionale previsto dall’articolo 138.

 

Le conseguenze economiche del ReArm Europe

Nel 2025, il debito pubblico italiano in scadenza che dovrà essere rinnovato, ammonta a circa 350 miliardi di euro. Si tratta di titoli di Stato che necessitano di essere rifinanziati per mantenere la stabilità economica del paese.

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Carlo Formenti: La storia umana è storia del lavoro

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La storia umana è storia del lavoro

Lukàcs come antidoto al liberal-fascismo europeo

di Carlo Formenti

a 7 640x381.jpgPremessa

“La guerra è pace la pace è guerra” questo slogan, che Orwell attribuisce all’immaginario regime totalitario che descrive in 1984 non è più un parto della fantasia dello scrittore inglese: la “neolingua”, creata per manipolare le coscienze dei cittadini cambiando il significato di ogni parola nel suo opposto, è ormai la lingua ufficiale dell’Unione Europea lanciata verso la Terza guerra mondiale. Una lingua che non viene più parlata solo dagli oligarchi di Bruxelles, ai quali già dovevamo l’affermazione secondo cui nazismo e comunismo sono un’unica cosa, ma anche dai media, dagli intellettuali e, soprattutto, dai leader politici europei di destra e di “sinistra”, a partire da quei Democratici italiani che, nati dalla conversione del PCI in partito liberale, si sono progressivamente evoluti in ala militante del liberal fascismo europeo, come abbiamo potuto constatare durante la manifestazione dello scorso 15 marzo, dove, fra lo sventolare di bandiere dell’Unione e dell’Ucraina nazista, abbiamo ascoltato inneggiare alla superiorità della civiltà “indoeuropea” (cioè ariana!) del Vecchio Continente, in perfetta sintonia con l’ideologia razzista e suprematista bianca (ribattezzata “democrazia” dalla neolingua).

Grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione, almeno qui da noi, non è, come auspicava Mao a suo tempo, eccellente. Al contrario: è pessima, soprattutto per i gruppuscoli neo, post comunisti e per una sinistra radicale che non riescono a organizzare uno straccio di opposizione popolare alla guerra che infuria dall’Ucraina al medio Oriente e che già richiede, se non – finora – un tributo di sangue, pesanti sacrifici in materia di reddito e diritti sociali e civili anche alle nostre latitudini.

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Eros Barone: Il rapporto tra spontaneità e coscienza nell’epoca dello “sdoppiamento”

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Il rapporto tra spontaneità e coscienza nell’epoca dello “sdoppiamento”

di Eros Barone

lenin vladimir ilyich ulyanov 22 4 1870 21 1 1924 politico russo a meta della durata del discorso durante un incontro disegno circa 1940 ddt06p.jpg1. Il rapporto tra classe sociale e organizzazione politica

La storia dell’epoca borghese dimostra che l’analisi teorica e l’organizzazione pratica della lotta di classe tanto più tendono ad avvicinarsi e a fondersi, quanto più diviene stretto il nesso fra spontaneità e coscienza, fra classe sociale e organizzazione politica. Può accadere allora – come accade nella fase attuale – che il rapporto fra classe sociale e organizzazione politica, tanto per la borghesia quanto per il proletariato, anche se in termini radicalmente diversi, essendo per l’una un problema vitale di conservazione del potere e per l’altro un problema vitale di conquista del potere, diventi un nodo storico che deve essere sciolto politicamente nel breve periodo, a partire sia dallo stato presente dei rapporti sociali sia dal grado attuale di sviluppo delle forze soggettive. Nell’epoca dell’imperialismo e delle rivoluzioni proletarie, nel periodo del revisionismo e del crollo dei regimi socialisti da esso diretti, ma anche, per quanto concerne l’Italia, nel momento attuale, in cui si manifestano i tipici connotati di una crisi organica delle classi dominanti, un discorso sul partito capace di coniugare il rigoroso modello leniniano con le soluzioni organizzativi offerte dal presente può incidere con forza sulla coscienza politico-ideologica del proletariato e sulla stessa disarticolazione del potere borghese.

La premessa da cui occorre muovere nell’inverare la prospettiva generale, che emerge dalla crisi mondiale del capitalismo, è la distinzione, stabilita da Lenin, tra la lotta economica (che è la lotta contro i singoli capitalisti o contro i singoli gruppi di capitalisti per migliorare le condizioni di lavoro degli operai) e la lotta politica (che è la lotta contro il governo per affermare ed estendere i diritti delle masse lavoratrici). Tale premessa teorica è stata poi concretizzata, attraverso la prassi marxista-leninista della lotta di classe, in una unità indissolubile tra i due momenti.

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Giuseppe Masala: “Unione dei risparmi e degli investimenti”: il ricatto franco-britannico sulla pelle dei correntisti (anche italiani)

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“Unione dei risparmi e degli investimenti”: il ricatto franco-britannico sulla pelle dei correntisti (anche italiani)

di Giuseppe Masala

Da sempre sostengo la tesi secondo la quale la vera causa scatenante del conflitto in corso in Europa è il rischio bancarotta di alcuni paesi che sotto l’aspetto della posizione finanziaria netta hanno accumulato passivi sostanzialmente impagabili. In particolare a vivere questa situazione sono la Francia e la Gran Bretagna che non a caso sono i Paesi che più spingono per l’invio di truppe in Ucraina sotto la falsa bandiera delle truppe di pace.

L’anno scorso scrissi un articolo che provava a spiegare come Mario Draghi nella sua proposta illustrata all’Ecofin di Gend del 24 Febbraio 2024 (dove era l’ospite d’onore), ritenesse che il modo di coniugare gli interessi della Francia, grande debitrice dell’Unione Europea con quelli della Germania, grande creditrice, era quello di procedere a un grande riarmo europeo che coniugasse l’offerta francese (che è il più grande esportatore di armi della EU) con le enormi risorse finanziarie presenti nei paesi nord europei e in particolare in Germania.

Ipotizzavo anche che la UE avrebbe forse costituito un veicolo privato ad hoc, come il MES, dove avrebbero fatto confluire i finanziamenti a fronte dell’emissione di obbligazioni private; oppure ancora magari la UE avrebbe optato per far confluire le risorse in una sorta di Ente Europeo per il Riarmo direttamente dagli Stati che si sarebbero finanziati con l’emissione di speciali titoli di stato “di scopo”.

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Antonio Cantaro: A proposito di “Debito e democrazia. Per una critica al vincolo esterno”

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A proposito di “Debito e democrazia. Per una critica al vincolo esterno”

di Antonio Cantaro

Pubblichiamo la registrazione della presentazione del libro di Andrea Guazzarotti che si è svolta ad Urbino il 20 marzo (Aula 1 – Scienze politiche) con gli interventi di Camilla Buzzacchi, Antonio Cantaro, Federico Losurdo, Tonino Pencarelli e Alessandro Volpi

Assolverò il mio compito di introduttore di questo seminario di presentazione del libro di Andrea Guazzarotti in meno di dieci minuti (link per la registrazione). Un libro con un titolo assai impegnativo Debito e democrazia. E un sottotitolo, Per una critica del vincolo esterno, “militante”, come si addice al nostro pubblico, fatto in prevalenza di studenti di un corso di laurea in Scienze Politiche.

I primi due minuti della mia introduzione sono occupati da tre domande che rivolgo ai nostri tre ospiti che presenteranno e discuteranno Debito e democrazia.

a) Prima domanda. Il debito pubblico fa male o fa bene alla società e all’economia?

b) Presumo che i nostri ospiti risponderanno che la mia prima domanda è mal posta e molto probabilmente diranno: dipende. E qui viene la mia seconda domanda: esiste un debito pubblico buono e un debito pubblico cattivo, come anche recentemente ha sostenuto Mario Draghi?

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Davide Sali: La guerra tra oligarchie finanziariestatunitensi dietro il ReArm EU

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La guerra tra oligarchie finanziariestatunitensi dietro il ReArm EU

di Davide Sali

Per capire ciò che succede nel mondo occorre guardare le crisi che attraversano il suo centro: gli USA. Ciò vale a maggior ragione per noi, colonie europee dell’impero. Occorre quindi staccare lo sguardo dal chiacchiericcio giornalistico e propagandistico, che è colpevolmente concentrato su fatti inessenziali quali la retorica dei valori e delle libertà occidentali minacciate dall’asse autoritario immaginario Trump-Putin, per smascherarne la portata ideologica. Ideologia va intesa in senso marxiano come falsa coscienza, per la quale si indicano problemi ideali mancando clamorosamente il bersaglio, cioè i veri interessi che si muovono sotto la coltre offuscante della propaganda. 

Si tratta nello specifico di illuminare la guerra intestina tra le oligarchie finanziarie statunitensi per comprendere la vera posta in gioco e non farsi abbagliare dai clamori delle opposizioni democrazie contro autocrazie, valori popolari e tradizionali contro dittatura dell’ideologia woke e altre amenità. L’elezione di Trump è stata un terremoto, questo è chiaro a chiunque, ma non appena si chiede perché, ecco che le idee non sono più così chiare. Trump preoccupa e scuote non perché da adesso gli USA diventano un’oligarchia dato che i più ricchi del mondo prendono direttamente il governo, non perché la bontà umanistica e altruista degli USA viene meno (si veda la chiusura dell’USAid). È da almeno cinquant’anni che gli USA sono un sistema oligarchico, non è certo questa la novità, il punto dirimente sta piuttosto nel vedere quale fazione dell’oligarchia statunitense ha preso il potere.

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Dante Barontini: “Guerra a oltranza”, il delirio dei “volenterosi”

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“Guerra a oltranza”, il delirio dei “volenterosi”

di Dante Barontini

Il delirio “europeista” si vede nettamente sulla cartina che il Corriere della Sera – ex quotidiano del “salotto buono” della borghesia italiana, ora riconvertito al “patriottismo di Bruxelles” – pubblica ieri mattina per illustrare le intenzioni del premier britannico Starmer, che appare il più determinato ad andare avanti con la guerra in Ucraina “fino alla vittoria”.

In questi giorni appare inchiodato alla sua scrivania, con davanti uno scenografico computer all-in, in videoconferenza perenne. Interlocutori privilegiati, non si sa quanto entusiasti, diversi leader europei, il nuovo premier canadese, altri ancora da trovare, per metter su una “coalizione dei volenterosi” che metta soldati e armi per una spedizione in Ucraina.

Una definizione sfortunata, oltre che poco fantasiosa, perché richiama direttamente quella convocata da “Dabliu” Bush nel 2003 per attaccare l’Iraq di Saddam Hussein, accusato (falsamente, fu ammesso poi) di possedere “armi di distruzione di massa”. Una coalizione che si forma su una menzogna spudorata, insomma, non appare il massimo della serietà.

L’analogia non sembra turbare Starmer, sedicente “laburista” alla canna del gas in Gran Bretagna, dove sta smantellando il poco welfare rimasto dopo esser stato costruito un tempo proprio dai laburisti e ampiamente demolito dalla Thatcher, prima, e poi da quell’altro criminale di guerra di Tony Blair. E si conferma lancia in resta contro la Russia ogni volta che apre bocca.

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