Lettera aperta su No Tav, Green Pass e prospettive comuni

Siamo persone che, da anni, sono parte del movimento NO TAV, chi più attivamente e chi meno, tutte con la medesima consapevolezza di appartenere ad una comunità che nel tempo ha individuato nella costruzione dell’opera danni ambientali ed alla salute degli abitanti, e non solo.

Abbiamo anche appreso, crescendo dentro questo percorso, che non si tratta di un problema solo locale.

Abbiamo imparato a comprendere le dinamiche di uno stato che, col bastone e la carota, impone scelte che si riscontrano sia qui che altrove e non esclusivamente rispetto allo sfruttamento dei territori; in ogni caso privilegiando lucro e profitti, disinteressandosi alle necessità reali del tessuto sociale.

Siamo persone che hanno individuato nella gestione della salute pubblica un eclatante esempio di necessità sottratta, e riteniamo l’assenza di una presa di posizione del movimento rispetto alla gestione pandemica un grave errore.

Con questo testo ci rivolgiamo a chi riconosce la gestione della pandemia come momento di cesura storica che acuisce la crisi economica, dilania le relazioni sociali e il dibattito politico.

Numerose parti della nostra società hanno subìto sconvolgimenti dovuti a paure e frustrazioni, che hanno creato acredini, divisioni e fratture in ambiti familiari, amicali, associativi, lavorativi, sindacali e politici.

Constatiamo con amarezza che anche nel movimento NO TAV – così come in gran parte dei movimenti sociali in Italia – non c’è stata una riflessione necessaria per chiarire e confrontarsi in merito alle imposizioni governative; la situazione pandemica ha suscitato solo dei tabù anziché generare dialogo; giorno dopo giorno abbiamo assistito sempre più passivamente al perpetrarsi di ingiustizie, discriminazioni e nuove forme di oppressione, senza strumenti di difesa collettivi. Imposizioni governative, spacciate come misure sanitarie, hanno esasperato la crisi economica, incrementato le disuguaglianze sociali, mettendo le basi per una nuova normalità fatta di obblighi e ricatti, sul lavoro e sui nostri corpi, più spietati di prima.

Siamo certe che su questioni delicate che siano la salute, e le vaccinazioni in particolare, ci siano punti di vista diversi, e riteniamo che debbano essere reciprocamente rispettati.

Siamo consapevoli che saper coltivare le diversità come una ricchezza rappresenti un punto di forza.

Per queste ragioni sentiamo di riconoscere nelle strategie messe in atto dal Governo un attacco alla libertà di scelta.

Dopo due anni di pandemia ci ritroviamo con una sanità sempre più smantellata e ancor meno adeguata al compito di tutelare la salute; nel contempo le imprese multinazionali farmaceutiche si sono aggiudicate ruoli sempre più centrali nelle decisioni prese dal Ministero della Sanità, e di conseguenza investimenti multimiliardari. Allo stesso momento abbiamo assistito ad un processo di deresponsabilizzazione collettiva in cui la logica dell’emergenza sanitaria ha fatto sì che scelte quotidiane siano state demandate al controllo poliziesco e al green pass, anziché all’approfondimento e allo scambio delle conoscenze e all’incontro tra i volti.

Il tutto ha creato serie difficoltà esistenziali a molte persone, tra noi e vicine a noi, non solo NO TAV e non solo valsusine. Tante sono state sospese dal lavoro per mesi interi senza stipendio; altre hanno sentito di fare violenza su di sé, obbligate a subire la somministrazione di un farmaco sperimentale contro la loro volontà; altre ancora inizialmente hanno aderito alla campagna anti-virale spontaneamente e con spirito solidaristico per rendersi poi conto di quanto il green pass fosse volto, in realtà, ad alimentare la separazione tra “buoni e cattivi”. Tutto ciò senza la benché minima forma di vicinanza e supporto da parte di quella che consideravano la loro comunità di riferimento, che invece ha sempre saputo solidarizzare con le più svariate lotte territoriali – No Dal Molin, No TAP, No Triv, No MUOS, No al Ponte, No Terzo Valico, No Nucleare etc – come con i movimenti per l’emancipazione dei popoli dalle guerre e dalle oppressioni, dal Kurdistan alla Palestina, all’America Latina.

Le questioni legate alla salute possono anche essere considerate specifiche o personali. Non possiamo però ignorare, più in generale, quanto provvedimenti governativi come il dispositivo digitale del green pass stiano proiettando la società umana e il prossimo futuro verso orizzonti di controllo e disciplinamento sempre più pervasivi, come se il presente non fosse già abbastanza oppressivo. Che futuro possiamo immaginare per le nuove generazioni e per le lotte di oggi e di domani, in una situazione del genere? Non c’è forse il rischio di una ulteriore perdita di autonomia e libertà per le persone o per le istanze sociali e politiche, compresa la stessa lotta NO TAV?

Eppure la Valle di Susa conosce fin troppo bene che vuol dire questa perdita di autodeterminazione a causa e attraverso l’aumento della militarizzazione: quando fu istituita col pretesto di contenere la pandemia, la zona rossa esisteva già da anni intorno al cantiere di Chiomonte per contenere i sussulti di ribellione di chi si opponeva alla grande opera. Non rileviamo nel TAV, nell’istituzione del Green Pass e nelle pratiche di controllo sociale, una comune matrice impositiva?

Il futuro che ci viene propinato è sempre più assimilabile ad un mondo governato da tecnologie e algoritmi, ibridi tecnologici, dove saranno ammesse solo le teorie scientifiche funzionali ai disegni del potere patriarcale e capitalistico, dove le libertà e i benefici saranno solo quelli concessi tramite il disciplinamento imposto manu militari e dalla propaganda mediatica.

Scenari che prospettano l’avvicinamento al modello del sistema di credito sociale applicato in Cina, caratterizzato dall’eliminazione di qualsiasi forma di dissidenza, opposizione e obiezione.

Tutto ciò conduce all’appiattimento delle condotte sociali su un modello di normalità preconfezionata e sterile, in un mondo sempre più urbanizzato e fondato su un regime sanitario digitalizzato. Crediamo che l’adozione del “lasciapassare verde”, per il momento legato alla vaccinazione anticovid, sia solo l’antipasto di un progetto più ampio che verrà alla prima occasione riproposto, affinato ed affiancato alla progressiva digitalizzazione dell’identità personale, con l’eliminazione del denaro contante e tutto ciò che ne consegue. Abbiamo capito negli anni che, progetti come il TAV, sono parte integrante di un sistema capitalista ed estrattivista, basato sullo sfruttamento degli esseri viventi e sull’impoverimento delle risorse naturali : un sistema che produce guerra per la guerra, di cui il green pass non e’ altro che l’ennesima espressione. Anziché tutelare i beni comuni, la prospettiva è di distruzione delle specie viventi e di deterioramento delle terre, delle acque, e delle atmosfere.

Ci teniamo a ribadire la nostra scelta di collocarci insieme a chi subisce le imposizioni violente dei potenti, di chi sta prendendo coscienza su temi legati alla salute del pianeta, della natura sopravissuta e delle persone che lo abitano.

Vogliamo continuare il nostro rifiuto al TAV e alle nocività che ci vengono propinate. E vorremmo pure continuare a immaginare un mondo diverso cominciando a praticarlo ogni giorno nelle piccole cose. Coltivando relazioni e saperi che facciano crescere le nostre coscienze di persone liberate.

Crediamo di poterlo fare con chi condivide lo spirito di fondo espresso in queste righe.

 

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Lettera Aperta (letteradallavalsusa.it)

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