Forum Italiano dei Comunisti

“Qualche domanda al compagno Pondrelli e a Marx21”

Abbiamo letto con interesse l’editoriale a firma Marco Pondrelli pubblicato domenica 23 febbraio da Marx 21, che riproduciamo per intero infondo. In particolare ci hanno colpito le ultime righe, che sembrano riprendere pari pari le cose che andiamo ripetendo da mesi circa la necessità di una discussione molto seria da aprire in tutta l’area che definiamo ‘comunista’, se vogliamo che la parola ‘comunista’ riacquisti un senso preciso, come è avvenuto in passato, quel senso di cui  invece si è persa traccia ormai da diversi decenni.

Scrive infatti Pondrelli:
 
“Le due domande che poniamo (che fare e con chi farlo) sono fondamentali per i comunisti, esse non sostituiscono una riflessione approfondita sulla nostra storia ma la precedono, capire le divisioni del passato e gli errori commessi è importante ma lo è ancora di più organizzare le forze per le battaglie future. Se vogliamo superare le colonne d’Ercole e navigare in mare aperto dobbiamo capire che non possiamo crogiolarci nel nostro nulla, non abbiamo più un Partito forte con milioni di voti e un radicamento di massa, siamo tutti deboli e disorientati. Vogliamo provare a discuterne al di là di steccati e barriere?”

Il Forum dei comunisti in poco più di un anno di attività non ha fatto altro che proporre a tutti i comunisti, dovunque collocati, l’apertura di una discussione approfondita (e dunque la messa a punto degli strumenti necessari) su due questioni che vanno di pari passo e si rafforzano vicendevolmente: da un lato l’analisi dei motivi oggettivi e soggettivi della situazione attuale dei comunisti, del “nostro nulla” per riprendere l’espressione usata da Pondrelli, dall’altro – come condizione imprescindibile per qualsiasi progetto di ripresa – la capacità di misurarsi con la creazione di un solido rapporto coi lavoratori, di guidare un fronte antifascista e costituzionale e di lottare contro le guerre e l’imperialismo.

C’è da dire che la risposta alle nostre sollecitazioni non è stata entusiasmante, anche se siamo stati sempre incoraggiati da singoli compagni e recentemente dall’apertura manifestata dal PCI. Ci siamo infatti trovati subito di fronte un copione già noto da tempo con il Movimento per la Rinascita comunista, che ripropone sul mercato della politica un prodotto comunista preconfezionato e ha attirato a quanto pare altre schegge comuniste sopravvissute ad esperienze partitiche fallimentari. Non solo, ma anche compagni che potevamo considerare più vicini – e tra questi Marx 21 –  si sono tenuti sostanzialmente prudentemente lontani dalle questioni che poniamo, cosa che abbiamo dovuto sottolineare già un anno fa in una “lettera aperta” a Marx 21, il cui testo siamo andati a rileggere:

“Cari compagni – scrivevamo nel marzo del 2024 – dopo il lancio il 19 novembre scorso del progetto di Forum dei comunisti abbiamo avvertito la mancanza di partecipazione da parte vostra, fino al punto da registrare riluttanza o rifiuto nel pubblicare sul sito riflessioni e appelli scritti in funzione della crescita del progetto comune.
 
La cosa è abbastanza singolare, considerato il fatto che l’idea del Forum è maturata all’interno di Marx 21, in rapporto alla necessità di comprendere le ragioni della situazione disastrosa in cui versa l’area che si definisce comunista in Italia e di contribuire a sciogliere i nodi che impediscono una vera ripresa. Anche sul piano operativo, ricordiamo che l’incontro del 19 novembre è nato dalla lettera di Fausto Sorini su Marx 21 e dal dibattito che questa aveva suscitato, ospitato anch’esso da Marx 21.
 
Come si giustifica dunque un  livello di partecipazione al progetto Forum che è passato in pochi mesi dal tiepido ed esitante al praticamente inesistente?
 
Se poniamo ai compagni questa domanda, non è per spirito polemico o per attizzare una delle tante risse che hanno caratterizzato negli anni l’area comunista in Italia. Il progetto del Forum infatti non ha niente da spartire con la creazione dell’ennesimo minigruppo con pretese avanguardistiche basate sulla sabbia. Se prendesse questa piega sarebbe inutile e anche per noi la più grave sconfitta.
 
Tra Marx 21 e il progetto del Forum non c’è nessuna concorrenzialità. Del resto alcuni di noi, firmatari di questa lettera, hanno collaborato per anni con Marx 21, riconoscendone il ruolo positivo esercitato sul terreno dell’informazione e la coerenza delle posizioni antimperialiste e senza nessuna pretesa di avere in cambio ruoli di “potere” (si fa per dire) nella struttura. Di più: si era pensato, forse sbagliando, che il Forum poteva benissimo chiamarsi Forum Marx 21.
 
Rimane dunque la domanda che facciamo ai compagni. Come mai sembra venuto meno l’interesse a portare avanti il lavoro? Al riguardo saremmo ben lieti di essere smentiti, ma questa è la situazione attuale.
 
In una situazione politica e sociale sempre più drammatica e di fronte ai segnali di crisi terminale dei minipartiti comunisti che hanno indegnamente occupato negli anni la scena, il Forum si rivolge a tutti i compagni, dovunque collocati, per sollecitare il dibattito sulle ragioni dell’irrilevanza dei comunisti in Italia e per contribuire a ritrovare nella teoria, nell’analisi concreta e nel lavoro di massa la bussola della trasformazione della società. Tutti sono chiamati  a partecipare, quale che sia o sia stata la loro collocazione, a una sola condizione, che è l’apertura alla necessità di cambiamento nel modo di essere comunisti. Anche i compagni di Marx 21 sono chiamati su questo terreno a una scelta.”

Naturalmente i silenzi e l’indifferenza potrebbero trovare le motivazioni più varie, comprese le nostre insufficienze o debolezze, ma allora ci dovrebbe essere da qualche parte chi si propone di affrontare le questioni che poniamo meglio di quanto sappiamo fare noi e certo non ci sarebbero chiusure da parte nostra. Dopotutto il nostro obiettivo è lo stesso di cui parla Pondrelli: aprire una discussione “al di là di steccati e barriere”.

 

***

 

L’Europa ha fatto una cosa di sinistra, ha perso!

di Marco Pondrelli, 23 febbraio 2025

 

Domani saranno 3 anni dell’avvio dell’operazione militare speciale (usiamo questa definizione non per piaggeria putiniana ma perché continuiamo a ripetere che la guerra è iniziata nel 2014) ma finalmente si stanno scorgendo i primi seri spiragli di pace. È divertente leggere e guardare opinionisti e politici che schiumano rabbia (alcuni non solo metaforicamente) perché si sta parlando di pace. Non c’è che dire, il cambio di padrone ha lasciato molti spiazzati. A questi personaggi in cerca d’autore ci limitiamo a chiedere di dare una possibilità alla pace, per la guerra c’è sempre tempo.

Al momento non è ancora chiaro quali saranno i termini dell’ipotetico accordo, i colloqui non saranno né veloci né semplici ma essi sono una novità positiva e, come già abbiamo scritto, il tempo passato nell’illusoria convinzione di poter sconfiggere la Russia non ha fatto altro che peggiorare i termini della futura pace. Se fossero stati attuati gli accordi di Minsk (utilizzati per dare a Kiev il tempo di riorganizzarsi per attaccare le Repubbliche russofone) l’Ucraina, al netto della Crimea, avrebbe mantenuto la propria integrità territoriale. Oggi le cose sono differenti e i sacrifici per Kiev saranno molto maggiori.

Quello su cui è necessario ragionare sono i nuovi scenari che si aprono, scenari al momento di non facile interpretazione ma sui quali ugualmente bisogna riflettere. Due sono gli elementi di maggiore interesse: la crisi della Nato e della Ue.

Crisi della Nato non vuole dire che gli Stati Uniti si siano convertiti al pacifismo, al contrario il raggiungimento dei loro interessi richiede un cambio di strategia. Il vero conflitto sarà nell’Indo-Pacifico e il primo nemico è la Cina. L’Europa in questo quadro avrà un ruolo sempre importante ma non più strategicamente centrale, l’egemonia mondiale non si deciderà nel vecchio continente. Cosa succederà della Nato non è possibile dirlo, ma difficilmente essa continuerà a vivere e operare così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 30 anni. Ben lungi dall’esaurire la presa di Washington sugli stati europei, Italia compresa, ciò potrebbe altresì aprire maggiori spazi di manovra per i comunisti, frutto di un piccolo incremento della nostra autonomia nazionale.

Sulla crisi dell’Unione europea è necessario che i comunisti e la sinistra aprano una riflessione approfondita, in passato questo argomento è stato scientemente nascosto o magari affrontato in modo superficiale con la patetica formula dell’Europa dei popoli contro l’Europa dei capitali (affermazione che con l’eccezione di Mario Monti chiunque potrebbe condividere). La crisi dell’asse franco-tedesco da una parte e la sconfitta in Ucraina dall’altra, potrebbero portare al crollo europeo. Che scenari si aprirebbero in questo caso? Sicuramente gli Stati Uniti non si disinteresserebbero del vecchio continente. La paura atavica dell’anglosfera è che si possa saldare un asse fra Russia e Germania, proprio per questo gli Stati Uniti potrebbero puntare sul rafforzamento del Trimarium a guida polacca come zeppa da inserire fra Russia ed Europa.

Occorre capire come i comunisti vogliano interpretare questo passaggio, quale è l’obiettivo di fase e quali sono i potenziali alleati per raggiungere quest’obiettivo. Al Congresso del Prc nel documento2 si poteva leggere: ‘l’Europa del Sud può assumere la funzione di cerniera nei confronti del bacino mediterraneo. I Brics costituiscono un orizzonte geopolitico, ma anche economico, per importanti cooperazioni interregionali’. Ora la domanda da porci è come articolare la battaglia, dobbiamo riorganizzare le nostre forze, non possiamo continuare a sperare in qualche personaggio che ci tolga dalle secche e ci guidi alla conquista di una manciata di seggi parlamentari.

Le due domande che poniamo (che fare e con chi farlo) sono fondamentali per i comunisti, esse non sostituiscono una riflessione approfondita sulla nostra storia ma la precedono, capire le divisioni del passato e gli errori commessi è importante ma lo è ancora di più organizzare le forze per le battaglie future. Se vogliamo superare le colonne d’Ercole e navigare in mare aperto dobbiamo capire che non possiamo crogiolarci nel nostro nulla, non abbiamo più un Partito forte con milioni di voti e un radicamento di massa, siamo tutti deboli e disorientati. Vogliamo provare a discuterne al di là di steccati e barriere?

 

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