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[SinistraInRete] Salvatore Bravo: Rifondare il comunismo

Rassegna – 25/02/2025

 

Salvatore Bravo: Rifondare il comunismo

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Rifondare il comunismo

di Salvatore Bravo

bolscevichi marcia.jpgL’urgenza di ricostituire la sinistra comunista non è più rimandabile. Le oligarchie transnazionali con la fine della globalizzazione mostrano la verità del dominio. Sono in lotta a Oriente come a Occidente. Con la lotta fra le plutocrazie si aprono spazi di intervento e di verità. Le guerre plutocratiche si moltiplicheranno e i diritti sociali e individuali gradualmente scompariranno dall’orizzonte politico. Il loro posto è, e ancor più, sarà occupato da slogan e dalle parole ambivalenti della società dello spettacolo. L’articolo 31 del DDL sicurezza prepara l’Italia a una lunga guerra. Sarà possibile per le università, se fosse approvato, collaborare spontaneamente con i Servizi segreti. La guerra tra le oligarchie non può che causare un clima di timore. La paura è “arma” per neutralizzare i dissenzienti e per sollecitare il sospetto e il controllo. L’inquietudine è il mezzo con cui il capitalismo cerca di strappare la sua tranquillità, poiché è esso stesso inquieto a causa delle ingovernabili contraddizioni che lo corrodono. Il declino del capitalismo nelle sue formule plurali è inevitabile. I sintomi della decadenza sono ormai evidenti. La sovrapproduzione e la scarsità di risorse da estrarre e da sfruttare sono ormai la tagliola sanguinante del capitalismo. Il saccheggio è anche e specialmente spirituale, nella fase attuale il capitalismo rapina “la capacità di significare”, in tal modo i sudditi non sono che orci bucati in cui tutto fluisce, fino al punto che l’orcio assume la forma dei contenuti. Il sangue degli ultimi ha macchiato la storia dei capitalismi, pertanto la sua storia non potrà che terminare nel sangue e nel sudore degli infelici che già ora non vivono ma sopravvivono. Rileggere Marx è oggi fondamentale per risemantizzare per il presente. Il comunismo che verrà non sarà la riproposizione del passato, ma esso necessita della tradizione comunista e delle sue categorie per pensare il presente e progettare il futuro.

Marx ha riportato l’essere umano nella storia e ha svelato le religioni si sistema nella loro realtà ideologica. La religione con le sue fughe dorate da un mondo reificante è stata la complice del dominio, ha sparso i “fiori sulle catene”, è stata l’oppiaceo che ha consentito di “sopportare l’insopportabile”.

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Enrico Tomaselli: La commedia degli equivoci

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La commedia degli equivoci

di Enrico Tomaselli

6e18842e 39f3 4259 a75b a8272d084848 1536x864Sarà anche che l’irruzione dell’uragano Trump sulla scena internazionale ha sconcertato molti, o che le aspettative fossero esageratamente alte, ma si direbbe che ciò sta scatenando una serie di misunderstanding davvero considerevole.

Tanto per cominciare, la nuova America non è affatto orientata al multipolarismo, nemmeno nei termini di una semplice accettazione della realtà. Al contrario – e lo dimostrano molte cose – sta semplicemente operando una conversione tattica, che prende atto sì dell’emergere di un mondo multipolare, ma soltanto per combatterlo meglio, e riaffermare il predominio statunitense. Ciò non consegue soltanto dalle reiterate affermazioni (e azioni) che continuano a indicare la Cina come una minaccia, e la necessità di contenerla (anche militarmente), ma anche dal mutato atteggiamento verso la Russia.

Il rovesciamento di 180°, rispetto alle posizioni sostenute dalla precedente amministrazione USA sino a pochi mesi fa, è infatti dovuto a due elementi: da un lato, la constatazione dell’errore strategico commesso innescando il conflitto in Ucraina, che ha spinto Mosca a saldare un’alleanza strategica di fatto con Pechino, e dall’altro la rivalutazione del nemico russo come ostico ma comunque di livello inferiore. Da ciò la nuova politica americana che punta a separare Russia e Cina (e più in generale a rompere il blocco di alleanze quadrilaterale con Iran e Corea del Nord), aprendo una fase di dialogo e collaborazione con Mosca, che punta a coinvolgerla in un meccanismo di riduzione della conflittualità. Fondamentalmente, questo schema si basa sull’idea che depotenziando il conflitto con la Russia, e contemporaneamente accentuando quello con la Cina, ciò finisca con l’insinuare un cuneo tra i due paesi. Ovviamente, il presupposto è che le profferte statunitensi siano abbastanza allettanti per Mosca da convincerla a tenersi fuori da un eventuale acuirsi delle tensioni sino-americane. Vedremo più avanti come questa operazione sia in realtà molto più complicata, a partire dal fatto che Washington non ha effettivamente molto da offrire.

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Gianandrea Gaiani: Guai ai vinti! Ucraina e Ue costrette a pagare le “riparazioni di guerra”. Agli Stati Uniti

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Guai ai vinti! Ucraina e Ue costrette a pagare le “riparazioni di guerra”. Agli Stati Uniti

di Gianandrea Gaiani

hnurtjpgPoche ore prima che a Riad russi e americani definissero i destini dell’Ucraina e riallacciassero le relazioni bilaterali, a Parigi come a Monaco ha trionfato l’aria fritta in salsa europea, cioè la dura espressione di ferree volontà basate però sul nulla, a partire dall’inconsistenza politica e militare. Nei contenuti infatti al summit europeo informale Parigi sembra essere andata in scena la replica della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, raccontata ai nostri lettori dall’articolo di Maurizio Boni apparso ieri sulle nostre pagine.

I leader europei riunitisi su invito del presidente francese Emmanuel Macron per provare a reagire alla soluzione trumpiana al conflitto in Ucraina, avrebbero concordato con il presidente americano su un approccio di “pace attraverso la forza”.

Non è ben chiaro cosa significhi ma questo riferiscono fonti Ue non meglio precisate, citate dalle agenzie di stampa, aggiungendo che “i leader ritengono che sia pericoloso concludere un cessate il fuoco senza un accordo di pace allo stesso tempo”. Affermazione paradossale perché esattamente aderente a quanto chiede Mosca che ha precisato da tempo che non accetterà tregue o cessate il fuoco ma solo un accordo complessivo che risolva il conflitto.

Sempre secondo fonti UE i leader europei “sono pronti a fornire garanzie di sicurezza, con modalità da esaminare con ciascuna parte, a seconda del livello di supporto americano”. E qui il paradosso rischia di scivolare nella comica perché l’Europa dichiara di essere pronta a mostrare muscoli che non ha e a correre rischi che nessun governo europeo è in grado di correre se vuole restare in sella.

 

Nel Paese delle Meraviglie

Per comprenderlo è sufficiente rilevare le ultime bellicose dichiarazioni rilasciate da alcuni leader riunitisi a Parigi e confrontarle con la realtà.

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Matteo Bortolon: Fact-checking: i nuovi censori

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Fact-checking: i nuovi censori

di Matteo Bortolon

jdsopfnugtwIl discorso di Monaco del vicepresidente Usa JD Vance è stato di una durezza quasi incredibile verso gli alleati europei, criticandoli aspramente anche per questioni di politica interna; particolare rilievo ha assunto il tema delle limitazioni della libertà di espressione che sono diventate moneta sonante per le classi dirigenti del Vecchio continente, nonché della precedente Amministrazione Biden.

Tale discorso va collegato al video, diffuso il 7 gennaio da Mark Zuckerberg – capo di Facebook e Instagram – a dir poco esplosivo, annunciando che si sbarazzerà (letterale: get rid of…) dei fact-checker per il controllo dei contenuti postati online (al momento solo negli Usa).

Per capire la carica polemica di Vance dobbiamo approfondire le forme di supervisione dei contenuti dei social e di come esse si siano radicate nel mondo del progressismo di establishment; quel mondo che la nuova dirigenza statunitense vede come un nemico ideologico. Con molte ragioni.

 

Cosa ha detto Zuckerberg

L’uscita del padrone di Meta ha suscitato reazioni forti, in particolare dei diretti interessati, che non ne avevano assolutamente avuto alcuna avvisaglia, apprendendo assieme al resto del mondo del proprio licenziamento.

Nel video Zuckerberg ammette che negli anni dal 2016 si è intensificata la pressione da parte di media tradizionali e governi per controllare i contenuti online, e il risultato è stato: sempre più censura ed errori. Cita anche le recenti elezioni statunitensi che avrebbero espresso una volontà di tornare a maggiore libertà online. I fact-checker avrebbero peccato di faziosità e distrutto più fiducia di quanto non ne abbiano creata.

Ma adesso intende tornare alle radici della sua mission aziendale e virare verso il free speech: vestendo i panni del difensore della libera opinione, indica diversi paesi e soggetti in cui c’è una grande voglia di censura, (fra cui la Ue!) che non riuscivano a contrastare avendo il loro stesso governo che premeva in tal senso.

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Glauco Benigni: Bit Truth: la Verità ai tempi del digitale

comedonchisciotte.org

Bit Truth: la Verità ai tempi del digitale

di Glauco Benigni

Bit Truth = contenuto “estratto” in rete (come i Bitcoin). Può essere anche “verità fake” ma se fa audience è comunque buona per inserire pubblicità

verita digitale.jpegNota – Come si potrà notare in questo articolo non è stato menzionato il tema della censura che le Global Power Élites occidentali esercitano utilizzando argomentazioni e strumenti di controllo ambigui quali le Norme della Comunità nel caso dei Social o le nuove norme contenute nel Digital Services Act. Stavolta ho scelto di trattare questioni proprie della Verità dal punto di vista ontologico, del Monopolio tecnico e dell’uso commerciale.

* * * *

Purtroppo la stragrande maggioranza degli occidentali ritiene che esistano azioni e pensieri tali da realizzare “il Meglio Assoluto” per Tutti. Vedi, per esempio, le affermazioni di Yuval Noah Harari o le dichiarazioni della NATO. Da questa idea perversa di Monopolio della Verità derivano scontri, agguati, omicidi e guerre senza fine, combattute per affermare un concetto infantile: “la mia VERITÀ è meglio della tua”…quasi sempre a prescindere poi dagli effetti, dai “frutti generati”.

Affermare VERITÀ e imporle ad Altri conferisce e consolida l’Egemonia di Chi lo fa e pertanto le Élites lo fanno, ogni volta che possono…da sempre. Ovviamente queste Élites dominanti sanno anche molto bene che gli Opposti si esprimono in una dinamica continua tra loro e talvolta addirittura convivono, ma non ne vogliono tener conto. Sanno che c’è Yin e Yang; che “ogni medaglia ha il suo rovescio”; che il Mercato si fa con il mix di offerta/domanda e quindi c’è la Compravendita e non solo l’Acquisto o la Vendita…sanno che ogni Debito è anche un Credito e che ogni Difesa è anche un Attacco e così via.

Eppure le Cupole dominanti, ostinatamente, dal declino del Politeismo in poi, CREDONO o per lo meno FANNO CREDERE FERMAMENTE che esistano VERITÀ in assoluto migliori di altre interpretazioni della Realtà, che sia essa visibile o invisibile.

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John Bellamy Foster: La nuova negazione dell’imperialismo della sinistra occidentale

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La nuova negazione dell’imperialismo della sinistra occidentale

di John Bellamy Foster

resistr pop.pngIl Dipartimento Formazione di Resistenza Popolare segnala come contributo al dibattito la traduzione in italiano di questo corposo saggio di John Bellamy Foster, pubblicato il 1° novembre 2024 sul sito della Monthly Review con il titolo The New Denial of Imperialism on the Left (sul cartaceo è uscito sul n° 6 del volume 76).

Si segnala che, per ragioni organizzative non è stato tradotto il ricco impianto di note (ben 116) che correda il testo dandogli un impianto scientifico.

Il valore del lavoro di Bellamy Foster consiste a nostro avviso in tre aspetti fondamentali:

1. offrire un resoconto molto dettagliato di come sia evoluta nell’ambito del marxismo eterodosso occidentale la teoria dell’imperialismo; si tratta di temi su cui c’è scarsissima cognizione in Italia, dove negli ambienti della sinistra occidentale il trionfo del totalitarismo “liberale” ha portato a dimenticare perfino gli aspetti fondamentali della stessa analisi leninista. A quanto ci dice Bellamy Foster stesso, non manca comunque anche tra molti “intellettuali” una certa diffusa ignoranza di fondo di tali fondamentali teorici.

2. Bellamy Foster prende posizione a favore di quegli intellettuali, come Samir Amin, che hanno ribadito l’attualità del paradigma imperialista in connessione con il persistente fenomeno definito “neocolonialismo” dagli studiosi liberali, ricordando meritoriamente il filo rosso che lega queste analisi con il marxismo e il leninismo. Oltre a ribadire i meriti storici del movimento comunista internazionale, che è stato il pilastro della lotta antimperialista dell’ultimo secolo, viene giustamente riaffermata l’attualità della questione antimperialista correttamente intesa.

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OttolinaTV: A casa chi ha perso la guerra e subito un comitato di liberazione nazionale!

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A casa chi ha perso la guerra e subito un comitato di liberazione nazionale!

di OttolinaTV

Esiste un principio non scritto, forse perché è talmente palese che scriverlo non sembrava necessario: chi porta un Paese in guerra, se poi quella guerra la perde deve andare a casa, oppure finire a testa in giù: non è questione di vendetta; è questione di sanità pubblica. Una guerra, infatti, richiede sacrifici straordinari (agli altri, però); per chi sta nella stanza dei bottoni, partecipare a una guerra, di per se, è una scelta indolore. Anzi, può portare a un sacco di vantaggi: una carriera straordinaria, un angolino nei libri di storia e anche incredibili occasioni di arricchimento personale; basta vedere il cerchio magico che ha condotto l’Ucraina al disastro in questi anni. Ecco perché è assolutamente necessario mantenere salda un’antica tradizione che prevede che se poi quella scommessa la perdi, il prezzo da pagare deve essere stratosferico: è l’unico deterrente che abbiamo per far sì che una scelta del genere non venga presa a cuor leggero. Chi lancia il famoso appello armiamoci e partite, come minimo deve sapere che se ha fatto male i calcoli farà una finaccia.

E nel caso della guerra per procura in Ucraina, dire che le classi dirigenti europee e il loro codazzo di propagandisti d’accatto hanno fatto male i calcoli è un eufemismo: a essere stato umiliato, infatti, è tutto il campo imperialista, a partire dalla nazione leader. Come ricordava sabato la nostra Clara in un bellissimo articolo sull’Antidiplomatico, per quanto “la partita in Ucraina non è ancora chiusa, possiamo certificare che alcuni obiettivi strategici del morente blocco occidentale sono irreversibilmente clamorosamente falliti”: la Russia – te guarda un po’ a volte il destino – non è stata né sconfitta, né smembrata; e non è stata nemmeno isolata.

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Guido Ortona: “Il neoliberismo è vivo e lotta contro di noi”

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“Il neoliberismo è vivo e lotta contro di noi”

di Guido Ortona

Siamo in una crisi economica, politica e sociale molto profonda; aumenta quindi la pubblicazione di saggi che si propongono di trovare una sintesi dell’insieme di contraddizioni che compongono questa crisi. Buoni esempi sono il recentissimo La guerra mondiale a pezzi e la disfatta dell’Unione Europea di Piero Bevilacqua e La sconfitta dell’occidente di Emmanuel Todd. Si inserisce in questo filone Il neoliberismo è vivo e lotta contro di noi (Infiniti Mondi, 2025) di Luigi Pandolfi. È un libro dichiaratamente a tesi, anzi a due tesi: la prima è che l’attuale “policrisi” del capitalismo non è superabile restando entro quel sistema di produzione, e quindi è necessario uscire da esso se si vogliono evitare esiti catastrofici, dove per “catastrofici” si intendono sviluppi che vanno contro gli interessi del popolo (un concetto inevitabilmente ambiguo; Pandolfi infatti preferisce usare la tradizionale nozione di “lavoratori”). La seconda tesi, conseguentemente, è che occorre ripensare al socialismo come prospettiva praticabile, e anzi necessaria, e quindi riaprire la “battaglia delle idee”, a partire dalla critica del pensiero economico mainstream, evidentemente avulso dalla realtà e ciononostante tuttora ampiamente usato a sostegno di politiche economiche di classe.

Il testo ha tre caratteristiche fondamentali. La prima è l’impostazione marxista: le categorie usate sono la lotta di classe, la ricerca della struttura che determina la sovrastruttura (ma su questo, a mio avviso, il discorso è incompleto:

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Giuseppe Masala: La rottamazione dell’occidente e un “nuovo 1990” alle porte

lantidiplomatico

La rottamazione dell’occidente e un “nuovo 1990” alle porte

All’Europa rimane da pagare il conto di una guerra scellerata.

di Giuseppe Masala

Non pare azzardato dire che le ore da quando è stata annunciata la telefonata tra Putin e Trump sono diventate convulse in tutte le cancellerie del mondo e in particolare in quelle d’Occidente. Pare infatti sempre più evidente che siamo di fronte a una svolta storica paragonabile a quella che avvenne nel 1990 quando Michail Gorbaciov al vertice del Comecon tenutosi a Sofia annunciò che l’Unione Sovietica non era più disponibile a finanziare a piè di lista le spese dei paesi “fratelli” dell’Europa dell’Est sancendo così il “liberi tutti” e la fine dell’equilibrio sancito a Yalta che vedeva l’Europa divisa in due: da una parte quella capitalista e dall’altra quella comunista.

Che stiamo vivendo qualcosa di simile a quanto visto nel 1990 lo si capisce non solo dalle sprezzanti dichiarazioni di Trump, che in ogni circostanza chiarisce di non considerare l’Europa un interlocutore credibile ma anche dalle dichiarazioni del Segretario alla Difesa Hegseth che ha ribadito al vertice Nato come i paesi europei saranno chiamati a pagare il dovuto per la sicurezza e del vice Presidente Vance che alla conferenza di Monaco sulla Sicurezza ha preso a pesci in faccia la “democrazia” europea considerata come priva di libertà e in completa decadenza. Anche la nuova portavoce della Casa Bianca Caroline Leavitt reagisce al commento di Scholz sui colloqui Putin-Trump senza la Germania e l’Europa dicendo in maniera sprezzante che l’unico posto dove dovrebbe sedere la Germania in questi colloqui di pace è sul banco degli imputati.

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Antonio Martone: L’Europa e la guerra per procura: subalternità e declino

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L’Europa e la guerra per procura: subalternità e declino

di Antonio Martone

Il conflitto tra Stati Uniti e Federazione Russa, combattuto attraverso l’Ucraina, ha rappresentato un momento cruciale per gli equilibri geopolitici globali. Fin dall’inizio delle ostilità nel febbraio 2022, gli Stati Uniti hanno esercitato una forte pressione diplomatica sugli alleati europei, ottenendo un sostegno economico e militare senza precedenti da parte dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri. Secondo il Kiel Institute for the World Economy, al gennaio 2024 l’UE e i suoi Stati membri hanno stanziato oltre 85 miliardi di euro in aiuti all’Ucraina, superando perfino il contributo diretto degli Stati Uniti, pari a circa 75 miliardi di dollari.

Perché quest’adesione così marcata dell’UE contro la Federazione russa? Dipendeva tale adesione soltanto dalla subalternità, pur presentissima, alla sovranità Americana? Io credo di no. Molti Paesi membri dell’UE, in particolare quelli dell’Est Europa, avevano un interesse strategico diretto nella stabilizzazione dell’Ucraina, vista la loro vicinanza geografica alla Russia e la necessità di prevenire quello che pensavano come espansionismo russo. L’idea che la Russia stesse perseguendo un “espansionismo” pericoloso in Ucraina, mi sembra una posizione che, da una prospettiva storica e geopolitica, è quantomeno problematica. Piuttosto che un’aggressione imperialista verso territori stranieri, le azioni della Russia potevano essere meglio interpretate come una risposta difensiva, legata al timore crescente di un allargamento dell’influenza occidentale, rappresentata in questo caso dal rafforzamento della NATO e dall’orientamento filo-occidentale del governo attuale dell’Ucraina.

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Antonio Cantaro: Germania. La caduta degli Dei

fuoricollana 

Germania. La caduta degli Dei

di Antonio Cantaro

Alla fine, caddero. Che non si tratti di semplice inciampo lo certificherà – se i sondaggi non saranno totalmente ribaltati (improbabile ma pur sempre possibile) – il voto tedesco di domenica prossima, 23 febbraio. Gli Dei sono già caduti. Ne sono stati smascherati tutti i miracoli sin qui loro attribuiti. Il miracolo – direbbe Ernst Jünger – si è rilevato “materialmente impossibile, assurdo”. I segnali ci sono tutti. E non si tratta semplicemente della caduta degli Dei tedeschi dell’auto e dell’acciaio (TyssenKrupp, Volkswagen, Bmw, Bosch…), ma della più ampia devastazione del vasto tessuto di imprese corpo e sangue della seconda potenza manifatturiera mondiale, oggi in balia di sempre più smarriti governi e di decadenti aristocrazie capitaliste. Le banche sono state negli scorsi anni i primi anelli a vacillare (Deutsche Bank, Commerzbank…), ma la recessione ormai da tempo ha colpito il commercio e la grande distribuzione. Decine di migliaia di ristoranti, pub e bar sull’orlo dell’insolvenza (“a vantaggio” dei discount). La fiera delle meraviglie non c’è più, tanto nel privato quanto nel pubblico. A denunciarlo sbigottiti e arrabbiati sono quotidianamente i tedeschi nelle loro conversazioni private: “non è più la Germania di una volta, le cose funzionano male. Le scale mobili rotte, sei mesi per una visita specialistica, i treni inaffidabili, le scuole maltenute”. E non più all’orizzonte, ma sempre più ravvicinata e concreta, l’ultima mazzata. Gli annunciati dazi di Trump, preludio a ulteriori tagli degli stipendi e del personale, a licenziamenti, a vaghi e confusi progetti di riconversione produttiva che non riescono a nascondere il fatto che nessuno tra le élite sa bene che pesci pigliare (https://asimmetrie.org/video/le-elite-tedesche-e-la-crisi-del-modello-di-crescita-export-led-emd2024/).

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Rocco Ronchi: Musk: guerra alla Filosofia

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Musk: guerra alla Filosofia

di Rocco Ronchi

È un momento propizio per la filosofia. Non intendo per filosofia gli “studi filosofici”, sempre più marginalizzati nelle nostre Università, ridotti, nel migliore dei casi, a elemento decorativo o, peggio ancora, confusi con la brillante soluzione di rompicapo linguistici. Questa filosofia antiquaria e/o analitica è ancora tollerata solo perché la sua inoffensività è evidente. Intendo piuttosto la filosofia come potenza instaurativa di un mondo comune, come discorso capace di creare il reale che descrive, intendo la filosofia come prassi trasformativa dell’esistenza individuale e di quella collettiva. Nella citatissima undicesima tesi su Feuerbach, Marx non liquidava affatto la filosofia, contrapponendole la prassi rivoluzionaria, ma le chiedeva una assunzione di responsabilità: da interpretazione di uno stato di cose dato, doveva diventare principio di un cambiamento reale dello stato di cose. In tal modo la filosofia avrebbe riguadagnato la sua autentica originaria natura: le “idee” dei filosofi sono infatti mera “ideologia” fintantoché si limitano a descrivere, diventano invece potenze quando, conformemente all’etimo della parola “idea”, si fanno schemi dell’azione possibile, macchine semi-automatiche che producono effetti sensibili.

Se per la filosofia il momento è propizio lo si deve alla lucidità di cui hanno dato prova coloro che vogliono inaugurare una nuova narrativa, populista, sovranista e cripto-fascista.

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Carla Filosa: Perché riarmo?

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Perché riarmo?

di Carla Filosa

jfociaebhfyIn questi ultimi tempi siamo entrati nell’ottica di un necessario riarmo europeo, introdotti qualche settimana fa dal “Meno Europa più libertà” di Matteo Salvini al raduno dei “patrioti” alla periferia di Madrid. Sono gli stati dunque a legittimare l’Europa, (quale Europa per altro?) e non quest’Europa indeterminata, o meglio invocata dall’estrema destra, a legittimare gli stati, peraltro profondamente ineguali che la compongono?

L’attualità sembra richiedere lo smantellamento delle istituzioni sovranazionali, se si tifa per l’Occidente, e quindi ci si predispone “liberamente” a un procedere in ordine sparso verso accordi bilaterali, che l’imperialismo del dollaro sta richiedendo con un comando sempre più legato alla persuasione delle armi. Per l’Europa in questione non c’è problema, dato il suo stato ectoplasmatico buono solo a garantire l’uso di superiore e indiscutibile richiesta di leggi essenzialmente atte all’erosione del salario sociale di classe, nella cosiddetta sovranità appartenente al popolo. L’Europa riunita in questa settimana invece a Parigi, e non a Bruxelles, deve decidere se diventare maggiorenne dal tutorato Usa ed entrare nell’ottica bellicista alla pari con i massimi imperialismi mondiali, o relegarsi definitivamente nella subalternità non solo difensiva, ma soprattutto nell’ulteriore sviluppo produttivo in un asfittico mercato mondiale, in cui l’esportazione di capitali dev’essere pilotata dalla politica dell’alleato sovrastante.

Le recenti dimissioni dall’OMS, invece, e dagli ultimi accordi di Parigi sul cambiamento climatico da parte Usa, l’attacco ai giudici italiani promosso da Musk, seguito da quello del governo italiano alla Corte penale internazionale comunitaria hanno già trascinato il nostro stato – da tempo colonia statunitense – nell’obbedienza all’indebolimento di un’Europa mai nata politicamente, ma da usare in modo surrettizio nelle forme servili di capitali da fondere o acquisire da parte dei monopoli più forti.

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Dante Barontini: L’alleanza transatlantica (forse) è finita

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L’alleanza transatlantica (forse) è finita

di Dante Barontini

alleanza transatlantica finita.jpgLa situazione internazionale sta cambiando a una velocità tale che nel tempo necessario a scrivere un articolo si accumulano notizie sufficienti a buttar via tutto e scriverne un altro. Quando questo uragano si fermerà avremo davanti un paesaggio piuttosto diverso e solo allora tutti saranno costretti a riconoscerlo.

Alcune linee fondamentali sono però sufficientemente chiare per chi non si è mai fatto catturare dalle “spiegazioni” della propaganda liberaldemocratica euroatlantica o da quelle “nazionaliste servili”.

Ma andiamo con ordine.

 

I fatti

1) Alti funzionari dell’amministrazione Trump si stanno recando in Arabia Saudita per avviare colloqui di pace con i negoziatori russi. Le prime voci da Washington davano per certa anche la partecipazione di una delegazione ucraina (complicato fare trattative di pace senza uno dei due belligeranti…), ma un funzionario ucraino ha dichiarato che Kyiv non è stata informata e non prevede, per il momento, di partecipare.

Il compito della delegazione Usa è ancora quello di preparare il terreno per l’inizio delle trattative vere e proprie, quando il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz si unirà al segretario di Stato Marco Rubio e all’inviato presidenziale per il Medio Oriente Steve Witkoff, nei prossimi giorni. L’inviato Usa alla Conferenza di Monaco, Keith Kellogg, ha confermato che Gli Stati Uniti stanno conducendo un approccio “a doppio binario” con Russia e Ucraina e stanno avendo colloqui separati con Mosca e Kiev.

Secondo il britannico Guardian, un incontro in Arabia Saudita tra i presidenti di Usa e Russia, Donald Trump e Vladimir Putin, potrebbe svolgersi già entro la fine del mese.

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Vincenzo Scaloni: Hegel, Nietzsche, Marx. E il pensiero della speranza

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Hegel, Nietzsche, Marx. E il pensiero della speranza

di Vincenzo Scaloni

vc.jpgLa concezione politica della speranza come esplosione della forza umana potenzialmente in grado di svilupparsi giorno dopo giorno intorno al non-ancora, concezione esplorata da Ernst Bloch in un tempo senza speranza come gli anni Trenta e Quaranta, ha orientato movimenti e correnti di pensiero, ma anche pedagogie e teologie. John Holloway e Gustavo Esteva, in modo più brillante e originale di altri, negli ultimi anni hanno restituito centralità a una certa idea di speranza. Per questo oggi le lezioni di Bloch dedicate alla filosofia moderna e ora pubblicate da Mimesis, nella traduzione e cura di Vincenzo Scaloni, ci sembrano essenziali. Stralci dell’introduzione all’edizione italiana di Da Kant a Marx. Lezioni di storia della filosofia moderna.

* * * *

L’opera che rendiamo qui disponibile in traduzione rappresenta il quarto volume delle lezioni di storia della filosofia, tenute da Ernst Bloch all’Università di Lipsia tra il 1951 e il 1956. Si tratta delle lezioni che coprono l’intero sviluppo della filosofia moderna da Kant fino a Marx, con una significativa sezione dedicata all’idealismo tedesco e una ulteriore che invece si occupa della dissoluzione dell’hegelismo nelle filosofie di Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche1. In quella che allora era la Repubblica Democratica Tedesca Bloch era approdato dopo il periodo di emigrazione forzata trascorso negli Stati Uniti, avendo accettato la direzione dell’Istituto di Filosofia dell’Università di Lipsia.

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Fabio Mini: La telefonata con cui è finita la NATO

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La telefonata con cui è finita la NATO

di Fabio Mini

Forse è ancora presto per considerare finita la guerra in Ucraina. Non basta una telefonata per definirne l’esito, ma forse basta per segnare l’avvio di quella svolta importante, temuta da tutti i sostenitori della guerra e spavaldamente sottovalutata.

Si è abusato spesso delle presunte “svolte epocali” che se da un lato aprivano spiragli di speranza dall’altro contrastavano con la realtà. C’era qualcosa che non funzionava nelle pretese della propaganda occidentale di accreditare le scaramucce per battaglie e i successi sempre da una parte; nel magnificare le presunte controffensive (fallite), le risolutive armi occidentali (ininfluenti), le forze inesauribili (finite), la volontà ferrea di combattere (logorata), la certezza della vittoria ucraina (sfumata), la definitiva e irrevocabile ammissione di Kiev alla Nato (archiviata), la sconfitta russa sul campo di battaglia (non pervenuta) e le alleanze inossidabili “fino a quando sarà necessario” e whatever it takes (penosamente arrugginite).

L’unica vera svolta dopo tre anni di guerra è stata proprio quella telefonata: tra Putin e Trump? No. Tra Russia e America? No. Tra due pazzi? No. Tra le maggiori potenze mondiali? No: è stata una chiacchierata tra i soli protagonisti che hanno la potenza di scatenare l’Apocalisse. Chi crede che Trump e Putin si siano parlati per due ore per accordarsi sulla sorte dell’Ucraina o di Gaza si sbaglia. Non sanno nemmeno loro cosa farne e di certo avranno bisogno di molti mediatori e migliori negoziatori per trovare una soluzione.

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Valentina Pisanty: Il grande inganno

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Il grande inganno

di Valentina Pisanty*

Tra la fine degli anni novanta e i decenni successivi, però, alcuni policy-makers intravedono con sempre maggiore chiarezza il potenziale strategico della parola antisemita.

Divenuto sinonimo del Male Assoluto, il termine si presta a una varietà di usi funzionali alla politica di chi se ne sente custode e titolare.

Tra questi, come è evidente, i partiti della destra israeliana quasi ininterrottamente al potere dal 1996. Con l’appoggio di istituzioni americane ed europee, i governi israeliani di stampo ultranazionalista si autoproclamano portavoce ufficiali delle vittime dell’Olocausto, discendenti compresi.

Non importa che, degli attuali quindici milioni di ebrei nel mondo, solo sette abbiano scelto di vivere in Israele. Essendo Israele l’unico paese a maggioranza ebraica, la supervisione della Memoria spetta alla sua leadership politica, sostengono.

Nominatisi motu proprio Guardiani della Memoria, rivendicano un monopolio su quell’area del linguaggio che si riferisce ai crimini storici subiti dagli ebrei d’Europa: genocidio, ghetto, lager, pogrom, razzismo, antisemitismo e altre parole affini. Loro soltanto possono autorizzarne l’uso.

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G. P.: Hanno perso la guerra. Si devono dimettere tutti

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Hanno perso la guerra. Si devono dimettere tutti

di G. P.

Perdere una guerra è un fallimento gravissimo per un governo che, insieme ad altri Paesi occidentali, ha stanziato miliardi, inviato armi e munizioni a uno Stato che non è né membro della NATO né parte dell’Unione Europea. A ciò si aggiunge la scelta di aver fatto la guerra senza averla dichiarata a un Paese come la Russia, da cui l’Italia importava gran parte del gas necessario alla sua economia compromettendo relazioni commerciali e diplomatiche difficilmente risanabili. Questa decisione ha causato un’impennata dei costi interni e aggravato la crisi industriale, con conseguenze dirette su imprese e cittadini i cui effetti resteranno negli anni.

Il governo Meloni ha trascinato l’Italia in un conflitto contro la Russia senza alcuna giustificazione, calpestando la sovranità nazionale e ignorando gli interessi dell’Italia. Per questo motivo, l’intero esecutivo dovrebbe dimettersi per manifesta incapacità di leggere i processi storici e geopolitici, restituendo agli italiani il diritto di esprimersi su quanto accaduto.

Non saranno certo i sondaggi di comodo, che danno Fratelli d’Italia come primo partito per gradimento, a cambiare la realtà: presto i fatti smentiranno ogni narrazione propagandistica. Lo stesso vale per tutte le forze politiche che hanno avallato le scelte autodistruttive di questo governo, il quale, anziché cambiare l’Italia, l’ha ulteriormente affossata, esattamente come i suoi predecessori.

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Clara Statello: Monaco: le 9 sconfitte del morente blocco occidentale che sono già realtà

lantidiplomatico

Monaco: le 9 sconfitte del morente blocco occidentale che sono già realtà

di Clara Statello

Gli sconfitti piangono sul latte versato. Dopo aver trascinato a capofitto le nazioni ed i popoli europei in una proxy war suicida in cui l’Europa aveva tutto da perdere, dalla rilevanza geopolitica alle importazioni di risorse strategiche, dal commercio estero alle più basilari conquiste democratiche e illusioni liberali, i leader europei sono esterrefatti: hanno perso su tutta la linea.

La partita in Ucraina non è ancora chiusa, ma alcuni obiettivi strategici del morente blocco occidentale sono clamorosamente falliti:

  • la Russia non è stata né sconfitta, né smembrata, né distrutta dalle “democrazie” (cioè i “buoni”);
  • la Russia non è stata isolata, anzi ha stretto solide alleanze e partnership con potenze nucleari asiatiche e paesi emergenti, aumentando la sua influenza in Africa e in altre regioni del mondo;
  • Putin è vivo e vegeto sia biologicamente ma soprattutto politicamente – lo stesso non si può dire per Boris Johnson, Sanna Marin, etc – esattamente come i suoi alleati Ramzan Kadyrov e Aleksandr Lukashenko;
  • Non c’è stata nessuna sollevazione in Russia per opporsi alla guerra in Ucraina o chiedere più democrazia. Tutt’altro, l’unica insurrezione che avrebbe potuto mettere dividere la società russa è stata quella degli ultramilitaristi-nazionalisti di Prigozhin;

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Paolo Ferrero: Ucraina, per l’indipendenza dagli Usa ci si muova a favore della pace e del taglio delle spese militari

fattoquotidiano

Ucraina, per l’indipendenza dagli Usa ci si muova a favore della pace e del taglio delle spese militari

di Paolo Ferrero

Impressionante come le classi dominanti della Ue, completamente spiazzate dall’azione politica di Trump, cerchino in tutti i modi di continuare a prendere in giro i popoli europei. E’ infatti evidente che uno degli effetti dell’azione di Trump è quello di rendere evidente che le élite europee – e Usa – hanno preso in giro i propri popoli raccontando bugie per anni e a reti unificate. Alla faccia dei tanto sbandierati fact checking, la cosa che emerge è che non solo qualche episodio ma la completa narrazione propagandata per anni era completamente falsa. Difficile fare una classifica tra chi continua a difendere le bugie più grandi, ma certo Meloni si è fatta notare.

Dice Meloni: “Se oggi si tratta è perché abbiamo difeso Kiev e la libertà”. In altri termini Meloni sostiene che oggi la Russia è “obbligata” a una trattativa perché le armi fornite dall’occidente all’Ucraina hanno permesso a questa di difendersi e di fermare il nemico. Si tratta di una bugia storica di dimensioni clamorose. Come ha rivelato Stoltenberg, l’ex presidente della Nato, la Russia propose di fare un accordo a fine 2021, in modo da evitare la guerra. Un accordo in cui ovviamente veniva previsto che l’Ucraina non entrasse nella Nato. I paesi occidentali – governo Draghi compreso – rifiutarono ogni trattativa non prendendo nemmeno in considerazione la proposta della Russia che avrebbe evitato la guerra.

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