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[SinistraInRete] Eros Barone: L’ideologia dell’imperialismo americano tra riflesso e progetto

Rassegna 27/02/2025

 

Eros Barone: L’ideologia dell’imperialismo americano tra riflesso e progetto

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L’ideologia dell’imperialismo americano tra riflesso e progetto

di Eros Barone

Doctrina Monroe trump 300x197.jpg1. Il “modello americano” e la crisi della globalizzazione

Dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno attraversato due fasi: la fase della “guerra fredda” con l’Unione Sovietica e il campo socialista (1947-1991) e la fase del mondo unipolare (1991-2024). Nella prima, gli Stati Uniti si confrontavano alla pari con l’Unione Sovietica, mentre nella seconda hanno completamente sconfitto l’avversario e sono diventati l’unica superpotenza politico-ideologica e militare di dimensioni mondiali. Il capitale finanziario, dotato di tutte le opportune ramificazioni nei partiti e in altre istituzioni, ha così assunto il ruolo di guida di una strategia di dominio mondiale. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, questo dominio si è rivestito di un’ideologia di sinistra liberale fondata sulla combinazione fra gli interessi del grande capitale internazionale e una cultura individualista di taglio ‘progressista’: ideologia che ha trovato la sua piena espressione politica nel Partito Democratico statunitense.

A questo punto, sembrava che tutti i paesi del mondo avessero adottato, nella loro concreta articolazione di Stati e di società, il modello americano: democrazia politica rappresentativa, economia di mercato capitalista, ideologia individualista e cosmopolita dei diritti umani, tecnologia digitale, cultura postmoderna incentrata sull’Occidente. Tuttavia, fin dai primi anni Novanta, tra gli intellettuali americani si manifestarono posizioni che ponevano in luce il carattere mistificante e illusorio di questa visione. Tali posizioni trovarono un’espressione incisiva nell’analisi di Samuel Huntington, il quale previde come inevitabili lo “scontro delle civiltà”, il rafforzamento del multipolarismo e la crisi della globalizzazione incentrata sull’Occidente capitalistico. 1 Partendo da queste premesse, il politologo statunitense elaborò il progetto di una riforma, per così dire di stampo “dioclezianeo”, dell’Impero, sostenendo che l’identità americana dovesse essere rafforzata piuttosto che indebolita e che gli altri paesi occidentali dovessero essere uniti nell’ambito di un’unica civiltà occidentale, non più globale ma regionale. 2

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Gianandrea Gaiani: Trump corregge la fallimentare strategia USA ma l’Europa stenta a comprenderlo

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Trump corregge la fallimentare strategia USA ma l’Europa stenta a comprenderlo

di Gianandrea Gaiani

hv99717gbni7wfNwJAP0BjWwcTbeRfz3.jpgGli Stati Uniti riconoscono gli errori compiuti con la Russia e li attribuiscono alla precedente amministrazione mentre l’Europa sembra non comprendere la necessità di correggere la strategia fallimentare adottata fino a ora. Infatti le conseguenze del vertice in Arabia Saudita tra il segretario di Stato americano Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov stanno scatenando scalpore e panico in Europa.

Un incontro definito da entrambe le delegazioni utile e proficuo e benché non siano emersi molti dettagli è apparso chiaro che le due superpotenze sembrano intenzionate ad accordarsi e a trovare intese che vanno ben oltre la conclusione del conflitto in Ucraina.

Per il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. “La conversazione, credo, è stata molto utile. Non ci siamo solo sentiti, ma ci siamo ascoltati a vicenda, e ho ragione di credere che la parte americana abbia capito meglio la nostra posizione”.

Da quanto emerso, come riportato sui siti internet dei ministeri degli Esteri di Russia e USA, verranno riattivate le relazioni le missioni diplomatiche (Washington ha già presentato le credenziali di un novo ambasciatore) e la priorità per i gruppi di lavoro russo-americani sembra essere più la ripresa delle relazioni commerciali ed economiche che non arrivare al più presto a concludere un accordo per far cessare il conflitto ucraino, di cui verranno informati (ma non coinvolti) anche ucraini ed europei.

Parte del dialogo in corso, ha detto Rubio, è incentrato “sull’assicurarsi che le nostre missioni diplomatiche possano funzionare”, per far ripartire relazioni diplomatiche “vibranti”. Per il segretario di Stato sarà importante “identificare le straordinarie opportunità esistenti qualora questo conflitto giunga a una conclusione accettabile… per collaborare con i russi in termini geopolitici, su questioni di interesse comune, e francamente anche sotto l’aspetto economico”.

Trovare un’intesa per chiudere il conflitto è “essenziale affinché sia possibile lavorare insieme su altre questioni geopolitiche di interesse comune, e naturalmente su alcune partnership economiche piuttosto uniche, potenzialmente storiche”.

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Francesco Cappello: Quale soluzione per squilibri economici che degenerano in guerra

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Quale soluzione per squilibri economici che degenerano in guerra

Ritornare all’Unione Europea dei Pagamenti anni 50 riformando il TARGET2

di Francesco Cappello

coverdatalb.jpgL’Unione Europea è oggi ai ferri corti con Trump perché in surplus rispetto agli USA di più di 50 miliardi di euro, e anche nei confronti del resto del mondo, a causa delle sue politiche economiche mercantiliste ordoliberiste. Gli squilibri commerciali tra importazioni ed esportazioni esistono anche all’interno dell’eurozona.

Pur di mantenere questi surplus, i paesi dell’eurozona hanno attuato svalutazioni interne, mantenendo bassi i salari, riducendo lo stato sociale e gli investimenti pubblici anche a costo di danneggiare, come continua a succedere, la domanda interna. La deflazione salariale causata dall’euro ha, infatti, ulteriormente ridimensionato il mercato interno europeo. Questo ha generato una bilancia commerciale sbilanciata, favorendo i paesi in attivo e penalizzando quelli in difficoltà. La necessità di privilegiare le esportazioni è resa necessaria dal bisogno di valuta estera con la quale continuare a onorare il servizio al debito pubblico, obiettivo raggiunto grazie anche agli avanzi primari realizzati ormai da trent’anni a questa parte dal nostro Paese.

I surplus commerciali, in particolare quelli della Germania, hanno portato a spostamenti di capitali dai paesi in surplus a quelli in deficit, aggravando la povertà di nazioni come la Grecia, costretta a risarcire i suoi debiti svendendo i suoi asset. È necessario, finalmente, riconoscere i rischi legati a questi spostamenti di capitali e introdurre correttivi per affrontare la situazione.

 

L’Unione Europea dei Pagamenti. Un sistema fondato sulla compensazione

Dopo il secondo conflitto mondiale, a risollevare l’Europa Occidentale dalle macerie della guerra più che il piano Marshall fu l’Unione Europea dei Pagamenti (UEP), attiva dal 1950 al 1958, presieduta da Guido Carli. Essa fu mutuata dal sistema dei pagamenti proposto a Bretton Woods nel ’44 da J.L.M. Keynes [1].

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Andrea Zhok: Il gioco dei tre bussolotti

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Il gioco dei tre bussolotti

di Andrea Zhok 

Per quanto meno frequentemente di un tempo, si possono ancora trovare ogni tanto, nelle stazioni o in altri luoghi affollati, alcuni prestidigitatori di strada che invitano il pubblico al gioco dei tre bussolotti. Si inserisce una biglia sotto uno dei tre recipienti opachi (bicchieri, coppette, ecc.) presenti sul tavolo e poi si invitano gli astanti a indovinare alla fine di una serie di manipolazioni rapide, dove si trova la biglia.

Ecco, questa è la condizione in cui si trovano oggi, e da tempo, i cittadini italiani (europei, ma soprattutto italiani) quando si tratta di valutare la politica nazionale. Noi ci possiamo affaticare a discutere di crisi finanziarie, di pandemie letali, di invasioni militari, di diritti umani, degli eterni valori della libertà e della giustizia, di 73 generi, di un sacco di cose appassionanti, e questo è il moto vorticoso dei bicchieri sulla tavola. Ma la difficoltà sta tutta nel mantenere l’occhio sulla posizione della pallina, perché quando la perdi di vista, il banco vince inesorabilmente. E qual è la pallina? Qual è il minimo comune denominatore di tutti gli scoppiettanti caleidoscopici eventi che ci vengono fatti balenare sotto gli occhi?

Se c’è una crisi finanziaria come la crisi subprime, scopriamo che ci sono sistemi bancari troppo grandi per fallire e che, sciaguratamente, dobbiamo ripianare i loro debiti con i vostri soldi – dopo tutto a commettere investimenti azzardati sono state alcune mele marce.

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Davide Malacaria: L’USAID e i media “indipendenti”

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L’USAID e i media “indipendenti”

di Davide Malacaria

La geografia dei finanziamenti dell’agenzia USA. Media, fondazione, operazioni di regime change e altro nel pentolone recentemente scoperchiato

“In totale, l’USAID spende ogni anno oltre un quarto di miliardo di dollari per formare e finanziare una vasta e tentacolare rete di oltre 6.200 giornalisti presso circa 1.000 organi di informazione od organizzazioni giornalistiche [del mondo], il tutto sotto la dicitura promozione dei ‘media indipendenti’”. Così Alan MacLeod su Mintpressnews.

 

Ucraina, Cuba, Myanmar. Il fiume dei soldi dell’USAID

Nel dettaglio, l’USAID ha finanziato il 90% dei media ucraini, tra i quali il prestigioso Kyiv Indipendent, con la caporedattrice, Olga Rudenko, che ha definito il blocco dei finanziamenti USAID “una minaccia per il giornalismo ucraino indipendente ancora più grande della pandemia di COVID-19 e dell’invasione russa” (sic).

Anche “i media cubani antigovernativi sono precipitati in una situazione simile”, continua MacLeod, tra i quali CubaNet, con sede a Miami, Diario de Cuba, con sede a Madrid, e altri. Tutti finanziati per offrire ai giovani cubani “un giornalismo multimediale obiettivo e senza censure”. I cinici, però, commenta MacLeod, nel visitare tali siti web potrebbero “vedere solo argomenti anticomunisti”.

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Fulvio Grimaldi: La boccia corre, i birilli cadono…

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La boccia corre, i birilli cadono…

Europa, suicidio assistito

di Fulvio Grimaldi

Per Radio Gamma TV, Domenico D’Amico intervista Fulvio Grimaldi

https://t.me/debitoedemocrazia/4082

Dove si ricupera l’ennesimo Mattarella d’inciampo, eseguito in nome della “Nazione”, che poi risulta costituita dal reticolo di interessi di casta, di classe e coloniali che avvolge questo paese dal 1945 e che nei tempi dei presidenti che non mollano la poltrona (e poi parlano di Lukashenko) ci sta vieppiù stringendo la gola.

Non poteva, nella logica in cui si muove e per la quale lo hanno messo lì, non perfezionare il proprio ludibrio antirusso, connettendolo tra baci e abbracci con l’omologo israeliano, Herzog, al momento impegnato a sistemare le cose fino all’ultimo palestinese. Ovviamente da queste parti era transitato, in perfetta coerenza di scelte amorose come praticate dallo zerbino, quell’altro, impegnato a sistemare le cose fino all’ultimo ucraino.

Solo che nel frattempo, inusitatamente, chi calpesta i nostri zerbini ha cambiato passo e connotati e ora tocca a noi sostituire spartito, strumenti e voce. Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è ottima-pessima. Avete presente le galline nel pollaio in cui è balzata la volpe?

Già, perché c’è l’altro presidente, quello vero, the Donald. Che, a dispetto della fogna ribollente di schifezze navigata dall’Occidente con Obama attraverso i neocon fino a Biden, qualcosa di rispondente ai sentimenti, alle conoscenze e agli auspici del volgo la esprime. Forse per la prima volta nel corso degli ultimi ottant’anni.

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Dante Barontini: C’era una volta l’asse euro-atlantico…

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C’era una volta l’asse euro-atlantico…

di Dante Barontini

Il delirio è totale. Il primo mese della presidenza Trump è stato un concentrato di azioni devastanti per l’ordine internazionale del secondo dopoguerra e per lo stesso “ordine unipolare” derivato dal crollo dell’Unione Sovietica.

Allo stesso tempo è stato altrettanto devastante per l’ordinamento interno degli Stati uniti, dove agenzie fondamentali per l’azione internazionale “imperiale” – come UsAid – vengono chiuse con un click, il dipartimento dell’istruzione viene avviato sulla stessa strada, decina di migliaia di dipendenti pubblici vengono licenziati in tronco, così come i magistrati di diverso orientamento giudiziario e politico. E persino corpi fetidi come l’Fbi o la Cia si apprestano a subire il “repulisti” promesso fin dalla campagna elettorale.

Ma è chiaro che per “noi europei” l’elemento per ora decisivo è il rovesciamento di posizione degli Stati Uniti rispetto all’Ucraina, perché implica una marea di altri rovesciamenti. Non ultima l’idea stessa di “Occidente” neoliberista, “democratico”, rispettoso dell’ordine internazionale che gli Usa hanno determinato nel secondo dopoguerra.

Il vertice di Riad tra i due ministri degli esteri – Rubio e Lavrov – aveva già fatto capire che il problema principale, per le due superpotenze nucleari, è la ripresa di normali relazioni diplomatiche, l’abolizione delle sanzioni e delle controsanzioni. Mentre la guerra diventa un problema imbarazzante, certo, ma da risolvere parlandosi e decidendo sulla testa sia di Kiev che degli “alleati” europei, coinvolti loro malgrado (o con il loro entusiastico apporto, come per Polonia e baltici) dalla precedente amministrazione Biden.

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comidad: Landini fa da sponda alla fintocrazia meloniana

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Landini fa da sponda alla fintocrazia meloniana

di comidad

Non si può escludere in assoluto che dietro le esternazioni di Trump vi sia qualcosa di simile a una strategia, però al momento nulla lo conferma; semmai certi eccessi comunicativi farebbero sospettare il contrario. L’approccio dell’amministrazione Trump infatti presenta evidenti affinità con quelle tecniche di management per le quali ogni nuovo dirigente di un’azienda tende immancabilmente a presentare la sua persona come la cesura e il ponte tra un’epoca oscura di apatia, corruzione e incompetenza, e una nuova era di luminosi destini. I toni messianici e palingenetici fanno parte ormai del comune bagaglio comunicativo di qualsiasi dirigente di SpA, di ASL, di municipalizzata o di istituto scolastico, così come ne fanno parte la tendenza a insolentire i dipendenti e a trattarli come parassiti, le promesse di drastici repulisti e gli annunci di un caos rigeneratore. D’altra parte il caos non sempre riesce a prevalere sulla routine, per cui le aziende vanno avanti nonostante i loro dirigenti.

Assodato che il salvatore dell’umanità è il tipo più comune di essere umano, si potrebbe persino supporre che le attuali “vittime” di Trump stiano esagerando la sua minaccia e la sua presunta anomalia per accreditare a loro volta l’avvento di qualche altro messia designato a gestire la nuova emergenza e a scongiurare la solita catastrofe incombente. Il mantra attuale è che la politica dei dazi di Trump stia facendo saltare il modello “mercantilista” dell’Unione Europea; un modello basato sul primato delle esportazioni rispetto al mercato interno.

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Roberto Iannuzzi: Conflitto ucraino e crisi transatlantica: il crollo dei tabù

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Conflitto ucraino e crisi transatlantica: il crollo dei tabù

di Roberto Iannuzzi

I discorsi di Hegseth e Vance, e le esternazioni di Trump su Zelensky, provocano un terremoto nelle relazioni tra USA ed Europa, mettendo a nudo verità troppo a lungo taciute

57e69542 c84b 41c4 938d
329d9a04e594 2800x1867C’è voluta una ventina di giorni, dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, perché i contatti fra la Russia e la nuova amministrazione si mettessero in moto.

Ma quando il presidente americano (dopo una seconda telefonata al suo omologo Vladimir Putin, questa volta confermata dal Cremlino) ha annunciato l’immediato avvio dei negoziati per risolvere la guerra ucraina, ai leader europei è cominciata a mancare l’aria.

La vera doccia fredda è arrivata però dal segretario alla Difesa Pete Hegseth, il 12 febbraio, in occasione dell’incontro del Gruppo di Contatto che riunisce i paesi che sostengono l’Ucraina.

Egli ha affermato che Trump intende porre fine a questo devastante conflitto ormai prossimo al suo terzo anniversario, giungendo a una pace duratura sulla base di una valutazione realistica del teatro di guerra.

 

Washington scarica l’Ucraina sulle spalle dell’Europa

Partendo da questa premessa, Hegseth ha aggiunto che:

1) Ritornare ai confini dell’Ucraina precedenti alla crisi del 2014 è irrealistico (dunque Kiev dovrà fare importanti concessioni territoriali);

2) l’adesione dell’Ucraina alla NATO non è un obiettivo perseguibile;

3) ogni eventuale garanzia di sicurezza all’Ucraina dovrà essere fornita da truppe europee e non europee, a esclusione di quelle americane;

4) qualora vengano dispiegate forze di interposizione in Ucraina, esse non faranno parte di una missione NATO e non saranno coperte dall’articolo 5 dell’Alleanza;

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Pierluigi Fagan: Il capitalismo della frammentazione

pierluigifagan

Il capitalismo della frammentazione

Recensione al libro di Quinn Slobodian, Einaudi, 2023

di Pierluigi Fagan

9788806251765 0 0 536 0 75 1.jpgSlobodian è uno storico canadese, già autore dell’ottimo Globalist. La fine dell’impero e la nascita del neoliberismo (Meltemi 2021), qui in indagine sull’evoluzione del sistema ideologico di certo capitalismo anglosassone ovvero l’anarco-capitalismo. Titolo originale dell’opera: Crack-Up Capitalism: Market Radicals and the Dream of a World Without Democracy che ha il merito di chiarire subito il punto centrale della questione: un mondo dominato dal mercato e il capitale, libero da ogni residua forma di democrazia.

La forma economica capitalistica sappiamo essere presente in vari modi e intensità nell’intera storia umana incluso il tardo medioevo italiano che creò e raffinò gran parte degli elementi di questa forma economica. Ma solo quando si impossessò dello stato con la Gloriosa rivoluzione inglese del 1688-89, cominciò a diventare sia la forma completa che conosciamo, sia l’unica forma di economia ammessa. Dopo quasi due secoli e mezzo, Il Regno Unito arrivò ad accettare il pieno suffragio universale della forma di rappresentanza parlamentare che diciamo impropriamente “democrazia”. Dopo guerra e dopoguerra, inizia il fastidio delle élite per questa pur imperfetta forma di “democrazia”, precisamente dagli anni ’70 e le prime teorizzazioni dei think tank americani, dalla Trilaterale di Samuel Huntington in giù. A seguire, la versione con sempre meno politica ovvero democratica e sempre più dittatura prima della mano invisibile, poi del capitale finanziario detta “neo-liberismo”. L’anarco-capitalismo è la radicalizzazione ulteriore che, come da titolo originale del libro di Slobodian, sogna un mondo totalmente libero dai vincoli sociali e politici ovvero una monarchia o aristocrazia del capitale.

Tale ideologia anarco-capitalista non va presa come un canone ferreo ma come una costellazione di concetti, ispirazioni e tendenze. Può darsi che, a parte i teorici deputati a disegnare mondi di perfezione logica poco realistici che hanno il fascino dell’ideale, alcuni elementi possano essere usati per applicazioni parzialmente diverse ma concrete come sta facendo e sempre più farà Donald Trump. Vale dunque la pena di vedere cosa dice l’indagine di Slobodian.

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Indrajit Samarajiva: Come il comunismo sta surclassando il capitalismo

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Come il comunismo sta surclassando il capitalismo

di Indrajit Samarajiva*

vjcpoingbpxNon è ironico? Non credete? Un centinaio di aziende di veicoli elettrici sono fiorite sotto il comunismo, mentre il capitalismo sovvenziona uno spaccone che produce quattro veicoli e un fermacarte. Una start up ha addestrato un’intelligenza artificiale per 5,5 milioni di dollari sotto il comunismo, mentre l’intelligenza artificiale del capitalismo richiede 500 miliardi di dollari di aiuti governativi. Tutto ciò che i capitalisti vi hanno detto sul capitalismo erano solo stronzate per vendervi altro capitalismo. Il comunismo è in realtà molto più innovativo del capitalismo. Fanno di più con meno, e per scopi migliori.

 

Lunga e forse inutile digressione storica

La grande potenza tecnica del comunismo era in realtà nota fin dall’inizio. Russia e Cina si sono industrializzate nel giro di una generazione. Nessuna nazione si è mai sviluppata più velocemente o in misura maggiore, un miracolo economico che la maggior parte degli economisti occidentali ha ignorato, perché il comunismo è un male, STFU [zitto, stronzo!]. La capacità produttiva del comunismo è stata screditata perché l’intera faccenda sembrava crollare con la fine dell’Unione Sovietica, ma non era tutto. Come ha detto Xi Jinping nel 2018:

Lo sviluppo storico non è mai rettilineo, ma pieno di colpi di scena. Alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, il crollo dell’Unione Sovietica, la caduta del Partito Comunista dell’Unione Sovietica e i drammatici cambiamenti nell’Europa dell’Est non solo hanno portato alla scomparsa dei primi Paesi socialisti e dei Paesi socialisti dell’Europa dell’Est, ma hanno anche avuto un grave impatto sul gran numero di Paesi in via di sviluppo che aspiravano al socialismo, e molti di loro sono stati costretti a prendere la strada di copiare il sistema occidentale.

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Renato Curcio: Intelligenze artificiali e intelligenze sociali

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Intelligenze artificiali e intelligenze sociali

di Renato Curcio

Incontro-dibattito sul libro Intelligenze artificiali e intelligenze sociali di Renato Curcio (Sensibili alle foglie, 2024), presso il Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, Milano, 29 settembre 2024

sodinhvudLa tecnica e il sociale non vanno confusi: la tecnica è lo strumentale e lo strumentale funziona in modo diverso dalla vita. Renato Curcio aggiunge un altro tassello al suo percorso di ricerca

Questo libro è il seguito di un percorso di ricerca che faccio dal 2015, quindi da un po’ di anni, sul rapporto tra il vivente e lo strumentale, cioè tra le tecnologie nel senso generale del termine – le macchine – e l’umano, come momenti di un tipo di società, quella capitalistica, che sempre più li incrocia e li ibrida. Dopo il periodo della digitalizzazione, quindi di un capitalismo che era passato dal macchinismo industriale a una più complessa tecnologia digitale – che già aveva cambiato moltissi­me modalità di lavorare ma anche di entrare in relazione – con l’intelli­genza artificiale si è fatto un passo ulteriore. Un passo che è stato guar­dato, da una parte con la curiosità che spesso caratterizza la grande stampa, una curiosità legata alla pubblicità, per cui si parla molto di una certa tecnologia perché questo la promuove – ed è il caso di dispositivi come ChatGPT, che a un certo punto viene immesso nel mercato e nel consumo un po’ come era stato fatto, a suo tempo, coi social network, mitizzandone le potenzialità, le caratteristiche, le prospettive ecc. -; d’altro canto è tuttavia anche vero che, al di là delle mitizzazioni propa­gandistiche, queste tecnologie progressivamente non solo hanno cam­biato, e stanno cambiando, il nostro modo di vivere, ma lo stanno fa­cendo molto velocemente e profondamente, mentre non cambia la no­stra capacità di entrare in relazione consapevole con questi strumenti. Questo libro, quindi, parla e si interessa dell’intelligenza artificiale in re­lazione all’immaginario, ossia in relazione a uno dei problemi di fondo del cambiamento sociale, perché nessun cambiamento sociale si è mai prodotto senza che si generasse un immaginario istituente.

Gramsci è conosciuto in tutto il mondo soprattutto per il suo grande contributo relativo al concetto di egemonia: sostanzialmente in che mo­do le classi sociali – e soprattutto quelle che hanno il potere, quindi che si collocano in una situazione di forza rispetto alle altre – costruiscono la cattura dell’immaginario dei cittadini, con quali stru­menti li portano a sé; in breve, come esercitano il loro dominio.

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Weapon Watch: Un attentato stile “Nord Stream 2”, a Savona

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Un attentato stile “Nord Stream 2”, a Savona

di Weapon Watch

A cinque giorni dai fatti, rileviamo il ritardo con cui i media nazionali stanno informando il pubblico circa le inquietanti notizie che provengono da Savona, notizie a cui si sarebbe dovuta dare precedenza e spazio per gravità e conseguenze possibili.

I fatti sono accaduti nella notte tra venerdì 14 e sabato 15, a poche centinaia di metri dal porto di Vado Ligure (Savona), dove era ed è tuttora ormeggiata la petroliera «Seajewel»: l’equipaggio è stato svegliato da due forti esplosioni, che hanno squarciato la fiancata sotto la linea di galleggiamento, con ingresso di acqua nelle paratie.

Le operazioni di scarico in corso sono state sospese, ma fortunatamente non si è verificato alcun sversamento di greggio in mare, né è stata compromessa la sicurezza della nave.

Come si sono mosse le autorità? Hanno cercato di silenziare il più possibile la natura e l’entità di quel che è con grande evidenza un attentato terroristico ai danni di una petroliera con una portata lorda di 109.000 tonnellate di greggio. La costatazione delle lamiere ripiegate verso l’interno della nave, e di una moria di pesci localizzata, hanno fugato ogni dubbio circa la matrice terroristica: sono state utilizzate certamente cariche esplosive collocate dall’esterno, probabilmente tramite gommoni o barche.

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Emiliano Brancaccio: Le correzioni imperialiste di Super Mario

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Le correzioni imperialiste di Super Mario

di Emiliano Brancaccio

«Quando mi chiedete cosa sia meglio fare ora, io dico che non ne ho idea. Ma fate qualcosa!». Pochi fatti alla pubblica opinione appaiono più sconcertanti di una nuda manifestazione di impotenza del potere. Eppure questa è la prova che Mario Draghi ha dato al parlamento Ue.

Il celebrato gendarme della moneta unica ha messo l’emiciclo di Bruxelles dinanzi a una prospettiva ormai tangibile: la morte dell’Unione europea, afflitta da una letale paralisi nel mezzo della guerra economica mondiale in corso.

Draghi ha iniziato il suo intervento con una sofferta confessione: redatto da appena pochi mesi, l’osannato rapporto sulla competitività che porta il suo nome è già obsoleto.

Il documento era stato scritto per suggerire all’Unione un nuovo modo di interpretare l’alleanza con gli Stati uniti, così da rendere il capitalismo occidentale più forte e più unito nel fronteggiare l’ascesa della Cina. Ma adesso che l’attacco principale all’Ue viene dalle sponde dell’America, il papello draghiano appare improvvisamente ingiallito.

Draghi ammette il problema.

Il ritorno di Trump alla Casa bianca segna il tentativo del capitalismo americano di scaricare la crisi del debito in primo luogo sugli alleati europei. L’obiettivo della nuova amministrazione Usa è di consentire alle imprese del vecchio continente di accedere al grande mercato americano solo a condizione che i paesi Ue paghino caro pegno.

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Clara Statello: I messaggi (non compresi) che Mosca ha mandato all’Italia

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I messaggi (non compresi) che Mosca ha mandato all’Italia

di Clara Statello

I nostri politici, giornalisti e intellettuali, coinvolti nella difesa del presidente della Repubblica, dovrebbero leggere tra le righe delle ripetute dichiarazioni di Maria Zakharova, che non è una “bionda truccatissima benvestita” e “sedicente portavoce” – come l’ha definita improvvidamente Crosetto – ma è proprio la portavoce del Ministero degli Esteri russo. Tutto ciò che dice riflette fedelmente la postura internazionale di Mosca.

Con l’accusa di “blasfemia” rivolta alla massima autorità italiana, la diplomazia russa non intende scatenare una polemica mediatica per dividere la società o per ragioni propagandistiche, come è stato scritto nei giorni scorsi. Piuttosto sta notificando un incidente diplomatico di massimo livello, in un momento cruciale per il destino del nostro Paese e dell’intera Europa.

Le ripercussioni annunciate da Zakharova potrebbero essere ben più gravi del deprecabile attacco informatico contro banche e aeroporti italiani, rivendicato dal gruppo hacker no name. In ballo ci sono le trattative che definiranno gli equilibri post guerra. L’avviso dovrebbe preoccupare il capo del Governo.

 

Vilipendio o incidente diplomatico?

Senza troppi giri di parole, l’UE ha perso la guerra ed è stata scaricata malamente dal suo principale partner, gli Stati Uniti. Il capo del Pentagono Hegseth mercoledì a Bruxelles ci ha comunicato che dovremo farci carico della difesa dell’intera regione.

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Fulvio Grimaldi: L’era dei quisling

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L’era dei quisling

di Fulvio Grimaldi

Da Oslo a Ramallah, passando per Kiev e Roma: quando il colonialismo si fa furbo

La Cisgiordania, a forza dai suoi pulitori etnici e relativa banda musicale mediatica oscurata dietro alle nuvole nere degli sconquassi geopolitici che Trump va provocando in Europa e a Gaza, del processo colonialista di quislinghizzazione offre un modello esemplare. Dopo anni, decenni, di mistificazione, Abu Mazen-Mahmud Abbas, tuttora dichiarato, pur senza legittimazione democratica, rappresentante della propria gente, convinto al passaggio alla forza bruta del suo dante causa esterno, ha gettato la maschera. Da Quisling dalle buone maniere, con bandierina palestinese sul bavero, a sicario.

La Cisgiordania, con Gerusalemme cuore della Palestina, sta venendo rasa al suolo ed è iniziato lo svuotamento alla Trump”, Clean that thing out”. Già 40.000 abitanti sono stati espulsi dalle loro case dall’IDF e dalle razzie dei fascisti coloni. Abu Mazen ha preparato il terreno.

La vicenda si dipana dagli inizi del colonialismo moderno, XVI secolo, ma ha anche suoi precursori nei potentati locali a cui Roma affidava, in nome e nell’interesse suo, la gestione degli affari, Parti, iberici, Traci, giudei, o altri. Meno affidabili i celti e i germani. Altalenante il rapporto con gli etruschi, dove capitava che i ruoli di Quisling e di dominus se scambiassero.

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Norberto Fragiacomo: In Trump we trust?

linterferenza

In Trump we trust?

di Norberto Fragiacomo

Una decina di giorni fa, intervenendo nella trasmissione “Il processo del giovedì (https://www.youtube.com/watch?v=zpo-ZTQEjFQ)”, affermai che con Trump la (pre)potenza americana appare finalmente senza veli, si presenta cioè per quel che è realmente: il tycoon esibisce soddisfatto il “nodoso bastone” di rooseveltiana memoria che l’ectoplasma Biden e i suoi predecessori dem occultavano pudicamente sotto il pastrano. Non intendo qui polemizzare con i poveri di spirito che accusano The Donald di mettere in pericolo una democrazia già morta e sepolta, ma aggiungere che per la crisi Ucraina ipotizzai tre sviluppi: il primo che Trump interpretasse la scarsa disponibilità russa a un accordo purchessia come un affronto personale e una sfida all’onnipotenza americana e che, per l’effetto, poggiasse boots on the ground nel pantano ucraino, il secondo che il governo statunitense compisse una giravolta, riconoscendo le ragioni della Russia e denunciando la vecchia amministrazione e l’Europa correa come responsabili di una guerra sbagliata e già persa (questo auspicavo); il terzo – ritenuto il più probabile anche dai miei interlocutori – che gli USA scegliessero di abbassare i toni e defilarsi dal confronto in atto, delegandone la gestione (ma non la funzione di controllo) agli assatanati staterelli europei.

Nell’era di Internet il tempo scorre sorprendentemente veloce e contro ogni nostra previsione il Presidente americano sembra aver imboccato, dopo una serie di finte spiazzanti, la seconda strada: alla cordiale telefonata con Vladimir Putin hanno fatto seguito dichiarazioni stupefacenti (quella che addossa all’Occidente la colpa di una guerra evitabile e la successiva, clamorosa prospettazione di una “Ucraina russa”) e atti concreti, perché la severa reprimenda riservata dal Vicepresidente USA Vance ai vertici dell’Unione Europea in quel di Monaco non è parola dal sen fuggita.

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Alessandro Volpi: Trump ribalta Zelensky facendo dissolvere la falsa coscienza dal capitalismo “liberale”

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Trump ribalta Zelensky facendo dissolvere la falsa coscienza dal capitalismo “liberale”

di Alessandro Volpi

Terre rare, materie prime, il dollaro come valuta di riferimento, porte spalancate ai capitali americani e i risparmi nazionali dritti dritti nei portafogli di società Usa. In meno di una riga di post, il neo-presidente, attaccando l’omologo ucraino, ha riassunto la dottrina che gli Stati Uniti hanno seguito per anni. L’Europa balbetta, proponendo solo nuova austerità e corsa al riarmo. L’analisi di Alessandro Volpi

C’è un passaggio del violentissimo post di Donald Trump contro Volodymyr Zelensky che sembra sia sfuggito a molti. Il neo-presidente statunitense ha sottolineato con forza il fatto che Zelensky abbia convinto Joe Biden a spendere 350 miliardi di dollari “senza garanzie”.

Ora, al di là dell’indicazione di una cifra chiaramente superiore alla realtà, il vero tema contenuto in queste parole è costituito proprio dal riferimento all’assenza di “garanzie”. Il messaggio di Trump è molto esplicito: gli Stati Uniti non possono “spendere senza garanzie” che sono individuabili nella fornitura di materie prime, a cominciare da quelle più strategiche, come le terre rare, dall’importazione di prodotti americani, dall’uso del dollaro come valuta di riferimento, dall’accettazione della penetrazione dei capitali americani e dalla destinazione dei risparmi nazionali verso le società e il debito Usa.

Trump in meno di una riga definisce e riassume la dottrina che gli Stati Uniti hanno seguito per anni, nascondendola dietro il fariseismo del capitalismo liberale. Come ha dichiarato il suo vice, J. D. Vance, c’è un nuovo sceriffo in città che intende fare a meno della fin troppo a lungo coltivata finzione delle regole.

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