[nuovopci] Due piani per Stellantis, la produzione di veicoli e componenti e il futuro del paese

Comunicato CC 06/2025 – 18 marzo 2025

 

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Due piani per Stellantis, la produzione di veicoli e componenti e il futuro del paese

 

Dopo le vaghe promesse contenute nel “piano Italia” illustrato il 17 dicembre dal responsabile Stellantis per l’Europa Jean-Philippe Imparato, si diradano le nebbie sul futuro della produzione di veicoli e componenti se resta in mano agli Agnelli-Elkann e al governo Meloni.

Mentre agli operai della Maserati di Modena, in cassa integrazione da quattro mesi, gli Agnelli-Elkann propongono di andare a lavorare per sei mesi alla linea Fiat Grande Panda dello stabilimento di Kragujevac in Serbia, “incentivare le aziende della filiera automotive a diversificare e riconvertire le proprie attività verso settori con alto potenziale di crescita come la difesa” è la strada che il governo Meloni, per bocca del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, indica per “mettere in sicurezza le imprese e tutelare i lavoratori, salvaguardare e valorizzare le competenze dei lavoratori dell’automotive, le loro capacità tecniche e il capitale umano già formato”. In sintesi: la riconversione per la produzione bellica come alternativa e “cura” alla morte lenta e alla delocalizzazione.

Non sappiamo se nell’audizione in Parlamento del 19 marzo John Elkann aderirà a questo progetto (IVECO, controllata da Stellantis, è già sulla “buona strada”), come già ha fatto Volkswagen in Germania in collaborazione con Rheinmetall sulla scia del piano ReArm UE da 800 miliardi di euro lanciato dalla Commissione Europea e spalmato sui prossimi dieci anni. Ma è un progetto coerente con il corso delle cose impresso nel nostro paese e nel resto del mondo dalla Comunità Internazionale (CI) dei gruppi imperialisti USA, sionisti, europei e loro associati.

Per preservare a ogni costo nel mondo intero il proprio dominio in campo politico, economico, commerciale, monetario e finanziario che traballa, la CI non fa che allargare e aggravare la Terza guerra mondiale. D’altra parte è la “cura” alla crisi economica seguita dai gruppi imperialisti all’indomani della grande depressione degli anni ‘30 del secolo scorso.

I manuali borghesi di storia dicono che le politiche economiche keynesiane e in particolare, negli USA, le politiche del New Deal hanno posto fine alla “grande depressione” degli anni ‘30. In realtà gli USA, l’Europa e tutto il mondo capitalista uscirono definitivamente dalla depressione degli anni ‘30 solo in seguito allo scatenarsi della Seconda guerra mondiale. Roosevelt e il partito del New Deal andarono al potere negli USA nel novembre del 1932, Hitler e il partito nazista andarono al potere in Germania nel 1933, i governi dei maggiori paesi capitalisti si impegnarono in programmi di lavori pubblici, nella creazione di istituti assistenziali, in sussidi ai capitalisti imprenditori, in misure di protezione doganale e di sovvenzione all’industria e in politiche di penetrazione commerciale e finanziaria all’estero e soprattutto in politiche di riarmo (ovviamente ogni Stato a sostegno di “sacrosanti e legittimi interessi” minacciati da altri Stati).

La Seconda guerra mondiale iniziata nel settembre 1939 “risolse” rapidamente la crisi economica: l’apparato produttivo riprese a funzionare a pieno ritmo per la guerra.

L’uscita di Urso ha suscitato un coro di critiche da parte della FIOM-CGIL, di Alleanza Verdi Sinistra e del M5S, che bollano il progetto del governo come “scelta assurda dal punto di vista etico, industriale e occupazionale” e promettono di “opporsi fortemente e ovunque a questo piano scellerato”. Ma qual è l’alternativa che oppongono al “piano scellerato” di Urso e soci contro la morte lenta della produzione di veicoli e componenti? E chi dovrebbe attuarlo? Agitare obiettivi senza le gambe per realizzarli, porre obiettivi monchi, unilaterali, irrealizzabili per le masse popolari se non prendono in mano esse il governo del paese, rafforza le manipolazione della destra reazionaria. La parabola dei governi M5S parla chiaro. Oggi i gruppi che scimmiottano il fascismo e il nazismo del secolo scorso inalberano anch’essi obiettivi monchi e di senso comune come l’uscita dall’Unione Europea, il no alla guerra e simili: ma loro si giovano della residua influenza che i padroni e gli altri ricchi esercitano sulle masse popolari e dei mezzi della classi dominanti per prendere la testa delle masse popolari malcontente e indignate e trascinarle in “guerre tra poveri” e in distruzioni ancora maggiori delle attuali, sempre sotto il dominio della borghesia imperialista.

Ma c’è un piano alternativo a quello degli Agnelli-Elkann e dei Meloni.

La logica degli Agnelli-Elkann e della “razza padrona” è che le aziende si aprono e si tengono in funzione se permettono di valorizzare i loro capitali ed è da pazzi tenere aperti stabilimenti che non sono competitivi. Per i lavoratori l’unica cosa veramente da pazzi è che le aziende siano gestite da gente che decide se, cosa e quanto produrre in base al profitto che ne può ricavare, per cui va bene solo quello che permette di moltiplicare i loro soldi altrimenti va lasciato perdere o tutt’al più affidato alla carità, per cui è normale che mentre chi ha un impiego si ammazza di lavoro, gli altri o sono disoccupati o si barcamenano tra lavori precari, sussidi statali, ricatti da parte di padroni e organizzazioni criminali e carità da parte di associazioni religiose. È da pazzi che attività che, direttamente o indirettamente, coinvolgono centinaia di migliaia di persone (e per di più ampiamente finanziate con soldi pubblici) e che impattano sull’ambiente, siano ancora gestite come una questione privata da gente di questa risma.

Il nostro paese e il mondo in cui viviamo va a pezzi proprio perché funziona e si regola secondo questi criteri da pazzi.

Noi possiamo e dobbiamo costruire un paese in cui sono gli operai e gli altri lavoratori associati a decidere cosa e come produrre i beni e i servizi che occorrono per soddisfare le esigenze della popolazione nel suo complesso, nel modo più rispettoso possibile della loro salute e sicurezza e della tutela dell’ambiente, e per sviluppare i rapporti di solidarietà, collaborazione e scambio con altri paesi. Gli operai di Mirafiori, di Cassino, di Pomigliano e degli altri stabilimenti ex FIAT produrranno il numero di veicoli assegnato alla loro unità produttiva da un piano nazionale elaborato con la partecipazione attiva loro e di tutti gli altri lavoratori e riceveranno quanto necessario (mezzi di produzione, formazione professionale, retribuzione salariale) per farlo. Quanti veicoli? Quelli che risulteranno necessari considerando il fabbisogno nazionale, la promozione dei trasporti pubblici e di quelli collettivi (pullman che vadano a prendere e riportino a casa i lavoratori di ogni azienda, gli studenti di ogni scuola, ecc.) che avranno contribuito a ridurre di un bel po’ il bisogno di nuovi veicoli, i veicoli che vanno sostituiti perché inquinanti e insicuri, la capacità produttiva che secondo gli operai di Mirafiori, Cassino, Pomigliano, ecc. e quelli delle aziende di componentistica ha la loro unità di lavoro, ecc. Se non servirà che producano veicoli, impareranno e convertiranno la produzione in base alle esigenze sociali. Siccome tutti quelli in grado di farlo avranno un lavoro e saranno tenuti a lavorare, gli operai di Mirafiori, Cassino, Pomigliano, ecc. potranno lavorare per meno ore e avere più tempo per quelle attività (relazioni sociali, cultura, arte, sport) che adesso sono patrimonio di chi non è costretto a dedicare la maggior parte del suo tempo e delle sue energie al lavoro per campare. Dedicheranno una parte del loro tempo di lavoro a studiare e mettere a punto metodi e procedure per migliorare l’organizzazione del lavoro, la qualità dei prodotti, l’ambiente di lavoro, ecc. Insomma tutte cose per cui già adesso ci sono le conoscenze, le risorse e i mezzi necessari, però bisogna liberarsi degli Agnelli-Elkann e dei loro compari.

La costituzione di un governo di emergenza delle organizzazioni operaie e popolari, il Governo di Blocco Popolare (GBP), è lo strumento per iniziare a farlo, per mettere in riga gli Agnelli-Elkann e gli altri della loro risma e per riorganizzare la produzione di veicoli e componenti e il resto dell’attività economica.

Molti compagni si domandano e ci domandano com’è possibile che le organizzazioni operaie e popolari costituiscano un loro governo d’emergenza se Meloni, Salvini e Tajani hanno vinto le elezioni, hanno in mano il Parlamento e le altre istituzioni della Repubblica Pontificia e perfino il PD collabora con loro. I governi d’emergenza non si costituiscono secondo le procedure correnti. Il governo Meloni è debole, cerca di tenere i piedi in due scarpe ma lo scontro tra “partito americano” e “partito europeo” acutizzato dalla rielezione di Donald Trump negli USA e dalle misure della nuova amministrazione attraversa ognuno dei partiti di governo indebolendolo ulteriormente, così come il polo PD delle Larghe Intese e i suoi cespugli. Quando risulterà che Meloni e i suoi non riescono a tenere in pugno il paese e ad assicurare l’ordine pubblico, la classe dominante, l’attuale Parlamento e le altre istituzioni della Repubblica Pontificia dovranno cedere a un governo capace di farlo. Non sarà la prima volta che un Parlamento eletto con un orientamento, dà la fiducia a governi di tutt’altro orientamento: la paura fa novanta!

Se le organizzazioni operaie e popolari da una parte esigeranno che i bisogni elementari della masse popolari siano soddisfatti e non tollereranno un “ordine pubblico” basato sulla guerra, il riarmo e l’economia di guerra, la devastazione dell’ambiente, l’inquinamento e la crisi climatica, le grandi opere speculative e il turismo usa e getta (faranno cioè della lotta contro la guerra e l’economia di guerra un problema di ordine pubblico) e dall’altra saranno disposte ad assumere esse il governo del paese per porre rimedio almeno agli effetti più disastrosi della crisi, la stessa classe dominante dovrà ingoiare un simile governo d’emergenza. Naturalmente, la classe dominante conterà di riprendere in mano le cose o una volta che la situazione si sarà calmata o quando avrà creato le condizioni per un suo governo terroristico (un governo capace di mobilitare una parte della popolazione contro l’altra e tutta la popolazione a partecipare al saccheggio di altri paesi).

Il GBP, costituito dagli organismi e dai personaggi che già godono di una qualche autorità presso gli operai e le masse popolari e che opera con il loro sostegno, non è il “governo comunista”, ma noi comunisti dobbiamo promuovere con tutte le forze la costituzione di un simile governo. Solo chi non è convinto delle sue idee non osa fare compromessi con correnti, gruppi e individui con cui non è d’accordo al cento per cento, con cui può fare solo un pezzo di strada. Noi comunisti siamo sicuri delle nostre ragioni e delle nostre concezioni e siamo certi di poter portare la rivoluzione socialista fino in fondo. Siamo certi che l’esperienza pratica e su larga scala messa in moto dal GBP dimostrerà alle larghe masse popolari le ragioni che per ora sono patrimonio solo nostro e di piccoli gruppi, comunque non ancora sufficienti affinché instaurare il socialismo sia un obiettivo immediato. Farà progredire rapidamente la rinascita del movimento comunista. Farà entrare in una fase più avanzata e dinamica la guerra popolare rivoluzionaria che concluderemo con l’instaurazione del socialismo.

Il futuro di Stellantis, delle altre fabbriche del gruppo degli Agnelli-Elkann e dell’indotto è in mano agli operai avanzati, dei sindacati combattivi e di noi comunisti!

 

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