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[SinistraInRete] Fabio Vighi: Riarmo, recessione, debito: la sceneggiata e il gioco al massacro

Rassegna 19/03/2025

 

Fabio Vighi: Riarmo, recessione, debito: la sceneggiata e il gioco al massacro

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Riarmo, recessione, debito: la sceneggiata e il gioco al massacro

di Fabio Vighi

zyanya citlalli MSgJtiLK5rM unsplash scaled 1Per comprendere le ragioni della sceneggiata napoletana andata in onda nella sala ovale della Casa Bianca il 28 febbraio scorso, conviene guardare a quanto successo in Germania solo qualche ora più tardi: Friedrich Merz, cancelliere in pectore ed ex dirigente BlackRock, annunciava un pacchetto da 900 miliardi – il doppio del bilancio federale annuale – per difesa e infrastrutture. (In un bollettino del 24 febbraio, la stessa BlackRock prevedeva che il voto tedesco avrebbe consentito un aumento della spesa). Pochi giorni dopo, Merz confermava proposte “radicali” (la più grande revisione di politica monetaria dai tempi della riunificazione del paese, con annessa riforma costituzionale) mirate ad allentare le regole sull’accumulo di debito al fine di consentire una maggiore spesa per la difesa e rilanciare l’economia – in barba al rigore fiscale imposto more teutonico a tutti i paesi della UE negli ultimi 20 anni, con particolare riferimento all’accanimento sadistico sulla Grecia.

Basta dunque unire i puntini, e prendere sul serio l’assunto per cui tutto ciò che accade oggi, soprattutto ma non solo in materia di geopolitica, dev’essere ricondotto al primum movens del capitalismo contemporaneo: il debito. Zelensky litiga con Trump a favore di telecamera (“questo sarà perfetto per la TV”, si lascia scappare the Donald). Passano poche ore e l’ex cabarettista torna in Europa per buttarsi (sempre a favore di telecamera) tra le braccia della “coalizione dei volenterosi” (sic!): un’ammucchiata di funerei governanti per l’occasione capitanata dal britannico Keir Starmer. Nel frattempo, come un cane di Pavlov, scatta l’indignazione (molto mediatica) dell’Europa progressista contro il tradimento dell’America illiberale, cialtrona, e populista di Trump e Vance. E, approfittando del clamore generale, in Germania si allentano i cordoni fiscali e si oliano le stampanti: più debito für uns und für alle! Come ai tempi del Covid non ci sono alternative, perché il nemico è alle porte.

Mentre a Berlino si pensa a uno stimolo di quasi un trilione di euro, a Bruxelles Ursula von der Leyen estrae dal cilindro il progetto Re-Arm Europe. In sintonia, dunque, i cinici funzionari del capitalismo di crisi propongono di eliminare le restrizioni alla spesa in deficit se questa spesa viene utilizzata per la difesa.

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Francesco Cappello: L’Armata Brancaleone europea dopo la mascherina indossa l’elmetto per salvare la finanza con i nostri risparmi

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L’Armata Brancaleone europea dopo la mascherina indossa l’elmetto per salvare la finanza con i nostri risparmi

di Francesco Cappello

photo 2025 03 12 19 10 16 1 720x641.jpgQualunque cosa si faccia per abbassare la spesa pubblica è ben fatta eccetto che per alcune spese molto selezionate come quelle per la difesa militare di cui abbiamo reale necessità” M.F.

Questa affermazione è di Milton Friedman, definito “l’eroe della libertà” consigliere delle politiche economiche dello stato minimo del dittatore Pinochet ed evidentemente ispiratrice delle politiche della Ue.

La loro reale emergenza è, come vedremo, la minaccia di crollo del sistema finanziario speculativo occidentale. Per rinviare il collasso hanno bisogno di disinnescarlo dando in pasto al mostro finanziario bolle su bolle. A questo fine viene dirottato il risparmio dei piccoli privati, per alimentare l’ennesima bolla finanziaria, quella degli armamenti, costruendo titoli ad hoc in grado di attrarre gli investimenti dei piccoli privati a favore dei grandi privati della finanza di guerra.

Rearm Europe è un piano di 800 miliardi che dovrebbe servire per la difesa comune europea già passato a larga maggioranza nel Parlamento italiano. Se si considera che nel 2024 l’Unione Europea ha destinato complessivamente 400 miliardi di dollari al settore della Difesa (senza contare il trilione di dollari statunitensi in spesa militare) e che, nello stesso periodo, la Russia ha speso poco più di 140 miliardi di dollari per la difesa si comprende come Rearm Europe abbia tutt’altri fini rispetto a quelli dichiarati.

Dal punto di vista narrativo, per imporre il riarmo ai paesi dell’Unione si utilizza il tradimento di Trump e il fantomatico pericolo dell’imminente invasione russa. Si ricorre poi all’art.122 del Trattato europeo che prevede misure per affrontare situazioni di emergenza economica e calamità naturali bypassando il Parlamento [5].

 

Armarsi a debito

La Commissione Europea fornirà una garanzia solo su 150 miliardi di questo totale (debito comune europeo 150 miliardi di euro). I restanti 650 miliardi di euro dovranno essere raccolti dai singoli stati.

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Claudia Pozzana e Alessandro Russo: Alcune divergenze tra i compagni Ottoliner e noi

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Alcune divergenze tra i compagni Ottoliner e noi

di Claudia Pozzana e Alessandro Russo

1banks 640x420.jpgDue precisazioni preliminari. Anzitutto, il “noi” di cui qui si parla è fortemente ipotetico, ben più di quello cui fa allusione il titolo (un’antica polemica del PCC col PCI), e in ogni caso lo usiamo affiggendovi sempre un grande punto interrogativo.1 Inoltre, Ottolina TV la seguiamo quotidianamente, è una torcia accesa nella nebbia venefica dell’odierno disorientamento del mondo. Un piccolo gruppo di compagni che con grande generosità sono stati capaci di auto-organizzarsi in modo esemplare. È con sentimenti di amicizia politica che vogliamo manifestare le nostre divergenze su alcuni temi cruciali, o per dirla con Lenin, su “alcuni problemi scottanti del nostro movimento”, beninteso “nostro” nel senso di un desiderio da realizzare.

Ci sono in particolare due grandi problemi irrisolti, che proponiamo di discutere nello spirito della “giusta soluzione di contraddizioni in seno al popolo”: uno è il “che fare?” immediato, l’altro è la prospettiva storica, o meglio il bilancio dell’esperienza storica di altri tentativi di “abolizione dello stato presente delle cose” in epoca moderna. (Ci scusiamo per l’abbondanza di citazioni classiche ma speriamo che aiutino a capirci).

 

#tuttiacasa

La parola d’ordine di Ottolina – un hashtag, per stare al passo coi tempi – è oggi “Tutti a casa”. Avete perso la guerra, dunque andate via tutti, ma proprio tutti, precisa Marrucci per chi non avesse capito bene. A parte una serie di problemi operativi (chi, quale noi, e come, manda a casa tutti?), c’è un problema politico, e in una certa misura perfino logico. Ciò che vogliamo deve venire prima di ciò che non vogliamo. Non vogliamo più questo governo, bene, ma che cosa vogliamo politicamente? E come vogliamo conseguirlo? Senza mettere al primo posto un enunciato affermativo, il nostro sarà solo un grido di dolore, incapace tuttavia di alleviare la nostra impotenza. Non si cede alla seduzione del “pensiero magico” (bersaglio polemico di Ottolina) quando si esaltano le virtù palingenetiche della distruzione?

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Elena Basile: Un’analisi oggettiva delle dinamiche internazionali

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Un’analisi oggettiva delle dinamiche internazionali

di Elena Basile

L’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti ha determinato una frattura tra la nuova oligarchia al potere e gli apparati che sono comunemente chiamati dagli analisti indipendenti ‘Stato Profondo’. Per decenni il partito democratico e quello repubblicano statunitensi si sono alternati al Governo, esprimendo una variabile valoriale, ma condividendo essenzialmente i pilastri della politica estera ed economica. Man mano, infatti, che la democrazia statunitense diveniva una plutocrazia nella quale, per poter fare politica bisognava avere l’appoggio delle lobbies della finanza e della lobby di Israele, le differenze tra i due partiti, espressione di una oligarchia omogenea, concernevano i diritti civili, il gruppo LGTBQ, le divisioni tra un pensiero più tradizionalista e quello liberal.

I nuovi oligarchi, Trump, Musk, i rappresentanti dei petroliferi e delle startup che hanno bisogno di liquidità sono degli outsider rispetto agli apparati burocratici del dipartimento di Stato e del Pentagono, delle agenzie di sicurezza, delle agenzie per la cooperazione allo sviluppo come USAID, dei think tank come la National Endowment for Democracy (NED). Sebbene siano stati eletti grazie alla lobby di Israele, ai sionisti cristiani ed evangelici, essi rappresentano i perdenti della globalizzazione, i “nowhere” da opporre agli “everywhere”, che in Europa si sono riversati nei partiti della destra radicale da Le Pen a Meloni, a Orban, a Vox, agli svedesi democratici, ai veri finlandesi, ai neonazisti olandesi, ad Alternative fur Deutchland, a Georgescu, il candidato rumeno a cui gli apparati dello Stato Profondo hanno tolto il diritto di candidarsi alle elezioni.

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Emiliano Brancaccio: Dazi, capitali e cannoni, protezionismo imperiale

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Dazi, capitali e cannoni, protezionismo imperiale

di Emiliano Brancaccio

«C’è un aggressore e c’è un aggredito». Lo slogan più martellante degli ultimi anni vive una seconda giovinezza. Applicato fino a ieri al solo tema della guerra, oggi viene riciclato nel campo delle politiche commerciali. L’odierno aggressore è infatti Trump, che si è messo a brandire l’arma dei dazi anche contro l’Unione europea. Che provocata reagisce, approvando uguali e contrarie misure protezioniste a danno di una lunga lista di prodotti made in Usa.

A prima vista sembra una classica reazione da manuale. Persino Adam Smith, precursore della dottrina del libero scambio, ammetteva la rappresaglia protezionista contro provvedimenti restrittivi stranieri.

Smith però si premurava di aggiungere che la risposta dell’aggredito dovesse puntare alla «rimozione dei dazi o delle proibizioni che l’hanno originata». La contemplava cioè quale arma tattica, per indurre l’aggressore a ravvedersi e a ripristinare i liberi commerci. Gli sherpa dell’Ue insistono a dire che questo è esattamente l’obiettivo della reazione protezionista europea: metter paura a Trump, per indurlo a più miti consigli. La speranza è che il nuovo presidente americano torni al vecchio friend shoring: imporre dazi a tutti, tranne agli amici europei.

Ma nelle stanze del potere gli scettici ormai sgomitano. Mario Draghi è tra questi. A suo avviso, l’Ue deve elevare barriere commerciali e finanziarie non come tattica contingente ma come strategia di lungo periodo.

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Dante Barontini: Pace o guerra, una partita a due senza Kiev e UE

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Pace o guerra, una partita a due senza Kiev e UE

di Dante Barontini

Ultim’ora. Come in parte previsto, Mosca non ritiene la “bozza di Gedda” tra Kiev e Usa come una base seria per avviare trattative e giungere alla pace. Il consigliere diplomatico del Cremlino, Yuri Ushakov, ha dichiarato che la Russia, riguardo al conflitto in Ucraina, “non vuole una tregua temporanea, ma è interessata a un accordo a lungo termine“.

Ha aggiunto che il cessate il fuoco temporaneo proposto è “nient’altro che una tregua momentanea per permettere all’esercito ucraino di riprendersi“, sottolineando che “misure che imitano azioni pacifiche in Ucraina non servono a nessuno“.

Ushakov ha anche affermato che il presidente Vladimir Putin esprimerà la posizione di Mosca sull’iniziativa di un cessate il fuoco di 30 giorni in Ucraina durante una conferenza stampa prevista per oggi, dopo i colloqui con il suo omologo bielorusso, Aleksander Lukashenko. Ha precisato che, durante la conferenza, i presidenti risponderanno alle domande e Putin fornirà valutazioni più specifiche e sostanziali sulla questione.

Nella regione di Kursk, tutto è sotto il completo controllo del fuoco della Federazione Russa. Per l’esercito ucraino la fuga dall’accerchiamento sta diventando impossibile“, ha poi spiegato il presidente russo. Per Kiev, sarebbe quindi “vantaggioso raggiungere un cessate il fuoco di 30 giorni, dato che tutto il suo personale militare nella regione di Kursk è bloccato“.

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Paolo Bartolini: Piccola cartografia

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Piccola cartografia

di Paolo Bartolini

Non deve stupire che le nuove destre siano populiste, ultraliberiste, più o meno esplicitamente fasciste e tecno-entusiaste. Sembrano contraddizioni ma non lo sono: sanno furbamente sviluppare la loro vocazione nazionalista, gerarchica e razzista appoggiandosi alle strutture del capitalismo e usandone le tendenze in senso reattivo/reazionario (intercettare il malcontento popolare e dirigerlo contro i poveracci e le minoranze, senza mai intaccare davvero i privilegi di classe).

Le pseudosinistre, invece, e tutta la galassia post-comunista transitata armi e bagagli dentro il perimetro dem liberal-progressista, avendo rinunciato al progetto sacrosanto di un superamento del capitalismo, e spesso godendo dei frutti dell’organizzazione borghese della società, hanno lasciato per strada i desideri di uguaglianza, giustizia e solidarietà, mantenendo il principio di “inclusione” (opposto a quello di destra di “esclusione” prodotto dall’identitarismo fanatico) esclusivamente per le questioni di genere, che sono molto importanti ma sono state iper-rappresentate in senso pubblicitario e ideologico affinché il “progressismo” rimanesse sul piano etico e di costume, mai politico ed economico (quindi strutturale).

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coniarerivolta: La Commissione europea decreta: armatevi e partite

coniarerivolta

La Commissione europea decreta: armatevi e partite

di coniarerivolta

Lo scorso 4 marzo la Presidente Von der Leyen ha annunciato alla Commissione europea il ReArm Europe Plan. Un nome che non lascia molto spazio all’immaginazione, tant’è che nella conferenza stampa non ha sentito nemmeno il bisogno di giustificare tale scelta storica, limitandosi a una lunga e sconclusionata successione di allusioni: “Non ho bisogno di descrivere la natura grave delle minacce che affrontiamo o le conseguenze devastanti che dovremo sopportare se tali minacce si concretizzassero. Perché la domanda non è più se la sicurezza dell’Europa sia minacciata in modo molto reale o se l’Europa debba assumersi una maggiore responsabilità per la propria sicurezza. In verità, conosciamo da tempo le risposte a queste domande.”

Quel che importa, d’altronde, sono le conclusioni: “Siamo in un’era di riarmo. E l’Europa è pronta ad aumentare massicciamente le spese per la difesa.”

Insomma, dalla Dichiarazione di Schuman del 1950, che proponeva l’istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) per intrecciare la catena del valore dell’industria bellica francese e tedesca con l’obiettivo di perseguire addirittura la pace mondiale, al Trattato di Lisbona, secondo cui – all’articolo 3 – “l’Europa promuove la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli”, passando per il Premio Nobel per la pace conferito alla stessa Unione europea, nel 2012, per “aver contribuito per oltre sei decenni all’avanzamento della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa” – con poche, concise parole la Commissione europea ha mandato in fumo circa mezzo secolo di narrazione costruita intorno alla decantata Europa degli 80 anni di pace.

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Geminello Preterossi: Psicopatologia politica dell’Unione Europea

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Psicopatologia politica dell’Unione Europea

di Geminello Preterossi

23247 1.jpgDi fronte al delirio bellicista in atto nell’Unione Europea, viene da chiedersi se non siamo ormai di fronte a un caso macroscopico di psicopatologia politica: sono in atto tutti i meccanismi difensivi descritti da Freud. Il primo è la negazione: del reale, del contesto, delle proprie pulsioni distruttive ecc., che ormai si è spinta a un punto tale, psicotico, da divenire denegazione, forclusione (cioè perdita del rapporto con la realtà, tipico della psicosi). Poi la proiezione, lo spostamento, la scissione, la rimozione, l’idealizzazione di sé. Del resto, proprio Freud in Il disagio della civiltà, ma anche nel suo epistolario-dialogo con Einstein, aveva tematizzato lo sfondo psicoanalitico della guerra. A tale sfondo si accompagna anche una robusta dose di infantilismo politico, che contribuisce ad alimentare una deriva fanatica e irrazionale che sacrifica i veri interessi dei popoli europei, e la loro stessa volontà, al mantenimento di un falso Sé europeista. Quindi c’è il cinismo, ci sono gli interessi (anche inconfessabili), ma è in gioco una questione esistenziale, identitaria dalle implicazioni profonde, che toccano il lato oscuro della costruzione europea.

C’è sicuramente un elemento di distruttività (introiettata), legato a una vera propria sindrome ossessivo-paranoide (castronerie antistoriche come il paragone Putin-Hitler, l’idea che siamo in pericolo perché l’Europa sta per essere invasa dalla Russia, ipotesi priva di qualsiasi fondamento politico, anche banalmente dal punto di vista pratico-militare). L’Europa è inconsciamente angosciata innanzitutto da se stessa. L’UE oggi custodisce l’ortodossia ideologica neoliberale e globalista. L’America di Trump è tecno-mercatista, ma anti-globalista. Su questa base accetta il pluriverso mondiale, puntando a un modus vivendi nelle relazioni internazionali, e cerca di guadagnare dei vantaggi strategici posizionandosi al meglio nella competizione globale. Inoltre ha messo in discussione i dogmi liberal e chiuso con il fanatismo woke. Rispetto alla decisiva questione ucraina, punta a una pace possibile, realistica. Mentre l’UE, umiliata innanzitutto da se stessa, dai propri madornali errori, dalla propria cecità, è preda dell’isteria.

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Chris Hedges: Sull’orlo dell’ abisso

lantidiplomatico

Sull’orlo dell’ abisso

di Chris Hedges* – Scheerpost

Questo è un discorso che ho tenuto al Sanctuary for Independent Media. Grazie a loro per avermi ospitato e per aver permesso al mio team di caricare questo discorso che ho tenuto su The Chris Hedges Report. Visita il loro canale YouTube, dove è stato trasmesso originariamente, qui.

ncoiashuvfIl mio vecchio ufficio a Gaza è un cumulo di macerie. Le strade intorno, dove andavo a prendere un caffè, ordinavo un maftool o un manakish, mi tagliavo i capelli, sono ridotte in macerie. Amici e colleghi sono morti o, più spesso, sono scomparsi, l’ultima volta si sono sentiti settimane o mesi fa, senza dubbio sepolti da qualche parte sotto le lastre di cemento rotte. I morti non si contano. Sono decine, forse centinaia di migliaia.

Gaza è una terra desolata con 50 milioni di tonnellate di macerie e detriti. Ratti e cani frugano tra le rovine e le pozze fetide di liquami sporchi. Il fetore putrido e la contaminazione dei cadaveri in decomposizione emergono da sotto le montagne di cemento in frantumi. Non c’è acqua pulita. Poco cibo. Una grave carenza di servizi medici e quasi nessun rifugio abitabile. I palestinesi rischiano di morire a causa di ordigni inesplosi, lasciati dietro di sé dopo oltre 15 mesi di attacchi aerei, raffiche di artiglieria, colpi di missili e scoppi di carri armati, e di una varietà di sostanze tossiche, tra cui pozze di liquami e amianto.

L’epatite A, causata dal consumo di acqua contaminata, è dilagante, così come le malattie respiratorie, la scabbia, la malnutrizione, la fame e la diffusa nausea e vomito causati dal consumo di cibo rancido. Le persone vulnerabili, compresi i neonati e gli anziani, insieme ai malati, rischiano la condanna a morte. Circa 1,9 milioni di persone sono state sfollate, pari al 90% della popolazione. Vivono in tende di fortuna, accampati tra lastre di cemento o all’aperto. Molti sono stati costretti a spostarsi più di una dozzina di volte. Nove case su 10 sono state distrutte o danneggiate. Condomini, scuole, ospedali, panetterie, moschee, università – Israele ha fatto saltare in aria l’Università Israa a Gaza City con una demolizione controllata – cimiteri, negozi e uffici sono stati cancellati. Il tasso di disoccupazione è dell’80% e il prodotto interno lordo si è ridotto di quasi l’85%, secondo un rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro dell’ottobre 2024.

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nlp: ReArm Europe: non piano organico ma pratica del caos

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ReArm Europe: non piano organico ma pratica del caos

di nlp

ursula acid.jpgCominciamo da cosa non è ReArm Europe, il piano sul riarmo continentale proposto alla Ue dalla commissaria Ursula von der Leyen: NON è una strategia immediatamente funzionante di riarmo e NON è una proposta che ha la certezza di essere accolta dai mercati finanziari. Già su questi due piani piuttosto che di fronte alla produzione di ordine -militare, della creazione di valore – siamo di fronte alla immissione di disordine, e persino di caos entro un conflitto, quello russo-ucraino, che produce dinamiche caotiche proprio per il fatto di essere guerra. Per non parlare delle dinamiche di caos e conflitto immesse dentro la struttura della Ue, e nel rapporto tra stati membri, che emergono, paradossalmente, proprio dopo i richiami all’ordine europeo e militare della commissaria Ue.

La proposta di von der Leyen ha avuto un forte impatto sul piano della comunicazione mediale, impossibile altrimenti con i media europei militarmente occupati da anni. Si tratta però di un effetto annuncio che rivela anche che la Ue è attraversata, come già accaduto per il piano europeo per l’intelligenza artificiale, da una fase di decisionismo teatrale senza forza politica reale, tutto piegato sull’effetto annuncio che finisce per riflettere le criticità strutturali della governance multilivello chiamata Unione Europea. Il piano di riarmo tramite indebitamento dei singoli stati, proposto dalla commissaria Ue, 800 miliardi in 4 anni di cui 150 a sostegno europeo diretto con il resto raccolto sui mercati, appare confuso e frammentario. Questo perché già sul piano sul quale vorrebbe essere decisivo, quello militare,  le materie prime necessarie alla produzione di sistemi d’arma, indispensabili a ReArm Europe, sono in molti casi difficili da reperire sul mercato e la lievitazione dei costi industriali in atto può ridurre seriamente l’effetto boom economico atteso da queste misure. ReArmEurope presenta quindi diverse criticità strutturali qui sintetizzate in cinque questioni chiave.

La prima questione che von der Leyen non affronta, in contrasto con un effetto annuncio giocato sulla notizia della decisione, è quella delle competenze in materia di difesa che rischiano di rendere immediatamente inefficace la portata strategica di ReArmEurope.

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comidad: Michele Serra fa l’apologia di Musk fingendo di criticarlo

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Michele Serra fa l’apologia di Musk fingendo di criticarlo

di comidad

Appare improprio accusare di essere “no pax” la manifestazione indetta per il prossimo 15 marzo dal giornalista Michele Serra. Allo stato attuale infatti non si configura alcuna ipotesi di pace, dato che, per farsi prendere sul serio dalla Russia, l’amministrazione Trump dovrebbe mettere sul tavolo questioni come il ritiro non solo delle sanzioni ma anche dei missili nucleari dall’Europa. Ammesso e non concesso che Trump voglia davvero affrontare certi temi, andrebbe comunque ricordato che essi sono solo in parte nella sua disponibilità, per cui dovrebbe vedersela col Congresso e, soprattutto, con le lobby che lo controllano. Al momento l’unico cambiamento significativo tra Biden e Trump sta nello “story telling”, cioè si è lasciato da parte un trionfalismo bellicistico ormai screditato e perdente, per adottare una narrazione affaristica che si spaccia come “vincente”, ma solo perché rimane ancora sul piano dell’annuncio e dello spot pubblicitario. Non si può escludere in assoluto che in futuro arrivino dei veri cambiamenti, ma per ora il messaggio di Trump e soci consiste nel mantra auto-celebrativo del “se ci fossi stato io – ora ci sono io”. Adesso ci vengono a raccontare che il video porno-affaristico su Gazaland avesse un intento satirico; ma, persino se fosse vero, rimarrebbe comunque il fatto che Trump ha ritenuto che quell’iperbole fosse funzionale al suo culto della personalità. Prima di stabilire se l’avvento di Trump abbia portato una palingenesi oppure una catastrofe, occorrerebbe vedere se i cambiamenti ci sono davvero o parliamo di nulla.

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Maurizio Vezzosi: Che cosa vuole realmente Washington in Europa?

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Che cosa vuole realmente Washington in Europa?

di Maurizio Vezzosi

Nonostante l’obiettivo della pace in Ucraina dichiarato dalla Casa Bianca, l’Unione Europea ha annunciato nella persona di Ursula Von der Leyen un piano di riarmo del valore di 800 miliardi di euro. E’ probabile che, nonostante le dichiarazioni d’intenti apparentemente contrastanti tra Washington e Bruxelles, i principali beneficiari di questo piano siano comunque destinati a essere gli Stati Uniti. Del resto, come far coesistere un piano del genere con le commesse per la propria industria bellica che Washington pretende apertamente dai paesi dell’Europa occidentale tra cui l’Italia? La burocrazia dell’Unione Europea, difficilmente per caso, si trova in buona misura nelle mani di funzionari polacchi e baltici, accomunati dall’accecamento ideologico antirusso. La trazione baltica imposta all’Unione Europea è una delle migliori trovate che Washington ha saputo escogitare a discapito degli interessi europei.

Il rinnovato sostegno – pari a 2,5 miliardi di sterline – annunciato dal primo ministro britannico Starmer a favore dell’Ucraina sembra avere a che fare più con la volontà di accaparrarsi quante più risorse possibile – siano queste metalli rari e non – che con il paventato invio di truppe in Ucraina in sé. Una lotta, quella per le risorse dell’Ucraina, in cui la Gran Bretagna – come la Francia – non vuole accontentarsi delle briciole lasciate cadere dagli Stati Uniti.

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Michele Paris: Ucraina, il gioco dietro la tregua

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Ucraina, il gioco dietro la tregua

di Michele Paris

I colloqui di martedì in Arabia Saudita tra Stati Uniti e Ucraina sono solo una delle primissime mosse di quello che si annuncia come un complicatissimo processo diplomatico per cercare di mettere fine alla guerra in corso con la Russia. Molti commentatori indipendenti hanno legittimamente espresso delusione per l’esito del summit con la proposta, da sottoporre a Mosca, di un cessate il fuoco generale di un mese. È molto probabile infatti che il Cremlino respinga l’offerta, visto che ha chiarito in più occasioni il proprio interesse non in un congelamento delle ostilità ma in un accordo di ampio respiro che elimini alla radice le ragioni della crisi. Un’evoluzione di questo genere non prospetterebbe nulla di buono sul fronte ucraino, ma è consigliabile quanto meno attendere la risposta ufficiale del governo russo alla proposta ucraino-americana e, ancora di più, i colloqui che seguiranno a breve tra esponenti del governo di Washington e quello di Mosca, inclusi molto probabilmente i presidenti Trump e Putin.

Non ci sono dubbi che la rappresentazione andata in scena a Jedda abbia avuto risvolti preoccupanti, soprattutto alla luce dei segnali incoraggianti che, invece, l’amministrazione Trump aveva lanciato nelle ultime settimane. La sensazione di assistere a uno show dal copione già scritto è stata condivisa da molti. Dopo le tensioni, spesso esplose anche pubblicamente, tra Trump e Zelensky e le iniziative che hanno penalizzato l’Ucraina, come lo stop alla fornitura di armi e alla collaborazione nell’ambito dell’intelligence, una sorta di riconciliazione si è registrata soltanto sulla base di una relativamente trascurabile concessione fatta dal regime di Kiev.

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Giorgio Agamben: Allegoria della politica

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Allegoria della politica

di Giorgio Agamben

Siamo tutti all’inferno, ma alcuni sembrano pensare che non ci sia qui altro da fare che studiare e descrivere minuziosamente i diavoli, il loro orrido aspetto, i loro feroci comportamenti, le loro infide trame. Forse si illudono in questo modo di poter scampare all’inferno e non si rendono conto che ciò che li occupa interamente non è che la peggiore delle pene che i diavoli hanno escogitato per tormentarli. Come il contadino della parabola kafkiana, essi non fanno che contare le pulci sul bavero del guardiano. Va da sé che nemmeno sono nel giusto coloro che all’inferno passano invece il loro tempo a descrivere gli angeli del paradiso – anche questa è una pena, in apparenza meno crudele, ma non meno odiosa dell’altra.

La vera politica sta tra queste due pene. Essa comincia innanzitutto col sapere dove ci troviamo e che non ci è dato sfuggire così facilmente alla macchina infernale che ci circonda. Dei demoni e degli angeli sappiamo quello che c’è da sapere, ma sappiamo anche che è con una fallace immaginazione del paradiso che è stato costruito l’inferno e che a ogni consolidamento delle mura dell’Eden fa riscontro un approfondimento dell’abisso della Gehenna. Del bene conosciamo poco e non è un tema che possiamo approfondire; del male sappiamo soltanto che siamo stati noi stessi a costruire la macchina infernale con cui ci tormentiamo.

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Davide Miccione: Prontuario per le emergenze a uso dei governanti

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Prontuario per le emergenze a uso dei governanti

di Davide Miccione

Quella venuta meglio resta il covid, senza alcun dubbio. Quella venuta peggio la guerra Israele-Palestina. Ancora più improbabile sembra la chiamata al riarmo immediato europeo. In mezzo abbiamo il patriarcato, l’omofobia, la guerra russo-ucraina, l’immigrazione, l’apocalisse climatica, il ritorno del fascismo. La velocità di sostituzione delle emergenze segue la crescente velocità di sostituzione delle merci, però funziona sempre peggio. Ogni sostituzione di emergenza si fa disvelamento progressivo per qualcuno e, sebbene alcuni di loro finiscano poi prigionieri di fantasiose e altrettanto dogmatiche contronarrazioni, il lavoro di convincimento delle masse sembra farsi sempre più faticoso per quel povero clero intellettuale (giornalisti, showrunner, sceneggiatori, romanzieri light, ghost writers dei politici ecc) cui è demandato tutto il peso delle narrazioni sul mondo.

Da aspiranti “emergenzologi” vorremmo provare a fare un po’ di chiarezza sui prerequisiti necessari per una buona emergenza anche a uso dei sempre più stanchi governanti. In verità l’asset di potere su cui quasi tutte le costruzioni delle emergenze si sono basate appare in via di disarticolazione e il nuovo potere ascendente sembra voler sostituire la costruzione delle emergenze facendosi emergenza esso stesso. Trump sembra dire: posso fare di tutto, non ho limiti, sono imprevedibile: “l’emergenza c’est moi”.

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