Alessandro di Battista – 29/03/2025
https://alessandrodibattista.substack.com/p/21-anni-fa-la-nato-iniziava-laccerchiamento
29 marzo 2004. La NATO accoglie sette nuovi membri: Romania, Bulgaria, Slovacchia, Slovenia, Estonia, Lettonia e Lituania.
Sette Paesi in un colpo solo. E, guarda caso, tutti Paesi vicini ai confini della Russia. Era l’epoca in cui l’impero a stelle e strisce, immischiato nella vergognosa guerra in Iraq — quella scatenata con la frottola delle armi di distruzione di massa — faceva il bello e il cattivo tempo.
George W. Bush, quel giorno, disse: “L’alleanza NATO ora espone le bandiere di 26 nazioni… e noi le accogliamo come partner a pieno titolo e alla pari in questa grande alleanza di libertà”.
Libertà. La parola magica. La parola che gli americani usano per venderti qualunque cosa: colpi di Stato, bombardamenti “umanitari”, invasioni, sanzioni, blocchi economici, e l’inarrestabile espansione della NATO.
Ma bastava rileggere gli accordi del 1990 per capire che si stava giocando con il fuoco. James Baker, segretario di Stato americano, aveva promesso a Mosca che la NATO non si sarebbe espansa “di un pollice verso Est”. Lo confermò Gorbaciov. Ma quelle promesse sono state stracciate.
La verità è che la NATO ha sempre avuto un solo obiettivo: accerchiare la Russia. È stato teorizzato, studiato, pianificato: più ti avvicini, più la provochi. E così è stato. Ci hanno messo trent’anni, ma ci sono riusciti.
Nel 2008 al vertice NATO di Bucarest si cominciò a parlare dell’ingresso dell’Ucraina e della Georgia. Bush non ci andò. Mandò un suo rappresentante, con la speranza che si potesse annunciare ufficialmente l’allargamento. Non accadde. Merkel e Sarkozy (allora presidente francese) si opposero. E Putin li ringraziò pubblicamente.
Nel 2004, gli ucraini votarono per Janukovic, un candidato neutralista. Dalle nostre parti lo definiscono filo-russo. Bocciarono Jushenko, l’uomo dell’Occidente. Gli ucraini non volevano entrare nella NATO. Nel 2010, dopo gli anni della “rivoluzione arancione” — in parte spontanea e in parte foraggiata, va detto, dall’Occidente — Janukovic tornò al potere. Due volte gli ucraini votarono per un presidente che voleva restare neutrale. Due volte il popolo si espresse in quella direzione.
Poi cominciò il corteggiamento dell’Unione Europea. Janukovic iniziò a trattare, ma capì che le condizioni erano sfavorevoli. Tentò allora una terza via: restare fuori da blocchi contrapposti. Risultato? Venne cacciato un’altra volta.
E si aprì la stagione della guerra civile.
Nel Donbass cominciarono a chiedere autonomia. Nacquero i battaglioni neonazisti ucraini che volevano reprimere il dissenso con la violenza. Nel frattempo, i russi — accusati di essere “invasori” — difendevano le repubbliche indipendentiste di Donetsk e Lugansk.