Venerdì scorso il governo ha approvato il decreto legge sicurezza, introducendo norme illiberali e repressive che, come denunciato da molte organizzazioni della società civile e da alcune istituzioni internazionali, potrebbero compromettere lo stato di diritto.
Una decisione, quella del governo, che annulla ancora una volta le prerogative del Parlamento, dove il disegno di legge sicurezza (di cui di fatto il decreto è una copia fedele), era in discussione da novembre 2023. Tempi lunghi, come sono quelli dei lavori parlamentari, che però offrono la possibilità di approfondire le tematiche oggetto di discussione, accogliendo anche proposte e pareri, durante confronti ampi e articolati. Confronti che, probabilmente, per la Presidente Meloni non sono necessari.
Avevamo già detto che il ddl sicurezza era il più grande attacco alla libertà di protesta nella storia repubblicana italiana. Il decreto approvato rende tutto questo una realtà, introducendo anche il reato di rivolta penitenziaria, che si estende alle proteste non violente, che andrà a punire con pene sproporzionate chi disobbedisce ad un ordine (anche laddove questo sia illegittimo). Il tutto mentre una corte di appello si pronuncia per la prima volta sul reato di tortura, confermando le condanne per 5 agenti.
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Buona lettura,
Patrizio Gonnella, presidente di Antigone |