Forum Italiano dei Comunisti

La condizione del movimento comunista in Italia

Forum Italiano dei Comunisti – 20/07/2025

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E’ ormai arrivato da parte nostra il tempo di fare un bilancio del lavoro svolto in questi ultimi anni, prima con una collaborazione con Marx XXI di cui Fausto Sorini è stato il promotore, poi con i contatti e le discussioni che abbiamo avuto successivamente nell’area comunista attraverso lo strumento del Forum.

Ebbene, quali sono le conclusioni a cui siamo arrivati? Si può giungere a una valutazione su come sono andate le cose e trarne giudizi definitivi?

E’ ovvio, almeno per noi, che dopo una verifica come quella condotta rispetto all’area comunista non è possibile porre la parola fine al dibattito. In primo luogo perchè il campo di indagine è stato necessariamente limitato e poi perchè una parte rilevante dell’area comunista mantiene un’ottica individualistica, manifestando il suo punto di vista con scritti e prese di posizione che non richiama­no a uno sforzo collettivo per costruire strumenti di azione politica e di carattere strategico. E’ quello che si può definire il settore opinionista dell’area comunista, un settore piuttosto ampio che si rifiuta però di entrare nelle questioni specifiche dell’organizzazione e del lavoro concreto e ha anche un’appendice nel mondo dei ‘chattisti’ che sfogano quotidianamente il loro disgusto per la società attuale, ma si accontentano dei like.
Con questo modo di fare si passa dunque dall’idea che siamo tutti comunisti per autoproclama­zione al considerare una esperienza particolare, senza che se ne dia la dimostrazione, come soluzione del problema comunista in Italia.

Stando così le cose, le nostre non possono essere conclusioni, ma valutazioni che più che concludere una discussione servono a mantenere aperto il confronto con quei convitati di pietra che non vogliono fare i conti con i dati oggettivi e che noi abbiamo più volte invitato a entrare nel merito delle verifiche storiche.

Sul versante della diaspora di esperienze andate in frantumi, come il caso del  partito comunista a suo tempo diretto da Marco Rizzo, nonostante i proclami alla ‘rinascita comunista’ di alcuni fuorusciti e nonostante le sollecitazioni a riflettere e discutere l’esperienza fatta, non abbiamo registrato nessuna novità, ma al contrario la persistenza di una pervicace pratica autoproclamatoria che si è ritenuto bastasse per riaprire un vero discorso sul comunismo in Italia. Alla fine, la nuova ‘rifondazione’ partita in quattro (i gruppi costituenti) si è ridotta a due, impantanati nelle loro stesse illusioni, senza la minima capacità di iniziativa politica. Altri gruppi comunisti della diaspora si sono chiusi invece nei circoli territoriali, senza velleità partitiche, ma anche senza uno sforzo per uscire dal guscio. L’autosufficienza è diventata l’orizzonte politico e si vive alla giornata aspettando di scegliere l’iniziativa di piazza a cui aderire.
Ritornando alle considerazioni iniziali, cioè alla valutazione dell’esperienza con Marx XXI, ci siamo resi conto, in questo caso, che quando si tentava di portare la discussione sul che fare? come comunisti si confermava la tradizione di gruppi di lavoro nati su basi intellettuali dediti all’informazione e al commento dei testi ma sfuggenti rispetto al quesito centrale: essere comunisti per fare che cosa?
Abbiamo dovuto constatare dunque che siamo immersi ancora in una sorta di brodo primordiale in cui gli elementi sparsi devono trovare ancora un punto di sintesi che corrisponda allo sviluppo reale di una vera ipotesi comunista.

In questo contesto rimane aperto il rapporto con l’unica struttura comunista che abbia carattere di partito, il PCI, con cui abbiamo avviato un dialogo che ci auguriamo fruttuoso per tutti. Non si tratta del classico dialogo tra organizzazioni, non essendo il Forum un’organizzazione. Anzi è bene porre in evidenza che il problema che si pone non è ricomporre diversi spezzoni, cioè la famosa e irrealizzata ‘unità dei comunisti’, bensì partire dalla coscienza che, se vogliamo fare passi avanti e dare alla parola comunista un senso adeguato e non residuale, dobbiamo saper dare sul piano dell’organizzazione, del progetto politico e della strategia una risposta adeguata e verificata nella realtà.

Di che cosa si tratta in concreto? Si tratta di mettere in evidenza, sulla base delle esperienze e delle verifiche fatte, alcuni punti su cui far marciare lo sviluppo del movimento comunista in Italia e su cui, discutendo, bisogna raggiungere in questa fase un accordo su come operare.

Il primo elemento riguarda l’affermazione, nella cultura dei comunisti, dell’asse storico-teorico su cui deve avvenire la ricostruzione del partito dei comunisti in Italia. Dobbiamo chiarire che il PCI non è nato sulla base delle leniniane tesi di Aprile, ma da un cammino che dall’Ordine Nuovo, al congresso di Lione del 1926, all’organizzazione della clandestinità e della Resistenza armata, fino alla svolta di Salerno e alla lotta contro la restaurazione dopo il 1947, ha dato forza e dignità ai comunisti italiani tracciando un percorso storico concreto. Deve essere chiara dunque la specificità di questo percorso che rappresenta il filo rosso che lega passato e presente e che deve dare la caratteristica culturale-ideologica alla ripresa.

Questa scelta deve essere anche il punto di discrimine coi vari ‘comunismi’ che si sono riprodotti con la crisi e lo scioglimento del PCI e con la fallimentare esperienza di Rifondazione comunista. Quest’opera di chiarificazione è tanto più necessaria dal momento che, in mancanza di un indirizzo culturale solido, nel calderone degli antagonisti veri o presunti al sistema, si sono affermate posizioni che coi comunisti hanno poco o nulla in comune.

Nel confronto con queste posizioni non deve prevalere il settarismo, ma la necessaria distinzione tra una solida posizione comunista e un antagonismo senza basi teoriche e prospettive strategiche che è appunto ciò che prevale oggi e dimostra, purtroppo, la debolezza dei comunisti nel contrastarlo.

Come costruire questo passaggio? Come avviare una discussione aperta nell’area comunista in cui militanza e coscienza strategica devono diventare consapevolezza non di piccoli gruppi ma di avanguardie politiche consistenti e riconosciute? Quali sono i motivi oggettivi e soggettivi dei ritardi? Da questi interrogativi si deve partire per concepire, in una interlocuzione tra comunisti, una vasta opera di chiarificazione che unifichi le tendenze e chiarisca i grossi equivoci che si sono accumulati attorno alla parola comunista.

La seconda grande questione che accompagna il confronto nell’area comunista riguarda il movimento politico di massa e il rapporto tra partito e lavoratori.

Il progetto di sviluppo del movimento comunista in Italia non può avanzare se non sciogliendo il nodo della rottura storica tra comunisti e lavoratori avvenuta attorno agli anni ’80 del secolo scorso. L’azione dei comunisti finora non ha recuperato questo rapporto e seppure siamo coscienti che gli avvenimenti storici legati alla crisi del movimento comunista in Italia come in Europa pesano ancora come un macigno, bisogna evitare di sostituire le icone all’azione politica che tende a modificare lo svantaggio accumulato.

Detto con molta chiarezza di questi problemi vogliamo parlare col PCI diretto da Mauro Alboresi, a partire dall’incontro previsto il 23 di luglio.

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