portuali per gaza 2025

[nuovopci] Far crescere il 22 settembre

Comunicato CC 18/2025 – 12 settembre 2025

 

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Lo sciopero del 22 settembre ha impresso uno slancio nuovo e superiore a tutto il movimento delle masse popolari: ha dato il via a un moto di insubordinazione contro il governo Meloni e i suoi padrini!

Adesso bisogna dargli continuità sul terreno della mobilitazione, rafforzarlo in termini di organizzazione e di coordinamento, coalizzarlo intorno a un obiettivo che ne realizza le aspirazioni!

 

Lunedì 22 settembre più di 500mila persone hanno scioperato e manifestato in oltre ottanta città di tutto il paese.

Sono scese in piazza non su chiamata dei tradizionali centri di mobilitazione delle masse che ereditiamo dalla storia del nostro paese (i sindacati di regime, il polo PD delle Larghe Intese, la Chiesa), ma rispondendo all’appello del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) di Genova e dell’USB, che insieme a CUB, SGB e ADL Varese hanno indetto sciopero generale in difesa della Global Sumud Flotilla (GSF), contro il genocidio a Gaza e l’economia di guerra.

La partecipazione ha superato le aspettative di USB e degli altri sindacati di base promotori dello sciopero, è andata ben oltre le forze che essi sono in grado di mobilitare direttamente: ha raccolto l’adesione di un ampio fronte di partiti, comitati, associazioni e personaggi pubblici, molto diversi tra loro, alimentando non soltanto la solidarietà con la Palestina ma anche la volontà di lotta contro il governo della complicità con i sionisti di Israele e della guerra, della liquidazione di Stellantis, dell’ex Ilva e di altre aziende, delle grandi opere speculative, della repressione, della caccia ai migranti. Sono scesi in piazza operai e impiegati, partite IVA e precari, migranti e occupanti di case, studenti e insegnanti, genitori con i figli. Molti che pur non erano in piazza hanno solidarizzato con i manifestanti: gli automobilisti suonando il clacson e i commercianti di alcune città abbassando le serrande. Sono scesi in piazza anche lavoratori iscritti alla CGIL, che aveva indetto sciopero in solitaria il 19 settembre anziché confluire su quello del 22 settembre, persino lavoratori iscritti a CISL e UIL, sindacati “contrari agli ‘scioperi politici’”. Il 22 settembre ha confermato che quando i sindacati di base mettono al centro il ruolo della classe operaia, indicano una via di mobilitazione che risponde ai sentimenti e alle aspirazioni dei lavoratori, una via di riscossa, di lotta contro il governo e di rottura con il corso disastroso delle cose, c’è già una parte importante delle masse popolari che risponde all’appello e in questo modo spingono anche la CGIL a rincorrerli sul terreno della mobilitazione e della lotta. La CGIL apre a uno sciopero unitario con i sindacati di base e sarà in piazza il 4 ottobre a Roma alla manifestazione nazionale indetta da organizzazioni palestinesi come Giovani Palestinesi in Italia, Unione Democratica Arabo Palestinese e altre, le stesse che il 5 ottobre dell’anno scorso avevano promosso la manifestazione in sostegno alla Resistenza palestinese tenutasi nonostante il divieto del governo Meloni.

La combattività espressa dalle mobilitazioni del 22 settembre e nei giorni successivi contro gli attentati terroristici alle barche della GSF, i blocchi ai porti, alle stazioni ferroviarie, alle autostrade e tangenziali, la tenacia con cui le manifestazioni hanno dato seguito alla parola d’ordine “blocchiamo tutto!” lanciata dal CALP di Genova e fatta propria dall’USB hanno mostrato che non c’è Decreto Sicurezza che tenga, che è possibile violarlo, renderlo inapplicabile e rispedire al mittente le minacce di Piantedosi, Salvini e Meloni. Smentiscono praticamente e su ampia scala quelli che nei mesi scorsi hanno seminato disfattismo e rassegnazione, pontificando che “non ci sono le condizioni per dispiegare la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari” o addirittura che con il Decreto Sicurezza “non si potrà più lottare”, anziché indicare nella sua violazione la linea per far saltare le misure repressive della classe dominante. Infondono fiducia a tutti coloro che per paura ancora non si mobilitano e a tutti coloro che si mobilitano ma temono la repressione. Anche i tentativi degli esponenti del governo di dividere promotori e partecipanti allo sciopero del 22 settembre tra “buoni e cattivi” cadono nel vuoto.

“Da ieri la politica parla di ‘violenza’ e ‘vandalismo’ per un paio di vetrate della Stazione Centrale di Milano cadute durante scontri tra manifestanti e Polizia. (…) Violenza è stare in silenzio davanti al massacro di un popolo, violenza è portare in un carcere minorile chi ha manifestato, violenza è costruire una narrazione di comodo davanti a una massiva espressione di contrarietà alla guerra, all’occupazione coloniale e all’inazione del governo Meloni. Chi ha cercato di entrare in Centrale ha certo usato modalità muscolari per forzare il blocco di Polizia, ma non ha seminato il panico come hanno fatto invece gli agenti che, a un certo punto, hanno sparato decine e decine di lacrimogeni, alcuni anche verso chi faceva foto dai balconi di via Vittor Pisani. Chi ha cercato di entrare in Centrale ha certo usato modalità muscolari per forzare il blocco di Polizia, ma non ha seminato il panico come hanno fatto invece gli agenti che, a un certo punto, hanno sparato decine e decine di lacrimogeni, alcuni anche verso chi faceva foto dai balconi di via Vittor Pisani. Come artisti e artiste sogniamo un mondo di pace, ma non cadiamo nel tranello di trasformare momenti di resistenza e di rabbia collettiva in una subdola giostra di trasformazione di concetti e immagini.

Violenza è tante cose, tante cose che rinneghiamo e disprezziamo, ma la violenza non è bloccare una stazione in un giorno di sciopero generale per provare a fermare il più grande genocidio di questo secolo, né l’insubordinazione ai silenzi complici di chi ci governa”.

È la presa di posizione non dei promotori dello sciopero, ma di un nutrito numero di artisti e artiste.

Il 22 settembre ha impresso uno slancio nuovo e superiore a tutto il movimento delle masse popolari del nostro paese, uno slancio che sta continuando. Nei giorni successivi le mobilitazioni in solidarietà con il popolo palestinese contro il genocidio, numerose e capillari già nei mesi scorsi, sono salite di tono e si stanno saldando con gli altri fronti di lotta. La solidarietà con il popolo palestinese contro il genocidio è diventata il catalizzatore dei mille motivi di malcontento contro il governo Meloni e i suoi padrini italiani ed esteri, è diventata l’elemento unificante delle mille lotte contro gli effetti della crisi generale del capitalismo, contro la Terza guerra mondiale che la Comunità internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti, UE e associati sta allargando, contro l’economia di guerra.

Lo sciopero del trasporto aereo indetto da CUB e USB per il 26 settembre è emblematico.

Il 22 settembre non è stato uno “sciopero normale”. Ha messo in moto “qualcosa di nuovo”: ha messo in moto un movimento di insubordinazione contro il governo Meloni e i suoi padrini italiani ed esteri.

Lo hanno capito persino nei palazzi del potere. Mattarella con l’appello alla GSF ad accettare la mediazione della Chiesa, Crosetto con l’invio di una fregata a scortarla, Tajani con i balbettii, Meloni e Salvini con le minacce si dividono i compiti per cercare di deviare il movimento popolare, di ridurlo a movimento umanitario e di smorzarlo, perché il suo sviluppo segnerà la fine del loro regime di guerra e miseria.

Ma soprattutto è sentire comune tra i principali promotori dello sciopero del 22 settembre, da USB secondo cui “ora che un popolo si è alzato tutto è destinato a cambiare. Come dice qualcuno, quando il dentifricio è uscito dal tubetto è impossibile farcelo rientrare. Il 22 settembre è cominciata un’altra storia. Una storia tutta da scrivere”, a Potere al Popolo: “Lo sciopero di ieri ha rimesso sul piatto questioni fondamentali: in quale mondo vogliamo davvero vivere, cosa devono produrre e come devono organizzarsi le nostre economie. Chi decide cosa transita per i nostri porti? Chi decide che la ricchezza prodotta dal lavoro collettivo debba essere destinata ad armi che sterminano bambini e popolazioni civili e non per ospedali, per un’educazione decente, per bonificare i nostri territori avvelenati? Migliaia di persone ieri hanno delineato un orizzonte di società complessivo – politico, valoriale – completamente nuovo, lontano anni luce dall’autoritarismo, dalle politiche guerrafondaie e di riarmo, dalla guerra globale, dalla distruzione di esseri umani ed ecosistemi a cui assistiamo. (…) Qualcosa si è messo in moto, dicevamo, e abbiamo il cuore più leggero dopo averlo toccato con mano. Lavoriamo insieme per farlo crescere e per coltivarlo”.

Far crescere e coltivare il “qualcosa di nuovo” che si è messo in moto il 22 settembre significa dargli seguito sul terreno della continuità e ampiezza della mobilitazione, rafforzarlo in termini di organizzazione e di coordinamento, coalizzarlo intorno a un obiettivo che ne realizza le aspirazioni!

La continuità della mobilitazione è già ben delineata, con iniziative locali (le “mille iniziative di base”) e iniziative nazionali: prima di tutto lo sciopero generale unitario in caso di nuovi attacchi alla GSF, ma anche lo sciopero indetto per il 3 ottobre dal SICobas, la manifestazione nazionale del 4 ottobre, la manifestazione nazionale contro il riarmo e la legge di bilancio che la CGIL ha indetto per il 25 ottobre, la giornata di sciopero e di lotta contro la propaganda di guerra e il militarismo lanciata dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università per il 4 novembre, la manifestazione nazionale indetta per l’8 novembre dall’assemblea del “Guerra alla guerra” organizzata dal movimento NO TAV.

Il 22 settembre ha mostrato l’ampiezza delle forze mobilitate contro il genocidio e contro il governo Meloni complice dei sionisti genocidi. Si tratta adesso di coalizzarle in un fronte anti Larghe Intese (o comitato di salute pubblica o di salvezza nazionale che si voglia), che si pone l’obiettivo di “dare un foglio di via al governo”, per dirla con le parole di Massimo Pedretti (esecutivo nazionale USB) e costituire un “governo del 99% contro le due destre”, come dice Moni Ovadia. Un governo di emergenza popolare deciso e capace di rompere gli accordi che il nostro paese ha in corso con lo Stato sionista, vietare l’uso del suolo italiano e delle installazioni militari per le operazioni di guerra (attacchi, addestramento, logistica, spionaggio) dei sionisti e della NATO, ritirare i militari italiani all’estero, fermare la corsa al riarmo e investire in posti di lavoro utili e dignitosi, realizzare le mille piccole opere pubbliche che servono a risanare il paese anziché ingrassare le tasche di affaristi e mafiosi compari di Matteo Salvini per il ponte sullo Stretto di Messina.

Tra i lavoratori e il resto delle masse popolari del nostro paese cresce la preoccupazione per l’allargamento della Terza guerra mondiale e la corsa al riarmo imposti dai gruppi imperialisti USA, sionisti, UE e dalle loro istituzioni; crescono il malcontento e l’indignazione contro il governo Meloni che ha accettato la decisione del vertice NATO dell’Aia di aumentare le spese militari fino al 5% del PIL e il piano di riarmo UE da 800 miliardi di euro, che sfacciatamente sostiene i sionisti d’Israele e i loro crimini; crescono lo sdegno e ribellione contro il genocidio in Palestina. L’opposizione alla guerra e all’economia di guerra, al protettorato USA-NATO, alla complicità con i sionisti di Israele e alla gabbia dell’UE si combina con le mille lotte contro il riscaldamento climatico e la crisi ambientale, il turismo predatorio e le grandi opere speculative, lo smantellamento dell’apparato produttivo, il traffico di armi, i morti sul lavoro, la precarietà a vita, i salari e le pensioni da fame, la liquidazione della sanità, della scuola e degli altri servizi pubblici, la strage di migranti e la persecuzione di quelli che sopravvivono, la repressione, la prossima legge di bilancio a beneficio degli avvoltoi dell’industria bellica. Ogni ambito di lotta si lega inevitabilmente alla più generale mobilitazione per mettere fine alla Terza guerra mondiale. Su questo possiamo e dobbiamo fare leva per orientare ogni organismo e singolo contro il governo Meloni.

Per i sinceri oppositori del governo Meloni, delle Larghe Intese, della guerra e per buona parte dei partiti e delle organizzazioni dell’attuale movimento comunista, si tratta di andare oltre la mentalità delle forze di opposizione cronica, che si limitano a criticare, a mettere in dubbio, a chiedere, a rivendicare. Bisogna prendere atto che cercare di orientare chi governa il paese, premere su chi governa il paese, essere alla testa di una forza di pressione sul governo significa pestare l’acqua nel mortaio. Anziché sognare di avere “un governo amico”, di cui dopo le esperienze dei governi Prodi, Renzi e Gentiloni neanche gli oppositori di cui sopra vedono segnali, si tratta di mettersi all’opera per dare al malcontento popolare una prospettiva di governo del paese di cui siano protagoniste le masse popolari organizzate. Le pressioni sul governo italiano sono inutili quindi? Non affermiamo questo. Il movimento di popolo a sostegno del popolo palestinese contro il genocidio combina indubbiamente in sé due spinte: quella di fare pressione sul governo Meloni perché interrompa l’invio di armi all’esercito sionista, rompa le relazioni diplomatiche e commerciali con lo Stato sionista di Israele e presti soccorso alla popolazione palestinese e quella di cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare. Per svilupparlo bisogna fare leva su entrambe le spinte, avendo chiara la relazione tra di esse: dobbiamo far leva sulla prima per allargare la partecipazione alla mobilitazione e allo stesso tempo rafforzare instancabilmente la seconda, che è quella di prospettiva. È in questo modo infatti che il nostro paese contribuirà effettivamente a mettere fine al genocidio del popolo palestinese, perché contribuisce alla vittoria del popolo palestinese contro l’occupazione sionista.

Il governo Meloni è con l’acqua alla gola, sempre più servo e complice dei gruppi imperialisti USA, sionisti e UE e allo stesso tempo sempre più incapace di dirigere il paese secondo gli ordini di Washington e Bruxelles a causa della ribellione crescente delle masse popolari. La stessa Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti è lacerata da mille contraddizioni e dalla guerra per bande: aumentano infatti i paesi che formalmente riconoscono lo Stato di Palestina, che adottano sanzioni e boicottaggi contro lo Stato sionista d’Israele, che non si allineano alle manovre con cui gli imperialisti USA, sionisti, UE e associati allargano la Terza guerra mondiale.

I vertici della Repubblica Pontificia spezzeranno il filo a cui è appeso il governo Meloni soltanto quando saranno in grado di sostituirlo con un altro governo capace, nei loro intenti, di “pacificare” il paese e allo stesso tempo abbastanza fedele da eseguire gli ordini della CI. Si tratta quindi di non lasciare l’iniziativa in mano ai vertici della Repubblica Pontificia. È giusto e necessario alimentare la mobilitazione popolare e le iniziative che pressano il governo Meloni a cambiare la propria politica criminale e che alimentano lo scontro interno ai partiti delle Larghe Intese. Allo stesso tempo, per valorizzare quel “qualcosa di nuovo che il 22 settembre ha messo in moto” è necessario far crescere in termini di organizzazione e obiettivi la mobilitazione popolare: in ogni porto, aeroporto, stazione e altro luogo di lavoro, in ogni città, quartiere, scuola e università bisogna costituire (e dove già esistono, rafforzarli e coordinarli) organismi operai, popolari e giovanili che via via combinano le iniziative di denuncia, blocchi, scioperi e proteste che alimentano le pressioni sul governo Meloni, con le iniziative volte a cacciarlo, per sostituirlo con un governo espressione delle centinaia di migliaia di persone scese in piazza il 22 settembre, dei portuali di Genova, Livorno, Ravenna che bloccano il traffico di armi, dei Sanitari per Gaza, dei docenti organizzati nell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e università e dei Ferrovieri contro la guerra e delle decine e decine di organismi operai e popolari già esistenti nel nostro paese. Questi organismi sono le forze capaci non solo di bloccare il paese e di renderlo ingestibile al governo Meloni, ma anche di dirigere il paese una volta sfrattati Meloni e soci.

La formazione di un fronte anti Larghe Intese deve alimentare la costruzione di decine, centinaia di organismi operai e popolari e chiamare tutte queste forze a lottare per cacciare il governo Meloni senza aspettare (e sperare in) qualche risultato positivo alle prossime elezioni regionali o alle politiche del 2027 mettendo insieme un “terzo polo alternativo al PD e a FdI”. Devono darsi l’obiettivo di sostituirlo con un governo che si impone con la forza che le masse popolari organizzate dispiegano quando un centro autorevole le chiama a mobilitarsi, anche a costo di far saltare regole e prassi del teatrino della politica borghese, su un obiettivo conforme ai loro interessi. Il 22 settembre è stato un assaggio di questa forza. Verso un simile obiettivo bisogna convogliare l’ampia e dispiegata mobilitazione popolare, rendendo ingovernabile il paese ai vertici della Repubblica Pontificia. Verso questo obiettivo bisogna operare nell’“autunno caldo” che abbiamo di fronte.

Con lo sciopero del 22 settembre la linea della costituzione di un governo di emergenza popolare è scesa in campo sulle gambe, con i sentimenti e la volontà di centinaia di migliaia di operai, lavoratori dei più diversi settori, donne, giovani, immigrati, intellettuali. È stata l’anima reale della grande mobilitazione lanciata dal CALP di Genova e dall’USB con l’adesione di migliaia di organizzazioni operaie e popolari. Non nel senso che hanno fatto proprio consapevolmente questo obiettivo, ma nel senso che le aspirazioni delle centinaia di migliaia di dimostranti si possono realizzare solo costituendo il Governo di Blocco Popolare. L’area politica di USB-Potere al Popolo-Rete dei Comunisti può tener fede al ruolo che ha assunto con la grande mobilitazione del 22 settembre solo mettendosi con coscienza e determinazione alla testa del movimento delle organizzazioni operaie e popolari per la costituzione del loro governo d’emergenza. Questo vale anche per gli altri organismi promotori della mobilitazione. Per ognuno di loro si pone il problema del “che fare” dopo il grande successo del 22 settembre. Tutti quelli che rifletteranno senza essere offuscati da pregiudizi, dal timore o da interessi costituiti e privilegi legati all’attuale sistema di relazioni sociali, arriveranno a conclusioni che, quale che sia il nome che gli daranno, coincidono nella sostanza con la costituzione del Governo di Blocco Popolare.

Nella storia recente del nostro paese abbiamo avuto situazioni simili in due occasioni: nel 2010-2011 con la lotta contro il piano Marchionne iniziata dagli operai di Pomigliano e sviluppata dalla FIOM in un movimento che ha coinvolto tutto il paese e nel 2016-18 con la mobilitazione lanciata dal M5S di Beppe Grillo per “cacciare la casta”. In entrambi i casi, il movimento generale è rifluito perché i promotori non hanno osato fare il passo che la situazione richiedeva e che la loro stessa azione aveva reso possibile. Il risultato è il governo Meloni e il disastro in cui i vertici della Repubblica Pontificia trascinano il nostro paese. Che i promotori del 22 settembre facciano tesoro di questa lezione e osino guardare lontano.

Non si tratta di elaborare programmi generali “più radicali e rivoluzionari” per mobilitare le masse. Si tratta di legare ogni rivendicazione, ogni parola d’ordine, ogni programma generale e particolare all’obiettivo di costituire un governo che abbia la volontà e la forza di realizzarli. La rottura della continuità del regime politico che regge il nostro paese, formalmente rappresentato dal governo Meloni e sostanzialmente sorretto dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA-NATO, UE e sionisti, dal Vaticano, dalle Associazioni Padronali e dalle Organizzazioni Criminali, non è solo realistica e possibile: è l’unico modo per uscire dalla crisi in cui siamo immersi e che è già sfociata nella Terza guerra mondiale.

Il 22 settembre è l’inizio di una strada tutta in salita, ma possibile. È la via più diretta, meno distruttiva e meno dolorosa per mettere fine alla complicità del nostro paese con i sionisti di Israele, alla partecipazione alle guerre USA-NATO e all’economia di guerra, per porre rimedio agli effetti più disastrosi della crisi del capitalismo!

La lotta sarà dura, perché grande è l’opera che dobbiamo compiere. Ma la vittoria è sicura. Costituendo il Governo di Blocco Popolare e da lì avanzando fino all’instaurazione del socialismo, le masse popolari del nostro paese porranno fine al disastro della Terza guerra mondiale e daranno inizio a una nuova fase della loro vita, insieme al resto dei popoli che in ogni paese resistono e lottano!

Osare lottare, osare guardare lontano!

Vincere è possibile, dipende da noi!

 

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