Forum Italiano dei Comunisti

La crisi del movimento comunista in Italia

Forum dei Comunisti – 11/02/2025

www.forumdeicomunisti.it

 

LA CRISI DEL MOVIMENTO COMUNISTA IN ITALIA
 
Diradare la nebbia  e capire il significato reale delle false ricostruzioni

 

L’evento del 25 gennaio organizzato a Roma da gruppi di reduci da avventure comuniste finite male non è per noi l’inizio di una guerra di religione contro chi persiste nella coazione a ripetere. Questo modo di fare fa parte di una tradizione ultradecennale che ha portato a divisioni e scissioni senza costruire alternative.

Le analisi critiche che noi facciamo sul presente servono invece a riportare la discussione su un terreno che consenta di capire come si pone la questione comunista in Italia in rapporto a eventi storici come la autoliquidazione del PCI e il crollo dell’URSS che hanno prodotto una fitta nebbia sul che fare? di chi intende opporsi alla sconfitta.

Noi ci siamo sempre opposti al fatto che alla drammaticità degli avvenimenti che colpivano al cuore il movimento comunista e i comunisti italiani si rispondesse con le autoproclamazioni, senza un’analisi corretta di ciò che stava accadendo e come farvi fronte. Il punto centrale del nostro ragionamento è stato sempre questo: come poteva un movimento comunista in crisi produrre contestualmente un’alternativa immediata, in assenza di una solida base teorica, politica e di classe su cui questa potesse cre­scere?

I risultati negativi delle scelte compiute si sono visti non solo in termini di mancato sviluppo organizzativo delle formazioni comuniste che hanno tentato l’avventura, ma anche e soprattutto nell’aver scambiato un variegato movimento radicale, una parte del quale ha anche utilizzato etichette comuniste, per qualcosa che poteva ricondursi a quello che era entrato in crisi.

La nostra convinzione è che lo sviluppo storico di un movimento rivoluzionario comunista, teso a modificare una realtà sociale concreta, non può riprodursi su base puramente ideologica e ha invece bisogno che un processo di ricostruzione strategica sia fondato su basi oggettive e non rincorrendo la quotidianità degli avvenimenti.

In altri tempi abbiamo definito la situazione prendendo ad esempio il caso di una zattera che cerca di risalire il corso impetuoso di un fiume, ma l’illusione prodotta dall’insistenza nel remare non modifica il corso reale delle cose e in definitiva è la corrente che prevale. Questa è la visione che si può ricavare dall’esperienza dei decenni trascorsi, in cui hanno prevalso culture che col materialismo comunista hanno ben poco da spartire. Queste culture hanno, al contrario, alzato quella nebbia che impedisce di vedere le cose come stanno e di consentire alle avanguardie comuniste di sviluppare un’azione efficace.

Non dimentichiamoci che quello che consideriamo il periodo della ripresa è stato dominato da un pensiero che stava al di fuori del ceppo culturale e teorico della storia dei comunisti. Rifondazione comunista, Lotta continua, Potere operaio, il brigatismo, l’autonomia operaia che cosa avevano in comune coi comunisti e col comunismo storicamente determinato? Non è un caso se quelle esperienze si sono bruciate in tempi brevi e oggi ne rimangono solo le macerie, che hanno però lasciato il segno e mantengono ancora un’influenza non politica ma culturale che pesa sulle nuove generazioni.

Ma allora come va affrontata la situazione?

Per cominciare bisogna uscire da una impostazione che prescinde dalla storia del movimento comunista italiano, cosa che è avvenuta invece in quasi tutti i casi in cui si è tentato di ricostruire qualcosa che avesse le apparenze di comunismo. E’ questo l’errore fatale che ha portato alla situazione attuale: si è partiti da concetti generali, senza ricondurre il ragionamento alle contraddizioni reali e come utilizzarle in un progetto strategico. Si è buttato il bambino con l’acqua sporca e ciò ha comportato la distruzione di una memoria storica che invece era ed è la base di ogni possibile ricostruzione.

Che cosa c’è di importante in questa memoria storica che possa dare senso a una ricostruzione che abbia basi solide? Due cose essenzialmente: mantenere saldo il giudizio sul valore del movimento comunista interpretando correttamente i suoi passaggi da Lenin, a Stalin, alla Cina odierna e, in secondo luogo, capire la storia dei comunisti italiani, e di come si sono misurati con un progetto di trasformazione della società italiana, e quanto è cambiata la situazione per giustificare l’elaborazione ex novo di nuovi percorsi di trasformazione.

Parlando in particolare dei comunisti italiani, progettare una ripresa dopo lo scioglimento del PCI può avvenire solo a condizione che si comprenda il ruolo che i comunisti hanno avuto nella società italiana e si riannodi il filo rosso che ha caratterizzato quella esperienza, analizzando anche la natura e i tempi della crisi che ha investito il partito comunista e soprattutto quali sono stati gli elementi effettivi che hanno determinato la degenerazione e le conseguenze che questa ha avuto sull’involuzione politica e di classe in Italia.

Non vi è dubbio infatti che la fine del PCI ha provocato lo sbilanciamento a destra di tutta la situazione italiana. La capacità quindi di modificare i nuovi rapporti di forza è necessariamente contestuale alla riorganizzazione. Non ci può essere nessuna credibilità senza questo passaggio essenziale. La questione non è dunque ideologica, ma concreta e attiene al ruolo stesso di un partito comunista.

Tutto questo vuol dire che i comunisti si devono attrezzare a questo compito con la definizione di una tattica e una strategia che corrisponda a un’effettiva capacità di cambiare lo stato di cose presente, coniugando lotte e prospettiva politica. Le due cose vanno  tenute assieme e questa è appunto la funzione dei comunisti.

Nel caso specifico dell’Italia di oggi che cosa significa questo? Sul piano strategico significa tenere conto di come i fondatori e dirigenti del PCI, prima della svolta berlingueriana, hanno gestito la linea del partito, sia nella fase della lotta al fascismo, sia con la svolta di Salerno e infine con una guerra di posizione che è durata fino alla sconfitta elettorale della ‘legge truffa’ di De Gasperi nel 1953 e significa riconnettere quelle fondamentali esperienze ai compiti attuali di coloro che vogliono ricostruire un’organizzazione comunista.

I quali, inoltre, hanno una impegnativa prova da superare che consiste nel ridare autonomia di classe ai lavoratori schiacciati dal consociativismo confederale, rendere effettivi i diritti costituzionali in materia di economia e di diritti sociali, creare un fronte antifascista e democratico contro l’avanzata delle destre e le ipotesi neocentriste, far crescere il movimento contro la guerra e l’imperialismo occidentale di cui l’UE è parte integrante.

Come dire: il futuro ha un cuore antico. E questo è il punto di connessione tra passato e presente che può dare concretezza alla parola comunista.

 

Sharing - Condividi