“Arkansas fermi il ‘nastro trasportatore’ delle esecuzioni!”

Amnesty International ha sollecitato le autorità dello stato dell’Arkansas a fermare otto esecuzioni, sette delle quali previste nel giro di 11 giorni entro la fine di aprile. Due delle esecuzioni riguardano prigionieri che hanno gravi forme di disabilità mentale e altre presentano preoccupazioni dal punto di vista dello svolgimento dei processi.

 

COMUNICATO STAMPA

USA: AMNESTY INTERNATIONAL SOLLECITA L’ARKANSAS A FERMARE IL “NASTRO TRASPORTATORE” DELLE ESECUZIONI

Amnesty International ha sollecitato le autorità dello stato dell’Arkansas a fermare otto esecuzioni, sette delle quali previste nel giro di 11 giorni entro la fine di aprile. Due delle esecuzioni riguardano prigionieri che hanno gravi forme di disabilità mentale e altre presentano preoccupazioni dal punto di vista dello svolgimento dei processi.

Dopo non aver eseguito condanne alla pena capitale per oltre 10 anni, l’Arkansas intende mettere a morte due prigionieri al giorno il 17, 20 e 24 aprile e un altro prigioniero il 27, prima della data di scadenza delle scorte del controverso farmaco usato per l’iniezione letale, il midazolam.

“Una serie di esecuzioni a distanza così ravvicinata non trova precedenti nella storia moderna degli Usa. Ad appena quattro mesi dal più basso numero di esecuzioni registrato a livello nazionale da un quarto di secolo a questa parte, l’Arkansas si prepara a invertire questa positiva tendenza in una vergognosa corsa contro il tempo per precedere la data di scadenza di un medicinale”, ha dichiarato Erika Guevara Rosas, direttrice per le Americhe di Amnesty International.

“Non è troppo tardi per fermare queste esecuzioni. Il nastro trasportatore della morte che sta per essere messo in moto è del tutto disallineato rispetto al declino globale della pena di morte, di cui sempre più stati nel mondo e anche all’interno degli Usa riconoscono l’anacronistica crudeltà”, ha aggiunto Guevara Rosas.

Un’ondata di esecuzioni
Queste sono le esecuzioni previste: Don Davis e Bruce Ward il 17 aprile; Ledell Lee e Stacey Johnson il 20 aprile; Marcel Williams e Jack Jones il 24 aprile e Kenneth Williams il 27 aprile. L’esecuzione di Jason McGehee, originariamente fissata per il 27 aprile, è stata sospesa da un giudice federale anche se potrebbe aver luogo in seguito.

Amnesty International continua a chiedere al governatore dell’Arkansas, Asa Hutchinson, di commutare queste otto condanne a morte.

In alcuni di questi casi, carenze procedurali hanno impedito alle giurie di farsi un’idea completa della persona che veniva chiesto loro di condannare a morte. In altri, diagnosi di gravi disabilità mentale renderebbero le esecuzioni contrarie al diritto internazionale.

Durante il processo di Jack Jones, ad esempio, i giurati non hanno saputo che poco prima del crimine gli era stato diagnosticato un disordine bipolare. Bruce Ward, che si trova da oltre 25 anni nel braccio della morte, è stato riconosciuto affetto da schizofrenia paranoide nel 2006, 2010, 2011 e 2015: in altre parole, è affetto da gravi manie persecutorie e non ha una comprensione razionale della pena che gli è stata inflitta.

Mettere a morte una persona che non comprende la condanna ricevuta o il motivo per cui l’ha subita è una violazione della Costituzione degli Usa e viola il divieto, previsto dal diritto internazionale, di eseguire condanne a morte nei confronti di persone con grave disabilità mentale.

Nel caso di Marcel Williams, ai giurati non è stato detto nulla sulle estreme condizioni d’indigenza, privazione e violenza in cui l’imputato aveva trascorso l’infanzia. Nel corso di un appello, un giudice ha ammesso che la difesa legale era stata profondamente inadeguata, senza tuttavia trarne conclusioni.
“Considerati insieme, questi casi potrebbero comporre una guida ai problemi della pena di morte: arbitrarietà, rappresentanza legale inadeguata, discutibili strategie della pubblica accusa, discriminazione economica e razziale hanno giocato la loro parte in questa raffica di condanne a morte”, ha commentato Guevara Rosas.

“Il dibattito sull’uso dell’iniezione legale non deve limitarsi a prendere in considerazione il modo più umano per procedere a un’esecuzione. Che un omicidio premeditato e a sangue freddo di una persona possa essere ‘umano’ resta un mito. La realtà è che gli Usa devono al più presto allinearsi alla tendenza abolizionista globale”, ha sottolineato Guevara Rosas.

Ulteriori informazioni
Il rapporto annuale di Amnesty International sulla pena di morte, diffuso l’11 aprile, mostra come gli Usa per la prima volta dal 2006 non facciano parte dell’elenco dei primi cinque paesi al mondo per numero di esecuzioni. Nel 2016 gli Usa hanno fatto registrare il più basso numero di esecuzioni, 20, da un quarto di secolo.

Nello stato dell’Arkansas l’ultima esecuzione (la 27ma dal 1977, anno del ritorno della pena di morte negli Usa) ha avuto luogo il 28 novembre 2005. In seguito, i ricorsi sull’iniezione letale hanno causato quasi un anno e mezzo di sospensioni.

Se le esecuzioni previste entro la fine di aprile avessero luogo, nel giro di 11 giorni l’Arkansas aumenterebbe del 30 per cento il numero delle esecuzioni dal 1977 ed eliminerebbe quasi un quarto dei prigionieri in attesa dell’esecuzione nel braccio della morte dello stato.

Una volta esaurite le scorte di midazolam sarà estremamente difficile ripristinarle, a causa delle preoccupazioni sollevate da una serie di esecuzioni particolarmente cruente, nelle quali i prigionieri erano morti rantolando e contorcendosi in una lunga e dolorosa agonia.

Roma, 13 aprile 2017

Il rapporto annuale di Amnesty International sulla pena di morte nel mondo nel 2016 e ulteriori materiali di approfondimento sono online all’indirizzo: https://www.amnesty.it/rapporto-amnesty-international-sulla-pena-morte-nel-2016/

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