[SinistraInRete] Big Serge: Guerra russo-ucraina: l’alluvione

Rassegna 08/03/2024

 

 

Big Serge: Guerra russo-ucraina: l’alluvione

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Guerra russo-ucraina: l’alluvione

Il “mondo Z” compie due anni

di Big Serge – bigserge.substack.com 

Traduzione di Antonio Gisoldi

Mentre il calendario piomba in un altro anno e scorriamo i giorni di febbraio, gli anniversari importanti vengono evidenziati in successione. Siamo ormai al 22/02/2022 +2: due anni dal discorso di Putin sullo status storico delle regioni di Donetsk e Luganski, seguito il 24/02/2022 dall’inizio dell’operazione militare speciale e dallo spettacolare ritorno della Storia.

La natura della guerra è cambiata radicalmente dopo una fase di apertura cinetica e mobile. Con il fallimento del processo negoziale (grazie o meno a Boris Johnson), è diventato chiaro che l’unica via d’uscita dal conflitto sarebbe stata la sconfitta strategica di una delle parti da parte dell’altra. Grazie ad aiuti occidentali (sotto forma di materiale, sostegno finanziario, ISRii e supporto all’individuazione dei bersagli) che hanno consentito all’Ucraina di andare oltre la sua economia di guerra indigena che stava rapidamente andando in fumo, è diventato chiaro che questa sarebbe stata una guerra di attrito industriale, piuttosto che di manovra rapida e annientamento. La Russia ha iniziato a mobilitare risorse per questo tipo di guerra d’attrito nell’autunno del 2022, e da allora la guerra ha raggiunto la sua qualità attuale – quella di uno scontro di posizione ad alta intensità di potenza di fuoco ma relativamente statica.

La natura di questa guerra d’attrito-di posizione si presta all’ambiguità in ambito d’analisi, perché nega i segni più attraenti ed evidenti di vittoria e sconfitta che hanno a che fare coi grandi cambiamenti nel controllo del territorio. Invece, bisogna farsi bastare un’ampia varietà di analisi posizionali di tipo aneddotico, su piccola scala, e dati nebulosi, e tutto questo può essere facilmente mal interpretato o frainteso.

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Domenico Fiormonte: Dal colonialismo sanitario ai barbari epistemici. La nuova Africa è l’Europa?

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Dal colonialismo sanitario ai barbari epistemici. La nuova Africa è l’Europa?

di Domenico Fiormonte

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acquarello astratto 1910 722x510 1.jpgPerché scrivo questo libro? Perché condivido l’angoscia di Gramsci: “Il vecchio mondo è morto. Il nuovo è di là da venire ed è in questo chiaro-scuro che sorgono i mostri”. Il mostro fascista, nato dalle viscere della modernità occidentale. Da qui la mia domanda: che cosa offrire ai Bianchi in cambio del loro declino e delle guerre che questo annuncia? Una sola risposta: la pace. Un solo mezzo: l’amore rivoluzionario.

Houria Bouteldja

1. Colonialismo sanitario. L’Africa e il caso di Ebola

Tra il 2017 e il 2018 Helen Lauer, filosofa della scienza che lavora da trent’anni in Africa e docente all’Università di Dar es Salaam (Tanzania), ha pubblicato una serie di fondamentali ricerche che denunciano gli effetti dell’agenda sanitaria globalista sulla salute pubblica in Africa. In realtà nel cosiddetto Sud Globale si discute da anni di questi problemi, ma poco o nulla trapela all’interno dello sfinito mondo universitario europeo, per non parlare dei media mainstream. Dico subito che si tratta di studi che oggi, a due anni di distanza dalla pandemia COVID, probabilmente nessuna rivista accademica pubblicherebbe. E le ragioni appariranno chiare a breve. Le ricerche condotte da Lauer ci offrono un’efficace rappresentazione del cosiddetto colonialismo sanitario, fenomeno assai diffuso e che, come vedremo nella seconda parte, ha investito in pieno anche l’occidente. Fa da sfondo alla sua analisi il concetto di ingiustizia epistemica, cioè (molto in sintesi) quelle ingiustizie generate da un accesso diseguale ai mezzi di produzione, rappresentazione e diffusione della conoscenza. Cercherò qui di riassumere il contributo che si intitola The Importance of an African Social Epistemology to Improve Public Health and Increase Life Expectancy in Africa.

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Salvatore Bravo: Il capitalismo genocidiario si cela dietro la cortina della società dello spettacolo

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Il capitalismo genocidiario si cela dietro la cortina della società dello spettacolo

Il suo linguaggio è divenuto finzione filmica

di Salvatore Bravo

il massacro dei comunisti in indonesia
1.jpgCapitalismo genocidiario

Il capitalismo non è mai sufficientemente compreso nelle sue dinamiche distruttive e negatrici della natura umana e della vita. La sua azione globale non può che incontrarsi e scontrarsi con i limiti delle conoscenze personali e, specialmente, con le censure dirette e indirette a cui siamo sottoposti. Riorientarsi in una realtà organizzata secondo la forma del capitale mediante il “velo dell’ignoranza” è operazione non semplice. Se ci poniamo nell’ottica del cittadino medio e delle nuove generazioni possiamo ben comprendere quanto “il capitalismo dello spettacolo” riduca il pianeta a uno strumento da usare e da consumare: in tal modo la vita dei popoli e la storia del capitalismo sono obliati. Il capitalismo senza la mediazione umana della storia può continuare la sua corsa nelle comunità e negli individui; può continuare a bruciare vite e popoli e a percepirsi come “assoluto”.

Il capitalismo si autopresenta come “assoluto” e costruisce di sé una immagine ipostatizzata, in quanto coltiva l’ignoranza di sé. Le esistenze organizzate in stile “reality” consentono ai crimini del passato e del presente di perpetuarsi. Il capitalismo dello sfruttamento e genocidiario si cela dietro la cortina della società dello spettacolo. Anche il linguaggio è divenuto finzione filmica, non a caso la parola “capitalismo” è stata abilmente sostituita con le espressioni “liberale e liberista”, le quali ammiccano alla libertà. Si ha l’impressione di essere dalla parte giusta, e di vivere nella libertà: naturalmente la libertà “capitalistica” deve essere intesa come la possibilità di affermare il proprio “io” usando il mondo e riducendo ogni incontro a mezzo per accrescere l’ego-idolatria. La storia del capitalismo riportato alla sua verità storica e ai suoi crimini è paideutica per accrescere qualitativamente la crescita umana e politica delle soggettività e delle comunità.

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Piccole Note: Navalny stava per essere liberato

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Navalny stava per essere liberato

di Piccole Note

La presidente della Fondazione di Navalny ha rivelato che l’oppositore del Cremlino stava per essere liberato. Il ruolo di Abramovich e l’obbligato silenzio di Mosca

Subito dopo la morte di Alexej Navalny, la Bild aveva rivelato che l’oppositore del Cremlino stava per essere liberato in cambio di alcuni russi detenuti in Occidente, ma la notizia è stata presto cestinata. Tuttavia, poco dopo, Maria Pevchikh, Presidente della Fondazione Anticorruzione, quella di Navalny, lo ha confermato. E questo cambia tutto, dato il ruolo della stessa e i dettagli rivelati.

 

Navalny: l’accordo era fatto

Prima in una dichiarazione, poi in un video, la Pevchikh ha spiegato che, dopo l’arresto del loro leader, la sua organizzazione aveva avviato una caccia serrata alle spie russe per farne merce di scambio con Mosca. Quindi, hanno iniziato a sollecitare le autorità tedesche e americane perché aprissero negoziati in tal senso, ma non “fecero nulla”.

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Fabio Mini: L’inquietante accordo militare con Kiev: rischi e scenari

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L’inquietante accordo militare con Kiev: rischi e scenari

Alessandro Bianchi intervista Fabio Mini

Molti degli elettori che hanno scelto Giorgia Meloni alle scorse elezioni non si sarebbero certo aspettati una politica estera più draghiana di Draghi, più atlantista del direttore di Repubblica Molinari o più filo Zelensky di un’Ursula qualunque. Eppure, l’ultimo viaggio a Kiev da presidente di turno del G7 del nostro premier nella capitale ucraina ha sciolto tutti i dubbi rimasti. L’accordo decennale con cui la Meloni, senza nessun passaggio parlamentare, ha legato il paese al regime di Kiev rimane il lato più oscuro e inquietante.

Nessuno più del generale Fabio Mini, autore di “L’Europa in guerra” (Paper First, 2023) e della premessa al nuovo libro di Giuseppe Monestarolo “Ucraina, Europa mondo” (Asterios, 2024) può aiutarci a fare luce, individuare i dettagli e scenari futuri. Mini è una delle voci più coerenti e forti nel denunciare i rischi connessi all’atteggiamento europeo verso il conflitto in corso. Con i suoi articoli su Limes e il Fatto Quotidiano, è riuscito a rompere la propaganda dominante. Quella propaganda che, come abilmente preannunciato dallo stesso generale, sta portando il nostro continente a un passo da un baratro sempre più visibile.

Abbiamo chiesto al generale Fabio Mini di aiutarci a sciogliere diversi dubbi per “Egemonia”.

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Sergio Cararo: La fine di un consenso ingiustificato. Israele verifica come le è cambiato il mondo intorno

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La fine di un consenso ingiustificato. Israele verifica come le è cambiato il mondo intorno

di Sergio Cararo

Alcuni anni fa lo storico israeliano Ilan Pappè inchiodava le responsabilità della comunità internazionale nella complicità con i crimini coloniali israeliani contro i palestinesi chiedendo: “Fino a quando il mondo permetterà a Israele di fare quello che fa?

L’incantesimo sbagliato, che ha consentito decenni di consensi e complicità del tutto ingiustificati a livello internazionale verso Israele, sembra però essersi spezzato in più punti di fronte al genocidio dei palestinesi in corso a Gaza

Perfino in tre importanti paesi dove il livello di servilismo e complicità con lo Stato di Israele appariva inamovibile (Germania, Stati Uniti, Italia), si è rotto il silenzio e si palesano proteste sia verso la politica israeliana sia verso i suoi pervasivi – ma oggi meno efficaci – apparati ideologici di stato.

Mentre non si è ancora spenta né risolta la questione della partecipazione israeliana all’Eurovision, sul piano culturale si sono aperti altri fronti di contestazione contro Israele.

In Germania durante la cerimonia di premiazione del festival del cinema di Berlino sabato scorso ha fatto scalpore il regista statunitense Ben Russell ha accettato il premio per il suo documentario Direct Action indossando una kefiah palestinese sulle spalle e dichiarando che “Naturalmente siamo per la vita e siamo contrari al genocidio, e per un cessate il fuoco in solidarietà con i palestinesi”.

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Pasquale Cicalese: Sinistra o destra? Guerra di classe

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Sinistra o destra? Guerra di classe

di Pasquale Cicalese

È notte fonda, ho fatto 7:30 di sonno, sto ascoltando Radio Gaga dei Queen. Mi si chiede, con citazioni di canzoni, di ritornare al campo di sinistra, mio naturale approdo. Non vi appartengo dalla delusione della Pantera, ero simpatizzante socialista, rimasi depresso dalla fine della Prima Repubblica, e dalla distruzione degli assetti pubblici e istituzionali fatti con la Seconda Repubblica.

Dopo la laurea volevo lavorare presso la Presidenza del Consiglio come analista economico, ma rinunciai, non volli servire la Seconda Repubblica. Ora c’è una nuova generazione di gente di sinistra, giovani che forse non hanno a che fare con i dinosauri distruttori come Prodi, Draghi ecc. D’altra parte a destra c’è il Premierato e l’autonomia differenziata, miei nemici assoluti.

Mi muovo nel solco della dialettica di guerra, ora gioco con lui, poi gioco con l’altro, fine: l’avanzamento delle istanze dei movimenti operai e contadini. Dal 1994 fino alla sua morte ho seguito la politica estera di Berlusconi, una cosa non gli perdonai (ma era minacciato): la morte di Gheddafi, l’ho scritto in 50 anni di guerra al salario. Ho frequentato gente di Potere Operaio, del 77, ex brigatisti, ex Prima Linea, a Crotone vedevo negli anni settanta, anche in ambito familiare, la lotta di classe, tramandata dalle lotte bracciantili degli anni 50.

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Piero Pagliani: Raddoppiare gli errori fatali

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Raddoppiare gli errori fatali

di Piero Pagliani

Impero.jpgla dedichiamo a tutti quelli – e sono tanti – che pur essendo testimoni di fatti importantissimi e determinanti dell’avvenire della civiltà, neanche se ne accorgono!

Enzo Jannacci, “Prete Liprando e il giudizio di Dio”

 

1. Neanche se ne accorgono!

Qualcuno si chiederà perché ho così poca stima, e a volte nessuna, per la maggior parte dei politici, dei media e degli “esperti”, uomini e donne, che occupano la scena italiana, europea e occidentale.

La risposta è semplice: perché non si meritano nessuna stima.

Nel 2014 alcuni deputati del neonato Movimento 5 Stelle e il compianto giornalista Giulietto Chiesa, mi chiesero di presiedere un convegno internazionale intitolato “Global Warning”, cioè “attenzione alla guerra globale”. Il convegno si tenne presso la Biblioteca del Senato della Repubblica. La tesi dei lavori era che la Nato stava preparando un grande scontro con la Russia nell’Europa orientale. Tesi che Giulietto Chiesa ribadì nei suoi tour in giro per l’Italia. Con tutte le critiche di carattere teorico e politico che io gli rivolgevo schiettamente in quegli anni, riconosco volentieri che Giulietto vedeva più lontano di tutti i suoi colleghi giornalisti, sia perché era più intelligente, sia perché conosceva la Russia e l’Europa orientale molto meglio.

Ascoltate bene questi 57 secondi: https://www.youtube.com/watch?v=sDPVIljawNU

Era esagerato? Era complottista? Giudicate voi.

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Danilo Ruggieri: La “sinistra” alla moda

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La “sinistra” alla moda

di Danilo Ruggieri

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2c0dafdcba83.jpgAndare controcorrente è uno dei pregi di Sarah Wagenknecht. La ormai ex leader della Linke tedesca, dopo una lunga battaglia interna, alcuni mesi fa ha rotto gli indugi e ha abbandonato insieme ad altri il partito, colpevole di una svolta liberale e cosmopolita, non più attenta alle lotte sociali, tradizionale patrimonio della storica sinistra tedesca operaista e socialdemocratica. Questa rottura è stata preceduta dalla pubblicazione in Germania nel 2021 di un suo libro (“Contro la sinistra neoliberale”) che ha fatto molto discutere e che è stato pubblicato nel maggio 2022 dai tipi di Fazi in Italia.

Va subito detto che da quando è stato scritto il libro di acqua sotto i ponti ne è passata veramente tanta.

A soli tre anni dalla sua pubblicazione uno sconvolgimento sistemico degli equilibri geopolitici ha ridisegnato le mappe dello scontro internazionale. L’inizio dell’operazione militare speciale russa in Ucraina in difesa delle popolazioni russofone del Donbass, l’estensione del conflitto alla NATO che dirige e sovraintende lo sforzo bellico ucraino, la distruzione delle linee strategiche di approvvigionamento del gas tra Russia ed Europa e la guerra di sterminio israeliana a Gaza di questi mesi con scenari di allargamento mediorientale, segnano un cambio epocale della prospettiva politica, anche interna, di quei movimenti “antisistema” che si muovono nel continente europeo. Il libro fa i conti solo in parte con gli effetti nefasti della crisi pandemica scoppiata nel 2020 e rientrata in sordina in corrispondenza con le note vicende del febbraio 2022. I tratti generali dell’analisi politica e sociale che l’autrice fa della situazione tedesca, e che si potrebbero estendere all’ Europa occidentale, vengono confermati, anzi rafforzati, osservando le posizioni assunte dalla larga parte dei ceti politici che dirigono la sinistra “progressista” liberale e “radicale”.

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Redazione: La Cina rompe gli indugi e si schiera con il popolo palestinese: “la lotta armata contro il colonialismo è un diritto!”

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La Cina rompe gli indugi e si schiera con il popolo palestinese: “la lotta armata contro il colonialismo è un diritto!”

di Redazione

Mentre la Casa Bianca pone veti su veti per impedire il cessate il fuoco e nelle cancellerie europee continua il silenzio di fronte al genocidio in Palestina a opera del regime sionista, il governo cinese ha rilasciato una coraggiosa dichiarazione in cui afferma il diritto del popolo palestinese a impegnarsi nientemeno che nella lotta armata per la sua liberazione. Si tratta di un messaggio fortissimo per una diplomazia, quella cinese appunto, conosciuta per essere stato sempre (almeno negli ultimi 30 anni) molto cauta e moderata. La Cina peraltro continua teoricamente a difendere la linea dei “2 popoli 2 Stati”, ma di fronte al genocidio in corso e al fanatismo sionista ha deciso di schierarsi.

 

La Cina distingue la lotta armata di liberazione nazionale dal terrorismo

Il 22 febbraio, in occasione del secondo giorno di udienze della Corte internazionale di giustizia (CIG) sulle “conseguenze legali derivanti dalle politiche e dalle pratiche di Israele nei Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est”, tenutesi all’Aia, in Olanda, Ma Xinmin, consigliere giuridico del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese, ha affermato, riferendosi ai risultati della “Guerra dei Sei Giorni” del giugno 1967, che sono passati 57 anni dall’inizio dell’occupazione da parte di Israele e che la natura illegale dell’occupazione e la sovranità sul territorio occupato rimangono immutate.

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Alberto Fazolo: Ucraina. Il vero motivo di rottura tra Italia e Francia

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Ucraina. Il vero motivo di rottura tra Italia e Francia

di Alberto Fazolo

Nel 2024 l’Italia ha assunto la presidenza del G7. La Meloni ha deciso d’indire a Kiev il primo vertice dell’anno, per sfruttare la concomitanza con il secondo anniversario dell’inizio dell’Operazione Militare Speciale lanciata dalla Russia sul territorio ucraino.

Con l’occasione la Meloni ha stipulato con Zelensky una serie di scellerati accordi bilaterali in ambito militare, dell’energia, per la ricostruzione. Tutte cose che non è chiaro come verranno pagate.

Anche se la cosa non ha costi economici diretti immediati, la Meloni ha anche impegnato l’Italia a sostenere l’ingresso dell’Ucraina nella UE e nella NATO. Dato che l’attuale crisi è prevalentemente determinata dalla possibilità che la NATO si prenda anche l’Ucraina, impegnare l’Italia a insistere su quella linea, significa legare indissolubilmente il nostro paese alla guerra.

La Meloni ha condizionato il destino dell’Italia senza nemmeno consultare il Parlamento. Lei che fino a quando non è diventata Premier si atteggiava da sovranista, ora si dimostra essere la più atlantista dei politici europei, soprattutto perché si ostina a portare avanti una linea ormai abbandonata da chiunque altro. Gli stessi USA hanno interrotto gli aiuti all’Ucraina e puntano a un cambio di strategia, cosa che comunque va in collisione con gli interessi della UE.

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Il Chimico Scettico: Ops, la censura! Chi l’avrebbe mai detto

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Ops, la censura! Chi l’avrebbe mai detto

di Il Chimico Scettico

Quasi mi viene da sorridere. In tempi ormai lontani, quando CS era sui social, accadde una cosa. Un giorno aprii la pagina e mi resi conto che tutti i post contenenti un link a questo blog erano spariti. Era il 12 dicembre 2019 e il blog aveva appena raggiunto 100.000 visualizzazioni (“Che caso!” disse Starbuck). Per due giorni successe anche su twitter.  Per alcuni mesi fu impossibile postare su facebook un link a questo blog. Poi tutto finì, senza mezza parola, senza mezza comunicazione da parte della piattaforma. Non sono mai stato propenso a tirar fuori “Complotto! Censura!” senza avere in mano solide evidenze e non lo feci, sposando come prima ipotesi che il tutto fosse un prodotto del generico giro di vite “contro le fake news” che aveva reso gli algoritmi più stringenti (una cosa grave di suo).

Poi però qualcuno ci volle mettere la firma: qualcuno degli “amici che gestiscono i social” di Roberto Burioni, qualcuno che aveva a sua volta cari amici tra chi mandava avanti il facebook italiano. “La scienza (lascienza) non è democratica”, dalla teoria alla prassi, prove tecniche. 

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Enrico Vigna: Transnistria e Moldova, un altro fronte di guerra?

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Transnistria e Moldova, un altro fronte di guerra?

di Enrico Vigna

Le politiche guerrafondaie e di scontro del governo sottomesso ai diktat occidentali e della NATO, stanno chiudendo la piccola repubblica della Pridnestrovie in una situazione pericolosa e molto delicata, da qui la richiesta ufficiale di aiuto del Parlamento di Tiraspol, per l’unificazione alla Russia come forma di autodifesa. Ma in caso di conflitto, c’è un fattore che potrebbe essere un detonatore che investirebbe e incendierebbe a domino, anche i paesi vicini: la base militare di Kolbasna sotto protezione russa, dove si ipotizza vi siano anche armamenti nucleari.

Nell’ultimo anno la “zelenskaya di Chisinau” Maia Sandu, invece di cercare forme e proposte di negoziazione e conciliazione con la regione orientale, ha intensificato azioni, proposte di legge provocazioni continue e minacce, che stanno alimentando odio e tensioni altissime. Questo da un lato sta spaccando la popolazione in Moldova e incoraggiando forme di smembramento interno della stessa, come nelle regioni della Gagauzia e della Taracalia, dove è sempre più forte la volontà di distacco, oltre alla sempre più profonda avversità della componente russofona del paese.

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