Alessandro Di Battista – 28/01/2025
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Daniela Santanchè è in politica da 30 anni. Iniziò la carriera come collaboratrice di Ignazio La Russa, sì, Ignazio La Russa, oggi presidente del Senato (dunque seconda carica dello Stato) e suo grande protettore politico. Ricordo tra l’altro che La Russa era ministro della Difesa quando diede il suo assenso alle guerra in Libia, il più grande tradimento politico degli ultimi decenni. La Santanchè venne eletta per la prima volta consigliera provinciale a Milano nel 1999. Da allora ha cambiato casacca 6 volte.
Deputata dal 2001 al 2008, poi di nuovo dal 2013 al 2018, dal 2018 siede in Senato e, nel 2022, è stata scelta dalla Meloni (sicuramente non per le sue capacità imprenditoriali, voglio sperare) come Ministro del Turismo. Segnalo che per aver concluso quasi 5 legislature la Santanchè, la fustigatrice dei percettori del Rdc ha già maturato oltre 200.000 euro di assegno di fine mandato, ovvero il TFR dei parlamentari.
Ricordate quell’episodio virale sui social, in cui Daniela Santanchè attaccava un padre di famiglia in diretta televisiva perché percepiva il reddito di cittadinanza? Lei, con tono sprezzante e l’orgoglio “di chi lavora”, diceva: “Un uomo a 47 anni che prende il reddito di cittadinanza, lei capisce perché vogliamo abolirlo?”.
Poi, con un cinismo senza pari, aggiungeva: “Io trovo che non è neanche dignitoso nei confronti dei suoi figli vedere un padre che sta a casa e prende 950 euro”.
La morale di Santanchè: “I genitori hanno anche il compito di educare il figlio attraverso l’esempio”. Giusto. Ma oggi mi chiedo: cosa penserà suo figlio di una madre avvinghiata alla poltrona nonostante tutto ciò che sta emergendo? Continua a ripetere da giorni che non ha alcuna intenzione di dimettersi. Nonostante tre inchieste giudiziarie aperte su di lei la Santanchè rimane saldamente attaccata alla poltrona con la tenacia di una colla Super Attack. Tanto la ptotegge Ignazio.
Vediamo nel dettaglio la sua situazione giudiziaria:
- Rinviata a Giudizio per Falso in Bilancio. La prima inchiesta (ormai si tratta di un processo a tutti gli effetti) riguarda Visibilia Editore, società che Daniela Santanchè ha gestito per anni. Secondo il giudice per le udienze preliminari di Milano, i bilanci del gruppo sarebbero stati falsificati per sette anni, di cui cinque sotto la gestione diretta della ministra.
- Truffa sui Fondi Covid. La seconda accusa riguarda l’uso dei fondi della Cassa Integrazione Covid. Durante la pandemia, la società Visibilia Editore (oggi Athena Pubblicità) avrebbe percepito 126.000 euro di fondi pubblici per garantire la cassa integrazione a sette dipendenti. Ma c’è un problema: i dipendenti continuavano a lavorare regolarmente. Visibilia ha ammesso le irregolarità e ha accettato di rimborsare a rate i fondi all’Inps. L’Inps ha deciso di costituirsi parte civile. Tra l’altro ricordo che la ministra Santanchè, nel consiglio dei ministri, si siede di fianco a Marina Elvira Calderone, capo del ministero del Lavoro, ovvero il ministero da cui dipende l’Inps. E’ tutto surreale.
- Bancarotta Fraudolenta per il Crack di Ki Group. La terza inchiesta riguarda la bancarotta fraudolenta della Ki Group, un’altra società legata a Daniela Santanchè. La società è stata messa in liquidazione giudiziale con un buco da oltre 8 milioni di euro. Gli inquirenti accusano la ministra di aver portato la società al collasso attraverso una gestione fallimentare e decisioni imprenditoriali quantomeno discutibili. Tre inchieste. Tre accuse gravi. Eppure Daniela Santanchè resta incollata alla sua poltrona. Una donna che predicava dignità e rispetto per i figli degli altri in diretta nazionale, ma che oggi se ne frega del pessimo esempio dato al Paese.