“Milano, tra Fiera ed Expo. Per che cosa?”

Di straordinario interesse due paginate sul Sole24Ore di sabato 13 marzo su Fiera Milano.

 

Il nuovo AD, Enrico Pazzali, un quasi giovanotto con espressione glacialfurbetta, assicura che “ricomincerà a crescere già dal 2010″. Tanti auguri; hanno speso una sacco di soldi con architetti da brivido. Ma nella sostanza che cosa si espone? E’ illuminante il portafoglio manifestazioni”. La meccanica strutturale, l’elettronica, l’elettrotecnica ed energie ha occupato solo il 10.4 degli spazi espositivi. Moda, tempo libero, arredamento e articoli per la casa e regalo: 54,2%. Gift! Decadenza italiana. Merce a basso valore aggiunto, poca ricerca e pochissimi brevetti: subalternità internazionale. E si pensi che la Nuova Fiera doveva essere la nostra vetrina internazionale.

Passiamo alla ristrutturazione imprenditoriale in atto. Il “gruppo” ha ridotto le quattro società operative nel business fieristico da quattro ad una, riducendo i dipendenti da 180 a 96, prevede di risparmiare un buon 20% sull’energia e un altro 20% con la rinegoziazione delle condizioni relative alla manutenzione.

Il Sole24Ore espone i punti di forza e quelli di debolezza. Sulla “forza” confesso la mia difficoltà a capire di che si tratta, mi pare che si riducano ad una apertura di credito al nuovo management.

Le debolezze sono invece spiegate con una certa chiarezza:

Fiera Milano è sovresposta all’andamento del trend macroeconomico (la crisi indefinita); quasi tutte le aziende si trovano costrette a ridurre i costi, inclusi quelli di promozione e marketing; lo scenario è appesantito dal modello multicentrico sviluppatosi in Italia negli ultimi anni con offerte che erodono le opzioni della Fiera di Milano in una fase di sottoutilizzo dei nuovi padiglioni; insomma sulle fiere c’è stato un eccesso di offerte.

In conclusione è molto cauta l’apertura ai nuovi manager. Si segnala di converso che “per molti osservatori la struttura dei costi rimane troppo elevata per trovare una giusta combinazione fra riduzione dei ricavi e tenuta dei margini”.

Se questa è la condizione strutturale della più “dilatata” fiera internazionale a livello europeo – tabella allegata – che dire del megalomane progetto Expo? Ho definito in altri editoriali come enfatici alcuni progetti, dall’eccesso di alta velocità a scapito dei collegamenti ordinari, l’ossessione Silviana del Ponte sullo Stretto, la Maddalena inquisita, lo stesso ritorno al nucleare. E’ un insano deficit spending non indirizzato all’interesse collettivo nemmeno nell’accezione sviluppistica: insomma, una cinica mungitura finanziaria. .

 

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