Biden elogia 2 volte Putin

Retroscena di rilievo nell’ultima giornata del summit sul clima organizzato dagli Stati Uniti. Lo rileva il Times di Londra, il quale spiega che nel corso del suo intervento, “Biden ha elogiato due volte il presidente Putin per il suo contributo, un riconoscimento che non ha accordato a nessuno degli altri 40 leader” presenti alla conference call.

Si conferma, quindi, quanto avevamo scritto nelle note precedenti: i due presidenti stanno studiando una distensione Usa-Russia e lavorando in vista di un incontro bilaterale.

Dopo aver dato dell’assassino a Putin, ora Biden può permettersi passi in tale direzione, potendo contare su un contrasto interno minore da parte dei falchi.

Se riuscirà è tutto da vedere. Quando Trump ha tentato iniziative similari, spesso ha dovuto mollare all’ultimo minuto a causa di azioni di disturbo che hanno alzato il livello dello scontro tra i due Paesi.

Ma già tale disposizione ha comunque un qualche effetto distensivo. Giunge dopo l’escalation registrata in Ucraina, con Putin che ha mostrato i muscoli come non mai, arrivando sostanzialmente a minacciare una ritorsione nucleare se le forze di Kiev, appoggiate dalla Nato, avessero attaccato il Donbass.

Mai, dai tempi del crollo dell’Unione sovietica, la Russia era arrivata a tanto. Al massimo, quando nel 2018 gli americani dichiararono che avrebbero bombardato la Siria, Mosca aveva minacciato che avrebbe colpito le navi Usa al largo delle coste siriane se i missili avessero superato determinate linee rosse.

La minaccia atomica ha avuto un effetto distensivo, come d’altronde insegna il periodo della Guerra Fredda, che fu fredda solo perché la “Mutua distruzione assicurata” ebbe l’effetto di raffreddare tante teste calde che avevano accesso alle stanze dei bottoni.

Il ritiro delle truppe russe dai confini ucraini, poi, ha inviato un ulteriore messaggio distensivo, facendo svaporare gli allarmi, non giustificati (vedi New York Times citato nella nota pregressa), di una possibile invasione russa.

Da notare, a margine di questa crisi, la bizzarra conclusione dell’altrettanto bizzarro invito rivolto dal presidente Volodimir Zelensky a Putin, di incontrarsi nel Donbass.

In altra nota, l’avevamo registrata come una dichiarazione di mera propaganda o peggio, data l’impossibilità di Putin di accettare un simile invito per via dell’insicurezza del luogo prescelto per l’incontro, che avrebbe messo a rischio la sua incolumità.

In risposta, Putin ha fatto sapere la sua disponibilità a incontrarsi a Mosca, specificando però che il tema sarebbero stati i rapporti bilaterali; rimandando il presidente ucraino a parlare dei problemi del Donbass con gli interessati, cioè le autorità delle regioni ribelli.

Specifica obbligata, peraltro, a meno di non voler dire ufficialmente al mondo che la Russia si era annesso il Donbass, cosa che Mosca non può e non vuole fare (sarebbero solo problemi).

Detto questo, Zelensky ha rifiutato l’invito, dimostrando che non ha alcuna intenzione, o non può, dialogare con Mosca, almeno al momento (ovvio che, in via riservata, nell’eventuale incontro moscovita si sarebbe parlato anche del Donbass….).

Da vedere se la crisi ucraina si ripresenterà, essendo criticità sulla quale Biden può far davvero poco, dato che a Kiev hanno molte possibilità di metterlo in imbarazzo  a causa dello scandalo in cui è incappato il figlio Hunter.

Su questa crisi Ian Bond scrive una nota per il Centre for european reforme, che ci appare più che significativa proprio perché molto dura nei confronti di Mosca, contro la quale auspica sanzioni un po’ su tutto, magari anche sui cani di Putin (ne ha quattro).

Ecco, nonostante questa fermezza, e nonostante le usuali narrazioni su una possibile invasione russa dell’Ucraina, Bond sottolinea un aspetto più che importante: “Gli Stati Uniti e gli altri paesi occidentali dovrebbero […] rassicurare l’Ucraina, in modo che non si senta costretta a intraprendere azioni preventive avventate (cadendo nella trappola come fece la Georgia nel 2008, quando venne  rapidamente sopraffatta dal contrattacco della Russia)”,

“[…] I paesi occidentali devono mostrare un maggiore sostegno politico all’Ucraina, senza però incoraggiare aspettative irrealistiche”. Si sa, è storia, che la guerra georgiana citata non fu affatto guerra preventiva, ma una vera e propria folle aggressione: Tblisi contava sull’appoggio Nato, che non arrivò.

Si spera la storia non si ripeta. Sta alle cancellerie d’Occidente rassicurare Kiev, ma anche farle capire bene che non supporterà folli avventurismi. E, insieme, lavorare con la diplomazia russa, come impone il realismo, per cercare vie di risoluzione alla crisi.

Piccole Note
a cura di Davide Malacaria
Sharing - Condividi