…E poi vennero a prendere a Telegram

Da un titolo della scorsa settimana del Corriere di Torino: “Indagati 17 no vax del gruppo «Basta dittatura». Leggendo l’articolo in questione emerge come ai 17 vengono contestati i “reati di istigazione a delinquere con l’aggravante di utilizzo di strumenti informatici”.

A seguito delle continue censure Facebook basate sugli algoritmi, laddove, indipendentemente spesso dal contenuto, venivano oscurati post e gruppi che osavano parlare di vaccini e certificato sanitario, si è verificato il fenomeno (prevedibile e atteso) di trasmigrazione sulla app Telegram, nella errata supposizione che questo canale non fosse controllabile.

Di fatto, Facebook per ben tre volte ha impedito al gruppo “nessuna correlazione”, che raccoglieva le segnalazioni di eventi avversi verificatisi dopo le dosi di vaccino, di poter riaprire un quarto gruppo.

Allo stesso modo, ha censurato il gruppo nato per supportare i portuali di Trieste.

La trasmigrazione su Telegram, anche da WhatsApp, ha agevolato la nascita di molti gruppi interattivi di informazione, organizzazione, scambio di opinioni.

Era prevedibile (fisiologico) che in due anni quasi di Pandemia e isolamento sociale, di narrazione mediatica contraddittoria e confusionaria, di discriminazione e istigazione all’odio da parte del pensiero unico draghista, si creassero nicchie alternative di resistenza.

Alcuni sono canali a senso unico, dove non è possibile interagire, perlopiù creati da blogger o testate giornalistiche di Re-informazione, alcuni ben documentati, altri più soggetti ad annunci sensazionalistici poco verificabili.
In questo ultimo ambito si è collocato anche il canale “Basta dittatura”, uno dei primi nati su Telegram  a seguito della censura facebook.
È indispensabile precisare che chiunque poteva iscriversi al canale per leggere.

Chiunque, senza alcuna selezione, può accedere anche senza iscriversi, ai canali Telegram, che non sono chiusi; solo alcuni, ultimamente, utilizzano qualche restrizione temporale nel limitare i troppi messaggi o filtrano i link o bloccano iscritti con nikname con caratteri arabi.

Quindi, su quel famigerato canale poteva essere iscritto chiunque, sia funzionari Digos e forze ondulatorie varie, sia giornalisti delle principali testate nazionali.

Possiamo immaginare che chi voglia organizzare un movimento sedizioso, addirittura terroristico, lasci aperto a tutti, senza alcun filtro, l’unico canale di comunicazione, tra l’altro rendendosi particolarmente individuabile con i soliti stupidi insulti che la legge già punisce anche a mezzo social?

A settembre i magistrati del pool antiterrorismo di Torino chiesero a Pavel Durov, l’imprenditore russo fondatore di Telegram, di oscurare il canale “Basta Dittatura”: provvedimento che Durov ha messo in atto, chiudendo il canale Telegram in quanto “violava i termini di servizio”.

Il canale da allora non esiste più.

Si parla di perquisizioni che avrebbero evidenziato un progetto terroristico: una tanica di benzina in un garage e un recipiente di acido in vendita nei supermercati, si attendono ulteriori sviluppi sul numero di bottiglie di vetro custodite in cantina per confezionare molotov.

Ma non corrisponde  assolutamente al vero che quel canale Telegram fosse pilota delle proteste di piazza (anche perché abbandonato e chiuso definitivamente prima) ed è falso che gli altri canali o i gruppi ne abbiano lamentato la chiusura.

Anzi, al contrario.

La maggior parte degli utenti erano infastiditi dal continuo spam dell’invito ad iscriversi al canale, con messaggi copia incolla privi di contenuto.

Rispetto a quanto riporta il Corriere, (seguito dal resto del mainstream) si era diffusa, negli altri canali (che sono ormai centinaia) e nei gruppi, la sensazione condivisa che in quel canale vi fossero infiltrati, per cui si invitava a non cadere nella trappola delle provocazioni atte a criminalizzare l’opposizione al Governo e l’espressione del dissenso: in pochissimo tempo, infatti, da 40.000 iscritti, il canale perdette quasi la metà di followers, e fu oscurato con 28.295 iscritti.

Domenica, si legge sui social e nelle chat, si è verificata una novità nei sistemi di controllo e repressione.

Durante la manifestazione di sole donne, arrivate da tutta Italia, indetta dal gruppo “Venere Vincerà” promosso dalla vice questore Schilirò, sospesa per aver parlato dal palco ad una manifestazione statica a Roma, è stato impedito di fare dirette dai cellulari.

È stato attivato per la prima volta un sistema jammer. Il Jammer impedisce la connessione.

Questi sistemi sono utilizzati principalmente in luoghi dove l’uso dei cellulari o di comandi a distanza su frequenza possono rappresentare un immediato pericolo. Le leggi italiane e di molti paesi europei ne consentono l’uso solo alle forze di polizia o esclusivamente per scopi militari.

Agata Iacono
16 Novembre 2021

E poi vennero a prendere a Telegram – DALL’ITALIA – L’Antidiplomatico (lantidiplomatico.it)

 

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