Comunicato “Insorgiamo” con i lavoratori GKN

La continuità di Insorgiamo, l’allargamento della convergenza: una responsabilità collettiva

1. L’abbiamo fatto il 18 settembre, l’abbiamo rifatto il 26 marzo. Il 18 settembre poteva essere un caso. C’era la spinta emotiva dei licenziamenti in tronco e una enorme attenzione mediatica. Il 26 marzo invece è una conferma, totalmente autonoma dall’urgenza emotiva e dalla spinta mediatica.
E’ stato costruito da tutte e tutti noi, assemblea dopo assemblea, volantino dopo volantino. Ed è stato costruito in profonda convergenza con il 25 marzo, con lo sciopero globale per il clima, tanto da fondersi in una unica data: non permetteremo mai più che le tematiche sociali ed ambientali vengano messe in contrapposizione. Nè che esista contrapposizione tra tutte le tematiche presenti in quella piazza. “Per questo, per altro, per tutto” è per quanto ci riguarda un punto di non ritorno.

2. Quindi, l’abbiamo fatto, l’abbiamo rifatto, lo possiamo rifare. E decideremo insieme se e quando. Il “tenetevi liberi” lanciato dal Collettivo di Fabbrica e dal gruppo di supporto “Insorgiamo con i lavoratori Gkn” è oggi in grado di richiamare un ampio spettro di forze a convergere e insorgere. La credibilità di questo “tenetevi liberi” oggi viene messo a disposizione di tutte e tutti. E proprio per questo, preservarne la credibilità, l’autorevolezza, la freschezza, la radicalità e coltivarne la continuità e l’allargamento ricade ora su sulla volontà e sull’attivismo collettivo. Ancora una volta il processo continuerà come forma di responsabilizzazione collettiva o non continuerà affatto.

3. Con questo spirito lanciamo un momento di “restituzione assembleare” nazionale di tutte le posizioni che hanno dato vita al 25-26. E un momento che sia soprattutto sul “come continuare”. Tenetevi libere e liberi per un’assemblea nazionale il 15 maggio. Siamo consapevoli di quanto questo passaggio sia il minimo dovuto alla piazza del 26. Siamo anche consapevoli dei rischi e dei pericoli che porta con sé. Ma proprio perché lo riteniamo necessario, viviamo questa ennesima sfida con profonda serenità.

4. Ancora oggi c’è chi tenta di contrapporre il lato “interno”-“sindacale” della vertenza Gkn allo sviluppo “esterno”-“politico” dell’ “Insorgiamo”. Questa contrapposizione, così come quella tra lavoro e ambiente, non esiste. La vertenza Gkn vincerà come esperimento collettivo, come primo grosso caso di vittoria contro un fondo finanziario/multinazionale/grossa azienda o non vincerà affatto. La forza della Gkn sta anche e soprattutto nell’ “Insorgiamo”. Ma “Insorgiamo” ora è chiamato a non basarsi fondamentalmente sulla forza della Gkn come punto di concentrazione della convergenza. Il gruppo di supporto “Insorgiamo”, cosí come tutta la forza e l’intelligenza collettiva che hanno riempito piazza Santa Croce, non possono sperare di vivere per sempre della sola forza Gkn. Lo ripetiamo, la continuazione del 25-26 marzo sarà un atto di responsabilizzazione collettiva o non sarà affatto. La convergenza sarà pratica diffusa e continua o non sarà affatto.

5. La lotta contro la guerra diventa un punto dirimente della nostra azione nel prossimo futuro perché determina e aggrava tutte le questioni al centro del 25-26 marzo. Così come il tema dell’inflazione e del carovita domina sempre di più prepotentemente la vita di milioni di persone. E questi due temi hanno assunto un carattere di prevalenza nel dibattito pubblico. E dovranno necessariamente attraversare le date del 25 aprile e del primo maggio o svilupparsi in campagne specifiche. Tuttavia dovremo continuarli ad affrontare in modo “radicale”, andando alla radice dei processi che causano guerra e inflazione, collegandoli al resto delle mobilitazioni in campo. Come già detto, il 25-26 ha segnato un punto di non ritorno sul metodo: per quanto nella mobilitazione, a seconda del luogo, dello spazio e del soggetto , ci sarà di volta in volta un “questo”, un prevalente, un punto che acquisisce una maggiore urgenza e importanza, noi continueremo a mobilitarci “per questo, per altro, per tutto”.

6. E del resto ce lo chiariscono loro stessi. Quando Draghi ci chiede di scegliere tra la “pace o il condizionatore” esprime una affermazione di un cinismo programmatico e sistemico impressionante. Chiarisce come questa sia un’economia di guerra. E per questo noi dichiariamo guerra a questa economia. Chiarisce come il sistema sia in grado di tenerti continuamente in bilico sul ricatto, tra diritti e salario, tra morire di fame o di inquinamento, tra un presunto benessere e la guerra per difenderlo. Ci sono non una ma un milione di ragioni per cui quella affermazione è violenta, falsa e sbagliata. Per ragioni di spazio, in un breve comunicato, non le elencheremo. Ma una cosa si può dire: noi siamo esattamente l’opposto di quella affermazione.
Siamo un mondo nuovo in cammino dove non è che non esiste risposta alla domanda di Draghi.Non esiste proprio la domanda stessa.

7. Contemporaneamente quanto accaduto nella sede nazionale della Usb, conferma quanto detto già alla fine del corteo del 26. La guerra accelera fenomeni repressivi e di restrizione del dibattito democratico. Lo spiraglio che abbiamo aperto deve anche per questo continuare ad allargarsi. Perché fuori da quella convergenza siamo tutte e tutti più fragili, attaccabili, isolabili.

8. E usiamo volutamente il termine “spiraglio”. Per quanto partecipato e di ampia convergenza, il nostro è ancora solo uno spiraglio nella società. Siamo la conferma che “qualcosa sta accadendo” ma contemporaneamente che questo “qualcosa” è lontano ancora da una dimensione in grado di abbracciare l’intero paese. La convergenza e l’insorgenza vanno curate, accudite, approfondite ma anche allargate.

9. Tutto ciò che è cambiamento reale si scontra con ciò che è conservazione. E non ci riferiamo solo agli inquietanti meccanismi repressivi, agli sgomberi, ai licenziamenti. Alla repressione si alterneranno altri metodi per minare la nostra convergenza. Proveranno a etichettarla, a confonderla, a dividerla, ad attribuirle ricadute politiciste. Noi invece, lo ripetiamo ostinatamente, siamo semplicemente un mondo nuovo in cammino che rifiuta anche solo di lasciarsi catalogare nello scenario politico-istituzionale ufficiale attuale.

10. Ma la conservazione è anche tra noi. Narcisismi, frantumazioni, inutili personalismi incrostano le possibilità di mantenere e allargare la convergenza. Non fraintendeteci: nessuno nega le legittime differenze, opinioni, punti di vista. Anzi, pochi come noi sono partiti prima di tutto dall’assunto che esiste una eterogeneità ricca e feconda da far convergere. Siamo operai, ma non siamo operaisti. Siamo plebe, ma non sprovveduti plebei. Non abbiamo detto a nessuno di non portare le proprie bandiere e i propri simboli. Non abbiamo contrapposto organizzazioni politiche e partitiche a movimenti sociali o a organizzazioni sindacali. Queste logiche non ci appartengono. Abbiamo detto, al contrario, a tutti di portare le proprie bandiere con orgoglio. Ma al contempo di farlo con coerenza e responsabilità. Con la responsabilità di chi sa che, richiuso questo spiraglio di convergenza, ci vorrà molto altro tempo e sforzo per riaprirlo.

Ci siamo regalati un futuro non scritto. Ed ora siamo messe tutte e tutti a verifica sulla capacità di scriverlo. Certo, le circostanze non sono favorevoli (e quando mai). Ci vorrebbero tante cose, bisognerebbe fare tutto prima, ora. Bisognerebbe essere più forti, organizzate/i, consapevoli. Bisognerebbe, è vero. Ma prima di tutto bisogna quello che è. Bisogna il presente.

#insorgiamo #stopwar #peoplenotprofit

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