Da quando la Russia è entrata nel conflitto ucraino si sono registrate brusche impennate nei prezzi di diversi prodotti. In alcuni casi, come per gli idrocarburi o per i cereali, ciò parrebbe dovuto ad una contrazione dell’offerta: quando a domanda costante si riduce l’offerta, il prezzo cresce.
Questa legge di mercato troverebbe applicazione specifica nell’interruzione delle forniture alla UE di gas e petrolio proveniente dalla Russia e dai cereali bloccati in Ucraina a causa dei combattimenti. Tuttavia questi prodotti di norma nel commercio internazionale si comprano e si vendono con largo anticipo rispetto a quando verranno poi fruiti da parte dei cittadini, talvolta anche più di un anno prima. Quindi, eventuali aumenti del prezzo d’acquisto internazionale dovrebbero trasferirsi sui prezzi al consumo dopo diversi mesi. Invece, abbiamo assistito ad un aumento immediato dei prezzi di diversi prodotti di uso quotidiano. Ciò si spiega in maniera molto semplice: speculazione.
Nel “libero mercato” l’operatore economico cerca di massimizzare i profitti alzando i prezzi di vendita fin dove troverà persone disposte a sborsare certe cifre, cioè la speculazione è consentita. Tuttavia nel “libero mercato” la speculazione viene vietata quando gli operatori economici si accordano per concordare dei prezzi: cioè per far si che il prezzo non sia formato dall’incontro di “domanda e offerta” ma da una intesa tra alcune parti.
Questa fattispecie, che può dirsi “cartello” (cioè un’alleanza segreta o meno, fatta per alterare i prezzi dei prodotti) è vietata nel nostro ordinamento, pertanto è previsto un apposito organismo che deve vigilare su queste evenienze. Che ci si trovi di fronte ad una intesa collusiva emerge in virtù del fatto che l’aumento dei prezzi di vendita dei prodotti è stato immediato e identico per diversi venditori. Pertanto sarebbe dovuto intervenire chi di dovere, in primis l’Antitrust, un organismo preposto esclusivamente a ciò.
A fronte di un mancato intervento da parte delle autorità competenti nella tutela della concorrenza, il Governo si è attivato per contenere i prezzi di beni e servizi che i cittadini devono pagare, finendo però per alimentare la collusione speculativa. Il Governo se non avesse fatto nulla sarebbe stato un male minore.
Il Governo ha messo in campo una politica di “buoni” con cui lo Stato copre una parte del prezzo di acquisto di beni e servizi che i consumatori faticano a pagare.
La politica dei buoni però funziona bene in condizioni di “libero mercato”, mentre quando c’è un “cartello” si corre il rischio di alimentare ulteriormente la speculazione.
Con il “buono” il consumatore è in grado di acquistare un prodotto ad un prezzo superiore, quindi lo speculatore sarà portato ad alzare ulteriormente il prezzo di vendita per aumentare i profitti. Cioè, con i soldi dello Stato (che arrivano dalla “fiscalità generale”, che in larga parte è fatta dalle tasse dei cittadini) si ingrassano gli sciacalli che approfittano della guerra per sbranarsi gli averi della gente. In questo modo gli speculatori tolgono due volte i soldi di tasca alle persone, la prima con il prezzo più alto e la seconda con i fondi pubblici che riescono ad incassare.
Il Governo puntando su una politica dei buoni sta favorendo la speculazione sottraendo risorse alla società, dovrebbe invece attivare l’antitrust per stroncare accordi collusivi che affamano il popolo.
Alberto Fazolo
27/05/2022
Buoni a nulla – Cambio Globale – L’Antidiplomatico (lantidiplomatico.it)