Fulvio Grimaldi: “A Melonsky un po’ di sabbia africana e niente seta cinese”

Fulvio Grimaldi – 28/07/2023

MONDOCANE: A Melonsky un po’ di sabbia africana e niente seta cinese — IL DIRE DI WASHINGTON E IL FARE DI S.PIETROBURGO. (fulviogrimaldi.blogspot.com)

 

IL DIRE DI WASHINGTON E IL FARE DI S.PIETROBURGO

VISIONE TV “Dietro il Sipario”, con Enzo Pennetta, Fulvio Grimaldi  Mark Bernardini. Conduce Francesco Toscano

Nelle ore in cui lo Stato celebra i suoi attentati del 1993 a Milano e Roma, nei giorni in cui Melonsky va a baciare la pantofola di Bidensky per la periodica, ormai quasi secolare, dichiarazione di obbedienza e sottomissione alla criminalità organizzata imperiale, in questo “Dietro il Sipario”, con Francesco, Enzo e Bernardini da Mosca, ci proviamo a capire come stanno, come vanno e come sono andate le cose.

E’ anche il giorno in cui Mattarella offre il suo contributo nucleare all’operazione PAURA DA CLIMA, e alla obliterazione di qualsiasi inchiesta dei rappresentanti eletti del popolo sulle macchie nere che più fanno paura a lui e ai suoi: quelle di Manuela Orlandi (cioè di Woytila santo) e del Covid (cioè sui masskiller Big e Little Pharma e relativi valletti). Roba da far venire giù il Palazzo, anzi, i due Palazzi. La morte fulminea “per errore” di Purgatori, la calunnia pedofila e le gomme squarciate alla famiglia Orlandi ammoniscono.

Sono anche i giorni in cui Putin, a dispetto di sanzionatori e rancorosi detrattori, riesce a raccogliere attorno alla Russia una cinquantina di governi africani, compresi 17 capi di Stato o di governo, per vedere come la Russia possa contribuire a salvaguardare il continente pluriabusato dall’Occidente colonialista, dal virulento revanscismo dei colonialisti nel ruolo di predatori e stimolatori di sradicamenti e dispersioni umane definite migrazioni. Metti questi violatori del diktat imperiale accanto ai BRICS in fase di superfetazione e misura chi sta meglio tra Mosca, Washington e Bruxelles.

E a questo proposito, è anche il giorno successivo alla quasi completa liberazione del Sahel, ex-franco-schiavizzato. Liberazione nello sventolio di bandiere russe sulla rivolta popolare in Niger, interpretata, come nelle precedenti liberazioni di Mali e Burkina Faso, dalle forze armate del paese, spesso unica struttura nazionale  in grado di esprimere la volontà collettiva (anche in America Latina, a dispetto della “Scuola delle Americhe” riservata dagli USA ai suoi caudilli e gorilla). Qui è toccato a tale Mohamed Bazoum, uno degli ultimi lacchè di Parigi installati da quelle parti a copertura della rapina a mano armata (che si pretende contro figuranti jihadisti) delle risorse di quei paesi, in primis uranio, il metallo del futuro

Cacciata dei francesi (con annesso corpetto di pace di 1.500 italiani) da quasi tutto il Sahel, all’insegna di un modello Algeria e di un ricordo Libia e di un conforto Egitto. Restano in bilico Ciad e Repubblica Centroafricana, ma dura minga. E trovando che dove non c’è presenza coloniale europea c’è il vuoto, ecco che Bidensky e Melonsky, si sono impegnati, oltre a continuare a svenarsi, fino a totale dissanguamento, per il vampiro Zelensky, a occuparsi di Africa.

Rinnegata da Melonsky, ancor prima che Bidensky sollevasse il dito (anche quello malfermo) ammonitore, l’insolenza di quegli smanierati di 5Stelle che, nel 2019, avevano pensato di far approfittare l’Italia della prosperosa benevolenza affaristica della Cina, il nano e la ballerina hanno concordato di sventare la minaccia russo-cinese sull’Africa. E se fa la brava, Giorgia può provare a rimediare qualche benefit in Africa, dove però butta male, visto che, cacciati i francesi, le carte le danno Russia e Cina.

Non c’è il Fronte Sud della Nato da rinforzare, ora che Macron se la deve dare a gambe? E chi meglio che il dirimpettaio mediterraneo crosettista dell’Africa, memore dell’epopea dei marescialli Balbo e Graziani in Libia e subito dimentico della porta sbattuta in faccia al FMI e al messaggero dei suoi ricatti, Melonsky, dall’ottimo presidente di Tunisia Kaim Saied.

Morale della favola 1: che peccato che neanche lì, come in Egitto e Algeria, ci siano più i Fratelli Musulmani.

Morale della favola 2: Tra il dire di Washington e il fare di S. Pietroburgo c’è di mezzo il mare (che da mo’ non è più quello di “Britannia rules the waves…”)

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