Chris Hedges: Anche se è un genocidio, non verrà fermato

Rassegna del 01/02/2024

 

Chris Hedges: Anche se è un genocidio, non verrà fermato

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Anche se è un genocidio, non verrà fermato

di Chris Hedges – chrishedges.substack.com

La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia è stata una vittoria legale per il Sudafrica e i palestinesi, ma non fermerà il massacro

La Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) si è rifiutata di soddisfare la cruciale richiesta avanzata dai giuristi sudafricani: “Lo Stato di Israele dovrà sospendere immediatamente le sue operazioni militari a Gaza e contro Gaza”. Ma, allo stesso tempo, ha inferto un colpo devastante al mito fondamentale di Israele. Israele, che si dipinge come eternamente perseguitato, è stato accusato in modo credibile di aver commesso un genocidio contro i palestinesi di Gaza. I palestinesi sono le vittime, non gli autori, del “crimine dei crimini“. Un popolo, un tempo bisognoso di protezione dal genocidio, ora lo starebbe commettendo. La sentenza della Corte mette in discussione la stessa ragion d’essere dello “Stato ebraico” e sfida l’impunità di cui Israele ha goduto fin dalla sua fondazione, 75 anni fa.

La Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato a Israele di adottare sei misure provvisorie per prevenire atti di genocidio, misure che saranno molto difficili, se non impossibili, da realizzare se Israele continuerà a bombardare a tappeto Gaza e a colpire indiscriminatamente le infrastrutture vitali.

La Corte ha chiesto a Israele di “prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio”. Ha chiesto a Israele di “adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria urgentemente necessari”. Ha ordinato a Israele di proteggere i civili palestinesi. Ha chiesto a Israele di proteggere le circa 50.000 donne che partoriscono a Gaza. Ha ordinato a Israele di prendere “misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti che rientrano nell’ambito dell’articolo II e dell’articolo III della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio contro i membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza”.

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Stefano Levi Della Torre: La memoria della Shoah: due posizioni in conflitto

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La memoria della Shoà: due posizioni in conflitto

di Stefano Levi Della Torre

MAJIDBITACC 13 BN 1536x1095.jpgQuesta è una tragica lezione della storia: i discendenti di un popolo perseguitato per secoli dall’Occidente, cristiano e poi razzista, possono diventare al tempo stesso i persecutori e il bastione avanzato dell’Occidente nel mondo arabo.

Edgar Morin, La resistenza dello spirito, La Stampa, 24 gennaio 2024

 

“Le vittime che si fanno carnefici”? Fino a ieri, ho sempre obiettato a questa formula accusatoria, per l’incommensurabile sproporzione tra gli atti subiti dagli ebrei come vittime fino alla Shoah, e gli atti compiuti da ebrei come persecutori o carnefici. Ma ora questi due termini, vittime e carnefici, si confrontano in modo ravvicinato: il 7 ottobre 2023 ebrei, e Israele nel suo insieme, sono stati vittime della terribile aggressione, strage, stupro, rapimento di massa di Jihad e Hamas, ma in sequenza immediata degli ebrei e Israele, perché vittime, sono diventati carnefici, e da settimane stanno devastando e facendo strage indiscriminata nella Striscia di Gaza, con 25000 morti finora, e un numero imprecisato di feriti e mutilati. Il fatto che le vittime si siano fatti carnefici è evidente. È contestabile?

Sullo sfondo di questa parabola compiuta, che le parole di Edgar Morin descrivono in breve, si svolge la Giornata della Memoria del 2024.

 

1. Sulla memoria della Shoah, si sono contrapposte in questi anni due tesi. Secondo la prima, la Shoah è paradigma di ogni strage programmata e genocidio in quanto riassume tutte le modalità che in altre persecuzioni compaiono in parte, e la memoria della Shoah vale non solo per se stessa, ma anche a focalizzare l’attenzione su ogni altra “crudeltà di massa” del passato e del presente al fine di mobilitare le coscienze e l’azione perché fatti simili non si ripetano né per gli Ebrei né per altri.

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Linda Dalmonte: Perché “La Storia” di Elsa Morante non piacque troppo a sinistra

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Perché “La Storia” di Elsa Morante non piacque troppo a sinistra

di Linda Dalmonte

oisfnnLa pubblicazione della Storia di Elsa Morante fu uno di quei casi grandiosi in cui la storia che voleva rappresentarsi da fuori, finì involontariamente per cogliere sé stessa “dal di dentro”. Tutto il dibattito critico che ne seguì, elogi e accuse da più fronti, sono in un certo senso immanenti all’opera: non si può parlare della Storia di Elsa Morante prescindendo dal dibattito letterario che infervorò nell’estate del 1974 (anzi, proprio la congiuntura storica in cui – inconsapevolmente – si inserisce, e che dal romanzo è inseparabile, fa da cartina da tornasole per comprendere il senso storico di quegli anni).

Sulla sinossi non ci soffermiamo: La Storia racconta la vita della maestra “mezza ebrea” Ida Ramundo, e di suo figlio Useppe, nato da uno stupro nel 1941; e ne segue le avversità, gli incontri, i momenti di indigenza, nel corso della seconda guerra mondiale, fino al noto epilogo (qui per i dettagli: https://it.wikipedia.org/wiki/La_storia_(romanzo)).

 

Il successo di massa

Effettivamente, si trattava di un romanzo che non soltanto usciva nel periodo migliore per le vendite, alle soglie dell’estate e del tempo libero che si profilavano nel giugno del ’74. Di più: fu proprio Morante a fare pressioni perché venisse stampato direttamente in edizione economica, col prezzo modicissimo di 2.000 lire (nonostante il rincaro della carta e i forti contraccolpi della crisi del ’73); insieme alla trovata di apporre alla copertina un sottotitolo “audace”, che non poteva che rinvigorire le opinioni di chi ne vedeva un mero battage pubblicitario: «Uno scandalo che dura diecimila anni». La prima tiratura, di centomila copie, si esaurì in brevissimo tempo; spesso accompagnata da uno slogan predisposto da Einaudi: «Un grande romanzo, una lettura per tutti».

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Piccole Note: La Corte dell’Aia si pronuncia su Gaza. Un compromesso alto

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La Corte dell’Aia si pronuncia su Gaza. Un compromesso alto

di Piccole Note

Israele ha tempo un mese per dimostrare alla Corte il rispetto della Convenzione sul genocidio

Il mondo in questi giorni era sospeso alla decisione della Corte dell’Aia, chiamata dal Sudafrica a pronunciarsi sulla guerra di Gaza per decidere se si tratta di un vero e proprio genocidio.

Anzitutto, la Corte di Giustizia Internazionale doveva decidere se il caso ricadeva sotto la sua giurisdizione e se l’istanza del Sudafrica potesse essere recepita. In una prima valutazione, a quanto pare non definitiva, tali questioni preliminari sono state risolte in senso positivo.

In secondo luogo, ha ammesso che le sollecitazioni dell’istanza dovevano avere risposta immediata, ammettendo quindi che almeno alcune delle denunce avevano un fondamento. Da qui la richiesta vincolante da parte della Corte a Israele di dimostrare che le dichiarazioni pubbliche riguardanti la guerra, ma soprattutto le sue azioni, militari e di altra natura (ad esempio riguardo gli aiuti), non travalichino i limiti che separano un conflitto militare da un genocidio.

Israele ha tempo un mese per dimostrare alla Corte il rispetto della Convenzione sul genocidio. Di seguito riportiamo, nel dettaglio, il provvedimento della Corte, nel quale, quando si riferisce al “gruppo”, ovviamente intende i palestinesi di Gaza.

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coniarerivolta: Esplodono le disuguaglianze: parola della Banca d’Italia

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Esplodono le disuguaglianze: parola della Banca d’Italia

di coniarerivolta

Nelle scorse settimane è girata su vari quotidiani la notizia che il 5% più ricco delle famiglie detiene il 46% della ricchezza totale in Italia. Per i più avvezzi a questi dati tutto ciò non è certo nulla di nuovo, anzi, come avevamo già fatto notare, la disuguaglianza è una scelta politica che caratterizza fortemente le società capitalistiche in cui viviamo. Non è certo una novità la presenza di disuguaglianze in Italia, un problema completamente ignorato o sistematicamente aggravato dalle politiche classiste del governo e di tutti i governi degli ultimi anni, che al più mettono, nel migliore dei casi, qualche pezza troppo piccola per un buco troppo grande. Ne sono una dimostrazione i dati allarmanti dell’ISTAT che mostrano come il 9,4% della popolazione residente in Italia viva in una condizione di povertà assoluta.[1]Dati che preoccupano considerando che solo quindici anni fa il fenomeno riguardava appena il 3% della popolazione.

La novità qui è un’altra. I dati sulla disuguaglianza riportati dai titoloni dei giornali sono una serie di nuovi dati resi pubblici dalla Banca d’Italia, all’interno di un più ampio progetto europeo.

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Michele Paris: Iraq e Siria, sfratto a Washington?

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Iraq e Siria, sfratto a Washington?

di Michele Paris

Uno degli effetti della guerra di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza è la destabilizzazione dell’equilibrio strategico, già di per sé precario, che in Medio Oriente garantisce la superiorità e l’influenza degli Stati Uniti sulle vicende della regione. Uno dei fronti su cui agisce questo processo, che sta già penalizzando Washington, è quello iracheno-siriano, dove i militari americani sono quasi quotidianamente presi di mira dai bombardamenti delle milizie sciite filo-iraniane che appoggiano la Resistenza palestinese nella striscia.

Con il sostegno incondizionato al genocidio in corso, l’amministrazione Biden sta andando incontro all’inevitabile epilogo dell’impegno militare USA in Siria e in Iraq. La presenza americana, già di per sé illegale quanto meno per il primo di questi due paesi, è infatti oggetto di discussioni interne alla Casa Bianca, come hanno confermato notizie circolate questa settimana anche sui media ufficiali.

Pur non essendoci evidentemente una scadenza precisa, il momento dell’uscita di scena degli Stati Uniti da Siria e Iraq potrebbe essere dunque vicina. La testata americana Foreign Policy ha scritto che il Pentagono starebbe studiando tempi e modalità per il ritiro del proprio contingente militare dalla Siria, stimato attorno alle 900 unità.

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Leonardo Mazzei: Regionalismo: situazione grave, ma non seria

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Regionalismo: situazione grave, ma non seria

di Leonardo Mazzei

Quest’anno Pasqua è “bassa” e il Carnevale incombe. Ma prima del 28 gennaio, domenica di Settuagesima che ne segna l’inizio ufficiale, il Senato della Repubblica ha voluto anticipare le danze. Lo ha fatto con qualche curioso paradosso, come si addice al periodo. Da un lato l’inno di Mameli e le bandiere tricolori ostentate dal fronte anti-sovranista. Dall’altro lato, quello dei grandi “patrioti” meloniani, l’approvazione di una legge che l’Italia la fa a pezzi, con tanto di bandiera di San Marco a sventolare nei banchi della maggioranza, giusto per ribadire il concetto. Mancavano i coriandoli di carta, ma in compenso c’erano quelli di un’Italia che si vorrebbe triturare. Davvero il teatrino della politica non poteva far di meglio!

Cos’è successo di così importante martedì 23 gennaio 2024 (un Martedì Grasso anticipato, si direbbe), da far parlare Luca Zaia di una giornata storica? E’ successo che la Lega ha incassato il primo sì, poi seguirà quello della Camera, all’agognato regionalismo differenziato, definizione politicamente corretta di un regionalismo così incasinato da non avere uguali sull’intero urbe terracqueo.

E’ una cosa grave? Sì. E’ una cosa seria? No.

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Redazione ROARS: Il mito dell’inclusione nella scuola dei test INVALSI

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Il mito dell’inclusione nella scuola dei test INVALSI

di Redazione ROARS

Può esistere l’inclusione in un sistema la cui qualità è regolata dalla standardizzazione dei test INVALSI? Si sta parlando di inclusione, in questi giorni, grazie a un editoriale del professor Ernesto Galli Della Loggia, intitolato “Il mito dell’inclusione nella scuola italiana”: l’idea neanche troppo strisciante che separare i più abili dai meno abili possa in fondo essere una buona soluzione. Un tuffo del passato di oltre 50 anni che si chiama classe differenziale, con studenti divisi in base alle abilità e alle capacità: stranieri con stranieri, eccellenti con eccellenti. Una provocazione che ha suscitato una levata di scudi pronta e diffusa. Noi, però, non ci aggiungeremo all’elenco delle voci critiche. Quello che faremo è suggerire al professor Galli della Loggia di scrivere un editoriale elogiativo sul potenziale uso dei test INVALSI e soprattutto della nuova schedatura dei fragili. In cui potrebbe osservare che, fino a oggi, “nelle aule italiane convive regolarmente, accanto ad allievi certificati normali, una quota non trascurabile di studenti certificati fragili dall’INVALSI”. Centinaia di migliaia di ragazzi che, se anche conseguono il diploma, non raggiungeranno nemmeno lontanamente i livelli di competenza che ci si dovrebbe aspettare dopo tredici anni di scuola. Chiudendo anche questo secondo editoriale con un lapidario: “il risultato lo conosciamo”. Chissà che allora non si cominci a discutere seriamente di valutazione standardizzata e di schedatura algoritmica di massa.

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CityStrike: Le guerre di religione non esistono

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Le guerre di religione non esistono

di CityStrike

unnamedndnfhgyehVale la pena di approfondire la tendenza, abbastanza diffusa, che porta a considerare la guerra tra Israele e Palestina come un conflitto religioso. Conflitto da cui i comunisti dovrebbero tenersi fuori dal momento che, per chi guarda alla realtà attraverso la prospettiva del materialismo dialettico, la religione va considerata come l’oppio dei popoli.

Per approfondire la questione è necessario fissare due punti:

cosa intendiamo, riferendoci a Marx, per religione;

cosa intendiamo con l’espressione “guerre di religione” (espressione che abbonda non soltanto nei resoconti dei media ma anche sui libri di storia nell’analisi dei conflitti e delle guerre).

 

L’oppio dei popoli

Questa definizione si accompagna sempre alla locuzione “come ha detto Marx la religione è…”. Ma se vogliamo veramente entrare nel senso di questa celebre espressione, dobbiamo sottrarci a qualsiasi semplificazione da social network: Marx non poteva certo accompagnare questa frase all’immagine di qualche pittoresca sfilata di santi, icone o flagellanti – come fosse autoevidente nel suo significato. Per coglierne il senso originario nella sua complessità vale quindi la pena di riportarla per esteso, nel suo contesto discorsivo:

«Il fondamento della critica irreligiosa è: l’uomo fa la religione, e non la religione l’uomo. Infatti, la religione è coscienza di sé e il sentimento di sé dell’uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l’uomo non è un’entità astratta posta fuori dal mondo.

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Alastair Crooke: La sfuggente politica di Netanyahu non è uno stratagemma, ma un ritorno alla vecchia strategia sionista

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La sfuggente politica di Netanyahu non è uno stratagemma, ma un ritorno alla vecchia strategia sionista

di Alastair Crooke – strategic-culture.su

GEcMsTpXwAAyQ98 930x520 1.jpgUna volta, il defunto Ariel Sharon, leader militare e politico israeliano di lungo corso, aveva confidato al suo caro amico Uri Dan che “gli Arabi non avevano mai veramente accettato la presenza di Israele… e quindi una soluzione a due Stati non era possibile – e nemmeno auspicabile“.

Nelle menti di questi due – così come della maggior parte degli israeliani di oggi – c’era il “nodo gordiano” che caratterizza l’essenza del Sionismo: come mantenere diritti differenziati su un territorio fisico che include una vasta popolazione palestinese.

I leader israeliani ritenevano che, con l’approccio non convenzionale di Sharon basato sull’”ambiguità spaziale“, Israele fosse sul punto di trovare una soluzione all’enigma della gestione dei diritti differenziati in uno Stato a maggioranza sionista ma con al suo interno minoranze consistenti. Molti israeliani ritenevano (fino a poco tempo fa) che i palestinesi fossero stati relegati con successo in uno spazio politico e fisico delimitato – e che fossero addirittura “scomparsi” da ogni parvenza di significato – solo che Hamas, il 7 ottobre, ha fatto saltare in aria tutto questo elaborato paradigma.

Questo evento ha innescato un diffuso ed esistenziale timore che il progetto sionista possa implodere, se le sue particolari fondamenta sioniste dovessero essere messe in dubbio da un’ampia resistenza pronta a entrare in guerra per risolvere la questione.

Un recente articolo del giornalista statunitense Steve Inskeep – Israel’s Lack of Strategy is the Strategy – mette a fuoco un apparente paradosso: mentre Netanyahu è molto chiaro su ciò che non vuole, allo stesso tempo rimane ostinatamente opaco su ciò che vuole come futuro per i palestinesi che vivono in un territorio condiviso.

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Davide Carrozza: Lo strano caso del caso Moro – Parte Seconda

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Lo strano caso del caso Moro – Parte Seconda

di Davide Carrozza

whatsapp image 2024 01 26 at 08.45.03.jpegLo scorso 13 Gennaio un mio articolo sulla puntata di Report dedicata al così detto caso Moro, è stato ripreso e pubblicato da Sinistra in Rete (LINK), una sorta di archivio molto popolare di articoli e documenti per la discussione politica. Come era lecito aspettarsi, numerosi commenti all’articolo hanno ripreso molte delle teorie complottiste che aleggiano da decenni sul caso Moro (su questa definizione torneremo), con lo scopo di screditare le tesi da me sostenute. Anziché rispondere ai singoli commenti preferisco affrontare le questioni poste con un altro articolo, approfittando delle sollecitazioni per scrivere anche di altre questioni rimaste ancora insolute, sulla puntata di Report e su tutta la vicenda.

Malgrado sia difficile negare la preparazione e l’erudizione dei miei detrattori, appare evidente che la letteratura saggistica di cui si sono nutriti sia interamente di natura dietrologica e che mai si siano imbattuti in altro tipo di volume sul tema. A loro parziale difesa c’è da dire che tale letteratura, che nei decenni è divenuta un vero e proprio genere, è purtroppo molto vasta e si è riprodotta in serie grazie all’incredibile successo editoriale, trovando terreno altrettanto fertile in ricostruzioni cinematografiche fantasiose, documentari, programmi televisivi, fino a coinvolgere l’insospettabile Sen. Pellegrino, presidente della Commissione Stragi, convinto durante un’audizione che davvero si verificò l’irruzione nel paesino di Gradoli, frutto invece della suggestione cinematografica del film “Il caso Moro “di Giuseppe Ferrara dell’86. Tuttavia, non c’è bisogno di essere un esperto del tema per capire che ciò che risponde alle esigenze di natura economica, spesso non coincide con i tempi lunghi e farraginosi della ricerca storiografica fine a se stessa, spesso fiaccata dall’assenza di fondi e addirittura a volte perseguitata, come dimostra il caso di Persichetti (LINK).

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Elena Basile: Il coraggio del Sud Africa e le menzogne dell’Occidente

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Il coraggio del Sud Africa e le menzogne dell’Occidente

di Elena Basile

Una delle poche buone notizie che abbiamo avuto in questi mesi di oscurantismo politico ed etico è costituita dall’azione intrapresa dal Sudafrica per rianimare una istituzione dell’Onu, la Corte Internazionale di Giustizia, affinché giudici indipendenti valutino l’azione criminale del governo di Netanyahu a Gaza e denuncino, se del caso, l’intento genocida. Il Sudafrica è consapevole che l’eroica storia di liberazione dal regime di apartheid è stata possibile grazie alla solidarietà internazionale. Combattere l’apartheid in ogni sua forma è nei cromosomi del popolo sudafricano. Capetown non dimentica l’appoggio dato da Tel Aviv al regime sudafricano con cui ha condiviso la tecnologia, anche nucleare.

Abbiamo ascoltato le arringhe degli avvocati sudafricani con l’incredulità di chi ogni giorno vede il diritto, l’etica e la verità seppelliti dallo spazio politico-mediatico occidentale e ha perso la speranza in una politica in grado di perseguire la composizione degli interessi per il bene comune. Il ministro degli Esteri Tajani, scimmiottando Blinken, si è sostituito ai giudici della Corte, ne ha usurpato titolo e ruolo, per assicurare che Israele è innocente. Ha poi rivolto un appello a Tel Aviv affinché faccia attenzione e non massacri troppi civili. Questo è lo spettacolo surreale a cui abbiamo fatto l’abitudine.

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John J. Mearsheimer: Il giorno della resa dei conti per Israele

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Il giorno della resa dei conti per Israele

di John J. Mearsheimer – mearsheimer.substack.com

La Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha emesso ieri (26 gennaio 2024) la sua ordinanza sul caso del Sudafrica contro Israele relativo a un possibile genocidio a Gaza.

Prevedibilmente, la copertura dell’ordinanza da parte dei media mainstream in Occidente mira a presentare la storia nel modo più favorevole a Israele, cioè minimizzare od omettere quegli elementi della storia che mettono Israele in cattiva luce e sottolineare che la CIG non ha ordinato a Israele di cessare tutte le operazioni militari a Gaza.

Quasi nessuno si aspettava che la Corte Internazionale di Giustizia decretasse che Israele avrebbe dovuto cessare tutte le operazioni militari a Gaza, dal momento che è in guerra con Hamas e la Corte non può ordinare ad Hamas di cessare le sue operazioni militari contro Israele. Tuttavia, la Corte Internazionale di Giustizia ha detto a Israele che deve concentrare la sua offensiva su Hamas e non sulla popolazione civile. Dopo tutto, l’accusa di genocidio riguarda ciò che Israele sta facendo alla popolazione civile di Gaza, non ad Hamas.

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Riccardo Paccosi: “Le sette parti della notte”, Paccosi porta in scena Agamben: “Viviamo una dimensione senza alba”

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“Le sette parti della notte”, Paccosi porta in scena Agamben: “Viviamo una dimensione senza alba”

Giulia Bertotto intervista Riccardo Paccosi

Vi sono sette parti della notte: il vespro, il crepuscolo, il conticinio, l’intempesto, il gallicinio, il mattutino e il diluculo.
Isidoro, Etimologie

Riccardo Paccosi, attore e regista teatrale, ci racconta del suo nuovo spettacolo “Le sette parti della notte”, nel quale si esibisce con un testo del filosofo Giorgio Agamben. Sulla scena un linguaggio poetico-filosofico e la toccante arpa del compositore e musicista Andrea Seki, su un canovaccio dinamico che alterna canzoni, versi poetici e frammenti della storia del rock. Abbiamo intervistato Riccardo Paccosi.

* * * *

Riccardo, come nasce questa ispirazione teatrale?

Questo spettacolo si pone in continuità con il mio percorso artistico degli ultimi anni, a partire cioè dall’emergenza pandemica nella quale mi sono ritrovato in una situazione doppiamente critica: da una parte, come tanti altri colleghi, impossibilitato a svolgere il mio lavoro, con ogni forma di reddito bloccata in quanto lavoratore autonomo, e dall’altra in totale distonia con la narrazione dominante che decantava le virtù di questa nuova normalità nell’isolamento, da reclusi, senza abbracciarsi o danzare più.

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Charles Derber – Suren Moodliar: La Nuova Guerra Fredda e il rischio di annientamento nucleare

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La Nuova Guerra Fredda e il rischio di annientamento nucleare

di Charles Derber – Suren Moodliar*

La crisi dei missili cubani del 1963 è impressa nella memoria di chiunque abbia vissuto abbastanza a lungo da sperimentare il terrore che ha scatenato. Per la prima volta, i nostri leader avevano ordinato e avevano successo nel creare un sistema militare che poteva distruggerci tutti, senza alcun modo possibile di sopravvivere al conflitto inevitabile.

Le ragioni per la ricerca di armi nucleari sono diverse da quelle descritte pubblicamente e hanno poco a che fare con la dissuasione di attacchi da parte di altri paesi. Invece, il programma nucleare riflette una folle volontà di perseguire il profitto e il potere globali con la forza, anche a rischio dell’estinzione di ogni forma di vita sul pianeta. Questo sistema folle persiste ancora oggi ed è ancor più pericoloso di quanto non lo fosse durante la Guerra Fredda.

Al tempo della crisi dei missili cubani, le armi nucleari rappresentavano una minaccia di estinzione che avrebbe probabilmente distrutto tutta la vita sul pianeta.

Oggi, le prospettive di una guerra nucleare generale sono fuori dai titoli e in gran parte fuori dalla nostra mente, anche con l’escalation pericolosa di questa minaccia focalizzata sull’invasione russa dell’Ucraina nel 2022.

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Stefano Baudino: Corte dell’Aja: prove sufficienti per valutare accusa di genocidio contro Israele

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Corte dell’Aja: prove sufficienti per valutare accusa di genocidio contro Israele

di Stefano Baudino

Esprimendosi con una sentenza provvisoria sull’accusa di genocidio contro Israele per il massacro in atto a Gaza, la Corte internazionale di Giustizia – che ha annunciato l’ammissibilità della causa, intentata dal Sudafrica – ha confermato che esistono “prove sufficienti” per valutare l’accusa di genocidio nei confronti di Tel Aviv. La Corte ha ordinato allo Stato ebraico di adottare tutte le misure in suo potere per “prevenire il genocidio” contro il popolo palestinese, nonché per garantire la conservazione delle prove del presunto genocidio. La giudice Joan Donoghue, che ha letto la pronuncia, ha anche confermato che la sentenza di oggi crea “obblighi legali internazionali per Israele”. Citando una dichiarazione dell’alto funzionario delle Nazioni Unite Martin Griffiths, secondo cui “Gaza è diventata un luogo di morte e disperazione”, la giudice ha affermato che la corte riconosce il diritto dei palestinesi a essere protetti da atti di genocidio e che alcuni atti commessi da Israele nell’enclave “sembrano essere in grado di rientrare nelle disposizioni della convenzione sul genocidio“. Respinta, dunque, la richiesta di archiviare il caso da parte di Israele, che anzi sarà chiamato ad adottare “provvedimenti immediati per consentire aiuti umanitari e beni di prima necessità alla Striscia di Gaza” e a riferire alla Corte entro un mese sulle misure che sta attuando per prevenire atti di genocidio.

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