[SinistraInRete] Carlo Formenti: Il Marx “verde” di Kohei Saito

Rassegna 12/03/2024

 

Carlo Formenti: Il Marx “verde” di Kohei Saito

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Il Marx “verde” di Kohei Saito

di Carlo Formenti

Mi sono già occupato delle tesi del marxista giapponese Kohei Saito nella prima puntata dell’articolo “La cassetta degli attrezzi. Postille a Guerra e rivoluzione”, uscito il 18 gennaio scorso su questo blog (https://socialismodelsecoloxxi.blogspot.com/2024/01/la-cassetta-degli-attrezzi-postille.html). In quell’occasione avevo discusso un suo libro dal titolo Marx in the Anthropocene (Cambridge University Press, 2022). Poco dopo, l’editore Fazi ha dato alle stampe l’edizione italiana di un testo precedente, L’ecosocialismo di Karl Marx (Karl Marx’s Ecosocialism), un saggio che ha avuto uno strepitoso successo in Giappone (mezzo milione di copie!) e che, grazie alle sue tesi provocatorie, presumo ne avrà altrettanto a livello mondiale. Ho quindi ritenuto opportuno dedicargli questo secondo intervento nel quale, da un lato, ribadisco le perplessità formulate nel primo, dall’altro tento di approfondire alcuni dei temi affrontati da Saito che mi sono parsi tutt’altro che privi di interesse.

Saito mette le mani avanti, riconoscendo che, se ci si limita a considerare la produzione marxiana “canonica”, sembrano più che fondate le critiche rivoltagli sia dagli ecologisti che da coloro che lo accusano di eurocentrismo (1): il filosofo di Treviri, il che vale a maggior ragione per Engels, aveva ancora, infatti, una visione unilateralmente ottimistica della funzione storica del capitalismo, al quale riconosceva il merito di avere accelerato, non solo il progresso economico, ma anche quello civile dell’umanità, contribuendo a emanciparla dai vincoli sociali e ideologici che impastoiavano il mondo precapitalista.

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Alessandro Bianchi: Saccheggio dell’Africa: destra e sinistra al servizio della NATO – Michelangelo Severgnini

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Saccheggio dell’Africa: destra e sinistra al servizio della NATO – Michelangelo Severgnini

di Alessandro Bianchi

720x410c5jdbvMentre domenica “Io Capitano” di Garrone si presenterà agli Oscar con un film che non affronta minimamente il colonialismo occidentale dietro la nuova tratta degli schiavi, c’è un altro regista italiano, Michelangelo Severgnini, che da anni è impegnato a combattere la censura e l’ostracismo contro i suoi lavori che hanno il grande torto di farlo, diffondendo la voce diretta del continente africano.

Nel suo ultimo lavoro, “Una storia antidiplomatica”, prodotto da l’AntiDiplomatico, ha formalizzato una costituente sulla migrazione in 8 punti a disposizione del dibattito pubblico.

Per “Egemonia” ripercorriamo insieme a lui le varie tappe che hanno portato alla sua realizzazione.

Che cos’è “una storia antidiplomatica”? “E’ tante cose insieme. Innanzi tutto, è un aggiornamento rispetto al film “L’Urlo”, che arriva a narrare le vicende come stavano fino ai primi mesi del 2021. Quel racconto andava aggiornato. Non solo perché nel frattempo si sono verificate alcune vicende storiche, penso alle mancate elezioni in Libia del dicembre 2021, ma anche perché in questi ultimi anni ho raccolto e ricevuto altro materiale dalla Libia e dall’Africa che a sua volta meritava di essere contenuto in un lavoro di questo tipo”.

“Una storia antidiplomatica” è, come correttamente illustrato nella sua recente recensione su l’AD da Giulia Bertotto, un “meta-documentario”, perché si raccontano anche le vicende pubbliche legate alla censura di questi mesi. Una data più di tutte ha segnato la carriera di Severgnini. Era il 25 novembre del 2022 a Napoli e la proiezione del film “l’Urlo” – durante il “Festival dei diritti umani” – viene interrotta in modo coatto da quello che poi il regista definirà “squadrismo buonista” delle Ong.

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Roberto Paura: Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

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Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

di Roberto Paura

Il testo fondamentale di William MacAskill e il pamphlet demolitorio di Irene Doda a confronto

lungotermismo 00 a 1.jpgComprimendo l’intera storia della Terra in un’ora, scopriremmo che i primi mammiferi sono comparsi al minuto 57 e il primo Homo sapiens un centesimo di secondo prima dello scoccare dell’ora. Alvin Toffler, il futurologo dello “choc del futuro”, immaginò di ridurre gli ultimi 50.000 anni di storia umana in ottocento cicli di 62 anni (oggi sarebbero 801), osservando che solo negli ultimi settanta cicli esiste la scrittura, solo negli ultimi 6 la parola stampata, e quasi tutto ciò che utilizziamo oggi è stato prodotto nell’ultimo ciclo (Cfr. Toffler, 1988). Questo modo di ragionare sul “tempo profondo” aiuta a prendere coscienza di quanto passato sia alle nostre spalle. Ma quanto futuro c’è invece davanti a noi? Molto dipende da quanto durerà l’essere umano. William MacAskill, pioniere della filosofia del lungotermismo, prova a fare un calcolo in Che cosa dobbiamo al futuro. Se la nostra specie durasse in media quanto le altre specie di mammiferi, la storia umana potrebbe estendersi per un milione di anni, di cui 300.000 circa passati da quanto è emerso Homo sapiens. Abbiamo quindi almeno settecentomila anni ancora davanti a noi. Ma perché accontentarci? Essendo molto più capaci di qualsiasi altra specie vivente sulla Terra, dovremmo poter sopravvivere ben più a lungo di esse. La Terra resterà abitabile per centinaia di milioni di anni, e se ci diffondessimo nel Sistema Solare avremmo quattro miliardi di anni ancora davanti (tanti quanti ci separano dalla morte del Sole); ma se sciamassimo in tutta la galassia, o in tutto l’universo, potremmo sopravvivere per un milione di migliaia di miliardi di anni. Ma se invece un brutto giorno, come capitò ai dinosauri, un asteroide colpisse la Terra portandoci all’estinzione? Se qualche invenzione tecnologica fuori controllo arrivasse ad annientare l’intera umanità? Non è forse vero che, secondo gli esperti del Bulletin of Atomic Scientists, l’Orologio dell’Apocalisse è più vicino che mai alla mezzanotte?

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Jeffrey Sachs: I perché di questa inutile guerra e come se ne esce

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I perché di questa inutile guerra e come se ne esce

di Jeffrey Sachs

La guerra d’ucraina compie due anni. Due anni di massacri, morti, distruzioni e dissesti economici che avrebbero potuto essere facilmente evitati. La verità è venuta a galla: questa è una guerra causata da un cinico sforzo trentennale degli Stati Uniti per mantenere la Russia debole, anche attraverso l’espansione della Nato in Ucraina. L’Europa, purtroppo, è uno dei due grandi sconfitti della politica statunitense, il più grande dei quali è naturalmente l’ucraina.

Non ci sarebbe stata nessuna guerra se gli Usa non avessero spinto per l’allargamento della Nato negli anni 90, contrariamente alla promessa fatta a Gorbaciov nel 1990: la Nato non si sarebbe mossa “di un pollice verso est”. Non ci sarebbe stata nessuna guerra se gli Usa non avessero allargato la Nato a 10 Paesi tra il 1999 e il 2004: Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia nel 1999; Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovenia e Slovacchia nel 2004. Non ci sarebbe stata nessuna guerra se la Nato non avesse bombardato Belgrado per 78 giorni di fila nel 1999, facendo a pezzi la Serbia. Non ci sarebbe stata nessuna guerra se gli Usa non avessero abbandonato unilateralmente il Trattato sui missili anti-balistici e non avessero iniziato a schierare i missili Aegis vicino alla Russia.

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Pasquale Cicalese: Reflazione salariale e nazionalizzazioni: prendiamo esempio dalla Cina

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Reflazione salariale e nazionalizzazioni: prendiamo esempio dalla Cina

di Pasquale Cicalese

Ho parlato con un mio caro amico economista, forse il migliore di Italia. No extratasse su banche. A partire dalla crisi dei subprime del 2008 e i rendimenti negativi hanno perso molti soldi e la stretta del credito era molto piu’ forte.

La Bce li spinse a pulirsi dei crediti deteriorati, di cui parlo in Piano contro mercato e a fare aumenti di capitale. Molto meglio la nazionalizzazione con il ritorno della Riforma Bancaria del 1936 di Menichini, futuro governatore della Banca d’Italia nel dopoguerra. Per quanto riguarda il capitalismo delle bollette occorre studiare caso per caso perché diversi hanno contratti con il gas americano, visto che i “politici” e l’Ue ci costringono a comprare gas yankee.

Il lato su cui giocare dopo 30 anni è la scala mobile, l’inflazione una volta nella vita deve aumentare tramite reflazione salariale. Anche nel capitalismo delle bollette occorre nazionalizzazioni come fece Fanfani nel 1963 con l’Enel.

Magari iniziando con le municipalizzate privatizzate da centrosinistra e centrodestra. In ultimo è la reflazione salariale, simil cinese, che prende spunto dalla Prima Repubblica, la chiava di volta per arrestare l’immiserimento delle classi medio basse e della stessa classe media.

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Fabrizio Poggi: Il Corriere della Sera e le minacce alla «pace universale»

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Il Corriere della Sera e le minacce alla «pace universale»

di Fabrizio Poggi

L’editoriale del Corriere della Sera del 3 marzo, dal titolo “I pericoli del declino americano” e firmato da Antonio Polito è un inno all’ignoranza (voluta, per carità, sia chiaro). Però elevata a proclama pubblico di genuflessione al colonialismo culturale; laddove la colonia è, come al solito, quella italiana.

D’altronde, il percorso “politico” dell’estensore del servizio riassume – in Wikipedia veritas, qualche volta – lo scompiglio patito da tutta una conventicola di personaggi, diventati “famosi” (“alla maniera di Erostrato”, avrebbe detto il buon Ilic’) passando dal giurare di “Servire il popolo” di brandiraliana memoria, al lagrimare di fronte a un “Servo del popolo” di ispirazione banderogolpista, senza saltare nessuna delle tappe d’obbligo sulla via euroliberale.

«L’impotenza della superpotenza rende il mondo più pericoloso, non più pacifico», assicura l’ex Senatore di PD-Ulivo. Non possiamo non concordare, anche se, con ogni probabilità, per ragioni opposte: il declino dell’imperialismo yankee lo rende davvero più pericoloso, soprattutto per i suoi tentativi via via più affannosi di non perdere la supremazia mondiale.

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Dario Lucisano: L’ONU conferma: a Gaza i bambini iniziano a morire di fame

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L’ONU conferma: a Gaza i bambini iniziano a morire di fame

di Dario Lucisano

Più di 13.000 bambini palestinesi sono morti dall’inizio dell’invasione di Gaza, la maggior parte dei quali come effetto dei bombardamenti aerei, dei colpi di carro armato o di artiglieria e dei fucili dei soldati israeliani. Adesso, i bambini palestinesi muoiono di stenti per la fame e la disidratazione. Il ministero della Salute di Gaza ha dichiarato che 15 bambini sono morti per queste cause soltanto nell’ospedale Kamal Adwan di Beit Lahiya, nel nord di Gaza, e ieri l’ONU ha dato conferma della situazione di assoluta carestia in cui si trovano i bambini palestinesi, attraverso un report in cui sostiene senza mezzi termini che nel nord di Gaza “i bambini stanno morendo di malattie legate alla fame e soffrendo gravi livelli di malnutrizione”. La questione della fame a Gaza è ormai sempre più al centro dell’attenzione, soprattutto dopo l’inizio dell’invio di aiuti via aria portato avanti da numerosi Paesi; questi, tuttavia, si stanno rivelando limitati e insufficienti a svolgere il compito di fornire sostegno umanitario alla popolazione palestinese, sempre più costretta alla fame. L’unica strada, secondo l’ONU, è quella battuta, che tuttavia è direttamente bloccata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che pattugliano il confine.

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Nico Maccentelli: Scambiare lucciole neocapitaliste per lanterne socialiste

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Scambiare lucciole neocapitaliste per lanterne socialiste

Ovvero, il capitalismo con caratteristiche cinesi

di Nico Maccentelli

I0000FvBu0V1mb7A.jpgQueste che seguono non hanno la velleità di costituire un saggio organico sulla Cina, ma semplicemente sono alcune note sparse, riflessioni nella fase in cui siamo giunti di sviluppo economico egemone di questo paese nel mondo e, nel contempo, di conflitto tra potenze capitalistiche, nell’era in cui assistiamo alla brutale e inesorabile decadenza dell’Occidente imperialista a guida USA. La Cina è una questione che dalla sinistra marxista non viene affrontata, a mio parere, con un approccio analitico che non sia di adesione acritica al nuovo papà ritrovato o, al contrario di critica libertaria che spesso si associa alla vulgata democraticista borghese della sinistra liberale. Quello che mi interessa, scevro da approcci dogmatici, è quello di parlare della Cina per comprendere quale socialismo in specifico sia realizzabile nei paesi come il nostro e, in generale, cosa sia oggi il socialismo possibile, a fronte dei fallimenti delle esperienze novecentesche. Senza trionfalismi e con tutto l’interesse dovuto a quelle esperienze che oggi lo proseguono sperimentando nella transizione problematiche nuove (mi riferisco per esempio a Cuba e al bolivarismo, che quivi non tratterò, ma che meritano un’analisi approfondita). L’argomento Cina l’ho già trattato su Carmilla qui, qui e qui, nonché in altri articoli anche del mio blog. Buona lettura.

* * * *

«Una seconda forma di questo socialismo, meno sistematica ma più pratica, ha cercato di distogliere la classe operaia da ogni moto rivoluzionario, dimostrando che ciò che le può giovare non è questo o quel cambiamento politico, ma soltanto un cambiamento delle condizioni materiali di vita, dei rapporti economici.

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Matteo Bortolon: Uniti nel genocidio: guerra, finanza e intelligenza artificiale in Israele

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Uniti nel genocidio: guerra, finanza e intelligenza artificiale in Israele

di Matteo Bortolon

1701431067819 AP.jpg“Niente accade per caso. Quando una bambina di 3 anni viene uccisa in una casa a Gaza, è perché qualcuno nell’esercito ha deciso che non era un grosso problema ucciderla […]. Non siamo Hamas. Questi non sono razzi casuali, tutto è intenzionale. Sappiamo esattamente quanti danni collaterali ci sono in ogni casa”.

Tale agghiacciante testimonianza compare nell’inchiesta di una pubblicazione progressista israeliana costruita con colloqui con sette ex e attuali membri della intelligence israeliana. Quello che è più rilevante non è tanto il fatto che le vittime civili siano perfettamente prevedibili da parte di dell’esercito, ma il come può fare delle stime precise e le modalità con cui determina tali bersagli. E la risposta a entrambe le domande è: l’intelligenza artificiale.

In una inedita congiunzione, l’elemento militare, le aziende high-tech e alcuni enti finanziari speculativi hanno collaborato per raggiungere l’attuale massacro da parte dello Stato ebraico.

È noto come Israele abbia raggiunto una posizione ragguardevole nell’ambito della ricerca tecnologica. La zona chiamata Silicon Wadi, sede delle maggiori aziende del settore, è considerato seconda solo alla sua controparte in California; il paese vede il maggior numero di aziende tecnologiche start-up e di società quotate al NASDAQ (borsa di aziende di profilo tecnologico) al mondo, in proporzione alla sua ridotta popolazione. Dopo un famoso articolo di Wired scoppiò il caso, con la celebrazione del libro del 2009 Start-up Nation: the Story of Israel’s Economic Miracle. In esso i due autori, con una aneddotica esaltatrice di imprenditorialità di successo nel campo della ricerca tecnologica, riconducevano tale sviluppo al servizio militare e all’essere una nazione di immigrati (condizione che stimolerebbe l’inventiva e il rischio).

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Piccole Note: Ucraina, la guerra persa. Senza proiettili e senza uomini

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Ucraina, la guerra persa. Senza proiettili e senza uomini

di Piccole Note

In attesa di una nuova legge sulla coscrizione massiva, a rischio proteste, l’Ucraina ha poche munizioni. Anche a causa delle sanzioni contro la Cina….

La macelleria ucraina prosegue a ritmo continuo, con un incremento negli ultimi giorni perché, perse le roccaforti a difesa di Adviika, le forze ucraine non hanno baluardi dietro cui ripararsi e anche i contrattacchi continui hanno come unico effetto quello di mandare i soldati a morte certa (d’altronde è la specialità del nuovo comandante in capo, Oleksandr Syrsky, che per tale motivo si è attirato dai suoi soldati l’epiteto di “macellaio“).

 

Le sanzioni sul cotone e la nuova legge sulla coscrizione

Quanto all’assenza delle linee di difesa è istruttivo un servizio dalla CNN, che spiega come le autorità avessero promesso e investito soldi per realizzarle, ma non sono mai state fatte. D’altronde, la corruzione è dilagante in Ucraina, come dimostra, solo per fare due esempi, l’incremento dei ricchi e dell’acquisto di auto di lusso (gli aiuti all’Ucraina…). 

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Ralph Nader: Il bilancio reale delle vittime a Gaza è di almeno 200.000 persone

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Il bilancio reale delle vittime a Gaza è di almeno 200.000 persone

di Ralph Nader

Proprio come tutti i mass media, molti governi, persino i media indipendenti e i critici della guerra vorrebbero farci credere che tra il 98% e il 99% dell’intera popolazione di Gaza è sopravvissuta, nonostante i malati, i feriti e altri palestinesi che stanno per morire. Questo è del tutto improbabile!

Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e Hamas — che Netanyahu ha finanziato nel corso degli anni — hanno un interesse comune nel ridurre il numero di morti e feriti. Ma per motivi diversi.

* * * *

Con un’assistenza sanitaria praticamente inesistente, senza farmaci e con malattie infettive che si diffondono soprattutto tra i neonati, i bambini, gli infermi e gli anziani, qualcuno può credere che i decessi abbiano appena superato le 30.000 unità?

Da quando l’incursione di Hamas è penetrata nella sicurezza del confine israeliano a più livelli, il 7 ottobre 2023 (un inspiegabile crollo delle capacità difensive di Israele), 2,3 milioni di Palestinesi completamente indifesi nella piccola enclave affollata di Gaza hanno subito oltre 65.000 bombe e missili, oltre al bombardamento non-stop di carri armati e cecchini.

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Alessandra Ciattini: Perché la guerra tra Nato e Russia in Ucraina continua?

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Perché la guerra tra Nato e Russia in Ucraina continua?

di Alessandra Ciattini

Autorevoli fonti statunitensi ci spiegano perché la guerra in Ucraina, nonostante le gravi perdite, la mancanza di armamenti adeguati, il taglio dei fondi deve a tutti i costi continuare. Un mondo con la Russia vittoriosa è indigesto all’imperialismo americano.

Dopo il fracaso (ossia la disfatta strategica) della controffensiva ucraina d’estate, più volte baldanzosamente annunciata, appariva qualche speranza che la guerra nel cuore dell’Europa volgesse al termine; invece, continua con la sua striscia di sangue e con gli attacchi terroristici ucraini sul territorio russo (v. Belgorod). Dobbiamo chiederci perché e lo faremo utilizzando citazioni da alcune prestigiose fonti statunitensi.

In primo luogo, riferiamo quanto detto dal portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, Matthew Miller, in una conferenza stampa tenutasi lo scorso 20 febbraio. Dopo aver compianto la morte di Alexey Navalny avvenuta per “avvelenamento”, ha affermato a chiare lettere che Washington sta ricavando benefici dal conflitto tra Ucraina e Russia, e per questa ragione sta tentando di convincere il Congresso che l’invio di nuovi aiuti al governo di Zelensky sarebbe in sintonia con gli interessi nazionali degli Usa.

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“Posizioni insostenibili”, i segnali di allarme per gli USA abbondanoAlastair Crooke:

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“Posizioni insostenibili”, i segnali di allarme per gli USA abbondano

di Alastair Crooke – Strategic Culture

“Le elezioni locali di martedì sono state un segnale d’allarme lampeggiante per Israele. I partiti ultra-ortodossi, i gruppi sionisti religiosi e i partiti di estrema destra razzisti – organizzati in poche comunità – hanno ottenuto risultati sproporzionati rispetto alle dimensioni reali dei gruppi che rappresentano. Al contrario, il campo democratico [in gran parte laici liberali ashkenaziti], che per quasi un anno è sceso in piazza ogni settimana per gigantesche manifestazioni a Kaplan Street di Tel Aviv e in decine di località del Paese, non è riuscito nella maggior parte dei casi a tradurre la rabbia in guadagni elettorali nei governi locali.

“Un’altra conclusione da trarre dalle elezioni”, continua l’editoriale di Haaretz, “è la crescente somiglianza tra il partito di governo Likud e il partito di estrema destra Otzma Yehudit (Supremazia ebraica) di Ben Gvir. A Tel Aviv, i due partiti si sono presentati insieme, in una mossa che era inimmaginabile nel Likud pre-Benjamin Netanyahu… Da questo possiamo imparare che il Likud sta cambiando: Meir Kahane [un fondatore della destra radicale ebraica e del partito Kach] ha sconfitto Ze’ev Jabotinsky; la supremazia ebraica e il trasferimento forzato di popolazione hanno sostituito la libertà”.

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Enrico Cattaruzza: Il male nel giardino di Höss. “Zona di interesse” di Jonathan Glazer

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Il male nel giardino di Höss. “Zona di interesse” di Jonathan Glazer

di Enrico Cattaruzza

ZonaInteresse.pngUna domenica come tante, in fila fuori da un cinema – il più giovane in fila, nonostante l’età non più verdissima – aspettando un film di cui nulla so se non il voto altissimo su almeno due siti specializzati, e il seguente commento occhiato in una recensione: “Zona di interesse, il film di Jonathan Glazer tratto da un libro di Martin Amis, parla della banalità del male”, il concetto reso celebre dal titolo di un saggio di Hannah Arendt. Quello che dalla lettura come sempre frettolosa pare interessante è che, rispetto alla cospicua filmografia sul tema, stavolta il punto di vista non sia di una vittima né di un eroe, ma di un nazista, e nemmeno di un roboante Hitler o di un romantico Hess, ma del comandante del campo di Auschwitz, Rudolf Höss. Un tecnico, diciamo, un po’ più in alto di Eichmann, ma siamo lì.

Assidue ed estreme frequentatrici dei cinema della città sono le signore in odore o fresche di pensione, sole, con amiche o accompagnate dai riluttanti mariti, e sono senz’altro anche le più ciarliere: in attesa di comprare i biglietti, giocoforza ne ascolto i commenti mentre escono dalla proiezione precedente, sconsigliando la visione dell’opera di Glazer a noi del turno successivo: “Mai visto un film così brutto”; “Guarda, per una roba del genere non merita andare al cinema”.

Almeno cinque o sei di loro sono concordi nel bocciare senza appello quello che hanno appena visto. Un’ora e tre quarti dopo, non potrei essere più discorde.

Anzi, durante il film già comincio mentalmente a scrivere una recensione senza pericolo di spoiler, perché non c’è assolutamente nulla da spoilerare. Nemmeno è una recensione, questa cosa che mi scappa in diretta come la pipì, ma un semplice commento, una nota a margine: non si può riassumere o compendiare l’opera di Glazer, che è priva peraltro di una trama precisa, e che nemmeno indugia a disegnare personaggi compiuti.

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Enzo Pellegrin: Italia ed Europa verso il suicidio economico: A quando la resistenza?

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Italia ed Europa verso il suicidio economico: A quando la resistenza?

di Enzo Pellegrin

SuicidiQualche tempo fa, dalle pagine del quotidiano Domani, Gianluca Passarelli compiva un’impietosa fotografia della spettrale pace sociale che avvinghiava l’Italia.

I dati economici erano e sono da horror-movie, anche per le categorie sociali che sinora hanno avallato di tutto, sposando l’individualismo e l’ideologia liberale in nome del mito dell’opportunità, gioco che sinora pochissime volte ha valso la candela.

Il dato sistemico più impressionante è il crollo della produzione industriale, dato che più rappresenta lo stato dell’economia e della produzione reale, al netto della speculazione finanziaria e dei profitti speculativi dei rentiers. Ad aprile 2023 il dato precipitava al – 7,2%. Un crollo peggiore lo si era registrato solo nel luglio 2020, in piena pandemia. Del resto, a ottobre 2023, si registrava il nono mese consecutivo di calo della produzione induistriale italiana.

Sempre nell’ottobre del 2023, l’Istat decretava la brusca frenata della crescita del PIL. Se nel 2021 il rimbalzo post-pandemia attestava la crescita intorno all’8,3%, nel 2022, durante il governo Conte, si registrava ancora una crescita del 3,7%. Nel 2023, con la gestione di Draghi e Meloni, la crescita scendeva a un misero 0,7% che verrebbe cautamente confermato anche per il 2024, ma – come vedremo – con mille riserve.

Il dato che attesta come il sistema produttivo italiano abbia ingranato violentemente la retromarcia è quello sugli investimenti: Se nel 2021 e nel 2022 questi erano cresciuti rispettivamente del 20 e del 10 per cento, nel 2023 gli investimenti scendono a un misero + 0,6%, dato anche qui prudentemente solo confermato per il 2024. (1)

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Fosco Giannini: Comunisti: lo spettro della frammentazione continua e l’esigenza dell’unità

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Comunisti: lo spettro della frammentazione continua e l’esigenza dell’unità

di Fosco Giannini*

merthyr tydfil red flag graffiti.jpgDi fronte allo scenario della polverizzazione del movimento comunista in Italia, ridotto a “isole” che non riescono, per mancanza di forze o per disabitudine a relazionarsi al di fuori della propria bolla, a uscire dalla loro “comfort zone”, l’impegno per l’unità è cruciale, e può trovare fondamenta solo nella presenza concreta nei luoghi di conflitto sociale e in una ritrovata compattezza culturale, politica e ideologica, nutrita da una ricerca teorica aperta e antidogmatica. Solo così si possono gettare le basi per la costruzione del tanto mancante partito comunista in Italia.

Uno spettro s’aggira tra il movimento comunista italiano: lo spettro della frammentazione compulsiva, della moltiplicazione parossistica. Sembra che non passi giorno senza che un’impercettibile parte comunista si stacchi da un’altra piccola parte e si organizzi come fronte, associazione, gruppo, sito comunista on-line. Il movimento comunista italiano, in preda a una crisi profonda e che può contare tra i sei e i settemila iscritti complessivi dei tre partiti più conosciuti (Prc, Pc, Pci), sembra poi “soffriggere” nella sua continua riapparizione, seppur molecolare, nelle città e nei paesi e, di questo passo, persino nei condomini. Persino il dissanguamento prolungato, e in corso ormai da tempo, di militanti e dirigenti che ha segnato di sé, estenuandolo, il Pc (di Rizzo, si dice) non ha trovato una strada univoca per “uscire” e riorganizzarsi, ma, a sua volta, si è ripresentato e si va ripresentando in tante forme diverse e autonome l’una dall’altra, in tanti, diversi e, uno dall’altro “indipendenti”, territori. In un quadro complessivo di feudalizzazione totale del movimento comunista italiano.

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