Assange, no estradizione: Alta Corte di Londra accorda un nuovo appello per timori che negli Usa abbia processo ingiusto

Il Fatto Quotidiano.it – 20/05/2024

Assange, no estradizione: Alta Corte di Londra accorda un nuovo appello. “Non sono infondati i timori che negli Usa abbia processo ingiusto” – Il Fatto Quotidiano

 

Si è fermata la macchina dell’estradizione negli Stati Uniti per Julian Assange. L’Alta Corte di Londra ha accordato al fondatore di Wikileaks la possibilità di presentare un nuovo ricorso dinanzi alla giustizia britannica, riconoscendo come non infondate le argomentazioni della difesa sul timore di un processo non giusto oltreoceano, dove rischia una condanna a 175 anni di carcere per aver diffuso documenti riservati del Pentagono e del Dipartimento di Stato contenenti rivelazioni imbarazzanti, inclusi crimini di guerra commessi fra Afghanistan e Iraq. Assange, che ha trascorso gli ultimi 5 anni nel penitenziario di massima sicurezza di Belmarsh, nella capitale britannica, non era presente in aula “per motivi di salute”, come ha spiegato il capo del collegio dei difensori, Edward Fitzgerald. Alla notizia, la folla che si era radunata all’esterno del tribunale per manifestare la sua contrarietà all’estradizione è scoppiata in urla di gioia.

I due giudici, dopo che il 26 marzo si era aperto uno spiraglio per la battaglia di libertà del giornalista australiano con il rovesciamento del no opposto in prima istanza all’ammissibilità di un estremo appello da parte della difesa, dovevano stabilire se la Corte si ritenesse soddisfatta o meno delle assicurazioni vincolanti preventive fornite da Washington sul fatto che l’attivista non sarà condannato a morte negli Usa e potrà invocare la tutela sulla libertà di espressione sancita dal Primo emendamento della Costituzione americana.

Quest’ultimo rappresenta un nodo nella vicenda giudiziaria, in quanto i sostenitori di Assange, temendo un ingiusto processo, non si sentono affatto tutelati in merito. Durante l’udienza Fitzgerald ha sostenuto che sotto questo punto di vista gli Stati Uniti hanno fornito garanzie “palesemente inadeguate“, in particolar modo perché i pubblici ministeri non sono riusciti a garantire che Assange possa godere della protezione per la stampa prevista dalla Carta costituzionale di Washington. Fitzgerald ha concluso la sua arringa bollando quelle americane come “non rassicurazioni” e ribadendo di considerare tuttora presente il rischio di un ingiusto processo per il quasi 53enne fondatore di WikiLeaks negli Usa, e di un trattamento “discriminatorio“, oltre che ai timori per la sua stessa vita date le precarie condizioni di salute psico-fisica correlate agli oltre 5 anni di detenzione dura a Belmarsh.

Anche il presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, è tornato a invocare la libertà per Assange. “Avrebbe dovuto vincere il premio Pulitzer per aver rivelato i segreti dei potenti, invece è stato imprigionato per 5 anni in Inghilterra”, ha scritto Lula sui social. “Condannato al silenzio di tutta la stampa che dovrebbe difendere la sua libertà come parte della lotta per la libertà di espressione. Spero che la persecuzione contro Assange finisca e che ritorni al più presto possibile alla libertà che merita”, ha aggiunto.

La scorsa settimana un gruppo di parlamentari avevano chiesto l’apertura di un’inchiesta sul ruolo avuto nella vicenda dal Crown Prosecution Service (Cps), la pubblica autorità che persegue i casi penali in Inghilterra e nel Galles (qui la versione in inglese dell’articolo di Stefania Maurizi).

 

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