[SinistraInRete] Pasquale Liguori: La crisi dell’imperialismo Usa, dall’interno e dall’esterno

Rassegna 20/05/2024

 

Pasquale Liguori: La crisi dell’imperialismo Usa, dall’interno e dall’esterno

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La crisi dell’imperialismo Usa, dall’interno e dall’esterno

di Pasquale Liguori

Crisi dell’imperialismo Usa. Israele avamposto imperialismo. Cina, Russia, Iran, Asse della resistenza: multipolarismo delle formazioni sociopolitiche versus Impero. Intervista a Matteo Omar Capasso

A più di sette mesi di distanza dal 7 ottobre di Al-Aqsa Flood, continua lo sforzo titanico di media mainstream per una spiegazione mite, edulcorata degli immani crimini compiuti e ancora in corso a Gaza. Non sembrano sufficienti le quarantamila vittime palestinesi e la totale devastazione urbana nella Striscia a scuotere la coscienza dei produttori di informazione al soldo dell’atlantismo.

Segnali più autentici di rifiuto e contrasto a quest’ordine di cose provengono dall’imponente movimento degli accampamenti universitari che si oppone a programmi collaborativi con Israele, esprimendo sostegno all’indomita resistenza palestinese.

Una delle sfide comunicazionali più rilevanti da quel sabato mattina di ottobre è stata una normale opera di contestualizzazione storica e politica di quegli atti resistenti. Contro di essa si è attivato infatti l’ampio uso di una narrativa che di colpo cancellava un secolo di occupazione, crimini, reati, apartheid operati da Israele. Ancor più sfocata è apparsa la collocazione delle crisi contemporanee all’interno del quadro geopolitico con il protagonismo degli interessi imperialisti degli Stati Uniti d’America per un mondo unipolare sottoposto al loro dominio.

Ritornano perciò utili, profetiche, le parole che vent’anni fa pronunciava il politologo ed economista Samir Amin “Il progetto di dominio degli Stati Uniti – con l’estensione delle dottrine Monroe all’intero pianeta – è sproporzionato. Questo progetto che, sin dal crollo dell’Urss nel 1991, individuo come Impero del caos si scontrerà fatalmente con l’insorgere di una crescente resistenza delle nazioni del vecchio mondo indisponibili a essere assoggettate. Gli Stati Uniti dovranno allora comportarsi come un “Stato canaglia” per eccellenza, sostituendo il diritto internazionale con il ricorso alla guerra permanente (a partire dal Medio Oriente, ma puntando oltre, alla Russia e all’Asia), scivolando sulla china fascista”.

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Andrea Muni: Tre “malintesi” su guerra civile ucraina e conflitto russo-ucraino

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Tre “malintesi” su guerra civile ucraina e conflitto russo-ucraino

di Andrea Muni

Prosegue con questo nuovo trittico l’approfondimento su guerra civile ucraina e conflitto russo-ucraino, iniziato in due puntate uscite tra ottobre e novembre 2022 (qui la prima parte e qui la seconda) [Ndr]

thumbnail PHOTO 2024 03 28 10 45 45 1536x864.jpgUna premessa

Due date. Oltre dieci anni fa (20 febbraio 2014) iniziava la guerra civile “aperta” in Ucraina, esplosa in seguito al golpe/rivolta di Maidan, la rimozione del presidente oligarca filo-russo Janukovich e la presa del potere centrale da parte dell’oligarchia filo-occidentale. Da quella data, le due principali fazioni del Paese e le rispettive oligarchie – filo-occidentale e filo-russa – non hanno mai cessato di affrontarsi in armi nella parte più orientale del Paese (Dontetsk e Luhansk), ovvero la parte di Ucraina da subito rimasta (insieme alla Crimea) in mano agli autonomisti/separatisti. In questo scenario, ancora aperto, oltre due anni fa (24 febbraio 2022) iniziava l’invasione russa dell’Ucraina in supporto dei cittadini ucraini autonomisti/separatisti. I morti civili di questi due anni di guerra sono, secondo l’Onu, più di diecimila. Numeri spaventosi eppure ancora lontani, per fortuna, da quelli del genocidio di Gaza (36.000 morti in otto mesi), che in parte si spiegano con la scelta dei russi di non assediare in modo frontale le grandi città russofone di Kharkov e di Odessa.

Alle vittime del conflitto russo-ucraino e della guerra civile vanno ad aggiungersi i milioni di vite spezzate di profughi, feriti, traumatizzati, reduci, molti dei quali – come le vittime stesse – sono anche cittadini ucraini russi (etnia), russofoni (lingua) e/o filo-russi (orientamento geopolitico); persone uccise, ferite e/o costrette a emigrare anche dai nazionalisti ucraini e dagli armamenti Nato, con cui vengono bombardati non solo i civili delle città filorusse di Donetsk e Luhansk, ma anche le città russe di confine (solo a Belgorod nell’ultima settimana sono stati quasi trenta i civili uccisi dalle bombe Nato e ucraine).

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Alberto Bradanini: L’affaire Crypto AG e l'”etica” dei nostri alleati

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L’affaire Crypto AG e l'”etica” dei nostri alleati

di Alberto Bradanini

720x410c50lkibn.jpg1. Di tutta evidenza i tanti segreti di stato che hanno agitato la gioventù e l’età adulta di intere generazioni sono tali solo per il popolo deliberatamente oscurato. Davanti a vicende come quella che segue, le rare riflessioni mediatiche – che incidentalmente emerse sono state subito archiviate dall’azione di sorveglianza di chi ha sempre saputo e taciuto – hanno al più suscitato qualche pubblica ansia passeggera, mai comunque nella psiche di coloro che svolgono occulti ed esecrabili professioni.

Il grande filosofo tedesco F. Hegel affermava che le cose note, proprio perché note, non sono conosciute, di certo non abbastanza. È questo il caso di una vicenda di spionaggio che sembra tratta da un libro di Le Carré. Seppur a suo tempo sviscerata dalla stampa internazionale (poco comunque da quella nazionale), essa merita tuttavia di essere rievocata, affinché non si perda coscienza che molte cose restano occulte nelle tragedie che abbiamo davanti e che la qualità politica ed etica dei nostri cosiddetti amici è quanto mai scarsa.

 

2. L’11 febbraio 2020, per ragioni tuttora ignote, il giornalista del Washington Post[1] (WP) Greg Miller informa i lettori che per mezzo secolo un elevato numero di paesi al mondo ha affidato la tutela delle informazioni sensibili (quelle che si scambiano al loro interno governi, organismi di sicurezza, militari e diplomatici) a macchinari prodotti da un’unica azienda, la “svizzera” Crypto AG. Una notizia priva di rilevanza se non fosse che quella società, nata in Svizzera, poi divenuta una Joint Venture Usa-Germania Cia[2]-Nsa[3]/Bnd[4]), è servita per fabbricare macchine che consentivano di decifrare le comunicazioni classificate dei paesi acquirenti.

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Marinella Correggia: Il botta e risposta fra Usa e team politico di Saif Gheddafi all’ONU

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Il botta e risposta fra Usa e team politico di Saif Gheddafi all’ONU

di Marinella Correggia

Un recentissimo botta e risposta fra i rappresentanti degli Stati uniti presso il Consiglio di sicurezza dell’Onu e il team politico di Saif al-Islam Gheddafi (figlio del leader libico assassinato il 20 ottobre 2011 ed eterno candidato a elezioni presidenziali eternamente rinviate), ruota intorno al ruolo della Corte penale internazionale (in inglese International Criminal Court – Icc), che formalmente si occupa di Libia dal 2011.

Ma facciamo un passo indietro di oltre tredici anni; quando tutto comincia.

Il 26 febbraio 2011, a pochi giorni dallo scoppio delle rivolte nella Jamahiriya araba libica, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, senza darsi la pena di verificare in loco alcunché, condanna nella sua risoluzione 1970 (https://documents.un.org/doc/undoc/gen/n11/245/58/pdf/n1124558.pdf?token=MzBr2saIKI5SZafa1A&fe=true) la “violenza diffusa e sistematica contro i civili e la “grave violazione dei diritti umani”, con la “repressione di manifestanti pacifici”, la “morte di civili” e l’”incitamento alla violenza contro i civili fatto dalle autorità libiche ai massimi livelli”. Decide una lunga sfilza di sanzioni, congelamento dei beni e divieto di espatrio ma anche di deferire la situazione alla Corte penale internazionale.

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Il Chimico Scettico: 2020, Covid, USA ed Europa: le due vie, il vaccino AZ

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2020, Covid, USA ed Europa: le due vie, il vaccino AZ

di Il Chimico Scettico

Quello che è successo tra 2020 e 2022 ormai è storia. In una nazione che la sua storia prova a cancellarla, dimenticarla e riscriverla a ogni festa comandata non stupisce che, per l’ennesima volta, sull’onda dei titoli di giornale, si provi a raccontare la stessa versione dei fatti che si raccontava durante quel periodo, il periodo dell’emergenza, Ma sono racconti che hanno labili appigli con la realtà documentata dei fatti.

Chiaramente io non sono uno storico. So che qualcuno sta lavorando a una storia della pandemia in Italia e spero prima o poi di poter leggere il suo lavoro. Nel frattempo credo sia bene fornire un paio di contributi documentali, per ricordare quello che davvero successe.

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Mark Bernardini: “Una serie di falsità dalla stampa occidentale sul nuovo governo in Russia”

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“Una serie di falsità dalla stampa occidentale sul nuovo governo in Russia”

Clara Statello intervista Mark Bernardini

 

La sostituzione di Sergey Šojgu con l’economista Andrej Belousov al vertice del ministero della Difesa della Federazione Russa ha scatenato le più differenti interpretazioni della stampa ed esperti occidentali, tra chi ha parlato di “purghe” e chi addirittura di “terremoto al Cremlino”.

Ma è davvero così? Non la pensa in questo modo il politologo Mark Bernardini, interprete ed esperto di Russia che da Mosca riesce a osservare le mosse del Cremlino e i cambiamenti politici, non solo da più vicino, ma anche da un punto di vista decisamente diverso da quello occidentale. A lui abbiamo chiesto una chiave di lettura per comprendere qual è la vera portata e cosa aspettarci da questa sostituzione nell’esecutivo e dalla nuova squadra del presidente.

* * * *

Il nuovo esecutivo è segnato da un elemento di discontinuità impresso dal presidente Putin con la sostituzione ai vertici del ministero della Difesa. E’ stata una sorpresa per te la sostituzione di Šojgu con Belousov?

Parlare di sorpresa forse è esagerato. Diciamo che lo ritenevo poco probabile.

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Giuseppe Sapienza: Il pastore e il gregge

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Il pastore e il gregge

di Giuseppe Sapienza

Gli uomini tendono a essere gregge per natura, e ogni uomo desidera essere una pecora sotto un pastore. Essi seguono l’autorità (Milgram 1974), si comportano in conformità (Asch 1956) e sono inclini all’obbedienza. Possono facilmente cadere vittima della razionalità burocratica, della lealtà, dell’identità e del patriottismo. In breve, la natura vuole che l’uomo sia una pecora, e l’uomo si inebria nel far parte del gregge. Ma per ogni uomo che anela al gregge c’è un pastore che lo guida e sa come usare un cane e un bastone.

Se ti viene posta una domanda e sei certo della risposta, ma tutti intorno a te danno una risposta diversa, ti conformerai alla loro risposta o ti attaccherai alla tua idea?

Ti attaccherai alla tua idea? Allora non rappresenti la maggioranza.

Gli esperimenti sulla conformità di Solomon Asch, condotti negli anni ’50, hanno indagato fino a che punto gli individui si conformano alle norme e alle opinioni di gruppo, anche quando queste sono chiaramente errate.

Asch ha scoperto che il 75% dei partecipanti si conformava ai giudizi errati del gruppo almeno in una prova, anche quando la risposta corretta era chiara e inequivocabile.

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Armando Ermini: Fra natura e cultura, conservazione e cambiamento. Una riflessione sulla tecnica e i suoi possibili esiti

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Fra natura e cultura, conservazione e cambiamento. Una riflessione sulla tecnica e i suoi possibili esiti

di Armando Ermini

438171786 745760501046207 1865951663505210919 n.jpgRitengo che la relazione introduttiva di Fabrizio Marchi al Convegno per il decennale de L’Interferenza https://www.linterferenza.info/editoriali/di-bolina-contro-un-vento-gelido-e-sferzante/ meriti qualche riflessione suppletiva nell’ambito di un suo sostanziale e forte apprezzamento.

Per prima cosa credo sia giusto sottolineare questo passaggio su cui concordo in pieno.

Che l’attuale capitalismo sia “patriarcale” è una sciocchezza enorme, sia perché il concetto di “patriarcato” è stato ed è travisato totalmente nel suo significato autentico (non essendoci qui tempo e spazio per argomentare mi limito a rimandare chi fosse interessato al numero 587 di www.ilcovile.it), sia perché è ormai del tutto evidente che gli antichi “privilegi” maschili (uso le virgolette sia perché quelle vecchie prerogative erano bilanciate da un gran numero di obblighi personali e sociali, sia perché quei “privilegi” non riguardavano in nessun modo gli uomini delle classi basse, operai, contadini, piccoli commercianti ecc., ossia la stragrande maggioranza della popolazione).

Detto questo, credo sia importante soffermarsi sulla questione della Tecnica e della scienza, e della loro supposta neutralità, da cui discenderebbe la conseguenza che la partita si gioca tutta sul loro uso giusto o sbagliato, cioè indirizzato o meno verso il bene della collettività.

Circa la scienza, premessa la mia incompetenza, mi limito a osservare, a) che le verità scientifiche non possono essere considerate universalmente valide, ma occorre sempre delimitarne il campo di applicazione. Così è, per esempio, per la fisica newtoniana. b) che, quando una ricerca è finanziata da un ente privato (ad esempio una casa farmaceutica), gli interessi e gli scopi del finanziatore hanno un ruolo molto importante, tale che quella ricerca non può essere considerata “neutra” e fatta solo per amore di conoscenza.

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Raúl Zibechi: Una luce di speranza

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Una luce di speranza

di Raúl Zibechi

La grande rivolta giovanile nelle università degli Stati Uniti non smette di crescere e mostra una meraviglia di organizzazione e l’incredibile diversità di coloro che vogliono fermare il genocidio a Gaza, arrivando a contagiare anche l’Europa. Le kefiah fanno parte ormai dello scenario urbano su treni, metropolitane e strade delle grandi città. “Non possiamo sapere se la repressione e il bombardamento mediatico faranno retrocedere il movimento – scrive in un reportage di grandissimo interesse Raúl Zibechi da Philadelphia e Los Angeles – Il percorso di queste settimane e già abbastanza trascendente, una luce di speranza per le persone coinvolte…”

439908262 10160451506479563 4724248442020391952 n.jpgBrecha (settimanale uruguayano per il quale hanno scritto, tra gli altri, Eduardo Galeano e Mario Benedetti, ndr) ha girato gli accampamenti nelle università della Pennsylvania e di Los Angeles, mentre migliaia di studenti in tutti gli Stati Uniti manifestavano contro l’aggressione di Israele a Gaza, chiedendo di porre fine agli affari redditizi tra le istituzioni educative e il regime di apartheid di quel paese. In pieno anno elettorale, la protesta preoccupa il governo e le élite statunitensi.

Il 17 aprile gli studenti della prestigiosa Università Columbia di New York hanno iniziato a piantare tende nel campus in solidarietà con Gaza. La polizia ha provato a sgomberare ma hanno resistito. La repressione ha indignato studenti e insegnanti e ha attirato un gran numero di persone all’accampamento. Una settimana dopo, quando centinaia di studenti si sono riuniti in uno spazio centrale dell’accogliente campus dell’Università della Pennsylvania, a Philadelphia, c’erano già più di sessanta accampamenti in tanti altri edifici accademici.

Quest’esplosione di attivismo ha mostrato l’incredibile diversità di coloro che vogliono fermare il genocidio a Gaza. A Philadelphia i più attivi sono stati i giovani bianchi, spesso circondati da afroamericani; tanti anche i migranti latini che mostravano whipalas e bandiere messicane, un gruppo di mussulmani pregavano inginocchiati indossando abiti tradizionali, c’erano moltissime giovani donne e persone queer e trans. Alcuni professori si sono avvicinati con cartelli scritti a mano, manifestando il loro appoggio agli studenti, continuamente minacciati di rappresaglia. Un piccolo gruppo di ragazze ebree si è unito, con il prezioso e audace appoggio degli ebrei antisionisti alla ribellione causata da una guerra che sentono profondamente ingiusta, che non li rappresenta ed è una macchia indelebile nella storia dell’ebraismo.

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Leonardo Mazzei: Il momento decisivo

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Il momento decisivo

di Leonardo Mazzei

IMG 20240305 WA0003.jpgDomande (e tentativi di risposta) sugli sviluppi della guerra

Quali saranno gli sviluppi della guerra? Quali in Ucraina, quali in Medio Oriente? Queste ci paiono le domande fondamentali dell’oggi.

Mentre le mortifere società occidentali sonnecchiano, nubi di tempesta s’addensano all’orizzonte. Gli ottimisti pensano che tutto finirà con un temporale, i pessimisti con il diluvio universale. I primi giustificano la loro inerzia con il mantra del “non può succedere”, i secondi con l’argomento dell’impotenza. Entrambi hanno torto, dato che la prospettiva di una Terza Guerra Mondiale pienamente dispiegata è lì a un passo, ma non è ancora inevitabile certezza.

Il torto degli ottimisti risiede nell’errore di una semplicistica equazione: poiché una guerra mondiale porterebbe all’uso illimitato dell’atomica, dunque al reciproco annientamento, nessuno sarà così folle da innescare la propria autodistruzione. Si tratta della riproposizione della teoria della mutua distruzione assicurata (Mutual Assured Destruction, da cui l’acronimo inglese MAD, cioè “pazzo”), in voga durante la Guerra Fredda.

Il torto dei pessimisti è invece quello di non vedere gli elementi di contraddizione presenti nel blocco della guerra, quello che al Cremlino chiamano “Occidente collettivo”. Questo blocco, che ha avviato il conflitto con l’espansione a est della Nato, ha un centro (gli Usa), una potente e ramificata struttura militare (l’Alleanza atlantica, appunto) nonché una fondamentale costola politica nel Vecchio continente (l’Ue). Ma proprio questa sua ampia articolazione conduce a diverse problematicità, alcune delle quali verranno presto al pettine. Ed è su queste che chi si oppone alla guerra dovrà lavorare.

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Federico Rucco: L’ultima trincea filo-sionista: “attenti agli infiltrati nelle proteste”

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L’ultima trincea filo-sionista: “attenti agli infiltrati nelle proteste”

di Federico Rucco

C’è una linea comune che affratella tutti i governi dell’Occidente neoliberista, in piena guerra con il resto del mondo: qualsiasi protesta al proprio interno va presentata come “opera di infiltrati”.

Del resto, se “noi” – occidentali, quasi tutti bianchi (Vannacci style…), culturalmente e geneticamente “superiori” a ogni altra etnia, ecc. – viviamo in un “giardino” che deve costruire solidi muri per non esser travolto dai coloured della “giungla” là fuori, perché mai qualcuno dovrebbe mai protestare in buona fede?

Stiamo tutti nel regno di bengodi, no? Salari altissimi, pensioni che consentono mille vizi, una sanità che cura tutti gratis, scuola gratuita e università con ricche borse di studio…

Dunque che vogliono mai questi studenti che in tutto il mondo, e scandalosamente anche qui nel “libero Occidente”, si indignano per le “un piccolo massacro” in quel di Gaza?

Com’è possibile che ragazzi di buona famiglia – andare all’università è diventato un lusso anche per la fascia alta del ceto medio, ormai – non si crogiolino nel loro quarto d’ora di giovinezza aurea accettando la fetenzia del mondo per quello che è?

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Luciano Bertolotto: Sacralità della morte

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Sacralità della morte

di  Luciano Bertolotto

Gli uccisi. Puntuali, come la Giorgia, all’ora di cena, in TV. Tra una pubblicità e l’altra (lo spettacolo costa…) osserviamo la rappresentazione atavica del sacrificio. Con immolati in guerre, stenti, epidemie, droga, depressioni… Metaforico altare che, però, ha, la concretezza del divenire storico. Le vittime (per altro, il più delle volte involontarie) vengono fatte uscire dal profano ed entrano nella dimensione del sacro. Paradossalmente si dà significato alla vita che non c’è più.

La trascendenza nobilita lo squallore della realtà oggettiva. Irrazionalità di una religione che neppure necessita di un dio.

Pura mistificazione? Non lo so. Forse siamo condannati a cercare, nel fluire dell’esistenza, un orizzonte di senso. Per questo l’uomo ha scoperto (o, inventato?) la sacralità. Estendendola, anche, oltre la morte. Attribuendo significato agli ordinari momenti di una vita normale.

Del resto ciò che esiste da millenni ha ragione di essere. O di essere stato. Spiegazione che va cercata nell’evoluzione. Ipotizzo: forse il concetto del sacro è riuscito a conciliare l’istintualità individuale con la necessaria socialità.

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Piergiorgio e Francesco Ardeni e Sylos Labini: L’economia è reale: così vince la Cina

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L’economia è reale: così vince la Cina

di Piergiorgio e Francesco Ardeni e Sylos Labini

IL DOPPIO ERRORE DELL’EUROPA: Affidarsi al credo neo-liberista con l’idea che le avrebbe assicurato primato e benessere duraturi, e rinunciare al ruolo di ponte tra l’alleato Usa e il mondo emergente

Nel loro recente viaggio a Pechino, tanto il premier tedesco Scholz quanto la segretaria al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen hanno rimproverato Xi Jinping perché la Cina avrebbe sovra-investito in alcuni settori, come i veicoli elettrici, i pannelli solari e le batterie, ben oltre le possibilità di assorbimento del suo mercato interno, per poter così inondare i mercati globali con beni più competitivi. Entrambi hanno affermato che non accetteranno che le loro industrie vengano messe all’angolo solo perché i prodotti cinesi possono godere di più bassi costi di produzione.

Secondo i cinesi, tali affermazioni sono prive di fondamento, aggiungendo che l’ascesa della Cina in questi settori è stata guidata, tra l’altro, dall’innovazione e da catene di forniture che hanno reso il sistema di produzione cinese più competitivo. La guerra commerciale tra i Paesi occidentali e la Cina sembra diventare ogni giorno più “calda”, ponendo le basi per un confronto militare, in linea col noto detto di Von Clausewitz secondo cui la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi.

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Paolo Persichetti: Report e la Repubblica fondata sul complotto

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Report e la Repubblica fondata sul complotto

di Paolo Persichetti

 

Dopo la fine del secondo conflitto mondiale l’Italia subì delle modificazioni rapide e profonde, da paese rurale si trasformò nel giro di pochi anni in una moderna società industriale. Crebbero i comparti della meccanica, del tessile e della chimica oltre all’edilizia, nacquero i primi assi autostradali e il panorama dei centri urbani mutò drasticamente. Si svilupparono le periferie sotto la spinta di flussi migratori continui provenienti del meridione. Diminuirono le partenze oltreoceano per dirigersi verso il Nord, prima la Svizzera, la Francia, il Belgio, la Germania, in cambio del carbone l’Italia cedeva minatori. Poi solo verso il settentrione, sorsero così le baraccopoli e il problema abitativo divenne uno dei primi temi di conflitto, che rimarrà cronico, oltre quelli legati al nuovo mondo del lavoro, la fabbrica dove i giovani meridionali sradicati dal loro mondo contadino incontravano la disciplina taylorista delle linee di produzione, i ritmi incalzanti, il frastuono, la nocività, un comando di fabbrica oppressivo e asfissiante.

 

Sviluppo e conflitto

Il boom demografico, la prospettiva di una società non più in guerra, l’avvento dei media di massa, radio e televisione, favoriscono nuovi fenomeni sociali e culturali: nasce il “mondo giovanile” anche sotto l’influenza della società americana.

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