Rassegna 26/05/2024
Carlo Formenti: La guerra infinita dell’occidente al tramonto
La guerra infinita dell’occidente al tramonto
di Carlo Formenti
Qualche settimana fa ho commentato su queste pagine il numero 3 della rivista Limes (“Mal d’America”), dedicato alla crisi egemonica degli Stati Uniti. L’appena uscito numero 4, dal titolo “Fine della guerra” (dove la parola fine va letta sia come il fine – lo scopo – che come la fine), che affronta nuovamente il tema da un altro punto di vista, mi è parso ancora più interessante, per cui credo sia giusto dedicargli un ulteriore riflessione.
Come nel numero precedente, il punto di vista della rivista, pur critico nei confronti della (assenza di) strategia che caratterizza il modo in cui Stati Uniti ed Europa affrontano la duplice sfida di Russia e Cina, non è anti-occidentale. Si tratta piuttosto del tentativo di iniettare nel bagaglio ideale del blocco atlantico una robusta dose di realismo. Nel numero 3 si citavano come campioni di tale approccio personaggi quali George Kennan ed Henry Kissinger, due “monumenti” di un pensiero conservatore che mira al contenimento del nemico senza innescare una catastrofica Terza Guerra Mondiale. Nel numero 4 l’approccio viene riproposto, ma l’obiettivo di “moderare” il conflitto senza rinunciare ai propri obiettivi è qui associato, più che all’esempio di singole figure storiche, al paradigma di una disciplina, la geopolitica, che “educa al limite, frena le pulsioni più sconsiderate dei contendenti mentre li include nella stessa equazione in ossequio al principio di realtà” (la citazione è tratta dall’editoriale, cui mi riferirò qui in prevalenza, introducendo spunti da altri articoli che ne condividono lo spirito, mentre ignorerò quelli che esibiscono toni affini al mood propagandistico della stampa mainstream).
Parto da una affermazione cruciale contenuta nell’editoriale: oggi la guerra non può più essere razionalizzata dal paradigma di Clausewitz, che la definiva come la continuazione della politica con altri mezzi. Il modello non funziona più perché la guerra “si è emancipata dalla politica”.
Il Pungolo Rosso: Israele: dalla rissa tra gli assassini in capo saltano fuori due parole inattese: abisso, disfatta…
Israele: dalla rissa tra gli assassini in capo saltano fuori due parole inattese: abisso, disfatta…
di Il Pungolo Rosso
Nel contesto di un movimento internazionale di solidarietà con la resistenza palestinese e di condanna senza appello di Israele per il genocidio in atto che non accenna a esaurirsi, le crescenti difficoltà che l’esercito israeliano incontra sul territorio palestinese di Gaza, tanto a Sud quanto a Nord, stanno facendo esplodere i contrasti all’interno della cupola sionista apparsa finora piuttosto coesa.
Per primo è uscito allo scoperto il ministro della guerra Gallant, a nome – così pare – dei comandi militari al completo e, forse, di un settore dell’amministrazione statunitense. In genere, si sa, nelle situazioni di guerra i leader politici sono più oltranzisti degli stessi capi militari: vuoi per inesperienza, vuoi perché inseguono una vittoria sul campo a tutti i costi per glorificare sé stessi o, più spesso, per evitare di venire travolti e fatti fuori dalla sconfitta, anche parziale. Netanyahu non fa eccezione, avendo fissato per l’attuale operazione-genocidio il più oltranzista degli obiettivi: l’espulsione da Gaza dei suoi due milioni di palestinesi e il definitivo controllo israeliano su Gaza, insomma la “soluzione finale” della questione palestinese. Data l’enorme disparità di mezzi militari tra apparati sionisti e guerriglia palestinese, la banda Netanyahu immaginava di compiere a Gaza qualcosa di simile a una passeggiata, da concludere in poche settimane con il gran finale del ritorno a casa di tutti gli “ostaggi” del 7 ottobre liberati manu militari dall’“invincibile” esercito. Le cose stanno andando in modo assai lontano dalle previsioni, se appena quattro giorni fa il comando delle Brigate Al-Qassam poteva dichiarare, con il suo portavoce Abu Obaida, quanto segue:
*I nostri combattenti sono riusciti a prendere di mira 100 veicoli militari sul fronte di battaglia di Gaza in 10 giorni.
Rhoda Wilson: Conferenza stampa sul Trattato pandemico dell’OMS dell’Aligned Council of Australia
Conferenza stampa sul Trattato pandemico dell’OMS dell’Aligned Council of Australia
di Rhoda Wilson*
La settimana scorsa, l’Aligned Council of Australia ha tenuto una conferenza stampa internazionale per discutere gli strumenti pandemici proposti dall’Organizzazione mondiale della sanità che dovrebbero essere votati alla 77a Assemblea mondiale della sanità che si terrà alla fine di questo mese.
Quattro relatori hanno informato la stampa e il pubblico: il dottor David Bell, il professor Ramesh Thakur, il professor Augusto Zimmerman e il professor Ian Brighthope.
Il professor Thakur ha due principali preoccupazioni riguardo ai piani pandemici dell’OMS: rappresentano una grande presa di potere e la sovranità nazionale è a rischio.
Il dottor Bell ha affermato che i due documenti sulla pandemia proposti dall’OMS sono chiaramente non pronti e inadatti allo scopo. Un approccio razionale suggerisce che i Paesi non adottino nessuno dei due e spingano per un rinvio.
* * * *
L’Aligned Council of Australia (“ACA”) è un gruppo “in crescita” di oltre 37 organizzazioni australiane con oltre un milione di membri. È cominciata nel febbraio 2024 in seguito al gran numero di gruppi che si sono riuniti per chiedere un’analisi completa e responsabilità per una risposta sanitaria pubblica dal 2020 tramite una Commissione Reale sul Covid-19.
La conferenza stampa è stata strutturata in un formato di domande e risposte in cui il moderatore ha posto domande a ciascuno dei relatori seguite da domande da parte della stampa e del pubblico.
Katie Ashby-Coppens, moderatrice e membro del comitato direttivo dell’ACA, ha aperto la conferenza stampa con un aggiornamento sullo stato dei negoziati sui testi delle proposte di emendamento al Regolamento sanitario internazionale e al Trattato sulla pandemia, e sul recente accordo statunitense e sulle reazioni del governo britannico a essi.
Alessandra Ciattini: Toccherà agli europei fare la guerra alla Russia mentre la Nato rimarrà a guardare?
Toccherà agli europei fare la guerra alla Russia mentre la Nato rimarrà a guardare?
di Alessandra Ciattini
Autorevoli esperti statunitensi scrivono che gli Usa scaricheranno il peso della guerra in Ucraina all’Europa. Allora cosa succederà? Eseguiranno gli ordini, avviandoci sempre più all’autodistruzione?
Il dottor Ezequiel Bistoletti, specialista in geopolitica e attivo analista politico, direttore dell’interessantissimo canale «Demoliendo mitos de la politica» (https://www.youtube.com/watch?v=bJFaVGQ9fhM&ab_channel=Demoliendomitosdelapolitica), ha reso noto e documentato un’importante notizia che intendiamo contribuire a diffondere.
Il 22 aprile la prestigiosa rivista statunitense «Foreigner Affairs», fondata nel 1922, che rivela e allo stesso tempo condiziona la politica estera della grande potenza, ha pubblicato un rilevantissimo articolo firmato da ben tre autori, i quali sono tutti statunitensi, accademici, esperti in questioni militari, legati a corporazioni e istituzioni potentissime (A. Crouther, J. Matisek e P. P. O’ Brian). Insomma, non sono gli ultimi arrivati. Il titolo dell’articolo è assai preoccupante per tutti noi, che ci ritroviamo a vivere della vecchia ed esausta Europa: “L’Europa, non la Nato, dovrebbe mandare le sue truppe in Ucraina”. Analizziamo brevemente le argomentazioni su cui poggia questa autorevole opinione.
Fabrizio Verde: I primi (sconfortanti) risultati del “Draghi d’Argentina”
I primi (sconfortanti) risultati del “Draghi d’Argentina”
di Fabrizio Verde
“Lungi dall’essere la causa dei nostri problemi, il capitalismo di libera impresa come sistema economico è l’unico strumento che abbiamo per porre fine alla fame, alla povertà e alla miseria in tutto il pianeta”, affermava il fanatico neoliberista assurto alla presidenza dell’Argentina Javier Milei, nel suo discorso tenuto a Davos. Inoltre nello stesso intervento Milei ha definito il socialismo come “impoverente” e condannato le politiche socialiste perché portano a più Stato, più regole, più povertà e alla degenerazione sociale, sottolineando che l’intervento dello Stato danneggia l’economia e impedisce la crescita.
Quella appena citata non è certo la prima occasione in cui, con la sicumera che caratterizza i fanatici ideologici alla Milei, il Draghi politicamente scorretto che governa l’Argentina si scaglia contro le politiche socialiste.
Adesso, le provocazioni di Milei potrebbero essere facilmente smontate dal punto di vista teorico. Ma forse non v’è n’è bisogno quando possiamo constatare l’effetto sul campo del neoliberismo reale marcato Javier Milei in Argentina.
Marco Bertorello: L’illusione capitalista di Martin Wolf
L’illusione capitalista di Martin Wolf
di Marco Bertorello
Il celebre giornalista del Financial Times scrive una lucida critica del fallimento del capitalismo democratico, ma non esce dai binari tradizionali. Anzi, si incammina sul binario morto della semplice correzione delle distorsioni neoliberiste
Negli ultimi quindici anni l’economia globale è stata parecchio sull’ottovolante. Dalla crisi finanziaria a quella del debito, dal Covid-19 al ritorno della geopolitica e della guerra. Un concentrato di tempi complicati. Alcune di queste crisi sono attualmente alle spalle, il crollo dell’economia e del mercato non c’è stato. I sostenitori degli attuali meccanismi economici dominanti reagiscono allo scampato pericolo con un duplice atteggiamento. C’è chi si trastulla con i decimali di crescita e arriva persino a ipotizzare un modello mediterraneo che supererebbe quello centro-europeo, finendo per inneggiare ai Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), a fronte di risultati peggiori di Francia, Germania e del suo blocco di riferimento. Ma parliamo sempre di una crescita dello zerovirgola. C’è invece chi non dimentica le disavventure di questi anni, non si consola con le disgrazie altrui e ritiene necessaria una grande riforma del capitalismo.
Geraldina Colotti: Da Madrid, l’Internazionale nera contro il socialismo
Da Madrid, l’Internazionale nera contro il socialismo
di Geraldina Colotti
Si è conclusa a Madrid, in Spagna, la kermesse annuale del partito di estrema destra, Vox. Di solito, l’incontro internazionale si celebra a ottobre e s’intitola A Viva Vox, ma questa volta è stato trasformato in Europa Viva 24, per richiamare le prossime elezioni europee del 9 di giugno. Vi hanno partecipato tutti i rappresentanti dell’onda nera che ha ancora il vento in poppa a livello internazionale, e che promette di cavalcare lo scontento popolare distorcendone i contenuti: ossia, deviandoli dalla necessità di un cambiamento strutturale contro l’attuale modello di sviluppo in crisi sistemica, a una versione roboante e deformata della ricetta di sempre.
Le grida di Javier Milei in Argentina, di André Ventura in Portogallo, di Marine Le Pen in Francia o di Santiago Abascal in Spagna servono ad applicare le politiche neoliberiste più accese, e a potenziare il complesso militare-industriale, facendone pagare i costi a chi produce la ricchezza, senza poterne usufruire. Qua e là sorge, in Europa, qualche rigurgito della “destra sociale”, dovuto alla storia dei singoli paesi, o alla necessità di recuperare anche i settori popolari impoveriti per aumentare il consenso elettorale: così si è visto in Svezia, in Finlandia; oppure in Polonia, dove all’attacco contro i diritti delle donne ha fatto da contraltare anche una minima rivalutazione delle pensioni più basse. Un tentativo che, in Italia, è subito abortito per l’insorgere delle corporazioni rumorose, come si è visto con il pasticcio del “redditometro”.
Giorgio Agamben: Europa o l’impostura
Europa o l’impostura
di Giorgio Agamben
È probabile che ben pochi fra coloro che si apprestano a votare per le elezioni europee si siano interrogati sul significato politico del loro gesto. Poiché sono chiamati a eleggere un non meglio definito «parlamento europeo», essi possono credere più o meno in buona fede di star facendo qualcosa che corrisponde all’elezione dei parlamenti dei paesi di cui sono cittadini. È bene subito chiarire che le cose non stanno assolutamente così. Quando si parla oggi di Europa, il grande rimosso è innanzitutto la stessa realtà politica e giuridica dell’Unione europea. Che si tratti di una vera e propria rimozione, risulta dal fatto che si evita in tutti i modi di portare alla coscienza una verità tanto imbarazzante quanto evidente. Mi riferisco al fatto che dal punto di vista del diritto costituzionale, l’Europa non esiste: quella che chiamiamo «Unione europea» è tecnicamente un patto fra stati, che concerne esclusivamente il diritto internazionale. Il trattato di Maastricht, entrato in vigore nel 1993, che ha dato la sua forma attuale all’Unione europea, è l’estrema sanzione dell’identità europea come mero accordo intergovernativo fra Stati. Consapevoli del fatto che parlare di una democrazia rispetto all’Europa non aveva pertanto senso, i funzionari dell’Unione europea hanno cercato di colmare questo deficit democratico stilando il progetto di una cosiddetta costituzione europea.
Gianandrea Gaiani: Dal gas ai fondi russi congelati, la UE continua a farsi del male
Dal gas ai fondi russi congelati, la UE continua a farsi del male
di Gianandrea Gaiani
Dal gas ai fondi russi congelati l’Europa continua a farsi del male. Italia, Austria, Slovacchia e Ungheria sono i quattro partner che attualmente ricevono gas russo attraverso l’Ucraina e “dovranno trovare delle alternative” entro la fine dell’anno, come ha confermato oggi il portavoce della Commissione europea, Tim McPhie.
L’Unione Europea ha deciso infatti di non prolungare l’accordo trilaterale sul transito del gas con la Russia attraverso l’Ucraina, che scadrà alla fine di quest’anno, nell’ottica di continuare a ridurre ancora la dipendenza dal gas russo. “Nel 2021 abbiamo ricevuto il 45% delle nostre importazioni di gas dalla Russia, nel 2022 il 24%, nel 2023 il 15%”, ha precisato McPhie (nella foto sotto).
La riduzione della dipendenza energetica dalla Russia è diventata una delle principali priorità dell’Unione Europea dopo l’inizio dell’operazione militare speciale di Mosca in Ucraina nel febbraio 2022, quando Bruxelles ha deciso di eliminare gradualmente, entro il 2028, le importazioni energetiche dalla Russia.
Come ricordiamo tutti, la decisione ha portato a un forte aumento dei prezzi del gas e per contenerlo la Commissione ha presentato diverse misure, tra cui acquisti congiunti, tetti di prezzo e maggiori sforzi di conservazione dell’energia.
Come riporta quotidianamente Gazprom, il gas russo viene pompato in Europa dai gasdotti ucraini al ritmo costante di 42/43 milioni di metri cubi al giorno. In termini politici non si può non notare quali siano i partner Ue colpiti dalla decisione della Commissione UE presso la quale, evidentemente, Bratislava, Budapest, Vienna e Roma o sono consenzienti o non hanno voce in capitolo dal momento che la Commissione sembra averne ignorato gli interessi.
Pierluigi Fagan: Sovietologi. Scelte
Sovietologi. Scelte
di Pierluigi Fagan
Sovietologi
Durante la Guerra fredda, c’erano degli osservatori di cose russe, i sovietologi, i quali cercavano di dedurre cosa stava succedendo politicamente dietro la cortina di ferro, osservando le apparizioni pubbliche dei leader, le loro posture, le posizioni più centrali o periferiche di tizio o caio. Null’altro trapelava dal Cremlino.
L’esercizio era riservato agli addetti ai lavori, stante che nulla di ciò che si sarebbe notato o detto avrebbe minimamente alterato qui in Occidente il giudizio sul potere sovietico.
Con l’inizio della guerra in Ucraina, il lavoro di chi pur non essendo più ai tempi del PCUS continuava a cercar di seguire i movimenti di composizione del potere russo, è finito nel cestino. MI ricordo una sola intervista a una studiosa (O. Moscatelli) che cercava – invano – di ragguagliare sulla pluralità interna al massimo potere russo in quei convulsi giorni iniziali del confitto. Il fatto è che non interessava a nessuna sapere cosa veramente stesse succedendo al Cremlino, interessava solo ridurre la complessità ovvia di una Paese di 150 milioni di anime, alla famelica e delirante volontà d potenza dello zar Putin. Il giudizio sul potere russo entrava a far parte della propaganda di guerra e ne abbiamo viste e sentite di ogni tipo in questi due anni.
Si arriva così all’altro ieri dove si è annunciato un nuovo giro di nomine di alto livello. Tizio silurato da Caio, forse già tradotto in Siberia, Putin accoltella personalmente i vecchi amici, scorre sangue nei corridoi del Cremlino, purghe, la vendetta di Prighozin, Mosca allo sbando! Ma cosa è successo e come interpretarlo?
Gaspare Nevola: La politica e il mondo guasto. O dell’eresia della ragionevolezza
La politica e il mondo guasto. O dell’eresia della ragionevolezza*
di Gaspare Nevola
L’uomo è uno zoon politikon. La sfera politica è quella sfera della vita sociale che si occupa della gestione della convivenza tra diversi. Tale sfera è qualificata da una peculiare logica dell’agire umano imperniata sul governo dell’ostilità tra gli uomini. Conflitto e regolazione del conflitto sono due facce della medesima medaglia: due facce della convivenza tra diversi. A dispetto di come solitamente viene intesa e immaginata, la politica non è riducibile a quell’“insieme di attività politiche” che si svolgono all’interno delle istituzioni politiche. La politica, cioè, non si esaurisce in un complesso di processi, organizzazioni, attori e luoghi specializzati (ad esempio, parlamenti, governi, ministeri, partiti) a cui formalmente compete la funzione che un influente politologo novecentesco ha chiamato assegnazione autoritativa dei valori in una società[1]. E tuttavia, tanto in ambito colto e accademico, quanto nell’opinione pubblica e nel senso comune, quando ci si riferisce alla politica si tende a pensare e a parlare proprio di questi luoghi specializzati e di coloro che vi operano come professionisti e/o detentori di cariche pubbliche e formalmente riconosciute. Perciò, quando consideriamo la politica non è sensato prescindere dall’immagine della politica come “quella serie di cose che fanno loro, i politici”, ovvero le istituzioni in cui essi operano (partiti, parlamenti, governi, ecc.). D’altra parte, la politica circoscritta in questo modo è la politica la cui credibilità risulta oggi piuttosto malmessa, sia agli occhi del cittadino comune che a quelli dell’esperto della materia. E così, alla fine, quella “cosa” che porta il “nome” di politica è ridotta a un barcone che naviga a vista, tra scogli e secche, impegnato in acrobatiche manovre per stare a galla e andare, bene o male, avanti. Di questa immagine corrente della politica, sebbene essa sia fuorviante e limitativa, non possiamo non tenere conto.
Chris Hedges: Continua l’esecuzione al rallentatore di Julian Assange
Continua l’esecuzione al rallentatore di Julian Assange
di Chris Hedges
La sentenza dell’Alta Corte di Londra che permette a Julian Assange di appellarsi all’ordine di estradizione lo lascia languire in condizioni di salute precarie in un carcere di massima sicurezza. Questo è il punto
La decisione dell’Alta Corte di Londra di concedere a Julian Assange il diritto di appellarsi all’ordine di estradizione verso gli Stati Uniti potrebbe rivelarsi una vittoria di Pirro. Non significa che Julian sfuggirà all’estradizione. Non significa che la corte abbia stabilito, come dovrebbe, che si tratta di un giornalista il cui unico “crimine” era stato quello di fornire al pubblico le prove dei crimini di guerra e delle menzogne del governo statunitense. Non significa che sarà rilasciato dalla prigione di massima sicurezza HMS Belmarsh dove, come ha detto Nils Melzer, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, dopo aver visitato Julian, viene sottoposto a una “esecuzione al rallentatore”.
Ciò non significa che il giornalismo sia meno a rischio. I direttori e gli editori di cinque media internazionali – New York Times, Guardian, Le Monde, El Pais e DER SPIEGEL – che avevano pubblicato articoli basati sui documenti diffusi da WikiLeaks, hanno chiesto che le accuse degli Stati Uniti vengano ritirate e che Julian venga rilasciato.
Fulvio Grimaldi: Corsi e ricorsi
Corsi e ricorsi
di Fulvio Grimaldi
Dal Vietnam alla Palestina, dalla Kent University alla Columbia University, da Chef Rubio alla “Zanzara”, da Abu Ghraib ai campi della tortura nel Negev, da Lepanto a Gaza…
BYOBLU-MONDOCANE 3/24. In onda domenica 21.30. Repliche, salvo modifiche, lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00.
I bizantini dell’ultimo disfacimento ci fanno un baffo, la Chicago di Al Capone ci fa un baffo, Luigi XVI e la Marie Antoinette delle brioche ci fanno un baffo. Perfino il buffone artigliato nella corte dell’imperatore, Zelensky, che si vende le nostre armi alla malavita internazionale organizzata e che si mette in tasca i soldi destinati alle trincee di difesa, ci fa un baffo. Noi abbiamo bande di malfattori e grassatori da un capo all’altro della penisola, dal Piemonte alla Puglia e alla Sicilia, passando per tutte le regioni.
Dove stanno? Ma basta guardare tra i tavoli da gioco di Montecarlo o Las Vegas, in qualche panfilo tracimante di mignotte, in qualche hotel da 1000 euro a notte, nello studio di qualche governatore.
Palestinesi vittime? Non solo. Per una ventina d’anni, il mondo delle conoscenze e coscienze si era messo nella comoda e rassegnata posizione della considerazione dei palestinesi come vittime. Strutturali, definitive. Un po’ come quelle che ora ci vogliono rifilare (mentre invece stanno viaggiando sulla cresta dell’onda), coloro che manipolano le cose in termini di omofobi, transfobi, bifobi (???) e, a seguire, fluidofobi, migrantofobi,, melonofobi e andare.
Antonio Mazzeo: La guerra entra in classe
La guerra entra in classe
di Antonio Mazzeo*
I” come Intelligence. Il nome del “progetto” non lascia spazi a dubbi o fraintendimenti.
È il frutto di un recentissimo accordo – senza precedenti in Italia – tra il ministero dell’Istruzione e del merito e il Dipartimento delle Informazioni per la sicurezza (DIS), l’organo della presidenza del Consiglio a capo dei servizi segreti.
“Nell’ambito di questo accordo, ha preso il via I come Intelligence, un percorso itinerante rivolto agli studenti del primo biennio delle scuole superiori”, spiegano i firmatari. “Esso è volto ad accompagnare i giovani alla scoperta di funzioni, compiti, organizzazione e protagonisti degli Organismi informativi, così come dei principali fenomeni di minaccia”.
Nello specifico, l’intesa Istruzione-DIS prevede l’organizzazione di “iniziative di divulgazione e formazione” rivolte alle nuove generazioni per “favorire la consapevolezza sulle funzioni assegnate all’Intelligence italiana” ed “esplorare la storia, il linguaggio, i protagonisti e l’organizzazione dei Servizi Segreti italiani, oltre alle principali minacce del mondo contemporaneo”.
Paolo Massucci:”La società dell’emergenza” di Francesco Fantuzzi
“La società dell’emergenza” di Francesco Fantuzzi
Recensione di Paolo Massucci
Il saggio, edito nel 2024 da Sensibili alle foglie, fornisce una ricca analisi della crisi in corso della democrazia. Le soluzioni proposte stimolano riflessioni utili alla comprensione della nostra condizione storica e alla speranza di un cambiamento
Segnalo il saggio di Francesco Fantuzzi “La società dell’emergenza. Pandemia, guerra, insicurezza, caos: quale futuro ci attende?” edito nel 2024 da Sensibili alle foglie.
Il libro offre una chiara, dettagliata e spietata descrizione dello spirito del nostro tempo e della grave crisi politica, economica, sociale, culturale ed ecologica in corso, di cui non riusciamo più a intravedere alcuna soluzione. L’annunciata epoca della globalizzazione, della pace mondiale, del progresso e della libertà, una volta crollata l’URSS si è presto conclusa in conseguenza dei sussulti per la contesa sul nuovo ordine mondiale.
Viene esposta la grave situazione politica, ovvero il progressivo arretramento della democrazia per cui è stato anche coniato il termine “postdemocrazia”: le istituzioni nazionali e sovranazionali che detengono il potere rispondono sempre più alle richieste delle lobby industriali e finanziarie, anziché ai popoli. Mentre i governi, a prescindere dai partiti che li sostengono, non si discostano più dalle politiche economiche neoliberiste e di austerità, sfavorevoli ai lavoratori e alle fasce deboli e impiegano modelli di gestione costantemente emergenziali e metodi autoritari.