“Perchè i Comuni non pagano?”

Nelle ore che precedono la manifestazione indetta da ANCI a Roma e nell’attesa di una decisione del Governo sui fondi bloccati dal Patto di Stabilità, il segretario generale di Anci Toscana Alessandro Pesci interviene sul tema .

Comunicato stampa 20/3/2013

 

Perché i comuni non pagano

 

La novità delle ultime ore, di un allentamento dei vincoli del Patto operato dalla UE, ha aperto la strada a un possibile sblocco di fondi da parte del Governo, per consentire alla PA di saldare i propri debiti con le imprese e far fronte alle emergenze. In questa cornice assume ancora più rilevanza la manifestazione di Roma organizzata da ANCI. Perché le aziende sono ormai allo stremo e non possono aspettare oltre per superare questa situazione. La questione dei ritardi nei pagamenti da parte della PA verso le imprese è, infatti, da troppo tempo all’ordine del giorno. Il debito del comparto pubblico, comprensivo anche delle società partecipate, è di circa 200 miliardi di euro: una cifra enorme, sicuramente causa di crisi per le imprese che lavorano con la PA. I Comuni sono sottoposti all’obbligo di dimostrare la disponibilità di risorse economiche attraverso gli impegni di spesa, ma a questa disponibilità “sulla carta” spesso non ne corrisponde una in cassa e, qualora ci fosse, è limitata dal rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno (PSI). Inoltre, nei ritardi, possono intervenire altri fattori, come avviene nei casi di contenzioso legale con aziende inadempienti.
Non vorrei si volesse far credere che i Comuni non pagano perché inefficienti. Sarebbe una lettura troppo semplicistica, per quanto il legislatore abbia messo in difficoltà il sistema della riscossione, facendo finire sotto accusa quest’ultimo e non chi trasgredisce alle regole, (pensiamo alle norme incerte e contraddittorie su Equitalia SPA, spesso messa all’indice, ma non sempre a ragione).
I Comuni non pagano a causa dei vincoli e parametri del Patto di stabilità che, per dirla con il sindaco di Firenze Matteo Renzi è un “patto di stupidità”, basato su un calcolo in fase di previsione, che non tiene conto dell’ammontare dei debiti accumulati negli anni. In buona sostanza il rispetto del patto ha natura “finanziaria” e non economica, e solo nella fase del pagamento si ha contezza del rispetto dei limiti e dei vincoli.
Altra novità pericolosa per i Comuni è quella relativa all’applicazione della direttiva comunitaria che stabilisce la corresponsione automatica degli interessi per ritardato pagamento oltre 60 giorni di ritardo. Ciò rischia di dare luogo a un significativo dilagare del contenzioso fra imprese e Comuni.
Oltre ad una revisione dei vincoli del Patto, ci sono altre azioni che a mio avviso dovrebbero essere intraprese per far uscire Comuni da un lato e imprese dall’altro, da questa situazione:

·       Escludere dai 60 giorni il tempo impiegato dagli enti previdenziali per il rilascio del Durc

·       Dare respiro tramite il credito (con iniziative come quella di una nuova intesa tra Regione, Anci Toscana e banche)

·       Aumentare il plafond che la Regione mette a disposizione dei Comuni

·       Rivedere la procedura dello “scambio dei saldi” fra Comuni nell’ambito del patto orizzontale e verticale

 

di Alessandro Pesci
Segretario Generale di Anci Toscana

Sharing - Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *