Massimo Mazzucco: “Votare serve?”

Il fallimento dei referendum era nell’aria. Da un lato gli argomenti poco interessanti per la gente normale, dall’altro la mancanza di chiarezza nel modo stesso in cui erano posti i quesiti referendari, hanno portato al voto sì e no un 20% degli aventi diritto.

Ma c’è qualcosa di più, a mio parere, che ha causato questo flop mastodontico: è la sempre più diffusa convinzione che votare non solo serva a poco, ma che sia diventato addirittura una presa per i fondelli. Quando una nazione ha votato, nel 2018, due partiti “antisistema” come Lega e Cinque Stelle, e poi si ritrova al governo uno come Mario Draghi, è chiaro che anche il meno attento capisce che il suo voto è servito soltanto a legittimare la presenza in parlamento di alcune centinaia di mangiapane a tradimento.

A conferma di questo diffuso sentimento, c’è anche il fatto al voto amministrativo si sia recato solo il 51% degli aventi diritto, mentre in Francia la percentuale dei votanti è stata addirittura di meno della metà: solo il 48% degli aventi diritto ha votato per il rinnovo del Parlamento francese.

In queste situazioni, c’è sempre chi ripropone la solita citazione di Mark Twain “Se votare servisse a qualcosa non ce lo lascerebbero fare”. Ma la cosa non è così semplice, non è una questione di bianco o nero. Il voto può servire a qualcosa quando è bene utilizzato, ma chiaramente serve a poco se lo si utilizza in modo sbagliato.

Cerco di spiegarmi: se si va a votare semplicemente per mettere una crocetta su un partito – senza poter scegliere il candidato eletto – allora chiaramente si tratta di un voto sprecato, perché quel partito è poi in grado di ricattare i membri del parlamento che LUI deciderà di mandare in quell’aula. Soltanto i più docili e più ubbidienti entreranno in parlamento, e i partiti potranno manipolarli a loro piacimento, per tutto l’arco della legislatura.

Se invece il voto venisse dato solo in presenza di chiari strumenti che permettano al cittadino a) di assegnare il mandato ad un individuo preciso, e b) di revocagli quel mandato se il parlamentare non mantenesse gli impegni che ha preso, allora si tratterebbe di una cosa molto diversa.

Negli Stati Uniti esiste lo strumento del “recall”, ovvero della revoca di un mandato da parte dei cittadini prima della sua scadenza naturale. Proprio l’anno scorso il governatore della California, Newson, ha dovuto affrontare un voto di recall perchè molti cittadini non erano contenti del suo operato.

Così spiega l’Enciclopedia Britannica lo strumento del recall: “Elezione di revoca, metodo di elezione in cui gli elettori possono estromettere i funzionari eletti prima della scadenza del loro mandato ufficiale. Come la maggior parte delle innovazioni populiste, la pratica di revocare il mandato agli eletti era un tentativo di ridurre al minimo l’influenza dei partiti politici sui rappresentanti. Ampiamente adottato negli Stati Uniti, il richiamo era originariamente progettato per garantire che i funzionari eletti agissero nell’interesse dei loro collegi elettorali piuttosto che nell’interesse dei loro partiti politici o secondo la propria coscienza. Il vero atto di revoca è solitamente una lettera di dimissioni firmata dal rappresentante eletto prima di assumere la carica. Durante il mandato, la lettera può essere evocata da un quorum di elettori se la prestazione del rappresentante non soddisfa le loro aspettative.”

Pensate se da noi esistesse uno strumento del genere: dopo due mesi dalla formazione del governo giallo verde, quando ci siamo accorti tutti che i cinque stelle non avevano nessuna intenzione di promuovere il referendum che avevano promesso sull’uscita dall’euro, un numero sufficiente di italiani avrebbe potuto rimandare a casa questa banda di traditori in modo assolutamente legittimo e giustificato.

Invece abbiamo dovuto restare seduti e immobili per 5 anni ad osservare questi infami che calpestavano, uno dopo l’altro, tutti gli impegni che avevano preso con i propri elettori, mentre si portavano a casa uno stipendio di lusso, pagato sempre da noi cittadini.

Ovviamente, resta un grosso problema da risolvere: una tale modifica del sistema elettorale dovrebbe essere fatta proprio da quel parlamento che, una volta insediato, rischierebbe di essere mandato a casa prima del previsto dai suoi stessi elettori. Quindi loro, di loro spontanea volontà, non lo faranno mai.

E siccome in Italia non esiste nemmeno lo strumento del referendum propositivo, una legge del genere non potrà mai essere nemmeno il risultato di una richiesta popolare.

A noi elettori non resta quindi che una possibilità: non dare più il voto nessuno, finché a) non sarà stato creato un sistema di “recall” anche per noi, oppure b) non sarà stato introdotto il referendum propositivo, ovvero la possibilità da parte dei cittadini di proporre loro stessi una regola come appunto quella del “recall”.

Fino ad allora, ogni voto dato sarà comunque un voto sprecato, anche da parte di coloro che continueranno a dare il voto al “meno peggio”, con la giustificazione che “tanto sono se non li voto io li vota qualcun altro”.

È proprio questo il meccanismo su cui fa conto il potere, che cerca di perpetuarsi grazie al fatto che siamo sempre noi, in un modo o nell’altro, a legittimarlo.

Finchè, appunto, non smetteremo di farlo.

Massimo Mazzucco

13/06/2022

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