Fulvio Grimaldi: “Perchè Italia Sovrana e Popolare”

A Napoli, al Congresso di Ancora Italia, ho avuto il privilegio di poter infliggere un mio pippotto al generoso popolo in platea. Ora fatevi due risate, che il nuovo, giusto, sacrosanto nome della lista unitaria sia transitato da “Uniti per la Costituzione” a “Italia Sovrana e Popolare”, vorrei immaginare che sia anche un po’ merito di quel pippotto. Non vi avevo forse invocato la riabilitazione e consacrazione dei termini “populisti”, voce di popolo contro voce di élite, e “sovranisti”, diritto all’autodeterminazione individuale, di comunità e di nazione? Poi avevo rivendicato anche le qualifiche di complottista, nel senso corretto di colui che smaschera i complotti del potere, necessariamente sempre cospiratori, come di negazionista, nel senso di colui che respinge menzogne, trucchi e ricatti della minoranza padronale.

Vabbè, questi ultimi due titoli, per quanto onorifici, non potevano finire anch’essi nel nome della lista, che poi, lunga così, non sarebbe neanche entrata nella scheda. Ma sovranità è popolo ci stanno e ne sono lusingato.

Basta con le spiritosaggini anzi con le seghe mentali. Quelle, meno innocenti di queste mie, sono da attribuire tutte ai corvi che sento perorare a favore dell’astensione, o della scheda bianca. Irresponsabili sognatori che s’illudono così di incidere, quando ogni evidenza dimostra come meno si vota e più il padrone si rallegra e allarga.

È verissimo, hanno ridotto la democrazia a uno straccio lacero e sfrangiato, ma finché io ho l’opzione di usarlo, quello straccio, per scacciare un po’ di zozzeria dal tavolo, per la miseria mi tocca usarlo. Almeno prima che finisca in uno Stato-gangster, come quello che Usa, Forum Economico Mondiale hanno affidato al loro sguattero nazista a Kiev.

PERCHÉ “ITALIA SOVRANA E POPOLARE”

Sopra, facendo il buffone, ho millantato una mia partecipazione alla creazione del nome di questa lista. Ora, siccome alcuni me l’hanno chiesto, provo a dire perché vi ho aderito, e non ad altre, e perché sono in predicato per una candidatura con ISP.

Faccio di mestiere l’informatore e per passione la politica. Dati i lunghissimi tempi impiegati in queste attività, credo di conoscere i miei polli. Sono un collaboratore fisso del migliore media (medium) libero d’Italia, Byoblu di Claudio Messora e intervengo anche su altri media liberi, tra cui Visione Tv di Francesco Toscano, il più nettamente antagonista su tutti i piani che interessano a me.

Ora, Messora continua a fare il suo preziosissimo lavoro, ma Toscano è anche leader di Ancora Italia, una delle principali componenti della nuova lista unitaria, quella che è riuscita a comporre in un unico progetto il maggior numero di gruppi politici.

La contiguità di amorosi sensi tra Toscano e me per quanto riguarda i nemici da combattere, le cause da sostenere, gli obiettivi da raggiungere, mi ha dato la soddisfazione di poter praticare la mia professione con quella libertà e quel coraggio che nessun mezzo d’infomazione generalista oggi concede. Tutti omologamente di regime e di pura propaganda lobbista.

Di più. Gli amici di Ancora Italia con cui mi è stato dato di operare in occasioni di iniziative politiche, mi hanno fornito conferme di onestà intellettuale, valore morale, giusti obiettivi politici.

Infine, ospitato al Congresso Nazionale, ho ascoltato tanti interventi per me condivisibili. Tra questi, l’iniziale di Francesco Toscano. La cosa migliore che ho potuto ascoltare dagli anni del tempo che si voleva rivoluzionario, mezzo secolo fa. Vale la pena andarselo a cercare, quell’intervento, sul sito, o su YouTube.

Per urgenza politica, ma anche fisiologica di soliti noti, sono partiti attacchi proditori a uno dei protagonisti di questa impresa unitaria vincente. Si rimesta nel passato, si cercano fatti, episodi atti a denigrare, insospettire. Lo si fa con la classica tattica del provocatore: toni accorati, espressioni di solidarietà con la causa, veleni al miele… “Non ti curar di loro ma guarda e passa…” E anche “I cani abbaiano, la carovana passa”. A me interessa relativamente se certi scavi da bassifondi abbiano estratto fatti o bubbole. Le persone cambiano, crescono. Oggi sto a quanto oggi è detto e fatto.

Quanto a “perché non gli altri”, un po’ il motivo è implicito in quanto scritto sopra, un bel po’ sta in altre due ragioni. Ho conosciuto, quel mezzo secolo fa e in diverse occasioni della vita qua e là nel mondo, l’esperienza di lotte di liberazione, o comunque radicali, volgersi in accomodamenti e fughe di lato, seppure ritenute forme di lotta.

Spesso si trattava di ripiegamento su contraddizioni secondarie e assorbibili dal Sistema, o di fughe ritenute in avanti, ma fondamentalmente di uscita laterale: soluzioni personali, o di piccoli gruppi, in immaginarie isole felici, esterne alla “brutta società”: la ricerca di sé stessi in sé stessi, la filosofia orientale, la comune dei bravi e sani, la medicina del selvaggio, incorrotto, la New Age… Succede quando ci si è stancati di pensare a tutti e ci si riduce a salvaguardare gli affini. Poi passa la Storia Vera e li spazza via.

Ma c’è un motivo più importante, strategico, decisivo, qualificante. La guerra. Questa guerra. L’intervento della Russia, sul quale quasi tutti gli altri si mordono la lingua, fanno gli gnorri, o addirittura sposano la versione della “brutale invasione dello Zar”, ha “tagliato il nodo gordiano”, come dice il mio saggio ed esperto amico Giorgio Stern da Trieste.

Qui casca l’asino, “il varco è qui… l’anello che non tiene” (Montale). Qui si apre la porta verso il futuro. Il mondo minoritario, ma ricchissimo e potentissimo, della rinnovata ferocia colonizzatrice e sfruttatrice del gangsterismo oligarchico occidentale, se la sta giocando tutta. Sulla pelle dei disgraziati ucraini dell’Europa, dell’Africa, di tutti.

Sa che ce la può fare solo coltivando disumanità, morte, vampirismo, automatizzandoci tutti grazie ad appositi logaritmi e offuscamenti digitali e cibernetici. O, appunto, uccidendoci in varia maniera.

Questo progetto ha trovato un’opposizione, di forza e di spirito. Molte nazioni ne sono parte. Una su tutte, in prima fila. Chi traccheggia su questa contraddizione, chi si sottrae a questo scontro, è fuori dalla mia considerazione. Il che non vuol dire niente. Ma è anche fuori dalla realtà e lo sarà dalla storia della vita.

E adesso chiediamoci che fare. Quali ragioni per presentare una lista unitaria?

Farsi conoscere su tutto il territorio nazionale; cominciare a costruire un’organizzazione politica formata dalle forze promotrici; dare agli elettori la dimostrazione che le organizzazioni politiche antagoniste possono trovare un’unità tattica al di là delle divergenze, per giungere alla costruzione di un partito che potrebbe nascere dal confronto pratico e teorico sviluppatosi nella campagna elettorale; attraverso la raccolta di firme e la costruzione di momenti unitari, costruire una rete di “simpatizzanti “, che poi possano diventare quadri periferici sul territorio; coinvolgere comitati, movimenti specifici, che possano essere investiti dei compiti della battaglia elettorale, offrendo così una sponda istituzionale alle loro lotte e rivendicazioni, inglobando in una strategia politica complessiva (acqua, ambiente, lavoro, 5G, logistica, sanità, ecc.), facendo propri i vari bisogni espressi a livello popolare.

Sono idee. Fatene quel che vi pare. Ma la guerra resta al primo posto. Che sia sanitaria, climatica, digitale, culturale, sociale, o con i missili NATO di Draghi, Biden e Schwab.

Fulvio Grimaldi

26/07/2022

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