[Sinistrainrete] Coordinamento nazionale di Liberiamo l’Italia: Dossier: perchè no al MES

Rassegna del 22/01/2023

 

 

Coordinamento nazionale di Liberiamo l’Italia: Dossier: perchè no al MES

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Dossier: perchè no al MES

di Coordinamento nazionale di Liberiamo l’Italia

Vita Mea Mes tua copia 768x512Bisogna proprio essere dei mascalzoni (vedi la Meloni, Giorgetti e compagnia),  per giustificare l’accettazione del MES (Meccanismo Europeo di  Stabilità) come lo scambio con la promessa modifica del PNRR. Rinfreschiamo la memoria ai nostri lettori pubblicando il DOSSIER su cosa è davvero il Mes e quanto ci spiegava Leonardo Mazzei sulla reale natura del cosiddetto Pnrr.

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Il contesto da cui nacque la bestia del MES

Dopo decenni di finanziarizzazione dissennata, nel 2007-2008, scoppiò negli Stati Uniti la bolla dei mutui subprime, in sostanza la più grave crisi finanziaria dopo quella del 1929. La conseguenza fu il cosiddetto “credit crunch”, il sostanziale blocco dell’offerta di credito da parte delle banche. L’onda d’urto globale travolse anzitutto l’Occidente, ma colpì in modo letale l’eurozona. I governi di Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna, dopo qualche esitazione, decisero di obbligare le loro banche centrali ad esercitare la funzione di prestatore di ultima istanza (lender of last resort), ovvero stampare la moneta necessaria per prestarla a banche e istituti simili, in grave crisi di liquidità. Il paracadute fornito dalla banche centrali evitò in effetti la catastrofe e l’economia poté riprendersi presto.

Per farci un’idea di quanto massiccia fu la manovra della Federal Reserve, basti ricordare che questa acquistò titoli sul mercato per circa 4500 miliardi. Risultato: vero che il deficit salì al 4,2% e il debito pubblico passò al 102% del Pil, ma la disoccupazione scese sotto il 5%, il Pil tornò a crescere del 2% e Wall street tornò presto ai livelli pre-crisi. Una linea “interventista” che la FED non ha mai abbandonato, se è vero, com’è vero, che nel settembre scorso è intervenuta con una gigantesca operazione di 260 miliardi in soccorso di diverse banche a rischio di collasso.

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Gianni Giovannelli: Diario della crisi | Appunti per una critica del diritto prossimo venturo

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Diario della crisi | Appunti per una critica del diritto prossimo venturo

di Gianni Giovannelli

1943 sciopero 3 virIn questo secondo appuntamento del Diario della crisi – rubrica nata dalla collaborazione tra Effimera, Machina e il periodico El Salto – Gianni Giovannelli analizza la crisi del diritto. L’autore sostiene che non si tratta di una generica stretta repressiva limitata al diritto penale, bensì di una trasformazione più complessiva delle norme ordinamentali, civili, amministrative, lavoristiche, marittime, militari, interstatuali. Soprattutto in una situazione di approfondimento della crisi, viene mostrato come le differenti forme di dissenso diventino immediatamente criminali. Perciò analizzare le trasformazioni del diritto è un importante angolo prospettico attraverso cui ripensare le armi della critica.

Fu un linguaggio del dispotismo
e della tirannia il dire che la sola
regola della legislazione è la volontà
del legislatore.
Gaetano Filangieri
(La scienza della legislazione, I, III
Napoli, Raimondi, 1780)

Costituisce un dato di fatto, oggettivo e incontestabile, che siano in corso mutamenti profondi nella legislazione italiana e che questi mutamenti trovino un puntuale riscontro anche negli altri territori del pianeta, perfino a prescindere dalle diverse strutture politico-istituzionali. Non si tratta di una generica stretta repressiva limitata al diritto penale, come un esame soltanto superficiale potrebbe indurre a credere; la trasformazione – di questo si tratta come ogni giorno appare sempre più evidente – si estende all’insieme complessivo delle norme ordinamentali, civili, amministrative, lavoristiche, marittime, militari, interstatuali.

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Stefano Jossa: Per Dante, svoltare a destra

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Per Dante, svoltare a destra

di Stefano Jossa

DanteDante di destra? Lo ha dichiarato, col compiacimento di chi ritiene di lanciare una provocazione dirompente («so di fare un’affermazione molto forte»), il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano in un’intervista al direttore di «Libero» Pietro Senaldi durante un evento elettorale di Fratelli d’Italia a Milano. Il ministro ha individuato in Dante Alighieri «il fondatore del pensiero di destra nel nostro Paese», perché ritiene che «quella visione dell’umano, della persona, delle relazioni interpersonali che troviamo in Dante Alighieri, ma anche la sua costruzione politica che è in saggi diversi dalla Divina Commedia sia profondamente di destra».

Sangiuliano sperava di suscitare reazioni indignate, com’è effettivamente avvenuto, per cui come provocatore alla Marco Pannella, alla Renato Zero o alla Aldo Busi ha decisamente funzionato bene. Molto meno bene ha funzionato come pensatore originale, perché la sua battuta ha una lunga storia, che si radica almeno in quel «Dante fascista» che nel corso del Ventennio si affermò progressivamente nell’immaginario di regime.

Rivelandosi estremamente difficile assimilare Dante alla prospettiva politica e culturale del PNF, perché l’etica francescana e la concezione universalista del poeta non potevano coincidere con il nuovo orizzonte aggressivo e nazionalista delle camicie nere, gli ideologi del tempo non trovarono di meglio che aggregare Dante al Pantheon eroico della Nazione, facendolo entrare in una lunghissima lista di campioni dell’italianità, da Giulio Cesare al Duce in persona, passando per, fra gli altri, Giangaleazzo Visconti, Emanuele Filiberto, Ugo Foscolo, i fratelli Bandiera, Goffredo Mameli, Camillo Benso Conte di Cavour, Alfredo Oriani, Giosue Carducci, Gabriele D’Annunzio e Nino Oxilia (così Vittorio Cian nel 1928): lista che di Dante faceva un santino come gli altri, ormai svincolato dalla sua reale esperienza letteraria e dalla sua concreta identità storica.

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Pierluigi Fagan: Culture dimenticate

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Culture dimenticate

di Pierluigi Fagan

“Venticinque sentieri smarriti dell’umanità” è il sottotitolo del libro di Haarmann, una collezione di fatti archeologici fuori teoria o fatti dimenticati, accantonati, minimizzati perché poco utili o in contro-narrazione con le versioni dominanti. I citati casi di Dilmun, della regina Zenobia di Palmira e delle mura ciclopiche dello Zimbabwe del precedente post ne fanno parte. Noi vi abbiamo aggiunto le pitture rupestri di Sulawesi. Ma c’è parecchio altro.

Giù nel tempo profondo c’è il caso della lance di Schöningen, otto lance-giavellotti miracolosamente scampati all’entropia che, ricostruiti in copia perfetta, sono stati lanciati da atleti raggiungendo i limiti del primato olimpico femminile di specialità, circa 70 metri. Cose non inventate lì per lì, frutto cioè di trasmissione ed affinamento cultur-artigianale molto sofisticato, un sapere forse condiviso tra diversi gruppi, per diverse generazioni. Peccato siano di 320.000 anni fa, non sapiens ma neanche neandertalensis, bensì hidelbergensis. Come si scambiavano conoscenze questi antenati? Parlavano tra loro in qualche modo? Visto che è praticamente l’unico manufatto non di pietra del paleolitico inferiore che ci è pervenuto, cosa ci siamo persi nelle letture del “come eravamo?”.

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Sergio Cararo: Il Forum di Davos prova a esorcizzare la fine della mondializzazione capitalista

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Il Forum di Davos prova a esorcizzare la fine della mondializzazione capitalista

di Sergio Cararo

Il World Economic Forum cominciato ieri a Davos, punta la sua attenzione alla “collaborazione in un mondo frammentato” e si svolge “nel contesto geopolitico ed economico più complesso degli ultimi decenni”, secondo quanto affermato in apertura da Borge Brende, presidente del Wef. In pratica darà voce e ribalta alle serissime preoccupazioni della borghesia mondiale sulla regressione in corso delle magnifiche e progressive sorti dell’Occidente capitalista.

L’agenda di Davos in questi ultimi decenni è stata l’agenda della globalizzazione capitalista del mondo ma, secondo Il Sole 24, proprio i problemi globali “spingono però Stati e opinioni pubbliche a complicate risposte nazionali, mentre i forum internazionali fanno sempre più fatica a trovare soluzioni condivise per problemi planetari”.

Il Wef è il punto di incontro della élite planetaria, il posto ideale per misurare lo stato di salute di una mondializzazione a trazione Usa ormai assediata su tutti i fronti e per molti versi costretta alla ritirata. “Viviamo in un’era di shock multipli, potremmo essere a un punto di svolta per l’economia globale”, commenta l’economista Kenneth Rogoff, professore dell’Università di Harvard e frequentatore abituale del Wef.

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Thierry Meyssan: La giustizia imperialista si sgretola

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La giustizia imperialista si sgretola

di Thierry Meyssan

In tempo di pace, com’anche in tempo di guerra, la dominazione occidentale sul resto del mondo, nonché quella degli Stati Uniti sui loro alleati, passano attraverso la strumentalizzazione del diritto. Ragion per cui i tribunali internazionali non applicano la giustizia, hanno solo il compito di confermare l’ordine del mondo e di punire chi lo contesti. Il diritto statunitense e il diritto europeo servono a costringere il resto del mondo a rispettare le politiche di Washington e di Bruxelles. Questo sistema però comincia a logorarsi

Dal crollo dell’Unione Sovietica gli Occidentali utilizzano i tribunali internazionali e la giustizia statunitense per imporre la propria legge. Fanno condannare coloro contro cui combattono, mai i propri criminali. Una concezione della giustizia che è diventata l’esempio per eccellenza della peculiare politica occidentale dei “due pesi, due misure”. Tuttavia, dopo la vittoria della Russia in Siria, e ancor più con la guerra in Ucraina, l’indebolimento della dominazione occidentale comincia ad avere ripercussioni sul sistema.

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Lorenzo D’Onofrio: Ricordate quando con l’influenza potevamo andare a scuola di cucina o giocare a tennis?

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Ricordate quando con l’influenza potevamo andare a scuola di cucina o giocare a tennis?

di Lorenzo D’Onofrio

No, anzi, non è che potevamo, ma dovevamo farlo! Tutti gli spot delle case farmaceutiche (anche Actigrip della Pfizer, per citare un nome in voga) ci invitavano a imbottirci dei loro ritrovati, per non perderci un solo momento delle nostre attività.

E potevamo tranquillamente starnutire in faccia alla gente… e chi se ne fregava se facevamo circolare i virus? Ai fragili chi ci pensava? Ovvio, perché tanto i virus so virus e fanno da sempre il cazzo che je pare…

E non che l’influenza non facesse danni, ma ci si limitava a riscontrare i fenomeni più violenti a posteriori, ben sapendo che poco ci sarebbe stato da fare:

https://www.repubblica.it/salute/2017/03/18/news/l_anno_nero_dell_influenza_morti_ventimila_anziani_in_piu_-160814115/

Ecco, a mente freddissima posso francamente ricondurre l’esperienza covid a un DELIRIO DI MASSA che si è reso complice di una orrenda STRAGE di civili operata dal Partito Unico.

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Salvatore Fazio: Divide et impera

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Divide et impera

di Salvatore Fazio

La guerra in Ucraina è solo un espediente messo in atto dall’America per eliminare il vero problema: l’Europa e l’Euro.

Entrambi costituiscono per l’America un problema seppur di diversa natura: l’Euro ha tolto centralità al Dollaro diventando la seconda valuta più importante a livello internazionale in termini di pagamenti globali. Nel novembre 2020, la quota dell’euro nei pagamenti globali era del 38%, allo stesso livello del dollaro. La quota dell’euro nelle riserve in valuta estera ammontava a circa il 20% nel giugno 2020, a fronte del 60% circa del dollaro USA. Accrescere il peso dell’euro come valuta internazionale di riferimento ha avvantaggiato sia le imprese che i cittadini dell’UE contribuendo ad aumentare l’autonomia strategica e l’influenza dell’UE nel mondo.

Il tutto a discapito dell’Economia Americana che oggi oltre all’Euro rischia di doversi difendere da attacchi più insidiosi come la nuova moneta che adotteranno i BRICS.

Quindi l’aspetto monetario assume primaria importanza per ridare centralità e slancio ad un America in forte sofferenza, la quale vede messa in discussione la centralità del Dollaro (Dedollarizzazione).

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Roberto Finelli: L’età delle catastrofi

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L’età delle catastrofi

di Roberto Finelli

durer 3Un’epoca della modernità s’è evidentemente conclusa. Il capitalismo è infatti divenuto capitalismo universale. Ma pandemia e guerra stanno lì a dimostrare quanto la sua modernità, che almeno dal XVI° sec. ha significato crescita progressiva della ricchezza e allargamento dei beni primari a masse sempre più estese della popolazione, si sia venuta ormai estenuandosi.

Potremmo definire “età delle catastrofi” il periodo storico nel quale l’umanità si accinge ad entrare, o meglio nel quale è già entrata a partire dalla globalizzazione dell’economia neoliberale che s’è iniziata storicamente con l’implosione dell’Unione Sovietica e la diffusione dell’economia a dominanza di capitale all’intero pianeta. Nel giro di trent’anni il neoliberismo, vale a dire il capitalismo come espansione illimitata del capitale, nella sua forma di capitale produttivo, capitale finanziario e capitale commerciale, ha mostrato dopo un decennio di diffusione e sviluppo, tutti i suoi intrinseci limiti, per proporsi, nell’orizzonte di un passaggio egemonico dagli Stati Uniti alla Cina, come sintesi di tre catastrofi che sempre più si apprestano e stanno per attraversare e devastare la vita del XXI° secolo.

Tale nuova età delle catastrofi si configura attraverso la compresenza del suo agire su tre livelli distinguibili ma pure riconducibili a facce di una stessa realtà.

    1. La catastrofe ecologica.
    2. La catastrofe geo-politica.
    3. La catastrofe antropologica della mente.

 

1. La catastrofe ecologica

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Alessandro Pascale: Guerra, crisi e sfide per il futuro

intellettuale collettivo

Guerra, crisi e sfide per il futuro

di Alessandro Pascale

Relazione sulla politica estera e le ricadute economiche e sociali per il Comitato Scientifico di Democrazia sovrana e popolare, 14 gennaio 2023

robot 2301646 1280Vorrei iniziare ricordando la particolarità del periodo storico che stiamo vivendo, segnato dalla crisi dell’impero statunitense e dall’ascesa di un mondo multipolare caratterizzato dall’egemonia crescente della Cina comunista. È in questo quadro che dobbiamo situare gli eventi degli ultimi anni, compresa la guerra alla Russia e la pandemia COVID.

Il mantenimento stabile nell’ultimo secolo di un assetto imperialista ha fatto sì che l’Occidente abbia potuto fondare il proprio benessere sullo sfruttamento del “terzo mondo”. Il passaggio alla globalizzazione neoliberista, avvenuto dagli anni ‘70, ha però mostrato tutte le contraddizioni del sistema capitalistico, facendo perdere sul lungo termine competitività all’Occidente. La guerra in corso non è quindi un evento episodico e casuale, ma la risposta delle élite transnazionali occidentali alla perdita del controllo monopolistico dei mercati ricchi di risorse dell’Africa, dell’Asia, dell’America latina.

Che la pace non sia in effetti salutare per l’Occidente era emerso dagli esiti del World Economic Forum, che a partire dalle elaborazioni di Klaus Schwab ha lanciato la necessità di un “great reset” per garantire il rinnovamento del processo di accumulazione capitalistica occidentale: in estrema sintesi mentre non si fa nulla per cancellare gli enormi squilibri dovuti ad un’economia finanziaria ipertrofica, totalmente sganciata dall’economia reale, si lancia l’idea di una conversione economica in senso ecologicamente sostenibile.

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Salvatore Bravo: Disumane dipendenze

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Disumane dipendenze

di Salvatore Bravo

isteria di massa copiaIl totalitarismo tecnocratico si svela nella pratica pedagogica e didattica. Il totalitarismo si caratterizza per il controllo massiccio e pervasivo della formazione di ogni ordine e grado. Sulla formazione il dominio si gioca il futuro, in quanto la scuola e l’università preparano la futura classe dirigente, pertanto controllare l’ordine del discorso e filtrarlo significa controllare i saperi e attraverso di essi le parole e le coscienze. Il totalitarismo è una megaoperazione di filtraggio dei contenuti e dei messaggi. Il potere riproduce se stesso con il controllo e la programmazione pianificata delle parole che possono essere pronunciate e pensate. Il linguaggio crea mondi ed ermeneutiche, pertanto formare al linguaggio del capitalismo implica disegnare confini invalicabili, imporre frontiere al linguaggio e al logos. Le tecnologie sono il mezzo più efficace per la riproduzione del dominio, sono controllate da privati che selezionano informazioni e siti, e nel contempo, sono un immenso affare. I dispositivi tecnologici sono la merce più acquistata dalle giovani generazioni e non solo.

In assenza di una paideutica all’uso consapevole dei mezzi tecnologici si assiste all’occupazione dello spazio e del tempo delle nuove generazioni, le più indifese, con i dispositivi tecnologici. Per il nuovo totalitarismo è un doppio affare: le nuove generazioni sono un mercato fertile per il plusvalore, e inoltre comprano ciò che, in non pochi casi, li rende destrutturati nel carattere e nello spirito con la dipendenza dai dispositivi. Lo schiavo compra le proprie catene, poiché il dispositivo tecnologico consegna chi lo usa al sistema attraverso le informazioni che la rete acquisisce e mediante i messaggi che circolano in rete, i quali “possono colonizzare” la mente.

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S. C.: Il governo imbrigliato nella camicia di forza del MES

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Il governo imbrigliato nella camicia di forza del MES

di S. C.

Per il governo Meloni si sta intricando sempre di più la matassa del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) ossia dell’ennesimo meccanismo vincolante elaborato dall’Eurogruppo.

Da un lato il governo recalcitra (e in questo caso a ragione) a sottoscrivere un nuovo laccio del vincolo esterno come il MES, dall’altra vorrebbe ridiscutere alcuni aspetti del Pnrr sui quali l’Italia non può che arrivare in ritardo sul piano attuativo con il rischio di perdere finanziamenti.

Tra l’altro, occorre ricordare che l’Italia è l’unico paese che del Piano Europeo ha preso più soldi in prestito (accumulando altro debito) che a fondo perduto. L’ennesima scelta suicida, voluta da Draghi, che ha reso ancora più forte quel “vincolo esterno” al quale le classi dirigenti italiane hanno affidato le sorti del paese dal 1992.

Dunque il governo Meloni vorrebbe discutere con Bruxelles sia dell’adesione al MES che delle modifiche al Pnrr, ma sia dall’Eurogruppo che dalla Commissione europea hanno fatto sapere che prima si aderisce e poi si discute.

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Giuseppe Masala: Il Regno Unito supera la linea rossa in Ucraina: e ora?

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Il Regno Unito supera la linea rossa in Ucraina: e ora?

di Giuseppe Masala

La strategia occidentale contro la Russia appare evidente. Il primo step è stato che prevedeva di logorarla con una guerra contro l’Ucraina il cui esercito è stato potentemente armato in questi anni e che agiva trincerato nelle fortificazioni costruite in Donbass.

Un secondo step (che secondo me sta per partire) dove una coalizione di volenterosi si batterà contro la Russia usando l’Ucraina (ormai stremata e pronta al collasso) come campo di battaglia. E’ di oggi la notizia che la Gran Bretagna trasferirà in Ucraina non solo i carri Challenger2 ma anche degli elicotteri d’attacco Apache. Sempre più difficile sostenere che non c’è un intervento diretto dei britannici, bisogna essere davvero ingenui a credere che degli elicotteri Apache possano essere pilotati da dei piloti ucraini che su sistemi d’arma così complessi della Nato non hanno alcuna competenza, che peraltro si matura in anni e non certo in un training di 1 mese. Allo stessso modo possiamo dire del sistema antiaereo SAMP-T che gli italiani stanno per cedere a Kiev…difficile credere che il personale che dovrà usarlo sia ucraino.

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Federico Giusti: Inflazione, salari , pensioni, adeguamenti al costo della vita

lafionda

Inflazione, salari , pensioni, adeguamenti al costo della vita

Il pasticciaccio del Governo e delle politiche di austerità

di Federico Giusti

Esistono luoghi comuni duri a morire, e uno dei più gettonati negli ambienti liberal o neoliberisti è quello della inflazione da combattere ad ogni costo perché ogni suo aumento avrebbe impatti negativi sulle dinamiche salariali. E sulla base di questa granitica certezza si sono costruite politiche di austerità pensando che l’intervento pubblico sia solo una iattura per il buon andamento dell’economia, salvo poi ricredersi ogni qual volta si bussa alla porta dello Stato per gli ammortizzatori sociali, la defiscalizzazione dei premi o per avere politiche salariali e contrattuali all’insegna della riduzione di spesa.

Solo pochi anni fa si pensava che la soluzione fosse legata al quantitative easing, aumentando la circolazione della moneta che a sua volta serviva per l’acquisto dei titoli. L’aumento della liquidità presupponeva bassi tassi di interessi e gli interventi dell’autorità finanziaria e dei Governi sono serviti a ritardare lo scoppio della crisi che poi, con l’arrivo della guerra, è parso irreversibile anche per processi speculativi attorno ai costi e alle forniture dei generi energetici.

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Resistenze al nanomondo: ICGEB: La sovranità della scienza al di sopra di tutto

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ICGEB: La sovranità della scienza al di sopra di tutto

di Resistenze al nanomondo

È ormai di qualche mese la notizia che il governo italiano ha conferito piena immunità e inviolabilità al Centro Internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) di Trieste e al personale di ricerca in esso presente. Lo Stato italiano si è impegnato ad elargire un finanziamento annuo di 10 milioni di euro e l’utilizzo gratuito di circa 8000 metri quadrati di suolo ed edifici.

L’ICGEB nasce nel 1983 come progetto dell’Organizzazione Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (Unido), diventando successivamente nel 1994 un’Organizzazione Internazionale autonoma che riunisce 65 Stati membri, con collaborazioni di settore come la Fondazione Bill e Melinda Gates, la New England Biolabs (attiva in ricerche in campo biotecnologico) e la Genethon, azienda leader nel campo della terapia genica. ICGEB ha svariati laboratori nel mondo ed è strettamente legato all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite di cui condivide la visione sulle prossime emergenze.

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