Salviamo il Paesaggio audita alla Camera sul progetto del Ponte sullo Stretto

Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio – 2/5/2023

 

 

Salviamo il Paesaggio audita alla Camera sul progetto del Ponte sullo Stretto

Il 14 aprile 2023, l’architetto Riccardo Picciafuoco ha firmato la nota integrativa inviata alle Commissioni riunite VIII Ambiente e IX Trasporti della Camera dei Deputati per conto del Forum Salviamo il Paesaggio, audito sul tema della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Il documento completo si trova a questo link, mentre qui di seguito ne riportiamo qualche stralcio.

La realizzazione del Ponte sulla Stretto è contro i principi della Costituzione

“Il riferimento valoriale dell’azione del Forum è stato sin dall’inizio l’Articolo 9 della Carta Costituzionale che, anche a seguito della recente modifica, impegna lo Stato a tutelare “il paesaggio, l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Nei confronti di questi principi costituzionali, lo si ricorda di carattere primario e intangibile come più volte ribadito dalla stessa Suprema Corte, il decreto del Governo che prevede di riattivare le procedure per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina costituisce a nostro avviso un grave vulnus, e si pone in radicale contraddizione non solo con l’assunto della Carta, ma anche con il buon senso per i motivi che di seguito cercheremo di esporre e argomentare, seppure in sintesi”.

“In premessa, però, non si può tacere che sono passati più di sessant’anni da quando furono avanzate le prime proposte, più o meno fantasiose e irrealizzabili, che prevedevano un collegamento tra Continente e Sicilia. Come noto dagli anni Ottanta si è anche costituita una società partecipata dallo Stato con lo scopo di mettere a punto un progetto di ponte che avesse i requisiti di fattibilità, ma tutto questo non ha avuto alcun seguito concreto se non lo sperpero di denaro pubblico (al quale si aggiunge il rischio che il contenzioso generato possa sfociare, in caso di realizzazione dell’opera, in assegnazioni senza gara)”.

“Tra i profili e gli aspetti che si sono rivelati più critici – di fatto impeditivi – riguardo alla fattibilità del Ponte, citiamo qui quelli relativi alla necessaria sicurezza sismica e all’azione dei venti, alla fattibilità tecnico-strutturale, agli elevati costi, sia iniziali che di gestione, rispetto ai benefici reali, agli incerti impatti socioeconomici rispetto al contesto locale, alla indispensabile connessione funzionale efficiente con le reti stradali e ferroviarie a monte e a valle del Ponte e infine, pur convenendo che quest’ultima considerazione non può essere aprioristicamente ostativa alla realizzazione di opere pubbliche, ai rischi di infiltrazioni mafiose nella fase di appalto e realizzazione dell’opera”.

Il progetto di Ponte sullo Stretto © Wikimedia Commons

Migliaia di tonnellate di calcestruzzo e acciaio devasteranno il paesaggio

“Venendo agli aspetti che a noi interessano maggiormente, quelli più strettamente paesaggistico-ambientali, dobbiamo registrare che il progetto che al momento sembra essere quello prescelto, prevede un ponte sospeso tra due piloni a un’unica campata che presenta enormi problematiche per quanto riguarda il suolo e il sottosuolo, gli ecosistemi e la biodiversità, il paesaggio, le risorse idriche, l’idrodinamica costiera, l’inquinamento dell’aria e da rumore (particolarmente elevato nella lunga fase dei lavori), la salute dei residenti”.

Per comprendere la consistenza dei rischi cui le citate risorse naturali e componenti ambientali verrebbero sottoposte, basta qui citare che per la realizzazione delle opere saranno necessari 500 mila metri cubi di calcestruzzo e decine di migliaia di tonnellate di acciaio, e saranno prelevati dal sottosuolo circa otto milioni di metri cubi di rocce. Il calcestruzzo richiederà a sua volta centinaia di migliaia di tonnellate di cemento, un materiale dalla produzione fortemente climalterante, oltre a centinaia di migliaia di metri cubi di acqua, sabbia e inerti.

“Quanto al paesaggio dobbiamo considerare il suo stravolgimento, non solo relativo all’inserimento delle gigantesche strutture a vista, ma anche alle demolizioni di molteplici edifici e allo stravolgimento della morfologia dei tratti di costa interessati dal posizionamento dei piloni. In relazione alla biodiversità, ai relativi habitat e più in generale agli ecosistemi presenti nell’area, è
sufficiente notare come in zona siano stati individuati ben 12 siti, tra SIC e ZPS, soggetti alle disposizioni delle direttive europee che proteggono gli habitat e le specie target a rischio di cui alla Rete Natura 2000″.

I costi del Ponte li pagheranno i nostri nipoti

“Se poi volessimo uscire da una visione esclusivamente ambientalista e allargassimo la valutazione agli aspetti più strettamente relativi alla fattibilità o, come dovremmo dire, alla ragionevolezza economica del progetto a fronte dei potenziali vantaggi per i portatori di interesse potremmo far rilevare i seguenti elementi:

  • Gli investimenti previsti ammontano a oggi a quasi 15 miliardi di euro, il quintuplo dell’investimento
    inizialmente disposto per il ponte sospeso che attualmente detiene il record mondiale di lunghezza: si tratta di una cifra per la quale non sembrano disponibili coperture statali;
  • Se si decidesse di coprire parte della realizzazione in project financing, cioè fondi privati messi a
    investimento su un’infrastruttura in cambio di una rendita, la rendita dovrà essere garantita dai pedaggi autostradali e dai canoni versati dagli operatori ferroviari;
  • Quanto al traffico su gomma, difficilmente si può prevedere un grande uso da parte di pendolari (che dovrebbero percorrere chilometri di autostrada solo per raggiungere l’imbocco); del resto il traffico automobilistico di lunga percorrenza (sostituito da nave o aereo) non è più quello degli anni ’60, e le merci continueranno ad andare via mare (fra i costi per tonnellata nave vs. gomma c’è un abisso);
  • Relativamente al traffico ferroviario, l’unico operatore con materiale rotabile è Trenitalia (non Italo
    perché dopo Salerno non c’è una linea AV), oltre ovviamente a RFI per la rete. Entrambe le aziende sono pubbliche;
  • Se quindi come sembra logico ad alimentare la rendita dei finanziatori non saranno i trasporti su gomma ma i treni di Stato, l’opera sarà interamente e abbondantemente pagata negli anni dai contribuenti e dai loro figli e nipoti;
  • Negli anni, quest’onere potrebbe poi creare un contenzioso. In questo caso, viste le previsioni realistiche di traffico e le citate difficoltà di uso da parte dei pendolari, è ragionevole ritenere che sussista un rischio elevato di fallimento della società che avrà in gestione l’infrastruttura. Questo è quanto avvenuto a seguito di molte altre faraoniche, per quanto ammirevoli, imprese: citiamo ad esempio Eurotunnel, che mette in comunicazione Parigi con Londra (non Palermo con Stoccolma) e chiude in passivo da decenni.

Conclusioni

“Alla luce dei molteplici e seri elementi di criticità qui sopra espressi ed argomentati, l’impressione è che questa “rinascita” del progetto del Ponte sullo Stretto rappresenti la volontà di far rivivere un vero e proprio mito, da proporre come simbolo e vessillo a servizio del potere politico di turno (a questo proposito sarebbe molto utile rileggere un libro uscito nel 2007 a cura di Aurelio Angelini – ultima ristampa 2016 per Franco Angeli – dal titolo “Il mitico ponte sullo stretto di Messina”, dal quale emerge con evidenza la considerazione che il Ponte abbia sempre rappresentato una “sfida mitica” alla ragione)”.

“Perciò rifiutiamo l’accusa dei tanti sostenitori del Ponte che imputano agli ambientalisti un approccio ideologico: questo, al contrario, dovrebbe essere imputato proprio a chi sostiene (e anzi sembra quasi voler imporre alla collettività) un’opera che invece dovrebbe meritare riflessioni, analisi e approfondimenti: su aspetti critici ai quali, in più di quaranta anni, non è stata opposta alcuna soluzione credibile e certa, tale da dare garanzie sulla concreta fattibilità dell’opera sotto i vari e complessi profili ambientali, sociali, economici, paesaggistici, e persino etici e culturali”.

“Del resto, in Italia e nei decenni fino a oggi, la rappresentanza politica degli ambientalisti è stata sempre particolarmente ridotta: come ha potuto una rappresentanza così risicata tenere in scacco un progetto di questa portata, se davvero i vantaggi fossero stati quelli da anni propagandati da tanti governi del Paese?”

“Piuttosto si dovrebbe avviare una stagione politica e culturale per la quale lo sviluppo perseguito con le grandi opere dovrebbe essere sostituito da una crescita realmente sostenibile mediante la realizzazione di tante medie e piccole opere diffuse sul territorio ma integrate all’interno di una strategia di rigenerazione, risanamento e riqualificazione di medio lungo termine, figlia di una visione per la quale l’uomo non è più il padrone invasore e prevaricatore della Natura, ma che con essa dialoga rispettandone tempi, valori e prerogative intangibili”.

“Dovendo comunque prendere atto che le procedure per la realizzazione del Ponte saranno avviate quanto prima in attuazione del Decreto governativo ci aspettiamo che il necessario processo di Valutazione di Impatto Ambientale sia condotto affrontando con serietà e completezza le alternative da più parti auspicate alla realizzazione del Ponte, anche attraverso un approfondito, informato e trasparente confronto con le comunità locali e con tutti i portatori di interesse, senza alcun approccio dogma5co e precostituito preordinato all’unico obiettivo di “fare il Ponte” ma con l’obiettivo, questo anche da noi condiviso, di facilitare e rendere più efficienti i collegamenti tra isola e terraferma”.

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