Pino Cabras e Simone Santini: Due Popoli, uno Stato: per il tramonto del «Sionismo Reale»

Rassegna del 26/01/2024

 

 

Pino Cabras e Simone Santini: Due Popoli, uno Stato: per il tramonto del «Sionismo Reale»

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Due Popoli, uno Stato: per il tramonto del «Sionismo Reale»

di Pino Cabras e Simone Santini

Ricopio per intero un lungo articolo pubblicato nel libro “Demoni in Terra Santa” (Visione editore, ottobre 2023). L’articolo ha come autori Pino Cabras e Simone Santini e riprende una vecchia riflessione sulla nuova Guerra dei Cento Anni e su un percorso di soluzione politica che esce da tutti gli schemi. Buona lettura!

israstineQuel che ora leggete – un’analisi controcorrente sul tema più grave della crisi del Vicino Oriente – è un articolo in gran parte già edito, così come già edita è la dinamica che periodicamente si ripete con nuovi episodi che replicano lo stesso cliché nella Guerra dei Cento Anni in Terrasanta. Avevamo già pubblicato sul sito Megachip nel giugno 2010 gran parte di queste riflessioni, ma sentiamo l’esigenza di riproporle a nuovi lettori, con alcune notevoli attualizzazioni.

Non è facile parlarne mentre va in onda a reti unificate Tele Netanyahu. Il 15 ottobre 2023 sulla piattaforma X il premio Pulitzer Glenn Greenwald (forse il giornalista più autorevolmente impegnato al mondo sulla libertà di parola) è stato in proposito lapidario: «Esattamente come è accaduto con il COVID, e poi con la guerra in Ucraina, il sistema di censura su più fronti implementato dai governi occidentali è stato nuovamente attivato – ancora una volta a un livello sorprendentemente nuovo – per vietare il dissenso dalla politica dell’UE nei confronti di Israele/ Guerra di Gaza».

Ancora oggi in tanti estraggono da un cilindro sempre più consumato la vecchia idea della soluzione “Due Popoli Due Stati”. Temiamo che questo sia un coniglio morto e in avanzato stato di decomposizione. Riproponiamo perciò un’analisi controcorrente che per la Terrasanta invece immagina una soluzione certo più complessa, ma che forse meglio garantirebbe tutti. Naturalmente è una soluzione che rimanda al futuro. Per ora (lo sappiamo e non lo scordiamo), stanno parlando le armi e le stragi. Per ora impera nei media occidentali il marketing della disumanizzazione del Nemico. Ma dopo cosa accadrà?

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Salvatore Bravo: Cento anni dalla morte di Lenin

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Cento anni dalla morte di Lenin

di Salvatore Bravo

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1024x684.jpgCento anni ci separano dalla morte di Lenin, in un arco temporale così ampio nel quale la trasformazione sembra la cifra del nostro tempo. I processi trasformativi sono governati da leggi che bisogna decriptare, in modo da storicizzare ciò che appare “l’assoluto in Terra”. Lenin può essere un punto di riferimento dialettico per pensare “il tempo nuovo della Rivoluzione”. Il capitalismo nella sua fase imperiale occupa lo spazio e il tempo per neutralizzare ogni prospettiva storica altra. La logica competitiva-imperiale è nel quotidiano e si estende anche nelle attività divergenti. Il tempo libero è in continuità con la logica competitiva, la coscienza infelice motore della storia è anestetizzato dall’anglosfera. Le tossine del capitale sono tentacolari e hanno l’effetto di neutralizzare l’immaginazione concettuale con cui pensare l’alternativa. Occupare lo spazio-tempo in senso assoluto conduce a un pessimismo depressivo generalizzato, in quanto il presente all’ombra del capitale “sembra tutto”, non c’è scampo a esso. Il capitalismo è percepito come “totalità/gabbia d’acciaio senza alternativa” alla quale non si può sfuggire. Il centenario di Lenin avviene in un clima storico senza speranza. La possibilità di confrontarsi con un rivoluzionario che “ce l’ha fatta”, è motivo per comprendere l’importanza dell’evento e riattivare la dimensione della speranza.

Il capitalismo esalta gli organici al sistema e i disperati che si adattano rabbiosi e reificati. Lenin ci dimostra con la sua storia individuale inscindibile dalla storia del partito comunista, che la storia non è mai conclusa. Il rivoluzionario di ogni epoca deve cogliere le occasioni della storia che improvvise possono materializzarsi per trasformarle in azione. Lenin dunque dimostra che la prassi bisogna prepararla e agguantarla nel contempo.

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Leo Essen: Lo Stato Canaglia e la Reificazione di Lavoro (2 paroline su Wenders)

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Lo Stato Canaglia e la Reificazione di Lavoro (2 paroline su Wenders)

di Leo Essen

Persino la vecchia con reversibilità ribadisce il suo status – la differenza sociale – chiamando per due ore alla settimana, 20 euro, la donna delle pulizie moldava – la serva – a fare quei «lavori che gli italiani non vogliono più fare». Questo stesso mot-de-pass, comparso di recente, è la chiave che apre al mondo dei ricchi, il mondo degli stati canaglia. Il mondo dove non si produce valore, ma si consuma reddito, dove si stampa carta e la si vuole scambiare con merci prodotte in Cina. Dove si ribadisce una sovranità monetaria, convinti di poter comandare questo giochetto.

Non siamo all’interno della divisione capitalistica del lavoro, dove uno fa la Nutella, un altro fa il pane, e un altro ancora il coltello. Siamo alla frutta, dove uno sbuccia la mela, e un altro tiene il piattino, uno caca e un altro pulisce gli schizzi, uno calpesta i 20 mq di giardino e un altro taglia l’erba e spazza la cenere del BBQ.

Nessuno, per vivere – scrive Butler – dovrebbe svolgere un lavoro schifoso. Nessun americano, nessun italiano, dovrebbe fare un lavoro schifoso. Questo è il paradigma – la sindrome americana: l’idea che si possa vivere senza fare il lavoro schifoso, senza pulire il cesso – per esempio.

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Augusto Illuminati: Lenin, vittoria e sconfitta

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Lenin, vittoria e sconfitta

di Augusto Illuminati

STORIE. Si lanciò su un treno contro la storia per fare la Rivoluzione d’Ottobre. Se ne andò il 21 gennaio 1924. Ormai paralizzato, viveva a Gorki, in una dacia circondata dalla neve

Gennaio 1918 fu straordinariamente freddo a Pietrogrado, un vento nero piegava le ginocchia e di notte Gesù Cristo andava in pattuglia insieme a dodici guardie rosse. Eppure il 73esimo giorno dopo la presa del Palazzo d’Inverno Vladimir Il’ic uscì dal suo ufficio allo Smol’nyi, bevve champagne e si mise a ballare sulla neve. Realtà o leggenda? In questi casi, si sa, vince la leggenda. I bolscevichi avevano tenuto un giorno in più della Comune di Parigi, il primo assalto al cielo.

QUEL LENIN che balla scarica la paura per lo scampato pericolo e la felicità per avere afferrato al volo l’occasione offerta dalla congiuntura. Per miracolo, iniziativa soggettiva e circostanze si erano «riscontrate» e la rivoluzione aveva «fatto presa», contro ogni regola sugli stadi che avrebbe dovuto attraversare. Già nell’aprile 1917, scendendo dal treno piombato alla stazione di Vyborg, aveva dichiarata chiusa la fase democratica della rivoluzione: si era entrati in quella della conquista del potere da parte degli operai e dei contadini poveri, dei Soviet come organi dell’insurrezione, del rovesciamento del Governo provvisorio per la costruzione di una repubblica sul modello della Comune di Parigi.

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Giuseppe Masala: L’Europa si prepara alla rottura della Nato

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L’Europa si prepara alla rottura della Nato

di Giuseppe Masala

Che la Nato sia stata per decenni la longa manus del potere imperiale di Washington in Europa è vero sin dai tempi della Guerra Fredda che ha visto contrapporsi (non solo ideologicamente ma anche militarmente) gli USA all’URSS, con i paesi europei in ruolo ancillare: ossia, in caso di bisogno dovevano essere pronti a immolarsi e dunque ad accettare che il territorio europeo diventasse teatro di un nuovo sanguinoso conflitto.

Con la fine della Guerra Fredda e la vittoria sull’URSS lo scopo di questa alleanza era di fatto raggiunto ma nessuno propose di chiudere l’esperienza e di far ritirare gli yankees dal suolo europeo. Con il tempo questa organizzazione, orfana dell’URSS e dei comunisti, si ritagliò un ruolo da gendarme del mondo. Pensiamo a tale proposito alle guerre nella ex Yugoslavia che culminarono con i bombardamenti di Belgrado al fine di istituire uno stato fantoccio nella regione ribelle del Kosovo. Il medesimo discorso si può fare per quanto riguarda il bombardamento della Libia nel 2011 al fine di abbattere il governo di Gheddafi e che comportarono la distruzione di un paese che godeva di uno standard di vita altissimo per l’Africa e la sua trasformazione in uno stato fallito preda di banditi e di signori della guerra.

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Piccole Note: Trump non si ferma. E il Ceo di JP Morgan lo elogia

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Trump non si ferma. E il Ceo di JP Morgan lo elogia

di Piccole Note

DeSantis pensa di abbandonare, la Haley fa gaffe indicibili. E il Ceo di JP Morgan dice che Trump aveva ragione su Nato, Cina e tanto altro

Le speranze nutrite dall’establishment americano di fermare Trump già alle primarie repubblicane si affievoliscono. La vittoria in Iowa del “puzzone” è stata schiacciante quanto scioccante per i suoi nemici.

In realtà, era destino manifesto: bastava stare alla realtà piuttosto che alle narrative mainstream, che hanno il vizio di sovrapporre a essa i propri desiderata e spacciarli come dogma inconfutabile.

Risvegliato alla dura realtà, l’establishment si interpella sulle residue possibilità dei propri beniamini – Ron DeSantis e soprattutto Nikki Haley – di strappare al tycoon la nomination. E qui le cose si mettono davvero male.

Così Nicholas Nehamas sul New York Times: “Dopo l’umiliante sconfitta in Iowa, il governatore della Florida Ron DeSantis sta iniziando a segnalare che si sta costruendo una via d’uscita dalla corsa per la nomination dei repubblicani alle presidenziali; sembra, infatti, che stia prendendo atto che ha scarse prospettive di battere Donald Trump a causa dei sondaggi poco promettenti nel New Hampshire e nella Carolina del Sud”, dove si terranno le prossime consultazioni.

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Gianni Giovannelli: La metropoli diventa merce | Sul libro di Lucia Tozzi “L’invenzione di Milano”

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La metropoli diventa merce | Sul libro di Lucia Tozzi “L’invenzione di Milano”

di Gianni Giovannelli

L’urbanismo è la presa di possesso
dell’ambiente naturale e umano
da parte del capitalismo che, sviluppandosi
conseguentemente in dominio assoluto,
può e deve ora rifare la totalità dello spazio
come suo proprio scenario
(Guy Debord, La società dello spettacolo, 1969)

La casa editrice napoletana Cronopio ha pubblicato nell’anno appena trascorso questo prezioso saggio di Lucia Tozzi che ci offre spunti di riflessione e al tempo spesso costituisce un invito ad approfondire il tema della non ancora ultimata trasformazione di Milano, al fine di comprendere appieno il progetto capitalistico in via di attuazione, quale presupposto necessario per tentare di contrastarlo. Il sottotitolo (Culto della comunicazione e politiche urbane) salda polemicamente l’invenzione capitalistica di una metropoli sottratta per intero ai suoi abitanti e piegata alle esigenze di valorizzazione mediante la forma politico-istituzionale del dispotismo democratico occidentale.

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Michele Castaldo e Alessio Galluppi: I tempi storici non ammettono confronti

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I tempi storici non ammettono confronti

Due stuzzichini

di Michele Castaldo e Alessio Galluppi

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Il popolo, la destra, le compagnerie di sinistra e la dirompenza della talpa

di Michele Castaldo – www.michelecastaldo.org

youknowwhatSi è accesa una disputa su un accadimento di rilevanza uguale a zero, ovvero sui saluti romani di un gruppo di persone che si sono radunate per celebrare l’anniversario di Acca Larenzia, cioè dell’uccisione di alcuni militanti di estrema destra da parte di militanti di estrema sinistra nel 1978.

I fatti: «Acca Larenzia è la denominazione giornalistica del pluriomicidio a sfondo politico avvenuto a Roma il 7 gennaio 1978, per opera di un gruppo armato afferente alla sinistra, nel quale furono uccisi due giovani neofascisti appartenenti al Fronte della Gioventù, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, assassinati davanti alla sede del Movimento Sociale Italiano in via Acca Larenzia, nel quartiere Tuscolano. A tali fatti è strettamente legata la morte di un terzo attivista della destra sociale, Stefano Recchioni, ucciso qualche ora dopo negli scontri con le forze dell’ordine avvenuti durante una manifestazione di protesta organizzata sul luogo stesso dell’agguato».

Dai fatti menzionati ne scaturisce una onorificenza che ogni anno fanno i militanti di estrema destra, o dichiaratamente fascisti, recandosi sul luogo commemorando i morti col saluto romano, ovvero col braccio teso in avanti e la mano aperta.

Apriti cielo! «L’ombra del fascismo s’avanza ancora! » «Perché la presidente del consiglio tace? » e ancora «Perché non si dichiara apertamente antifascista»?

Mettiamo i piedi per terra e cerchiamo di ragionare seriamente non tanto sul passato, dove pure molte cose andrebbero chiarite solo per amore della verità, ma siccome la storia la raccontano e la scrivono i vincitori, pazienza.

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Pepe Escobar: Come venne sconfitto l’Occidente

comedonchisciotte.org

Come venne sconfitto l’Occidente

di Pepe Escobar – sputnikglobe.com

crollooccidente.jpgEmmanuel Todd, storico, demografo, antropologo, sociologo e analista politico, fa parte di una razza in via di estinzione: è uno dei pochissimi esponenti rimasti dell’intelligentia francese della vecchia scuola – un erede di quelli come Braudel, Sartre, Deleuze e Foucault che avevano affascinato i giovani nati dopo la Guerra Fredda, dall’Occidente all’Oriente.

La prima chicca che riguarda il suo ultimo libro, La Défaite de L’Occident (“La sconfitta dell’Occidente”), è il piccolo miracolo di essere stato pubblicato la scorsa settimana in Francia, proprio in un Paese NATO. Più che di un libro si tratta di una vera e propria bomba a mano, scritto da un pensatore indipendente, basato su fatti e dati verificati, che fa saltare l’intero edificio della russofobia eretto intorno all’”aggressione” dello “zar” Putin.

Alcuni settori dei media aziendali francesi, rigorosamente controllati dagli oligarchi, questa volta non hanno potuto ignorare Todd, per diversi motivi. Soprattutto perché era stato il primo intellettuale occidentale, già nel 1976, a prevedere la caduta dell’URSS nel suo libro La Chute Finale, basato sull’analisi dei tassi di mortalità infantile dell’Unione Sovietica.

Un altro motivo fondamentale era stato il suo libro del 2002 Aprés L’Empire, una sorta di anteprima del declino e della caduta dell’Impero, pubblicato pochi mesi prima dello Shock & Awe in Iraq.

Ora Todd, in quello che ha definito il suo ultimo libro (“Ho chiuso il cerchio”), può permettersi di rischiare il tutto per tutto e descrivere meticolosamente la sconfitta non solo degli Stati Uniti, ma dell’Occidente nel suo complesso, concentrando le sue ricerche sulla guerra in Ucraina.

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coniarerivolta: Nuovo Patto di Stabilità: può piovere per sempre

coniarerivolta

Nuovo Patto di Stabilità: può piovere per sempre

di coniarerivolta

cappio.png.jpegIl 2023 si è chiuso con un impeto di chiarezza e onestà intellettuale. Le istituzioni europee hanno, infatti, cercato di sgomberare definitivamente il campo da tutte le sciocchezze con cui anime candide e utili idioti ci ammorbavano dai mesi concitati della pandemia (l’Europa è cambiata! Mai più austerità, la priorità è il benessere delle popolazioni! La lezione è servita, l’Europa ha finalmente capito le virtù di una politica economica espansiva e coordinata!). Con la fine del 2023, infatti, è scaduta la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita che era stata decretata per contenere le conseguenze economiche del Covid-19. Una sospensione che, lungi dall’essere dettata da considerazioni di natura umanitaria sulla macelleria sociale che sarebbe derivata dall’applicazione pedissequa delle regole, ha avuto come principale obiettivo quello di salvaguardare i profitti. Ora che l’emergenza è finita e i profitti sono salvi, si torna alle regole.

Dopo mesi di negoziazioni, proposte della Commissione Europea e una ricerca di compromessi sempre più al ribasso, pochi giorni prima di Natale il Consiglio Europeo ha ‘finalmente’ trovato un accordo per la riforma della governance economica europea, riaffermando in maniera forte e chiara che l’austerità fiscale è Il principio cardine dell’integrazione europea.

Apparentemente, niente di nuovo sotto il sole, giusto? Purtroppo non è esattamente così. Per capire perché le nuove regoli fiscali rappresentino un salto di qualità e un ulteriore giro di vite, è necessario fare un passo indietro. Fino a prima della sua sospensione, sancita nei mesi più duri della pandemia, il cosiddetto Patto di Stabilità e Crescita era il meccanismo principe di disciplina delle finanze pubbliche dei Paesi membri dell’Unione Europea.

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Francesco Dall’Aglio: Le bufale e i soldi. L’Ucraina è un format

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Le bufale e i soldi. L’Ucraina è un format

di Francesco Dall’Aglio*

Un’estensione di quanto scritto ieri, e l’occasione di tornare, spero per l’ultima volta, su una questione che viene continuamente sollevata: le perdite russe.

Per vendere un conflitto futuro (indipendentemente dal fatto che ci sarà o meno, naturalmente) alla propria popolazione la paura non basta: occorre anche la promessa che sarà vittorioso, e senza nemmeno troppi problemi.

Sì, dovremo ripensare integralmente la nostra società, rinunciare ai nostri privilegi e alle nostre sicurezze, ma alla fine la guerra sarà vinta e riprenderemo a godere di tutte queste belle cose. Un piccolo sacrificio adesso per grandi vantaggi in futuro.

E quindi la Russia è certamente temibile e minacciosa, ma al tempo stesso il suo esercito può essere tranquillamente sconfitto dalla nostra superiore tecnologia e dalle nostre superiori tattiche.

La prova di questo, ci dicono, sono le perdite catastrofiche che i russi stanno subendo, sia in uomini che in materiali, dovute alla nostra superiorità tecnologica, alla tattica dell’ondata umana, l’unica che i comandanti post-sovietici conoscono (che poi non sia vero e non lo sia mai stato poco conta: chi andrà a leggersi qualcosa sulla “battaglia in profondità” sovietica? Ondate umane, terra bruciata, un fucile ogni due soldati e generale inverno, quest’è), e una generale inferiorità intellettiva e fisica che non voglio definire razziale perché qui siamo tutti liberal, ma che bene o male va in quella direzione.

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Giacomo Gabellini: Crisi nel Mar Rosso: cosa può accadere all’economia mondiale?

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Crisi nel Mar Rosso: cosa può accadere all’economia mondiale?

di Giacomo Gabellini

Ormai da oltre due mesi, gli Houthi, gruppo yemenita di fede sciita e collegato all’Asse della Resistenza imperniato sull’Iran, conduce una campagna di pirateria nelle acque prospicienti il Golfo di Aden contro i navigli riconducibili a Israele. Con azioni anche spettacolari come quella risalente allo scorso novembre che ha portato alla cattura di Galaxy Leader, nave di proprietà del miliardario israeliano Abraham Ungar. «La detenzione della nave israeliana – ha dichiarato un portavoce degli Houthi – rappresenta un passo pratico compiuto a dimostrazione della serietà delle forze armate yemenite nel condurre questa battaglia marittima, senza riguardo per i costi che comporterà. Si tratta soltanto dell’inizio».

Gli Stati Uniti hanno reagito dapprima promuovendo un programma internazionale di pattugliamento del Mar Rosso, e successivamente colpendo, di concerto con la marina militare britannica, numerosi obiettivi in territorio yemenita – compresa la capitale Sana’a e il governatorato costiero di Hodeidah – al fine deliberato di “neutralizzare” gli Houthi.

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Antonio Gibelli: Gaza: genocidio?

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Gaza: genocidio?

di Antonio Gibelli*

 

Genocidio?

La questione giuridica sollevata dalla denuncia del Sudafrica contro Israele andrà risolta nella sede della Corte internazionale di giustizia cui è stata posta. La procedura prevede che prima dell’emissione della sentenza, la quale potrà richiedere un tempo lungo, si possa imporre l’interruzione dell’azione israeliana, il che appare importante perché – a differenza della feroce azione terroristica di Hamas, consumata in un giorno – quella di Israele, comunque la si qualifichi, è in corso tutt’ora e si annuncia come durevole.

La denuncia del Sudafrica ha sollevato polemiche, distinguo, prese di distanza, inclusi argomenti palesemente capziosi (come l’equiparazione di Gaza a Dresda, ossia di due milioni di civili palestinesi agli ottanta milioni di tedeschi della superpotenza mondiale nazista) di cui non val la pena di occuparsi. Inoltre si parla molto delle malefatte del Sudafrica e poco o niente del merito. Soprattutto si solleva scandalo contro chi osa accomunare sotto la categoria di genocidio il comportamento attuale di Israele e la Shoah.

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Jeffrey Sachs: I signori delle armi hanno Joe in pugno

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I signori delle armi hanno Joe in pugno

di Jeffrey Sachs

In politica estera il presidente americano ha due ruoli essenziali: quello di tenere a freno il complesso militare-industriale, o Mic, che spinge sempre per la guerra; e di tenere a freno gli alleati che si aspettano che gli Usa vadano in guerra per loro conto.

Alcuni presidenti esperti ci riescono, ma la maggior parte fallisce. Joe Biden è certamente un fallimento.

Uno dei presidenti più avveduti è stato Dwight Eisenhower. Alla fine del 1956, dovette affrontare due crisi simultanee: la guerra disastrosamente sbagliata lanciata da Regno Unito, Francia e Israele per rovesciare il governo del Cairo e riprendere il controllo del Canale di Suez dopo la nazionalizzazione da parte dell’Egitto. Eisenhower costrinse gli alleati a fermare l’attacco sfacciato e illegale, anche attraverso una risoluzione dell’assemblea generale Onu; e la rivolta ungherese contro la dominazione sovietica. Pur simpatizzando con la rivolta, Eisenhower tenne saggiamente gli Usa fuori dall’Ungheria, evitando una pericolosa resa dei conti militare.

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Vincenzo Comito: La guerra dei chip e delle auto

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La guerra dei chip e delle auto

di Vincenzo Comito

La Cina guida ormai la produzione di alto livello tecnologico, dai chip alle auto. USA ed Europa stanno introducendo norme per ostacolare la crescita dei settori produttivi e le esportazioni dei loro avversari geopolitici, a discapito soprattutto dello sviluppo dei paesi emergenti

Il settore dei chip

È nota l’importanza strategica del settore dei chip, che oggi costituiscono il cuore e il sistema nervoso della gran parte dei business. In un prodotto come l’auto ce ne sono più di mille.

È anche noto che la situazione a livello mondiale, in questo come ormai in molti altri settori, vede il dominio dell’Asia nella produzione, in particolare quello di Taiwan nei chip avanzati nelle unità centrali (Cpu) e della Corea del Sud in quelli di memoria, mentre la Cina è di gran lunga il principale mercato mondiale. Gli Stati Uniti e l’UE, una volta padroni del settore, vedono oggi la loro quota di produzione mondiale non superare il 10% per ciascuno, mentre i primi mantengono comunque mantengono una certa leadership in alcuni segmenti del settore.

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