Raffaele Sciortino: Stati Uniti e Cina allo scontro globale

Rassegna del 05/02/2024

 

Raffaele Sciortino: Stati Uniti e Cina allo scontro globale

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Stati Uniti e Cina allo scontro globale

Epilogo

di Raffaele Sciortino

“Pubblichiamo il capitolo di aggiornamento al volume di Raffaele Sciortino “Stati Uniti e Cina allo scontro globale”,  redatto nello scorso settembre per l’edizione inglese del libro che uscirà per Brill il prossimo aprile.”

Questo capitolo, che aggiungiamo alla traduzione dell’edizione originale uscita nell’ottobre del 2022, mira a dar conto sinteticamente delle principali novità (relative) che si sono date nell’ultimo anno. Ne risulta confermata, crediamo, la tendenza alla disconnessione US-Cina e alla riconfigurazione del mercato mondiale (in senso marxiano) ma ancora al di qua di quelle precipitazioni drammatiche che possono portare a una sua vera e propria frammentazione attraverso crisi economiche, sociali e geopolitiche senza ritorno. La globalizzazione, così, sempre meno vale come cornice data dell’accumulazione mondiale, e sempre più come terreno di aspra competizione che dal livello dei singoli capitali trascresce a quello tra stati nazionali nel quadro della contrapposizione di fondo tra Occidente imperialista e Cina.

Inizieremo dalla principale novità: il cambio di passo impresso da Washington alla strategia del decoupling anti-cinese, sullo sfondo delle crescenti difficoltà statunitensi e occidentali nello scenario di guerra ucraino. Ne rintracceremo i primi effetti evidenti sulla dinamica già ben delineata di rallentamento generale della globalizzazione. Concluderemo con alcune osservazioni sulla risposta cinese, che a fronte dell’acuirsi dello scontro con gli Stati Uniti sta mostrando una continuità di linea strategica, e sulle prospettive di un’economia mondiale segnata dall’incertezza ma non (ancora) in recessione generale. Il che contribuisce a dar corpo a quella che abbiamo definito una sfida “riformista” sui generis all’ordine internazionale egemonizzato da Washington.

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Paolo Lago: Rileggere oggi il “Manifesto contro il lavoro”

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Rileggere oggi il “Manifesto contro il lavoro”

di Paolo Lago

Gruppo Krisis, Manifesto contro il lavoro e altri scritti, introduzione di M. Maggini, prefazione di A. Jappe, postfazione di N. Trenkle, Mimesis, Milano-Udine, 2023, pp. 164, euro 16,00

01dc2cca0ac2465d10.paperback.750x1297.52.5.pngÈ sicuramente un’esperienza interessante rileggere oggi il Manifesto contro il lavoro (Manifest gegen die Arbeit) del Gruppo Krisis, uscito in Germania nel 1999 e tradotto per la prima volta in italiano nel 2003 per DeriveApprodi1. Come ci informa Massimo Maggini nell’introduzione di questa nuova edizione uscita per i tipi di Mimesis, il Manifest ebbe in Germania altre tre edizioni, la seconda già nel settembre del 1999, la terza nell’ottobre del 2004 e la quarta ed ultima nel 2019. Le teorie esposte nel Manifest appartengono alla corrente di pensiero chiamata Wertkritik, cioè “Critica del Valore”, secondo la quale la crisi che sta investendo il sistema del capitale è irreversibile ed è determinata proprio dalla crisi del lavoro, provocata a sua volta dalle varie ‘evoluzioni’ che esso stesso ha subito nel tentativo di aumentare e rendere migliori le sue applicazioni tecnico-scientifiche. Ciliegina sulla torta è stata la “rivoluzione micro-elettronica”, che ha espulso e reso inutili enorme masse di forza lavoro umana, ormai improduttive dal punto di vista della valorizzazione capitalistica. Naturalmente, come ricorda anche l’autore dell’introduzione, il lavoro che attaccano gli studiosi della “Critica del Valore” non è tanto l’operare umano in sé quanto invece quello che Marx definisce “lavoro astratto”, non finalizzato al benessere degli individui ma all’aumento del profitto e all’accumulazione monetaria in vista di nuovi investimenti.

Gli autori del Manifesto sono tre fra gli studiosi di spicco del Gruppo Krisis: Robert Kurz, Norbert Trenkle e Ernst Lohoff. La presente edizione2 ripropone, insieme al Manifesto, dei saggi significativi di questi studiosi (ai quali si aggiunge un saggio di Anselm Jappe) già presenti nella traduzione italiana del 2003.

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Alberto Burgio: La resa dei conti

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La resa dei conti

di Alberto Burgio

Schermata del 2024 02 04 15 00 42.pngNell’articolo di oggi, Alberto Burgio sviluppa i ragionamenti già espressi nel suo ultimo articolo «Salute al duce!». La reazione alle conquiste delle lotte operaie e del movimento operaio che si è sostanziata negli ultimi trenta/quaranta anni, arriva a compimento oggi con una radicalizzazione delle nuove logiche di dominio che si può comprendere come processo di neo-fascistizzazione delle liberaldemocrazie, ci dice l’autore. L’avanzata di Alternative für Deutschland in Germania e le riforme che sta portando avanti il governo Meloni sono, in tal senso, paradigmatiche.

* * * *

Approfitto dell’ospitalità di Machina per tornare sui temi trattati nell’intervento precedente e provare a svilupparli.

Chiarisco subito il punto: sono convinto che oggi in Italia (come in larga parte dell’Europa e dell’Occidente) sia in atto un processo di neo-fascistizzazione delle liberaldemocrazie, e che in questo processo giunga a compimento una fase (ultra quarantennale) di reazione organica alle conquiste che il movimento operaio e i movimenti anticoloniali avevano ottenuto nei «Trenta gloriosi» (sino alla metà degli anni Settanta).

Sul piano economico la reazione alle conquiste del movimento operaio e alle lotte anticoloniali nel trentennio post-bellico (conquiste salariali e politiche; in termini di diritti, indipendenza e influenza politica) si è basata (1) sulla mondializzazione del sistema di accumulazione, che ha disarmato il lavoro salariato e (2) sull’egemonia del capitale finanziario, che ha sradicato la sovranità economica degli Stati nazionali.

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Giacomo Gabellini: Il “piano segreto” di Israele per il dopoguerra

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Il “piano segreto” di Israele per il dopoguerra

di Giacomo Gabellini

Secondo il quotidiano israeliano «Maariv», Israele avrebbe elaborato con grande discrezione un piano per il dopoguerra. Il piano prevede per un verso l’istituzione di un governo militare israeliano provvisorio nella Striscia di Gaza, incaricato di rapportarsi con la popolazione locale e preposto sia alla gestione dell’ordine pubblico, sia alla distribuzione del materiale umanitario. Per l’altro, la nascita di una coalizione di Stati composta dai firmatari degli Accordi di Abramo più l’Arabia Saudita, che dovrebbe occuparsi di rifondare l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) inserendovi funzionari sia privi di qualsiasi connessione con Hamas, sia estranei alla “cerchia” dell’anziano e screditatissimo leader dell’Anp Abu Mazen.

Questo nuovo organismo, indicato come Nuova Autorità Palestinese, assumerebbe la responsabilità politica della Striscia di Gaza soltanto una volta ultimato il processo di stabilizzazione affidato al governo militare israeliano, destinato a dissolversi all’atto del trasferimento dei poteri. Fermo restando che Tel Aviv si riserva il diritto di continuare ad agire unilateralmente per ragioni di sicurezza ogni qualvolta se ne presenti la necessità (o, forse, l’opportunità), nell’ambito di operazioni assimilabili a quelle condotte nel 2008 (Piombo Fuso) e nel 2014 (Margine Protettivo). I famigerati tagli periodici dell’erba, come li qualifica il gergo militare israeliano.

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Miguel Martinez: Contadini

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Contadini

di Miguel Martinez

E’ da un po’ che mi manca il tempo per scrivere: un buon segno, vuol dire che sto facendo molte cose interessanti.

Ieri sera comunque abbiamo parlato tra amici e complici della grande rivolta contadina che è scoppiata in queste settimane in Europa.

Piccola scena commovente: i contadini francesi che sequestrano il cibo importato ai camion che lo stanno portando ai supermercati perché costa ancora di meno di quello francese, e lo distribuiscono ai Restos du coeur per sfamare i senza tetto.

La premessa: alla base di tutta la nostra vita c’è la produzione agricola.

Che è rappresentata da due vicini di casa.

Il primo è Giovanni da Montespertoli, che ieri sera ci faceva assaggiare il vino, il formaggio e la soprassata che lui cresce, cura e vende al mercato contadino alla Gavinana.

Il secondo è il suo vicino di campo: un imprenditore del rame con base a Milano.

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Il Chimico Scettico: Il nuovo piano pandemico ricalca “la migliore gestione”

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Il nuovo piano pandemico ricalca “la migliore gestione”

di Il Chimico Scettico

La logica è sempre quella: di nuovo si ribalta sui cittadini responsabilità che sarebbero di governi che si susseguono uno dopo l’altro lasciando la sanità sempre meno in grado di far fronte alle richieste quotidiane. Figuriamoci di fonte alla prossima emergenza pandemica.

Meloni ha ribadito nei fatti, se ce ne fosse ancora bisogno, che la politica odierna – quantomeno quella esercitata da un ceto dirigente pavido e confuso – può solo abbracciare i diktat neoliberisti, per i quali le emergenze sono occasioni di profitto e di riorganizzazione autoritaria dello spazio pubblico. Gli investimenti sulla sanità non sono solo inadeguati, largamente inferiori a quanto necessario, ma si accompagnano a una progressiva svendita dell’intero sistema di servizi. Il privato si lecca i baffi e, sulla scia dell’esempio a stelle e strisce, allunga le mani sulla medicina pubblica, preparando in tema di salute quello che l’autonomia differenziata sta realizzando sul versante dei rapporti tra sud e nord nel nostro Paese.

Le diseguaglianze sono così destinate a crescere, e una sanità lasciata alle brame degli agenti di profitto potrà solo divaricare ulteriormente le condizioni di vita che separano ricchi (pochi) e poveri (sempre di più).

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Vincenzo Maddaloni: Il sogno americano: la Germania fuori dall’Euro

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Il sogno americano: la Germania fuori dall’Euro

di Vincenzo Maddaloni

“Alternativa per la Germania” (AfD) starebbe valutando la possibilità di proporre un referendum sull’uscita della Germania dall’Euro (Dexit). Dopo la Brexit, l’ipotetica uscita dei tedeschi dall’Eurozona comporterebbe il ritorno ai compartimenti economici ermetici in pratica alla balcanizzazione dell’Europa

Come sottolinea Joel Kotkin sulla rivista Forbes, da decenni “i paesi del Nord (Germania, Norvegia, Svezia, Danimarca, Olanda, Finlandia e Regno Unito) hanno compensato i tassi di fertilità molto bassi e il calo della domanda interna con l’arrivo degli immigrati e la creazione di economie orientate all’esportazione altamente produttive”. Seguendo così la dottrina dello Schuldenbremse (freno al debito) che la Germania ha introdotto nella sua Costituzione nel 2009 con l’obiettivo imprescindibile che “ogni generazione paghi le sue spese e non consumi le tasse che i suoi figli pagheranno sotto forma di debito”.

La Germania avrebbe ottenuto successivi surplus economici negli ultimi cinque anni perché i tassi di interesse pari a zero o negativi applicati dalla BCE richiedevano meno soldi per pagare il debito pubblico e le permettevano di accumulare riserve per affrontare la crisi sociale COVID-19 con un massiccio impulso agli investimenti stimato in 20 miliardi di euro per rilanciare l’economia.

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Lorenzo Vagni: La vergognosa strumentalizzazione del Giorno della Memoria

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La vergognosa strumentalizzazione del Giorno della Memoria

di Lorenzo Vagni

articolo memoria 660x4002x.jpgIl 27 gennaio 1945 è una data fondamentale, una ricorrenza che non va dimenticata e il cui significato è necessario tramandare alle nuove generazioni. Quello che è stato internazionalmente istituito come Giorno della Memoria commemora la liberazione da parte dell’Armata Rossa del campo di concentramento di Auschwitz, nei pressi della città polacca di Oświęcim, il cui complesso di campi di concentramento e di sterminio fu il più grande realizzato dalla Germania e in cui si stima persero la vita oltre un milione di persone. La celebrazione della giornata fu stabilita dalle Nazioni Unite nel 2005, in occasione del sessantesimo anniversario della liberazione del campo, per commemorare le vittime dell’Olocausto, lo sterminio di due terzi della popolazione ebraica europea, oltre che di una serie di minoranze considerate inferiori dall’ideologia hitleriana.

Senza soffermarsi sugli eventi storici che portarono alla liberazione di Auschwitz da parte dei soldati sovietici, che segue cronologicamente la presa dei campi smantellati dai tedeschi di Majdanek, Chełmno, Bełżec, Sobibor e Treblinka, è necessaria una riflessione sul Giorno della Memoria e sul suo significato. La liberazione dei campi di concentramento e di sterminio rese possibile la scoperta degli orrori commessi nei lager nazisti, per lo più rimasti celati fino alla controffensiva sovietica e occultati dalle SS, che si affrettarono a distruggere quante più prove del genocidio non appena l’avanzata dell’URSS in quei territori si rivelò inarrestabile. La conseguente diffusione delle immagini, delle notizie e delle testimonianze dei sopravvissuti ebbe un notevole impatto sull’opinione pubblica in tutto il mondo, provocando sgomento per le atrocità commesse dai fascisti in tutta Europa e per ogni forma di genocidio, segregazione e discriminazione razziale.

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John Bellamy Foster: La dialettica dell’ecologia, un’introduzione

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La dialettica dell’ecologia, un’introduzione

di John Bellamy Foster

Pubblichiamo dal sito Antropocene.org, rassegna internazionale di ecosocialismo, la traduzione di un importante saggio di John Bellamy Foster dal numero di gennaio della rivista Montly Review

GreenMarx 90170 210x210.jpgL’intera natura si trova in un perpetuo stato di flusso…
Non vi è nulla che sia chiaramente definito in natura…
Ogni cosa è legata a tutto il resto…
Denis Diderot [1]

Come ha osservato l’ecologo di Harvard e teorico marxiano Richard Levins, «probabilmente la prima indagine di un oggetto complesso studiato come un sistema è stato il capolavoro di Karl Marx, Il capitale», che ha esplorato sia la base economica che quella ecologica del capitalismo, inteso come sistema socio-metabolico.[2] La premessa della Dialettica dell’ecologia, così come affrontata in quest’articolo, è che troviamo soprattutto nel materialismo storico classico/naturalismo dialettico, il metodo e l’analisi che ci permette di collegare “la storia del lavoro e del capitalismo” alla storia della “Terra e del pianeta”, consentendoci di indagare da un punto di vista materialista la crisi dell’Antropocene propria del nostro tempo.[3] Nelle parole di Marx, l’umanità è sia “una parte della natura”, che una “forza della natura”.[4] Nella sua concezione non era presente alcuna rigida divisione tra storia naturale e storia sociale. Piuttosto, «La storia della natura e la storia dell’uomo [umanità]» erano pensate come «l’una in dipendenza dall’altra sin tanto che l’uomo esisterà».[5]

Da questa prospettiva, la relazione tra lavoro, capitalismo e metabolismo terrestre, è al centro della critica dell’ordine esistente. «Il lavoro», scriveva Marx, «è, anzitutto, un processo che passa tra l’uomo e la natura, un processo attraverso il quale l’uomo, per mezzo delle sue stesse azioni, media, regola e controlla il metabolismo tra sé e la natura.

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Giorgio Agamben: Il fango e le stelle

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Il fango e le stelle

di Giorgio Agamben

foto 2cfdg
.jpgTutti ricordano l’aneddoto, narrato da Socrate nel Teeteto, della servetta trace, «arguta e graziosa», che ride osservando Talete che, tenendo fisso lo sguardo verso il cielo e le stelle, non vede quel che gli sta sotto i pedi e cade in un pozzo. In un appunto del Quaderno genovese, Montale rivendica in qualche modo il gesto del filosofo, scrivendo: «Chi trascina i piedi nel fango e gli occhi nelle stelle; quello è il solo eroe, quello è il sol vivente». Che il poeta ventunenne compendi e anticipi in questo appunto l’essenza della sua futura poetica, non è sfuggito ai critici; ma altrettanto importante è che questa poetica, come ogni vera poetica, implichi per così dire una teologia, sia pure negativa, che uno studioso attento ha drasticamente riepilogato nella formula «teologia della briciola» («Solo il divino è totale nel sorso e nella briciola» – si legge in Rebecca, «Solo la morte lo vince se chiede l’intera porzione»).

La teologia che è qui in questione, com’è evidente già nel dualismo «fango/stelle» dell’appunto giovanile e nelle «buie forze di Arimane» evocate in un intervento del 1944, è certamente gnostica. Come in ogni gnosi, i principi – o gli dei – sono due, uno buono e uno malvagio, uno assolutamente estraneo al mondo e un demiurgo che lo ha invece creato e lo governa. Nelle correnti gnostiche più radicali, il dio buono è così estraneo al mondo, che nemmeno si può dire che esista: secondo i Valentiniani, egli non è esistente, ma pre-esistente (proon), non è principio , ma pre-principio (proarche), non padre, ma pre-padre (propator). E come è estraneo al mondo, è anche estraneo al linguaggio, paragonabile a un abisso (bythos) intimamente congiunto al silenzio (sige):

«Il silenzio, madre di tutto ciò che è emesso dall’abisso, in quanto non poteva dire nulla dell’ineffabile, tacque; in quanto comprendeva, lo chiamò incomprensibile».

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Elena Basile: “È chi non denuncia i crimini di Israele che favorisce l’antisemitismo”

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“È chi non denuncia i crimini di Israele che favorisce l’antisemitismo”

di Elena Basile

Mi ero ripromessa di non personalizzare il dibattito, come avvenuto in passato, con Paolo Mieli e altre note voci del microcosmo mediatico, in quanto la difesa delle posizioni politiche ed etiche non deve essere contaminata da polemiche avvilenti. Ma non posso non rispondere all’editoriale di Mieli sul Corriere della Sera del 22 gennaio. Sono convinta che non otterrò risposte alle obiezioni razionali che pongo alle sue argomentazioni, ma spero che i lettori trarranno beneficio dallo smascheramento di alcune operazioni culturali di moda oggi.

Il potere fragile nelle dittature risponde al dissenso con la violenza, quello forte e radicato delle democrazie si limita a oscurare il pensiero non in linea con la narrazione dominante. È quanto di comune accordo i media mainstream fanno nei confronti della sottoscritta. Capisco che Mieli abbia un particolare affetto e rispetto per la storia di Israele. È in buona compagnia. Molti altri sono i giornalisti in auge che, talvolta per rispetto reverenziale verso una lobby potente e talvolta per convinzione, illustrano al lettore le ragioni di Tel Aviv.

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Rafael Poch: La sadica vendetta dei complici

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La sadica vendetta dei complici

di Rafael Poch

 

Italia, Stati Uniti, Germania, Inghilterra, Canada, Olanda, Francia, Svizzera, Australia, Giappone, Finlandia e Romania. Cos’è questa se non una vendetta del genocidio e dei suoi complici? La domanda di Rafael Poch non lascia spazio ad alcuna esitazione. Il pretesto della “denuncia” israeliana verso 12 persone tra i 13mila dipendenti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi che il 7 ottobre avrebbero partecipato alle violenze seguite all’apertura della breccia nelle recinzioni della Striscia di Gaza (e dunque – chissà a quale titolo? – alle stragi) in altre circostanze susciterebbe ilarità.

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Gaza FREEstyle. SOS GAZA: mandiamo alcune foto dei luoghi dove stiamo distribuendo aiuti umanitari ed aiutando le persone come possiamo. Da Gaza, ci è arrivata la richiesta di mandare fondi per comprare forni a legna e tende. Ci stiamo attrezzando. Se volete donare https://gofund.me/871465b2 E grazie di cuore per la fiducia e i messaggi che ci mandate. Spesso, aiutano noi e i palestinesi ad andare avanti. Grazie. ACS – Associazione di Cooperazione e Solidarietà

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Piccole Note: Gaza. Le trattative di Parigi: spiragli e ostacoli

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Gaza. Le trattative di Parigi: spiragli e ostacoli

di Piccole Note

Hamas si dice disponibile ad “esaminare” lo schema di tregua. Spaccature nel governo israeliano. Attacco alla base Usa: scongiurato, per ora, un attacco all’Iran

Alti funzionari del Qatar, dell’Egitto, di Israele e degli Stati Uniti, rappresentati questi ultimi dal pragmatico capo della Cia William Burns, riuniti a Parigi, hanno assemblato uno schema di accordo per arrivare a una tregua a Gaza in cambio della liberazione degli ostaggi. Lo schema ora è al vaglio di Hamas e sui media circola un tenue ottimismo, anche se non per l’immediato.

 

La tregua a Gaza

Il nodo gordiano resta la natura della tregua. Per Hamas è condizione ineludibile che sia duratura, mentre la politica israeliana resta divisa tra gli irriducibili della guerra a oltranza, disposti a concedere solo una pausa temporanea, e quanti sono aperti a un cessate il fuoco duraturo pur di riportare indietro gli ostaggi.

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Jeffrey D. Sachs: Israele non può nascondersi dalla Corte internazionale di giustizia

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Israele non può nascondersi dalla Corte internazionale di giustizia

di Jeffrey D. Sachs

La Palestina sopravviverà all’attuale terribile prova, profondamente ferita ma con un forte sostegno mondiale. Il futuro di Israele, invece, è in bilico, perché potrebbe presto ritrovarsi bandito dalla comunità delle nazioni in quanto violatore del diritto internazionale. Israele ha urgentemente bisogno di leader che facciano prevalere il diritto internazionale sulla forza militare, l’umiltà sull’arroganza e la pacificazione sulla brutalità. E Israele — non meno degli Stati Uniti — deve comprendere l’inutilità autodistruttiva del dispiegamento della forza militare per negare giustizia e diritti politici al popolo palestinese

È facile essere cinici nei confronti dello Stato di diritto internazionale. Non appena la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha stabilito che Israele sta plausibilmente commettendo un genocidio contro il popolo palestinese, il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato: “Continuiamo a credere che le accuse di genocidio siano infondate e notiamo che la Corte non ha fatto una constatazione di genocidio né ha chiesto un cessate il fuoco nella sua sentenza…”. I leader israeliani hanno dichiarato che il caso è “oltraggioso” e “antisemita”.

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Giuseppe Masala: Israele e l’apertura del Fronte Nord

lantidiplomatico

Israele e l’apertura del Fronte Nord

di Giuseppe Masala

La narrativa del mainstream occidentale in merito alla crisi innescata con l’invasione di Gaza da parte israeliana è semplice e di facile presa: dopo gli attentati terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023 (data immediatamente contrabbandata dagli spin doctors israeliani come l’11 Settembre del paese) Israele aveva acquisito il diritto di intentare una grande invasione di terra a Gaza che è un’area governata da Hamas. L’operazione di terra inevitabilmente si è immediatamente trasformata in una carneficina di civili palestinesi: ma anche questo elemento non ha fermato il governo di Netanyahu che è rimasto totalmente indifferente alle enormi pressioni internazionali che sono anche sfociate in una denuncia, da parte del Sud Africa, alla Corte Internazionale di Giustizia, massimo organo giurisdizionale dell’ONU che proprio in questi giorni ha deliberato che Israele sarà messo sotto processo addirittura per possibile genocidio del popolo palestinese.

Siamo stati facili profeti, il disastro diplomatico (che avrà costi enormi per Israele) ma anche la non facile operazione militare costata ingenti perdite umane e materiali non è stata vantaggiosa e anzi, non pare azzardato sostenere, che ha un trade-off assolutamente in perdita per Tel Aviv.

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