Scandalo al New York Times: Sotto inchiesta per menzogne sul 7 Ottobre

Antonietta Chiodo – 26/02/2024

Scandalo al New York Times: Sotto Inchiesta per Menzogne sul 7 Ottobre – News Academy Italia

 

Il New York Times in queste ore dichiara di avere aperto una inchiesta sulla presunta giornalista israeliana inserita recentemente nel team dell’agenzia di stampa, dopo che alcuni attivisti avevano fatto notare alla testata che la signora Anat Schwartz aveva sostenuto numerosi tweet del governo israeliano che incitavano al genocidio del popolo palestinese. Non basta oggi aprire una inchiesta su questa donna, anzi è bene che il consiglio di amministrazione chiarisca a tutti i suoi lettori come sia possibile che una videomaker di KAN canale statale israeliano, sia improvvisamente diventata una giornalista d’inchiesta ed abbia pubblicato articoli sulle violenze sessuali presumibilmente perpetrate il 7 ottobre.

Dobbiamo quindi domandarci se questo passo indietro del giornale sia dovuto alla paura di poter comparire un giorno nel fascicolo del Sud Africa accusati per incitamento al genocidio, vista l’ordinanza della Corte Internazionale pubblicata sulla gazzetta ufficiale il 26 gennaio 2024, definendo tutti attori coinvolti nell’atto genocidario anche coloro che inciteranno alla violenza e non solo i fornitori ufficiali di armi ad Israele.

La signora Anat Schwartz è stata inserita da pochi mesi nell’equipe redazionale statunitense con sede nella città di New York, dopo avere condotto le indagini come giornalista sui presunti stupri accaduti il 7 ottobre. La signora in questione pare abbia mentito, i dubbi ai vertici della redazione statunitense sembra siano arrivati dopo avere saputo che la freelance abbia cliccato like ad alcuni tweet, tra cui uno in particolare che citava appunto:

“Gaza deve diventare un mattatoio”.

La pseudo giornalista dopo le numerose segnalazioni che la chiamavano in causa ha scelto infatti di chiudere il suo account X nella speranza sparissero i like spammati a pioggia nei mesi precedenti.

Il sostegno della signora Schwarts nell’usare tutta la violenza possibile per ammazzare la popolazione civile di Gaza ha fatto inesorabilmente il giro del mondo, ricordiamo che il 45% della popolazione della Striscia è composta da bambini e che dei 30,000 morti circa il 50% sono minori al di sotto dei 17 anni.

Il New York Times si è trovato quindi obbligato a dichiarare ufficialmente :

“Siamo consapevoli che un giornalista freelance israeliano che ha lavorato con il Times ha messo mi piace a diversi post sui social media, Quei ‘mi piace’ sono violazioni inaccettabili della nostra politica aziendale. Stiamo attualmente esaminando la questione”.

All’interno dello staff del New York Times furono numerose le critiche in merito la pubblicazione dell’articolo sulle violenze sessuali a danno delle donne israeliane, consapevoli come ancora oggi non vi siano prove dell’accaduto, anzi è importante sapere che i medici forensi israeliani dichiararono di non poter confermare la su detta notizia a causa dell’impossibilità di effettuare prove scientifiche attendibili. Non vi sono quindi ancora oggi analisi evidenti, fu invece il governo israeliano a dichiarare con certezza gli stupri nonostante i corpi fossero oramai in via di decomposizione.

Ciò che stava accadendo all’interno del New York Times in realtà fu segnalato da due importanti giornalisti investigativi nel mese di gennaio Daniel Boguslaw e Ryan Grim, quando proprio la redazione di The Intercept si trovò implicata in mail alquanto dubbie ricevute per screditare il lavoro di Jeffrey Gettleman, Anat Schwartz e Adam Sella coinvolti nell’inchiesta.

Furono proprio le critiche all’interno della redazione del Times in merito alla puntata dedicata alle violenze del 7 ottobre a smuovere i primi dubbi facendo notare le numerose discrepanze nei racconti di alcuni sopravvissuti, venne infatti confermato da alcuni giornalisti interni ed esterni alla redazione che mancavano pezzi e prove nella narrazione prodotta dal premio pulitzer Jeffrey Gettleman.

Pochi giorni dopo venne infatti concesso un follow up ben organizzato per dare la possibilità al signor Gettleman di rispondere alle domande dei lettori che evidentemente non si convinsero del suo lavoro.

Il Times fu infatti obbligato a dichiarare che tempo dopo una delegazione delle Nazioni Unite non potè visionare le prove in merito agli stupri perché il governo israeliano dichiarò tutti i diplomatici presenti pregiudizievoli. Possiamo quindi sostenere che ad oggi non vi siano né prove né testimoni in grado di confermare che il sette ottobre i gruppi di resistenza abbiano violentato le donne israeliane, come fu smentita anche la notizia dello sgozzamento dei bambini all’interno del Kibbutz.

 

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