[nuovopci] Contributo (n)PCI a ‘Conferenza Teorica Internazionale su crisi economiche dell’imperialismo’

Avviso ai naviganti 140 – 11 aprile 2024

 

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Contributo (integrale) del CC del (nuovo)Partito comunista italiano alla “Conferenza Teorica Internazionale sulle crisi economiche dell’imperialismo” (Amsterdam, 28-29.03.2024) promosso dal Fronte Democratico Nazionale delle Filippine (FDNF)

 

Cari compagni,

il (nuovo)PCI plaude all’iniziativa organizzata dal FDNF sulla natura e l’origine della crisi del capitalismo nell’epoca imperialista.

Noi siamo alla vigilia di una svolta decisiva nella lotta che caratterizza l’epoca imperialista tra l’instaurazione del socialismo e la decadenza della società borghese. Siamo nel pieno di quei cambiamenti oggettivi indicati da Lenin come caratteristici di una situazione rivoluzionaria: “1. impossibilità per le classi dominanti di conservare il loro dominio senza modificarne la forma; 2. un aggravamento maggiore del solito dell’angustia e della miseria delle classi oppresse e 3. in forza delle cause suddette, un rilevante aumento dell’attività delle masse”. Lenin però avvertiva anche che la rivoluzione nasce solo da quelle situazioni rivoluzionarie in cui a questi elementi oggettivi si aggiunge una trasformazione soggettiva: “la capacità della classe rivoluzionaria di compiere azioni rivoluzionarie di massa sufficientemente forti da poter spezzare (o almeno incrinare) il vecchio regime, il quale, anche in periodo di crisi, non ‘crollerà’ mai da sé se non lo si ‘farà crollare’”. Solo le masse popolari possono dare soluzione alle contraddizioni in cui si dibattono, ma sono in grado di farlo solo sotto la direzione dei comunisti e a patto che questi abbiano una comprensione abbastanza avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e sulla base di questa la spingano avanti.

La comprensione della natura e dell’origine della crisi attuale è essenziale per i comunisti: da essa deriva la definizione della linea generale (strategia rivoluzionaria e tattiche) che il partito comunista deve seguire per condurre le masse popolari alla conquista del potere. È indispensabile in particolare per i comunisti dei paesi imperialisti. La rivoluzione socialista in questi paesi (almeno in uno o alcuni di essi) è la condizione per evitare una terza guerra mondiale dispiegata e per sollevare una nuova ondata della rivoluzione proletaria. Nei paesi capitalisticamente arretrati come la Russia e la Cina nel secolo scorso era ampiamente conosciuto quali progressi gli uomini potevano e dovevano fare (ma che era impossibile fare con i nobili e la borghesia al comando), donde la rivoluzione sovietica e la rivoluzione di nuova democrazia. Oggi nei paesi capitalisticamente arretrati (i paesi oppressi dal sistema imperialista), quali progressi e quale trasformazione della loro condizione sono possibili, tutti i malcontenti dello stato presente delle cose lo vedono nei paesi imperialisti, nei primi paesi socialisti e in quelli derivati da essi. Nei paesi imperialisti le masse popolari devono distruggere di loro iniziativa un ordine che le soffoca ma che sia pur malamente le nutre e costruire un nuovo sistema sociale che conoscono solo a grandi linee, che la borghesia denigra con mezzi raffinati e da cui cerca di distoglierle in mille modi. Quindi solo una scienza profonda del corso delle cose rende i comunisti di questi paesi capaci di capire quale percorso è possibile e necessario e di guidare le masse popolari a compierlo.

Oggi nel MCCO internazionale sono diffuse due tesi sbagliate su natura e origine dell’attuale crisi del capitalismo.

1. Che la crisi attuale è principalmente una crisi finanziaria: sono la finanza e i suoi disordini che sconvolgono l’economia reale. La finanziarizzazione dell’economia sarebbe causata dalla libertà d’azione che gli Stati hanno concesso a banche, fondi speculativi e monopoli eliminando o allentando regolamenti nazionali e internazionali.

2. Che la crisi attuale è fondamentalmente una crisi ciclica, come quelle analizzate da Marx e tipiche dell’epoca pre-imperialista della società borghese (la prima crisi ciclica si è verificata nel 1825 e l’ultima nel 1865, seguendo la successione 1825-1836, 1847-1857, 1865 e poi la Grande Depressione del 1873-1895, definita da Engels come “il pantano di disperazione di una depressione permanente e cronica”), caratterizzate dalla successione decennale di periodi di prosperità, sovrapproduzione di merci, contrazione e stagnazione dell’attività economica, ripresa di questa, dovute principalmente allo squilibrio tra domanda e offerta di merci e al carattere anarchico della produzione. La soluzione di queste crisi veniva dallo stesso movimento economico della società borghese. Con l’ingresso nell’epoca imperialista (avvenuto nell’ultimo quarto del XIX secolo e quanto alle sue caratteristiche economiche magistralmente illustrate da Lenin nel suo opuscolo del 1916) le crisi cicliche continuano ad esistere, ma perdono di importanza: diventano oscillazioni relativamente poco ampie tra periodi di sviluppo e periodi di depressione.

Entrambe queste tesi contribuiscono a mantenere buona parte del movimento comunista dei paesi imperialisti impantanato nelle deviazioni storiche dell’economicismo (le rivendicazioni sindacali e politiche di migliori condizioni di vita e lavoro) e dell’elettoralismo (la partecipazione alla lotta politica borghese, alle elezioni e alle assemblee elettive) per condizionare l’azione dei governi borghesi in senso favorevole alle masse (“più Stato, meno mercato”, regolamentazione delle attività finanziarie, investimento in nuove tecnologie, aumento dei salari, ammortizzatori sociali, ecc.) nell’attesa che “scoppi una rivoluzione”, anziché mettere al centro la conquista del potere da parte della classe operaia e delle masse popolari organizzate (instaurare la dittatura del proletariato e attraverso questa la democrazia proletaria) e finalizzare consapevolmente a questo anche la promozione delle lotte rivendicative e la partecipazione alla lotta politica borghese. Farla finita con il disastro del capitalismo è una guerra popolare rivoluzionaria: non basta la moltiplicazione delle lotte rivendicative e la partecipazione alla lotta politica borghese accompagnate dalla propaganda del socialismo, della storia del movimento comunista e delle sue conquiste, dell’esperienza dell’URSS e degli altri paesi socialisti.

Nell’epoca imperialista il fenomeno determinante del movimento della società è la sovrapproduzione assoluta (cioè non limitata ad alcuni settori, ma estesa all’intera economia) di capitale, di cui Marx ha trattato nel libro III di Il capitale. Marx aveva illustrato sia che la sovrapproduzione assoluta di capitale (dovuta alla caduta tendenziale del saggio del profitto connaturata al modo di produzione capitalista delle merci) prima o poi sarebbe diventata il fattore determinante del corso delle cose, sia le misure a cui per loro natura i capitalisti avrebbero fatto ricorso per ritardare lo sbocco catastrofico di esso. Engels, e dopo di lui Lenin e Stalin, hanno compreso che il capitalismo era entrato in un’epoca nuova e individuato le caratteristiche economiche e politiche di essa, ma non le hanno connesse con la sovrapproduzione assoluta di capitale prevista da Marx. Questa lacuna ha contribuito a quei limiti che impedirono che il MCCO instaurasse il socialismo nei paesi imperialisti nel corso della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria (1917-1976). È significativo che i comunisti alla fine della Seconda guerra mondiale si aspettavano una ripresa della crisi economica, invece della ripresa dell’accumulazione di capitale. I revisionisti moderni (fautori della via pacifica al socialismo, della collaborazione del campo socialista con il campo imperialista, della selezione nei paesi socialisti dei dirigenti sulla base dei loro risultati in termini di rendimento economico e di soluzione dei compiti immediati invece che in termini di avanzamento della costruzione del socialismo) sfruttarono l’errore di analisi della sinistra del movimento comunista a favore della loro tesi che le società borghesi erano entrate in una fase di stabile sviluppo progressista in campo economico e politico e dell’interpretazione del “capitalismo dal volto umano” (1945-1975) come segnale che i due sistemi sociali, capitalista e socialista, convergevano.

La crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale consiste nel fatto che il capitale risultante alla fine di un ciclo produttivo di merci è maggiore di quello che i capitalisti possono reimpiegare tutto con profitto nel ciclo successivo. Se lo impiegassero tutto, otterrebbero una massa di profitto uguale o inferiore a quella che hanno ottenuto nel ciclo produttivo concluso, quindi non lo fanno. I capitalisti impiegano diversamente il capitale-denaro con cui si ritrovano quando hanno venduto le merci prodotte dalle loro aziende. La frazione di capitale impiegata nella produzione e circolazione delle merci, sebbene ineliminabile, diventa secondaria ed è estremamente ridotta rispetto al complesso del capitale che i capitalisti devono valorizzare: nel 2013, secondo stime di BRI, FMI e BM, ammontava al 7% dell’intero capitale mondiale (75.000 miliardi $ su 1.070 miliardi $). Questa situazione genera crisi che pur nascendo dall’economia diventano generali, cioè investono ogni ambito della vita associata: politica, morale, cultura, ambiente. Nell’ambito del sistema di relazioni sociali capitaliste, esse trovano la loro provvisoria soluzione sul terreno politico, in uno sconvolgimento generale degli ordinamenti sociali a livello di singolo paese e del sistema di relazioni internazionali. L’instaurazione del socialismo e la costruzione del socialismo ad opera delle masse popolari dirette dai partiti comunisti sono in ogni paese la soluzione positiva e la fine di questo sconvolgimento.

Dopo il periodo del “capitalismo dal volto umano” di cui la ripresa dell’accumulazione di capitale tramite la produzione e circolazione di merci su scala globale è stata un aspetto fondamentale, dalla metà degli anni ‘70 il capitalismo è immerso nella sua seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale (CGxSAC). “Seconda” perché successiva alla prima, che è iniziata intorno ai primi anni del ‘900 e si è conclusa con la fine della Seconda guerra mondiale con annessa distruzione di capitali, uomini e mezzi e con la costituzione dei primi paesi socialisti e l’inizio della loro storia. La comprensione dell’origine e della natura della prima crisi generale del capitalismo è determinante per capire la storia politica e culturale del secolo scorso e trarne insegnamenti per far fronte oggi con successo alla seconda crisi generale in corso, in cui siamo coinvolti da circa cinquant’anni a questa parte, farne il terreno in cui si sviluppa la rivoluzione socialista e porre fine alla crisi con l’instaurazione del socialismo. Né le cure della destra borghese basate sulla teoria dell’offerta (il governo deve prendere misure che aumentano i profitti ai capitalisti che impiegano proletari nella produzione di merci), né quelle della sinistra borghese basate sulla teoria della domanda (il governo deve elargire soldi ai proletari e agli altri lavoratori) hanno posto né porranno fine alla crisi perché, dopo l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, l’iniziativa in campo economico è di nuovo nelle mani dei capitalisti e il motore dell’economia capitalista (ciò che spinge un capitalista a impiegare proletari) non è la produzione di merci ma la produzione di profitti: l’intoppo sta proprio nel fatto che oltre certi limiti l’aumento della produzione di merci non determinerebbe aumento bensì diminuzione della massa dei profitti e nessun capitalista assume più operai per avere meno profitto.

La seconda CGxSAC sta provocando una serie di conseguenze devastanti per le masse popolari e mette a rischio la sopravvivenza dell’umanità e del pianeta: l’espansione delle guerre e delle attività produttive e di ricerca volte alla guerra, l’invenzione di nuove sostanze (molte delle quali messe in uso senza aver verificato che non siano nocive) e la moltiplicazione dei beni e delle attività che entrano come nuove merci nel consumo degli esseri umani, la devastazione del pianeta con l’inquinamento dell’atmosfera, dei mari e della terra, l’eliminazione delle conquiste (in termini di sicurezza, eguaglianza, solidarietà, istruzione e assistenza sanitaria) che le masse popolari soprattutto nei paesi imperialisti avevano strappato alla borghesia nel periodo 1917-1976 e la guerra di sterminio non dichiarata che ne deriva, la ricolonizzazione di vecchi paesi coloniali e di ex paesi socialisti e l’induzione all’emigrazione delle popolazioni che devono lasciare spazio a piantagioni e attività estrattive, l’abbrutimento intellettuale e morale.

Ma questo a sua volta fa crescere la resistenza spontanea delle masse, aumenta i potenziali alleati del proletariato nella rivoluzione socialista, allarga il divario tra le masse e la classe dominante. Le masse popolari imparano dalla loro esperienza: non sono “manipolabili all’infinito”, come pensa la sinistra borghese e come teorizzano gli intellettuali del “controllo sociale totale”. Questa resistenza spontanea che, a causa della sua crisi, la borghesia non può cessare di alimentare, è il terreno che ha bisogno dell’opera di noi comunisti per diventare una marea montante e spazzare via il sistema capitalista. Prendere la direzione di questa resistenza trasformandola nella forza rivoluzionaria che porrà fine al dominio della borghesia è il compito dei partiti comunisti.

Nell’anno del centenario della morte di Lenin, raccogliamone l’insegnamento e lo spirito! Il leninismo ha sviluppato la scienza comunista fondata da Marx ed Engels in misura adeguata alle necessità della lotta politica che era all’ordine del giorno. Grazie a questi sviluppi, il partito di Lenin è riuscito a promuovere la prima rivoluzione socialista vittoriosa, che ha dato inizio alla prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria che ha coinvolto anche i paesi coloniali e semi-coloniali e alla costruzione del primo paese socialista che, sotto la guida di Stalin, ha sconfitto tutte le aggressioni fino al 1945.

Per essere all’altezza dei compiti politici che la situazione rivoluzionaria ci pone di fronte oggi, noi dobbiamo fare altrettanto, cioè sviluppare la scienza comunista in misura adeguata alle condizioni che la lotta di classe ha raggiunto. Auguriamo quindi alla Conferenza un fecondo dibattito, che sia portatore di sviluppi utili alla rinascita del MCCO in tutto il mondo, a partire dai paesi imperialisti.

Comitato Centrale del (nuovo)Partito Comunista Italiano

 

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