Scalata BNL: 3 anni di galera per Giovanni Berneschi di CARIGE

Rinviati tutti a giudizio i furbetti del quartierino. Aggiotaggio, insider trading, ostacolo alle autorità di vigilanza.

 

Scalata BNL:  3 anni di galera per  Giovanni Berneschi di CARIGE

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Quando Berneschi  disse “noi  ci  siamo  battuti per   l’italianità  della  Banda”.  Pardon Banca.

Vi ricordare i furbetti del quartierino? Quella  “banda” (proprio  il  caso  di  dirlo)  di predoni  che volevano comprarsi la Rcs, l’Antonveneta, la Bnl? Quelli che intercettati parlavano di scalate, di immobili, di santi in paradiso? Quelli con cui Fassino al telefono si meravigliava di “avere una banca”? Quelli che Fazio faceva entrare dall’ingresso secondario di palazzo Koch? Ecco, i furbetti del quartierino adesso sono in mezzo ai guai. La procura di Roma ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per 21 persone e 16 soggetti legali, cioè banche, compagnie assicurative e società,per aggiotaggio e ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza. E i nomi che i pm hanno scritto sul registro sono di quelli che pesano: Giovanni Alberto Berneschi (presidente del cda di  Banca Carige), Francesco Gaetano Caltagirone (presidente del patto di sindacato denominato “contropatto”), Stefano Ricucci, Vito Bonsignore, Danilo Coppola, Giuseppe Statuto, Ettore e Tiberio Lonati, Emilio Gnutti, Giulio Grazioli, Giampietro Nattino (ad di Banca Finnat), Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti (capi di Unipol), Gianpiero Fiorani e Gianfranco Boni (di Bpi), Guido Leoni (ad della Popolare della Emilia Romagna), Gianluigi Simone, Marco Malvicini e Stefano Roma (gestore del Leo Fund Managers Limited).

L’inchiesta da cui scaturiscono i rinvii a giudizio riguarda il “contropatto”, cioè il presunto accordo occulto messo in atto da immobiliaristi e raider che, tra il 2004 e il 2005, rastrellarono azioni Bnl per contrastare gli spagnoli del Banco di Bilbao a un passo dall’acquisto dell’istituto di credito grazie all’appoggio di Generali e Diego della Valle. Costoro, tra l’aprile e il maggio del 2005, in quanto titolari diretti o indiretti di azioni Bnl, in concorso con l’allora Governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e l’ex direttore centrale per la Vigilanza Creditizia e Finanziaria dello stesso organo, Francesco Frasca, «che rafforzavano il proposito criminoso, assicurando loro il sostegno del vertice della Banca d’Italia al progetto di acquisizione del controllo della Bnl, realizzavano una serie di operazioni simulate e artificiose concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del presso delle azioni della società quotata Bnl». Tre gli scopi perseguiti secondo i pm: determinare il fallimento della Offerta Pubblica di Scambio su Bnl annunciata il 18 marzo 2005 dal Banco di Bilbao; rastrellare azioni al fine di acquisire il controllo della Banca; fissare a non meno di 2,70 euro il prezzo delle azioni per chi avesse voluto acquisire il controllo della banca. Stando agli accertamenti della Guardia di Finanza, in particolare, tra il 10 maggio e il 21 maggio 2005, Roma e Boni, in accordo con Fiorani, «effettuavano acquisti sul titolo Bnl in maniera intensa e continuata in modo da determinare un forte andamento al rialzo delle quotazioni del titolo che passava da 2,4 euro ad azione del 10 maggio (valore corrispondente a quella della OPS del Bbva) a 2,7 euro del 20 maggio, mantenendosi per tutto il periodo ben al di sopra del valore della OPS».

Nei primi venti giorni del maggio 2005, «Ricucci, Caltagirone, Bonsignore, Coppola, Statuto, Gnutti, i due Lonati e Grazioli, già aderenti al patto parasociale, stipulavano con Nattino, Consorte, Sacchetti, Roma, Boni, Fiorani, Leoni, Giovanni Berneschi, Simone e Malvicini un accordo parasociale, non dichiarato agli organi di vigilanza e al mercato, comprendente una quota pari al 34,53% del capitale sociale Bnl, allo scopo di consentire alla lista guidata da Caltagirone di acquisire il controllo dell’istituto bancario, in occasione dell’assemblea del 21 maggio 2005; in tal modo, sottraendosi all’obbligo di Opa, provocavano un’alterazione artificiosa del valore delle quotazioni delle azioni Bnl». Gli stessi indagati «consapevolmente ostacolavano le funzioni di vigilanza» di Banca d’Italia e Consob, «omettendo di comunicare la stipula» di questo patto parasociale per la quota del 34,53% del capitale sociale di Bnl. Ecco perchè è stato contestato l’illecito amministrativo alle società riconducibili a Caltagirone, a Coppola, a Statuto, a Ricucci e a Bonsignore). Stesso illecito è contestato a Bpi, Unipol, Aurora assicurazioni, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Banca Carige spa, Leo Fund Managers Limited.

Dal portale  Indymedia

http://piemonte.indymedia.org/article/12370

 

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