“Fermare la violenza tribale in Sudan per dare un futuro al Paese”

Oltre 2.300 sudanesi del sud sono morti nel 2011 a causa di violenze tribali e legate alla ribellione, riportano le Nazioni Unite.

COMUNICATO STAMPA
SUD SUDAN: INTERSOS, ‘PER DARE FUTURO A QUESTO PAESE VA FERMATA LA VIOLENZA TRIBALE’

Oltre 2.300 sudanesi del sud sono morti nel 2011 a causa di violenze tribali e legate alla ribellione, riportano le Nazioni Unite. Alla vigilia della festa annunciata del 9 luglio che celebra la nascita della Repubblica del Sud Sudan sono molte le ombre che minacciano di oscurare la gioia di un’indipendenza arrivata dopo la schiacciante vittoria dei si nel Referendum di gennaio. La decisione di staccarsi dal Nord ha acceso speranze ancora pero la situazione umanitaria è preoccupante. INTERSOS è a fianco della popolazione dal 2006, quando si chiuse una guerra civile ventennale e con oltre 2 milioni di vittime. In un paese devastato dalla violenza, da una poverta estrema, dalla mancanza di servizi sanitari e ancora dilaniato da lotte tribali interne il team di INTERSOS, oggi formato da 14 operatori internazionali e quasi 100 operatori sud sudanesi, porta soccorso agli sfollati e ai rifugiati in tre diversi stati dell’enorme nazione – Equatoria occidentale, Jonglei e Warrap – fornendo acqua e servizi igienici, garantisce protezione e assistenza psicosociale alle vittime di violenze e discriminazioni, costruisce scuole e forma insegnanti.

Davide Berruti, il coordinatore INTERSOS in Sud Sudan, racconta cosa sta avvenendo nella capitale Juba e nel resto del paese in questo storico momento.

Questi sono giorni veramente unici a Juba. Stiamo vedendo la mobilitazione frenetica di tutte le forze all’interno della società e il governo prepara il 9 luglio. Le strade sono state asfaltate e sistemate, gli edifici costruiti molto rapidamente, la pulizia delle strade sta arrivando anche nelle vie minori; le forze di sicurezza stanno controllando auto, moto e anche le persone che girano in strada. L’atmosfera è tipica dei giorni che precedono un evento storico. Questo paese sta diventando uno stato indipendente dopo molti decenni di guerra, posso capire la loro felicità e il loro entusiasmo. Accogliere Ban Ki Moon, i capi di Stato africani e delegati provenienti da Europa e Stati Uniti non è qualcosa che accade ogni giorno!

Ma questo evento eccezionale ha cambiato la vita quotidiana della gente del Sudan?

Speriamo davvero che la pace sia duratura e che il Sud Sudan possa procedere sulla via della democratizzazione e dello sviluppo. Ma nei mesi passati abbiamo visto un livello crescente di violenza in molti luoghi del paese che hanno provocato centinaia di migliaia di nuove famiglie sfollate e, in alcuni casi, decine morti o feriti. La divisione da un paese unificato in due Stati indipendenti non è senza dolore e sofferenza, soprattutto, tra la gente comune cioè i piu vulnerabili. La comunità internazionale umanitaria sta lavorando insieme con il nuovo governo per garantire protezione alla popolazione e iniziare a garantire i servizi essenziali.

Vuoi dire che sul campo, nelle aree remoti del paese, la vita della popolazione è a rischio e non si celebra l’indipendenza?

In un certo senso, sì. Credo che per coloro che hanno perso i loro parenti, e le loro case, quelli che non hanno nulla da mangiare o acqua potabile, la realta è molto diversa dalle celebrazioni qui a Juba, con gente che vende le bandiere del Sud Sudan e qualsiasi tipo di gadget. Ma da un altro punto di vista, questo evento è qualcosa che colpisce l’intera popolazione del Sudan meridionale e credo che tutti, anche i piu poveri e bisognosi, stiano guardando al futuro con speranza e sentimenti di felicita. Il nostro compito è ora quello di aiutare questo paese a uscire dall’emergenza e camminare con le proprie gambe. Ma, naturalmente, la diplomazia, la politica, la comunità internazionale e le parti stesse devono fare il loro lavoro per fermare la violenza. E’ tempo di guardare avanti.

Ufficio Stampa INTERSOS
www.intersos.org

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