Risposta all’ultimo editoriale di Marco Travaglio

“Troppo buono, dottor Travaglio! Direi, in vero, troppo show e niente talk, se mi consente. E direi di più, sempre che me lo consenta: troppo buono a definire i brontosauri della politica italiana semplicemente “sepolcri imbiancati”!”

 

Risposta all’ultimo editoriale di Marco Travaglio, intitolato “molto show, poco talk” (*)

 

Troppo buono, dottor Travaglio! Direi, in vero, troppo show e niente talk, se mi consente. E direi di più, sempre che me lo consenta: troppo buono a definire i brontosauri della politica italiana semplicemente “sepolcri imbiancati”! Questi sono professionisti della menzogna, e peggio ancora del raggiro, capaci di tutto e del contrario di tutto. Ne è un esempio la proliferazione dei talk, di cui lei parla, voluta evidentemente per confondere tutto in un indistinto (agli occhi dei più ingenui, che proprio grazie alla sistematica manipolazione mediatica sono purtroppo anche più semplicemente “i più”) calderone giornalistico! L’ultima trovata di questa trasversale orda di ipocriti è quella del finto dissenso e della dialettica interna, astuto escamotage per camuffare in qualche modo l’impresentabilità di azioni di governo mai chiarite nella loro vera essenza e presentarle come ultima spiaggia….per non abbandonare il paese a inquietanti derive “grilline”. Ancora non si è sopito il roboante (si fa per dire) dissenso di D’alema e Bersani di pochi giorni fa in via del Nazareno, che ecco, dal Manzanarre al Reno, dall’alta Savoia e al resto d’Italia incrociarsi i dardi infuocati dei governatori delle regioni, armati fino ai denti per uno scontro frontale che, a detta di loro stessi, però, non deve intaccare minimamente lo status quo di un governo stampella di interessi di tutti tranne che dei disoccupati, dei giovani, dei pensionati e di chi più ne ha, più ne metta. Forti dell’incaprettamento del sistema dell’informazione, autentica piaga all’origine di tutti i mali del paese, pensano di poter continuare a prendere per il cu…perlo gli italiani a tempo indeterminato.

Mi fermo qui, dottor Travaglio, per due motivi: il primo è che voglio scongiurare il rischio di una incipiente deriva lessicale “fuori dalle righe”, il secondo, più importante, perché ho da sottoporre a lei e a chi fosse tra gli appassionati al tema, un documento non banale, testimonianza, tra tante, di sedicenti crociati della lotta al “conflitto di interessi”, oggi spariti dopo un editto renziano che vuole questo argomento nel novero delle cose di minor conto. Dice da solo, senza bisogno di commenti e aggiunte di qualsivoglia corollario esplicativo, di che pasta è fatta questa gente folgorata dal Gellusconismo sulla via di Arcore

 

La Rai secondo il nuovo presidente del PD Matteo Orfini

https://www.youtube.com/watch?v=FyoaFf9DK0A

 

Buona visione e, bontà sua, divulgazione

 

Adriano Colafrancesco

 

 

(*) Molto show, poco talk ( Marco Travaglio ).

Il Fatto Quotidiano, 19 ottobre 2014.

Ma è così strano indignarsi davanti allo scempio di una città e di una regione malgovernate da decenni che quasi ogni anno contano i morti e all’ipocrisia dei responsabili che cementificano tutto e poi pontificano in tv col culetto al caldo nei loro salotti? Davvero parlare di queste porcate chiamandole col loro nome e chiedendone conto a chi le ha fatte è violazione del bon ton e rifiuto del contraddittorio? Davvero è bestemmiare gli angeli invitare uno spalatore diciassettenne a guardare il faccione sformato di chi l’ha costretto e sempre lo costringerà a spalare, e a pretenderne spiegazioni anziché farsene ipnotizzare? Non sarà che il problema è opposto a quello agitato dalle suorine delle buone maniere e della linesotis delle presunte regole, e cioè che nessuno ha mai detto in faccia a questi sepolcri imbiancati (di calce) quel che si meritavano, aiutandoli a rimpinzarsi di voti e di soldi a suon di grattacieli, palazzi-alveare, parcheggi, ipermercati, porti turistici, dando fra l’altro un sacco di lavoro ai giudici e ai secondini? Se i colpevoli sono tutti al potere, convertiti in tarda età al renzismo per rottamare non si sa chi, è anche perché troppa gente si lascia abbindolare dai diversivi retorici tipo “angeli del fango” che, intendiamoci, fanno benissimo e vanno ringraziati, purché però non si prestino a distrarre l’attenzione dai portatori del fango. Quanto a me, attendo che qualcuno mi dica un solo fatto non vero tra quelli che ho ricordato giovedì. Ma temo che anche stavolta, come sempre dal Satyricon di Luttazzi nel 2001, la domanda resterà inevasa. Molto più facile dipingere i fatti come “insulti” e le critiche come “rissa”, anche se me ne sono andato proprio per evitare di trascendere davvero negl’insulti e nella rissa. Restare calmi e zitti in quella bolgia di bugie e ipocrisie è un’impresa che può riuscire ai figuranti da talk show, marionette senza sangue che s’incazzano e si placano a comando, poi vanno a farsi due spaghi insieme. Io, quando sento certe balle e vedo certe facce, mi indigno per davvero, specie se ci sono morti che chiedono giustizia. Chi insinua dissensi politici fra il conduttore renziano e il collaboratore grillino, risentimenti per l’ora tarda, nervosismi da share, gelosie da primedonne, mente per la gola. Qui la questione è un po’ più seria. Esiste ancora nel talk show uno spazio indipendente per il talk inteso come racconto di fatti veri al riparo dallo show, cioè del pollaio gabellato per “contraddittorio” e “ascolto” dove chi ha torto e mente passa dalla parte della ragione e della verità solo perché se ne sta comodo a cuccia, certo dell’impunità politica che gli consente di sgovernare da 30 anni, in una notte dove tutte le vacche sono nere? Prima di domandarsi se il collaboratore fa la pace col conduttore e torna a bordo, andrebbe sciolto un rebus: cosa rimane, del giornalismo come lo conosciamo tutti, nei talk show? Resterebbe da parlare del solito Merlo che, in perfetta simbiosi col mèchato di Libero , mi accusa su Repubblica di essermi “illividito da maramaldo in cattiverie biografiche contro Burlando”, anzi “il povero Burlando”, dopo una vita di “tv dell’insulto” (ma quali? me ne dica uno) “senza contraddittorio, senza risposte né domande, chiuso e protetto nel recinto del monologo sprezzante”. Questo presunto giornalista di cui sfuggono le notizie e soprattutto i lettori (quando Repubblica testava con sondaggi le sue firme più lette, Merlo guadagnava sempre l’ultima posizione), questo finto frondeur che si crede Sciascia e Brancati solo perché è nato in Sicilia Orientale e passa il tempo a intrecciare merletti barocchi senza mai prendere posizione, se non per bastonare chi si oppone al sistema, non ha mai visto una puntata di Annozero e Servizio Pubblico. Sennò saprebbe che in 8 anni ho risposto a migliaia di domande e affrontato centinaia di contraddittorii, senza che nessuno riuscisse a smentire una sola mia parola. Piuttosto, quando mai il Merlettaio s’è sottoposto al contraddittorio? Perché non chiede al direttore di Repubblica di affiancare ai suoi articoli una replica del primo che passa? Forse perché già conosce la replica: “Ma chi è questo Merlo?”.

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