“A scuola. Dovremmo insegnare”

Tra pochi giorni riaprono le scuole. Se l’obiettivo è diffondere pensiero critico e rifiutare la scuola-azienda, la domanda resta: cosa e come dovremmo insegnare? Scrive Penny, insegnante e madre: «A scuola dovremmo insegnare tante cose. Ad esempio che i giorni passano e noi con loro. E il tempo conta. Dovremmo insegnargli a ballare sulla paura…

 

 

NEWSLETTER DI COMUNE
 

UN MONDO NUOVO COMINCIA DA QUI
LA CAMPAGNA 2017 DI COMUNE

COMUNE-INFO È UNA DELLE FIBRE DELL’ARAZZO MONDO NUOVO [R. ZIBECHI]
“La sorte degli oppressi del mondo – sotto la tremenda tormenta che ci scuote – si giocherà interno alla capacità di creare, inventare, mondi nuovi. Ovvio che resistere è importante. Non è quello che noi, la gente comune, stiamo facendo da quando esiste l’umanità? Per los de abajo, quelli che stanno sotto, vivere è resistere ed è resistendo che abbiamo imparato a camminare. Adesso, però, ci manca qualcosa in più. Qualcosa che sia la condizione perché la vita sia bella da vivere, perché… SEGUE QUI

CAMBIAMENTO POSSIBILE [ROSANNA BARBUTO]
“Aderisco con convinzione a questa campagna. E lo faccio per me. Per continuare a leggere di esperienze e storie di cambiamento possibile, di modi alternativi di vivere…”

 A SCUOLA. DOVREMMO INSEGNARE
Tra pochi giorni riaprono le scuole. Se l’obiettivo è diffondere pensiero critico e rifiutare la scuola-azienda, la domanda resta: cosa e come dovremmo insegnare? Scrive Penny, insegnante e madre: «A scuola dovremmo insegnare tante cose. Ad esempio che i giorni passano e noi con loro. E il tempo conta. Dovremmo insegnargli a ballare sulla paura… Metterli davanti a un tramonto e dire: Ora guarda come è bello… Fargli conoscere la noia. Che nella noia il pensiero costruisce idee… Farli parlare con i nonni… Dovremmo insegnargli che il dolore è parte dell’esistenza… E lasciarli litigare… Dovremmo farli camminare su un prato la mattina presto a piedi scalzi e fargli sentire il silenzio… Dovremmo insegnargli a servire a tavola. Prendersi cura dei luoghi di tutti… Cucinare un piatto buono… Studiare la storia di ieri ma anche di oggi. Che le guerre ci sono e lo devono sapere. Che gli altri soffrono e li devono sentire. Che qualcuno è morto per la nostra libertà e qualcun altro lotta ancora per la sua… Che possono usare il rosa se sono maschi e l’azzurro se sono femmine… Dovremmo insegnargli che la scuola è di tutti e non solo di chi può permettersela. Che devono pretendere aule colorate, giuste, e spazi all’aperto… Dovremmo fargli mettere le mani nella terra…»
PENNY
 

È ACCADUTO SUL MONTE MORRONE
Quello che è successo in alcuni territori dell’Italia centrale negli ultimi giorni è di straordinaria importanza per almeno tre ragioni, che vanno ben oltre gli Appennini. La prima: gli incendi sono stati enormi e diffusi come non mai. La seconda: la prevenzione e la risposta delle istituzioni, Stato e Regione Abruzzo in primis, sono state completamente inadeguate. La terza, la più interessante e la meno nota: l’autorganizzazione spontanea emersa dal basso, dal monte Morrone (Aq) fino ad alcune frazioni di Amatrice, è stata meravigliosa, del resto è accaduto anche dopo il terremoto e le grandi nevicate. Centinaia di persone, giorno dopo giorno, sono salite tra i boschi, armati di pale, picconi, guanti, elmetti e delle proprie braccia. C’&e grave; anche chi ha ha fatto mezz’ora di cammino soltanto per portare un caffè ai volontari. In un messaggio diffuso in rete dalle Brigate di solidarietà attiva, tra l’altro si legge: “Sono le popolazioni locali che ci devono dire che cosa dobbiamo fare. A differenza di qualcuno che, quando c’è bisogno, non c’è mai e non si presenta mai e che pensa ‘dall’alto’ di decidere per le vite delle popolazioni locali. Se lo stato vuole distruggere, allora noi ci autorganizziamo e gli dimostriamo che, a questo punto, in realtà, nemmeno ci serve più…”
R.C.

PALLA DI STRACCI
Quando una ricerca scandinava, su richiesta delle Nazioni Unite, rilevò che l’indice di ritorno ad attività criminose dei ragazzini accolti a Pelota de Trapo (Palla di stracci, ndt) era appena del 2 per cento, qualcuno gli chiese come avessero potuto raggiungere un risultato così incredibile nelle immense e desolate periferie argentine di quegli anni. “Non ho inventato l’acqua calda”, rispose Alberto Morlachetti, “i bambini restituiscono quello che ricevono”. La vera chiave dell’affermazione di una delle esperienze più straordinarie di lotta all’esclusione sociale che siano mai state realizzate in Argentina, nell’America latina e nel mondo sta tutta in quella semplicità. Concetti profondi quanto elementari: la fame è un crimine, ni un pibe menos (slogan che, declinato al femminile, quasi dieci anni dopo, conoscerà fortune mondiali) e una ferma convinzione: i bambini sono soggetti politici, vale a dire possono essere protagonisti delle loro vite e del cambiamento sociale. Oggi dal lavoro di grafica e panetteria dei bambini di un mondo nuovo, quelli cresciuti a Palla di Stracci e diventati adulti, arriva il 70 per cento delle entrate del movimento che ha cambiato loro la vita
RAÚL ZIBECHI
 

DÓNDE ESTÁ SANTIAGO MALDONADO?
Chissà cosa aveva spinto Santiago Maldonado ad andare nel campo Mapuche di El Bolsòn, nell’enorme tenuta di proprietà della famiglia Benetton. Cosa avrà pensato tentando di sfuggire alle guardie che il 1 agosto hanno attaccato il campo per interrompere un blocco stradale sulla Ruta 40 organizzato dai Mapuche per chiedere la restituzione delle terre che loro spettano? Da allora di lui non si sa nulla. La sua storia evoca fantasmi del passato prossimo e remoto, memoria tenuta viva dalle Madres e dalle Abuelas de Plaza de Mayo. Intanto si moltiplicano nel paese le manifestazioni di protesta
FRANCESCO MARTONE

MINNITI, DI MAIO, MIGRANTI E MACELLAI
Noi non uccidiamo nessuno, ci mancherebbe. Paghiamo i macellai
ENRICO EULI

QUELLE ODIOSE AGGRESSIONI IN PERIFERIA
Ogni giorno, in molti modi, sperimentano autogestione ed economie fuori mercato. Qualche giorno fa la difesa pubblica di don Biancalani, perché l’antirazzismo va coltivato ogni giorno, sopratutto nelle periferie. Sono fatti così quelli della Comunità delle Piagge, ostinati costruttori di cambiamento sociale. Giovedì scorso l’ennesima aggressione al centro sociale il Pozzo, il cuore della comunità: devastazioni e furti che sanno molto di razzismo. Tanta rabbia. Loro però non chiedono nulla alle istituzioni meno ancora al mercato. In un messaggio diffuso in rete, tra l’altro, scrivono: “Non vi chiediamo niente altro se non continuare insieme a noi, nel costruire giorno per giorno una cultura di pace, di a ccoglienza, di convivialità delle differenze: senza perdere la tenerezza, aiutandoci a resistere nonostante tutto”. Sono fatti così quelli della Comunità delle Piagge. Fatevene una ragione
COMUNITÀ DELLE PIAGGE
 

LE NUOVE FORME DEL VIVERE INSIEME
La precarietà dilagante, l’estrema solitudine, l’ossessione del consumo, l’utilizzo dei telefonini, i processi migratori… In modi complessi e contraddittori e per ragioni differenti emerge ovunque la faticosa ricerca di nuovi legami, il desiderio di creare relazioni più consapevoli e più libere. Scrive Lea Melandri: «”La “voglia di comunità” riparte dalla “vita messa a nudo”, sia essa la spinta solidaristica ad “accasare” le masse degli apolidi, profughi e migranti, che dilagano ormai in ogni parte del pianeta, sia, al contrario, il ripiegamento narcisistico di individualità disposte a violare la propria privacy per tessere nuove reti sociali…»
LEA MELANDRI
 

 

UNA GIORNATA COME TANTE
Giovedì 31 agosto 2017 è stata una giornata assolutamente normale. Cinque casi di violenza sessuale contro donne sono arrivati in cronaca. Secondo Maria G. Di Rienzo, tutti sono stati narrati come di consueto: in modo superficiale, stupido e sbagliato. Il che alimenta il substrato di connivenza e comprensione per la violenza di genere, di qualsiasi tipo. Alcuni uomini “stuprano perché pensano di avere il diritto di farlo e che anche se la legge condanna l’azione se la caveranno accusando la vittima di essere stata consenziente e di averli “provocati”. Misoginia e patriarcato hanno insegnato loro questo per millenni: miti sociali, giornalismo e tribunali continuano a ribadire loro che è proprio così…”
MARIA G. DI RIENZO

 

ODIO, UN TANTO AL CHILO
La fabbrica dell’odio, tra violenze, razzismo e patriarcato si espande. Le responsabilità dei media sono enormi. Come se ne esce? Non c’è dubbio, la scuola può avere un ruolo molto importante, tuttavia ognuno di noi ha a disposizione uno spazio, piccolo o grande che sia, e non può ignorarlo, perché è in quello spazio che la sua vita entra in relazione col resto del mondo
ANNA FOGGIA GALLUCCI

CARI ARABI, SMETTETE DI ODIARCI
Hanno intorno ai vent’anni gli assassini di Barcellona, ma anche di Parigi e Londra… Non c’è futuro per i giovani musulmani qui da noi, in oscillazione tra carità pelosa e razzismo. “Possono andare in vacanza, loro? Partire con i loro amici, affittare un B&B, segnarsi su Airbnb, passeggiare sulla spiaggia, comprarsi un gelato, andare a un concerto? No, che non possono… – scrive Lanfranco Caminiti – Hanno visto i loro padri spezzarsi la schiena, hanno visto le loro madri ingoiare sufficienza e arroganza, li hanno visto perdere la fede, o magari solo preoccuparsi piuttosto di mettere assieme il pranzo con la cena che andare regolarmente a sentire le prediche. Hanno visto tutto questo e non vogliono finire così. Si sentono intrappolati qui. È la prima gene razione, nata a Berlino, a Parigi, a Bruxelles, a Madrid, che ci odia e ci va uccidendo. Odiano di noi quello che non potranno avere…”. Per questo abbiamo bisogno dei loro conflitti per la loro dignità, per la loro libertà, per i loro diritti. Abbiamo bisogno di nuove Primavere arabe da sostenere. “Quello che deve emergere è una risposta politica radicale contro il terrorismo…”
LANFRANCO CAMINITI
 

IL DIRITTO DI ESSERE IMPERFETTE
Ci sono molte buone ragioni per leggere “Manifesto della mamma imperfetta” di Giordana Ronci. Ad esempio, perché abbiamo bisogno di mettere al centro il punto di vista delle donne, perché dobbiamo imparare a coltivare e recuperare il concetto di limite e di imperfezione in tanti ambiti, perché è giunto il tempo di capovolgere stereotipi e stupidaggini imposte dai grandi media, ma anche perché occorre accompagnare qualsiasi percorso di cambiamento sociale con ironia e profondità. Noi abbiamo aggiunto anche un altro motivo: conosciamo l’autrice, maestra e cofondatrice della straordinaria esperienza dell’Asilo nel Bosco di Ostia e madre. Qui proponiamo un paragrafo del libro in cui si ragiona di pubblicità e di alcuni bizzarri slalom di vita quotidiana: vi strapperà molte risate
GIORDANA RONCI
 

RIPENSARE IL MONDO. IL TEMPO DELLA RICERCA
In molti ambienti si sente sempre più viva l’esigenza di una riflessione profonda su dove stia andando la civiltà occidentale, trascinando con sé in una globalizzazione autocentrata e arrogante i popoli dell’intero pianeta. Scrive Aldo Zanchetta: “È sempre più chiara, ancorché in gruppi ristretti, la consapevolezza che stiamo attraversando un passaggio epocale doloroso e non breve, pieno di rischi, e non sono chiari i punti di arrivo, che certamente richiederanno nuovi riferimenti del pensiero. La collana di libri “Ripensiamo il mondo”, nata dal basso, da gente comune e senza potere se non la forza della speranza (e che inevitabilmente in questi anni si è messa in cammino a fianco della redazione di Comune), vuole c ontribuire a stimolare e alimentare questa presa di coscienza e suggerire qualche direzione di marcia da percorrere insieme…”
ALDO ZANCHETTA
 

IL TABÙ CHE FA PAURA ALLA FINANZA
Parlare di annullamento del debito oggi significa affrontare quello che, con l’avvento della dottrina liberista, è diventato un tabù. Secondo la narrazione dominante, infatti, un mancato pagamento è qualcosa di eccezionale che bisogna evitare ad ogni costo. Peccato che la storia si incarichi di dimostrare l’esatto contrario. Ma che significa annullare un debito? Significa dare il via a un processo di indagine (audit) indipendente sul debito pubblico per verificare nel dettaglio come, da chi e con chi è stato contratto, per quali obiettivi e interessi e con quali conseguenze per le condizioni di vita degli abitanti di un territorio. Si tratta in buona sostanza di dire a chiare lettere che le nostre vite vengono prima del debito, i nostri diri tti prima dei profitti
MARCO BERSANI
 

QUELLA SPORCA DOZZINA DI SCARPE
Dodici paia di scarpe inviate a 9 capi di Stato e a 3 indirizzi random tra Europa e Medio Oriente: è il progetto dell’artista siriano Thaer Maarouf: “Rappresentano i destini dei profughi bloccati a un certo punto del viaggio, costretti ad affrontare ostacoli talvolta insormontabili”
REDATTORE SOCIALE

 

AGENDA

NELLE NOSTRE SCUOLE SI RIDE TROPPO POCO

INAUGURAZIONE DEL CAFFÈ NEMORENSE CON BARIKAMÀ

 

 

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