“Macerata, ricapitoliamo tutto”

Vale la pena ricostruire quanto accaduto a Macerata, e soprattutto sui media, prima del delirio di chi mette sullo stesso piano le convocazioni neofasciste e le manifestazioni solidali con le vittime. Scrive Oiza Obasuyi, studentessa – di origine nigeriana – a Macerata: “1. Innocent Oseghale, nigeriano, viene accusato dell’omicidio di Pamela… (accusa caduta di fronte al Gip) 2. Poco dopo ecco che spunta Luca Traini, neofascista dichiarato…”

 

 

 UN MONDO NUOVO COMINCIA DA QUI [LA CAMPAGNA DI COMUNE]

LA FIAMMA DELLA SPERANZA [PATRIZIA LARESE]
“… Grazie per quello che fate, per il vostro impegno, il contatto con voi mi aiuta a non far spegnere la fiamma della speranza che cerco di mantenere accesa, nonostante tutto”

 

MACERATA, RICAPITOLIAMO TUTTO
Vale la pena ricostruire quanto accaduto a Macerata, e soprattutto sui media, prima del delirio di chi mette sullo stesso piano le convocazioni neofasciste e le manifestazioni solidali con le vittime. Scrive Oiza Obasuyi, studentessa – di origine nigeriana – di lingue a Macerata: “1. Innocent Oseghale, nigeriano, viene accusato dell’omicidio di Pamela… (accusa caduta di fronte al Gip) 2. Poco dopo ecco che spunta Luca Traini, neofascista dichiarato che compra una glock e inizia a sparare neri a caso… 3. Alcuni giornali fanno circolare la bufala del fatto che Traini fosse il fidanzato di Pamela… 4. Poi ci sono quelli che lodano l’atto di Traini… Conclusioni? La conclusione è che ancora non ho capito il motivo per cui se uno straniero commette un reato, in qualche modo &eg rave; anche colpa di quelli che hanno la sua stessa origine o la stessa melanina… La conclusione è che ci sono un clima d’odio e una tensione da non sottovalutare… Spero di vedere tante persone sabato 10 febbraio a Macerata… “
OIZA OBASUYI
 

I CIRCOLI RIBELLI DELL’ARCI
Per dirla con don Milani: “L’obbedienza non è più una virtù”. La base dell’Arci non ascolta il nazionale e rifiuta l’invito, condiviso con Anpi, Cgil (ma non dalla Fiom), e Libera a non partecipare alla manifestazione antifascista a Macerata. “Revocare la partecipazione al corteo significa fare un passo indietro dai valori che ogni giorno proviamo a concretizzare all’interno dei nostri circoli … L’unica risposta che vediamo è prendere parte in tanti e tante al corteo del 10 febbraio a fianco delle realtà che sul territorio costruiscono presidi di democrazia sostanziale…”. Peccato solo che nella lettera di ribellione dei circoli, che rilanciamo volentieri, si nomini il razzismo e il fascismo ma non il sessismo
APPELLO

CONFERMATA LA MANIFESTAZIONE DEL 10 FEBBRAIO C.S. SISMA

NOTIZIE SU PULLMAN E TRENI PER MACERATA

ANTIFASCISMO? NO GRAZIE F.B.

LETTERA APERTA A EZIO MAURO
Ma se uno pensa che la crisi economica sia l’effetto di una rapina delle élite è per forza un razzista? Un fascista? Un potenziale assassino? “I fascisti sono sempre stati e sono ignoranti che reagiscono con la violenza all’umiliazione e all’impoverimento economico – scrive Franco Berardi Bifo – Li compiango, ma fatico a considerarli come gli unici colpevoli. Non meno colpevoli di chi uccide, non meno colpevoli di chi istilla odio per scopi elettorali sono coloro che hanno portato la società a questo grado di miseria…”
FRANCO BERARDI BIFO

QUANT’È SCOMODA E PREZIOSA LA MEMORIA
Ripensare allo Shoah, al Porrajoms, all’orrore delle guerre serve a mettere a fuoco le persecuzioni del presente, quella ad esempio che ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero. Serve a mettere in discussione la collaborazione passiva di milioni di persone. Serve a a difendersi dai neofascismi. Serve a rifiutare indifferenza e apatia che abitano intorno a noi e dentro di noi ogni giorno
LORENZO GUADAGNUCCI

FIORI NEL DESERTO
Viviamo anni difficili, segnati dalla complessità e dal caos. Oggi nessuno è probabilmente in grado di dire con certezza se in questo pianeta sia ancora possibile coltivare l’idea e la speranza di una natura del potere davvero differente. Le storie di dieci donne contenute nel microsito che viene presentato con questo splendido ritratto disegnato da Gloria Muñoz Ramírez potrebbero tuttavia forse raccontare quel che più si avvicina a quella speranza. Sono le donne del Consiglio Indigeno di Governo, l’espressione di una sfida piuttosto assurda: il recupero di un’idea dell’azione e della cultura politica che consideri il voto solo uno (e non certo il più importante) dei mezzi per cambiare le cose. La sfida viene lanciata in Messico proprio sul terreno pi&ugr ave; ostile a un progetto tanto ambizioso, quello della partecipazione alle elezioni presidenziali, insomma l’esatto contrario di quella centralità ossessiva della competizione elettorale che vediamo ogni giorno dilagare da questa parte del mondo
GLORIA MUÑOZ RAMÍREZ
 

LA CAPACITÀ DI GOVERNARCI DA SOLI SUB MOISÉS
 

LE ZAPATISTE CONVOCANO LE DONNE IN LOTTA EZLN
 

POSSIAMO CHIAMARCI INDIGENI? GUSTAVO ESTEVA

STORIE DEL POSSIBILE. METTIAMO IN COMUNE
La redazione allargata di Comune, dopo un lungo confronto con amici ed amiche che si occupano, per usare una definizione stretta e non priva di contraddizioni, di “economia sociale e solidale”, propone un’occasione di riflessione e condivisione sulle esperienze di relazioni economiche diversamente connotate (solidali, sociali, mutualistiche, autocentrate…), nate “dal basso” e locali, promosse in Italia e in Europa. “Storie del possibile, pratiche e ricerche a confronto” si terrà a Roma il 21 e 22 aprile
R.C.

TUTTA N’ATA LUNGA E BELLISSIMA STORIA
Ciro era sempre avanti. Certo, il suo cognome cominciava con lettera A e quindi, quando dovevamo compilare elenchi di persone sparse per l’Italia per lanciare una campagna, prima a Carta poi a Comune, quello di Ciro era sempre il primo nome da consultare, da coinvolgere. Sapevamo di poter contare sulla sua saggezza, su un pensiero critico libero, fermo quanto gentile, e sulla sua tenacia. Ma, ben al di là dell’ordine alfabetico, per oltre vent’anni Ciro Annunziata e le sue tante, creative e rigorose battaglie a Nocera Inferiore sono sempre state nei nostri cuori. D’altra parte, niente può testimoniare meglio la generosità di Ciro e la portata del vuoto che si è aperto un anno fa con la sua scomparsa (anche in chi scrive queste pagin e) dell’amore con cui lo ricordano i compagni più vicini, a cominciare da quelli della straordinaria bottega Tutta n’ata storia, un pezzetto di vero mondo nuovo in un territorio tanto tormentato e difficile. A noi di Ciro piace ricordare anche l’arguzia, quella intelligenza fine, elegante che traspariva perfino da scarni commenti e messaggi. Ci mancano e ci mancheranno sempre la sua capacità d’indignarsi e l’incapacità di arrendersi al dominio dei potenti, cercheremo di conservare con tutta la cura possibile il suo insegnamento, quel “sorriso con cui riusciva ad abbracciare il mondo”, di cui scrive in questo bel ricordo Antonietta
ANTONIETTA BUONOMO
 

E L’EUROPA DEL TAP E DELLE BANCHE VA
La Banca europea per gli investimenti ha deciso di finanziare il gasdotto Trans Adriatico (Tap) con un prestito di 1,5 miliardi di euro, nonostante tutte le gravi criticità che la costruzione di quest’ennesima grande opera inutile trascina con sé: a partire dai casi di corruzione e riciclaggio, dalla legittimazione di governi autoritari come quello azero e quello turco, dall’imposizione di un’opera su territori e comunità che non la vogliono e resistono alla sua costruzione
LUCA MANES

UN MONDO CAPOVOLTO
C’è una poesia di Colerigde che si chiama il vecchio marinaio che, più di ogni altra spiegazione razionale, ci dice come sia necessario un sano ripensamento dei nostri modelli di vita per ricongiungersi al mondo naturale. C’è bisogno di attraversare il dolore per quanto abbiamo fatto, e stiamo facendo e un sentimento di amore per sentire il canto della natura. L’abbiamo studiata sui banchi della scuola, ma allora non la capimmo: non capimmo il lungo percorso riflessivo del marinaio, lasciato solo sulla nave alla deriva, che vagava alla ricerca di un riscatto per il suo omicidio di un albatros. Nella poesia di Coledridge, l’albatros simboleggia la natura ferita a morte
ENZO SCANDURRA

ASSESSORI TRISTI E TEATRI IN STREAMING
Qualcuno a Roma e in altre città ogni tanto si chiede che fine ha fatto il Teatro Valle di Roma, dopo gli anni della straordinaria autogestione. Alcuni si domandano se finalmente un assessore alla cultura come Luca Bergamo, che aveva aderito alla fondazione Teatro Valle Bene Comune, lo ha restituito ai cittadini. Questa lettera di Fulvio Molena all’assessore e vice-sindaco offre diverse risposte, mostra anche il bisogno sempre più diffuso in città di cultura, di partecipazione e di creatività e, allo stesso tempo, il disprezzo di quelli che sono in alto per ciò che si ostina a muoversi in basso
FULVIO MOLENA

LA SCUOLA COME COMUNITÀ
“Alternativa nella Scuola Pubblica” di Fabrizio Gambassi e Antonio Vigilante, appena uscito per Ledizioni, è un libro corale, che nasce dal dialogo degli autori con altri docenti, con studenti, con genitori ed educatori. Gli autori contrappongono alla scuola-azienda ministeriale una idea forte di scuola come luogo in cui si costruisce una democrazia vera, attraverso la diffusione di pratiche dialogiche e critiche. La proposta si concretizza in quindici Tesi e nel suggerimento di alcune pratiche, e vuole costituire la base di un movimento per cambiare la scuola da basso. Di seguito alcune pagine del libro, nelle quali Gambassi e Vigilante rispondono alle obiezioni riguardanti il valore della comunità
ANTONIO VIGILANTE E FABRIZIO GAMBASSI

DI GIORNALISMO SI PUÒ ANCHE MORIRE
Raccontare quel che non piace a chi comanda è sempre stato un rischio enorme ma c’è sempre stato chi pensa che ne valga la pena. Certo, non è il caso della maggior parte dei giornalisti, né in Italia né nel mondo, eppure sono ancora tanti, tantissimi quelli che ne pagano le conseguenze, anche le più estreme: rappresaglie, ricatti, minacce, licenziamenti, discriminazioni, mobbing, violenze fisiche e non, fino alle vere e proprie esecuzioni. Reporter Sans Frontières considera ancora la Siria il paese in cui si uccidono più reporter, seguono il Messico (dove ufficialmente non c’è guerra in corso), l’Afghanistan, l’Iraq e le Filippine. Quando i giornalisti non vengono uccisi, si adottano altri metodi per cercare di ridurli al silenzio: leggi contro la libertà di stampa, chiusura di giornali, minacce, il carcere. In Turchia, dopo il fallito golpe del 2016, sono stati rinchiuse dietro le sbarre almeno 150 persone, tra giornalisti, blogger e operatori dei media. Secondo il Comitato per la protezione dei Giornalisti, la Turchia ha superato la Cina nella nefanda classifica, mentre i giornalisti detenuti censiti nel mondo nel 2017 sarebbero 262. E in Italia? L’associazione Ossigeno per l’Informazione sostiene che ad oggi, sono 3508 i giornalisti che dal 2006 hanno ricevuto intimidazioni, 423 dei quali nel 2017
PATRIZIA LARESE
 

 

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