Kolinda e la repressione in Nicaragua: post-verità sui social

Quello che è successo a molti tweeter esperti domenica scorsa con il presidente della Croazia, Kolinda Grabar-Kitarovic?, è un’allegoria delle diverse varianti che il fenomeno noto nel neologismo della post-verità ha nei social network.

 

Kolinda e la repressione in Nicaragua: così funziona la post-verità sui social network

Nei social network è possibile stabilire una verità emotiva che è anche radicalmente opposta alla realtà. Questo è ciò che è stato definito post-verità

Quello che è successo a molti tweeter esperti domenica scorsa con il presidente della Croazia, Kolinda Grabar-Kitarovic?, è un’allegoria delle diverse varianti che il fenomeno noto nel neologismo della post-verità ha nei social network.

Con la sua esibizione (in senso sia politico che teatrale) di quel giorno, nella cerimonia finale della Coppa del Mondo, aggiunta ad alcuni trucchi di marketing e alla creazione dell’immagine pubblica, la funzionaria ha conquistato il mondo intero. Milioni di esseri umani, convertiti dalle reti in unità di comunicazione sociale (o di diffusione esponenziale del messaggio), hanno reso reale una versione assolutamente falsificata di questa signora, che nella cruda realtà è xenofoba, suprematista bianca, neonazista, islamofobica e (per usare un altro neologismo) aporofobica, cioè qualcuno che odia i poveri, soprattutto se sono zingari o immigrati.

Le persone più comuni così come intellettuali più eminenti si sono dedicati a inviare tweet elogiativi su Grabar-Kitarovic?, basati sul fatto che avesse viaggiato su un volo di linea, che le fosse stato detratto il salario dei giorni trascorsi in Russia e, se ciò non bastasse, si fosse bagnata fino al midollo (perché il malvagio Putin non gli ha prestato l’ombrello) per poter abbracciare i suoi ragazzi e anche quelli della Francia, quasi tutti di origine africana, come è noto.

Ho letto molti di questi tweet scritti da venezuelani che urlavano al cielo per una presidente così meravigliosa. Melly, hanno iniziato a chiamare Kolinda, come se fosse la loro migliore amica da tutta la vita.

Poi, quando alcune persone con conoscenza della realtà politica di quella regione d’Europa ammonivano sulla vera essenza della donna, alcuni dei fan di Kolinda ritrattavano. Ma, naturalmente, la dinamica dei social network è l’estrema immediatezza e, grazie ad essa e la cosiddetta viralizzazione, e Grabar-Kitarovic? era ormai un idolo a livello planetario.

Ore dopo, quando c’erano altri argomenti di tendenza, alcuni sono riusciti a diffondere informazioni sul fatto che la presidente è alleata di gruppi neonazisti, xenofobi e contrari ad accettare l’ingresso di rifugiati, al punto da provare a sanzionare con multe qualsiasi croato provasse ad aiutare qualcuno di questi.

Oltre al caso in sé, è dimostrato qui quanto l’immagine di un personaggio possa essere distorta quando passa attraverso il setaccio dei social network. In questo caso, questo travisamento è stato favorevole per lei, ma in molti altri è negativo.

L’aneddoto mostra che nei social network è possibile stabilire una verità emotiva che è anche radicalmente opposta alla realtà. Questo è quanto è stato definito post-verità. Tutti credono in ciò che vogliono credere, e in questa finale di Coppa del Mondo, l’escualidismo (destra) globale voleva credere che Kolinda, essendo di destra, fosse una persona stupenda.

Ognuno di noi dovrebbe chiedersi quante altre false verità avrò ingoiato o, peggio ancora, ho contribuito a gonfiare con i miei retweet, i miei like o con i miei cinguettii? 

In questa stessa settimana ho visto persone di diversi livelli, da grandi personalità della politica e dell’arte latinoamericana a certi miei conoscenti che attivi su Twitter, deplorare la «repressione» e «l’autoritarismo» che, secondo loro, sono le cause della violenza in Nicaragua.

Nemmeno le prove agghiaccianti di uccisioni e torture perpetrate dai «manifestanti pacifici» che hanno tormentato il Nicaragua per diversi mesi sono servite per instillare quantomeno il dubbio nelle menti di queste persone sulla verità a cui vogliono credere. Arriviamo all’estremo di presentare le foto o i video delle atrocità commesse dai vandali dell’opposizione per accompagnare testi che parlano della brutale repressione ordinata dal presidente Daniel Ortega. (Niente di strano, per inciso, perché lo stesso è accaduto più volte con il Venezuela).

Nel caso di ‘Kolinda’, alcuni di quelli che hanno commesso la leggerezza di proclamare la loro ammirazione per qualcuno senza sapere chi sia, hanno cercato modi per chiedere scusa in seguito. Ma in casi come il Nicaragua, accade il contrario: più prove ricevono che stanno sostenendo una gigantesca infamia, più cercano di imporla.

di Clodovaldo Hernández – LaIguana.TV

(Traduzione dallo spagnolo per l’AntiDiplomatico di Fabrizio Verde)

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