“Dopo Draghi, Letta: la normalizzazione continua”

Letta è arrivato per ‘modernizzare’ il PD e toglierlo da una condizione di rissa permanente e di subordinazione politica.

 


Dopo Draghi, Letta: la normalizzazione continua

Una riflessione su come preparare una risposta che non sia di pura testimonianza

Letta è arrivato per ‘modernizzare’ il PD e toglierlo da una condizione di rissa permanente e di subordinazione politica. Chi ha deciso di sostituire Zingaretti con Letta ha però in mente anche una ridefinizione complessiva degli equilibri politici in Italia all’interno del quadro europeista e atlantico. Bisogna vedere in questo passaggio non solo un’alternanza di leadership, ma qualcosa di molto più ampio, che è partito dalla defenestrazione di Conte. Siamo in piena pandemia, ma parallelamente siamo dentro una operazione di riorganizzazione del campo imperialista occidentale che coinvolge l’EU e i rapporti con gli USA.

Se questo è il disegno, bisogna fare un bilancio sia su come procede l’operazione restaurazione e normalizzazione sia su come ci si deve muovere per contrastare i progetti dei nostri avversari politici e di classe. Pensare di contrapporsi a tutto questo con dichiarazioni e appelli generici non può modificare la situazione.

Abbiamo avuto modo di constatarlo ancora una volta, per fare un esempio, nell’iniziativa dell’11 marzo scorso a Roma. L’appello a manifestare veniva da un comitato internazionale che, sostenuto da molti governi, richiedeva la sospensione dei brevetti sui vaccini per consentire la vaccinazione gratuita a livello mondiale. Un’ottima occasione dunque, peraltro legata a tutta la gestione sanitaria del nostro paese. Davanti a Montecitorio c’erano però solo alcune decine di persone, tutte riconducibili al solito circuito politichese della sinistra ‘alternativa’ romana, con tanto di sventolio di bandiere, mentre mancavano del tutto settori di popolazione a cui la proposta di lotta sui vaccini sarebbe dovuta sicuramente interessare. Si può dichiarare guerra al governo Draghi in queste condizioni?

Continua a imperare in questo modo il principio che non importa quello che facciamo e quali risultati otteniamo, ma quello che diciamo coi comunicati e le testimonianze. Quando si comincerà a stabilire una connessione tra proposte, risultati e strumenti operativi per conseguirli? Le prospettive dipendono da questa capacità di connessione. Draghi e il suo blocco golpista dobbiamo imparare a combatterlo veramente, non a parole.

Torniamo dunque alla questioni essenziali che riguardano sia gli strumenti che un’ipotesi di programma che sia in grado di misurarsi con la sfida della normalizzazione che ci viene dall’operazione Draghi e ora anche dal programma di Letta. In primo luogo abbiamo la questione dello strumento. Pensare di poter affrontare con l’arco e le frecce un nemico che, nonostante le contraddizioni che si esprimono al suo interno e nella gestione del potere, non può essere assolutamente sottovalutato, ci rende ininfluenti e anche ridicoli. Se vogliamo affrontare lo scontro, alle parole devono seguire i fatti. E fatti significa cogliere in modo preciso le contraddizioni e coinvolgere veramente coloro che le subiscono. Siamo ben lontani da questa capacità, ma senza acquisirla rimaniamo soggetti alla manipolazione mediatica che il potere, nelle sue varie articolazioni, esercita sulla gente.

Mao diceva: osare combattere, osare vincere. Per noi il motto deve essere: imparare a combattere, imparare a vincere. Se lo diciamo non è per dare lezioni a chicchessia, ma per riportare la discussione sul terreno del realismo e della verifica delle intenzioni di chi dichiara di voler combattere.

Quale forza organizzare e in che modo?

Intanto si tratta di fare, in proposito, i conti con un luogo comune in cui sguazza una certa sinistra: la retorica delle lotte senza tener conto che esse, per essere vere, hanno un inizio e anche una fine e soprattutto un esito. Nutrirsi di ideologia non fa progredire il movimento: o lo si riduce a un rito o lo si porta alla dispersione e alla sconfitta. Quindi, per andare al concreto, bisogna in questa nuova fase capire da dove partono queste lotte, qual è il percorso e come ci attrezziamo. La riflessione da fare è questa.

Senza allargare, per ora, il discorso, limitiamoci alla partenza e rendiamoci conto che la prima e più urgente delle questioni che abbiamo di fronte è quella della pandemia, dei vaccini e delle condizioni di salute della gente nonchè le questioni sociali collegate.

Le forze che si raccolgono attorno a Draghi sanno che su questo si gioca la loro credibilità e il loro futuro. Possiamo su questo affrontare lo scontro e disarticolare i progetti di restaurazione e di normalizzazione? Possiamo da questo iniziare a creare una forza reale che sappia dare battaglia e porre le condizioni perchè l’esperienza e il risultato positivo possa rimettere in moto ampi settori di sinistra e restituire la fiducia che le cose possono cambiare? Non si tratta però, è bene precisarlo, solo di unire quelli politicamente schierati. In Italia ci sono milioni di persone che sono diffidenti rispetto all’azione di governo, ma confuse sulle responsabilità. Quest’opera di chiarimento dobbiamo saperla fare uscendo dalle nicchie e impegnandoci in campo aperto, con una forza unitaria e credibile.

Aginform
17 marzo 2021

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