[Sinistrainrete] Michele Castaldo: La forza della democrazia ovvero la democrazia della forza

Ad ogni crisi tra l’Occidente e gli altri paesi ricorre la necessità di ribadire che si tratta di uno scontro tra la democrazia e la non democrazia di paesi governati da autocrati o dittatori.

Che si tratti di paesi islamici, o di varianti di sinistra oppure di destra, la prima qualifica che viene ad essi affibbiata è che sono regimi dittatoriali. Ovviamente il personaggio che dirige in quel momento il paese, come ad esempio Putin in Russia, viene descritto sempre con appellativi poco lusinghieri. Insomma si parte – in quanto occidentali – dalla forza della democrazia per combattere quei paesi e popoli per l’incapacità di essere democratici, che finiscono per seguire l’uomo simbolo del momento che ad essi si sovrapporrebbe quasi come un corpo estraneo. Se poi si scopre che un personaggio come Putin viene eletto più volte con una maggioranza del 70/75/80%, beh, si dice a quel punto, il popolo non capisce, e avanti così.

Cerchiamo di sfatare il tabù: l’Occidente parte da un presupposto non del tutto sbagliato, perché butta sul piatto della bilancia una serie di argomenti non peregrini come la libertà individuale, i diritti umani, ma innanzitutto un patrimonio storico ricco di successi in tutti i campi, dunque non solo la potenza, quella distruttiva, quella criminale dei bombardamenti, delle guerre, delle occupazioni, del dominio di popoli, del razzismo, dello sfruttamento brutale di intere aree geografiche ecc., ma porta in dote, per così dire, anche altro, cioè l’idea della democrazia e innanzitutto un modello di sviluppo che si è affermato ormai in tutto il mondo; e chi frappone ad esso ostacoli non fa altro che ritardare in molti paesi lo stesso livello di benessere economico, dei costumi, della cultura e così via, come da noi in Occidente. Altrimenti detto il ritornello che viene ripetuto come un mantra ogni volta è: temono la forza della nostra democrazia, del nostro sviluppo, dei nostri consumi e dunque dei nostri valori.

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John Belamy Foster: La guerra per procura degli Stati Uniti in Ucraina

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La guerra per procura degli Stati Uniti in Ucraina

di John Belamy Foster

Olga Chernysheva Russia Kind People 2004. 810x477Una relazione importante tenuta da John Belamy Foster, professore di sociologia all’Università dell’Oregon e direttore della storica rivista americana Monthly Review, fa chiarezza su un aspetto finora poco esplorato della guerra per procura che si sta svolgendo in Ucraina, quello relativo al rischio nucleare. Questo aspetto della guerra in corso si inquadra nella ‘strategia della controforza’ e del ‘First Strike’ pericolosamente esplorata dagli Usa fin dagli anni ’60 e poi abbandonata, anche grazie a movimenti pacifisti di massa. Ripescata dopo il crollo dell’Urss e la fine della guerra fredda nell’ambito della strategia del grande impero americano, oggi si sta giocando una partita del cui possibile finale – il grande inverno nucleare e l’omnicidio – bisognerebbe essere tutti consapevoli. Come dice Foster, ‘c’è molto da capire, in poco tempo.’ (preziosa segnalazione di Vladimiro Giacché)

* * * *

Quello che segue è il testo di una presentazione di John Bellamy Foster all’Advisory Board del Tricontinental Institute for Social Research del 31 marzo 2022

Grazie per avermi invitato a fare questa presentazione. Parlando della guerra in Ucraina, la cosa essenziale da riconoscere in primo luogo è che questa è una guerra per procura. A questo proposito, nientemeno che Leon Panetta, che è stato direttore della CIA e poi segretario alla difesa sotto l’amministrazione Obama, ha recentemente riconosciuto che la guerra in Ucraina è una “guerra per procura” degli Stati Uniti, sebbene la cosa venga raramente ammessa. Per essere espliciti, gli Stati Uniti (appoggiati dall’intera NATO) sono impegnati da lungo tempo in una guerra per procura contro la Russia, con l’Ucraina come campo di battaglia.

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Roberto Buffagni: Come si svolgerà la fase tre delle ostilità in Ucraina?

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Come si svolgerà la fase tre delle ostilità in Ucraina?

di Roberto Buffagni

Boris Johnson al “Financial Times”: “La Russia può vincere, mandiamo tank in Polonia”.

In vista del probabile successo della prossima offensiva russa e della conseguente neutralizzazione delle FFAA ucraine, i britannici, che hanno un ruolo di primissimo piano nella gestione delle ostilità, preparano la fase tre della guerra: finiti gli ucraini, facciamo entrare in campo i polacchi e i baltici.

La fase tre della guerra in Ucraina tra Russia, USA e NATO, si svolgerebbe così.

  1. La prossima offensiva, in cui la Russia impiega la sua superiore potenza di fuoco, neutralizza il grosso delle FFAA ucraine oggi fortificate nel Donbass. L’Ucraina non è più in grado di resistere efficacemente. Termina la fase due delle ostilità.
  2. Inizio della fase tre. Su richiesta di aiuto militare del governo ucraino (eventualmente rifugiato in esilio) al governo polacco e ai governi baltici, entrano in Ucraina truppe regolari polacche e baltiche, e un contingente di mercenari finti e veri. I mercenari veri sono forniti dalle aziende che forniscono contractors. I mercenari finti sono militari di paesi NATO che si dimettono dalle loro FFAA per non coinvolgere giuridicamente come belligeranti i propri paesi, e vanno a combattere senza mostrine.

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Dino Greco: Il PD atlantista attacca l’Anpi e si arruola coi guerrafondai

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Il PD atlantista attacca l’Anpi e si arruola coi guerrafondai

di Dino Greco*

Credevamo che di transumanza in transumanza il Pd avesse completato, come nei peggiori film horror, la propria metamorfosi politica. Credevamo che l’approdo nell’alveo della cultura liberista descrivesse compiutamente il nuovo profilo culturale e politico di quel partito. Credevamo che definire il Pd, con una formula sintetica, come la “sinistra del capitale” spiegasse ormai tutto.

Ci sbagliavamo. Perché quando rompi gli argini, quando a trattenerti non c’è più alcun freno inibitorio, neppure di natura morale, allora la tua cultura originaria si dissolve e la tua deriva si trasforma in una precipitosa fuga nell’opposto. È così che l’ultima e fondamentale roccaforte, la Costituzione, è stata divelta dai suoi cardini, già tremolanti per incuria e disinnamoramento. Il progetto di società che vive in essa sbiadisce sino a corrompersi e i principi che lo innervano vengono recisi dalle radici.

Accade così che persino il ripudio della guerra si tra- sformi nel suo rovescio e improvvisati esegeti della Resistenza scambino la partecipazione armata al conflitto in Ucraina a fianco del Battaglione Azov come un atto coerente con la lotta di Liberazione di cui in Italia furono protagonisti i partigiani.

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Norberto Fragiacomo: Democrazia e libertà di parola: la condanna di Socrate e il caso Assange

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Democrazia e libertà di parola: la condanna di Socrate e il caso Assange

di Norberto Fragiacomo

Fra i dialoghi socratici l’Eutifrone non è uno dei più celebri, anche se un grande studioso come Giovanni Reale gli ha dedicato un magistrale saggio introduttivo in cui si dimostra che, ben lungi dal non approdare a nulla, la discussione fornisce al lettore attento tutti gli elementi necessari a formulare correttamente il concetto di “santità”, da intendersi come contributo umano alla realizzazione di quel Bene che è grato al dio.

Proprio sui temi del “santo” e dell’”empio” verte il dialogo, vivacissimo e godibile, oltre che sulla natura degli dei (rectius: della divinità): l’occasione è offerta dall’incontro fortuito dinanzi al tribunale ateniese fra Socrate e Eutifrone, un indovino venuto ad accusare il proprio padre dell’omicidio di un lavoratore a giornata (morto in realtà in prigionia dopo aver assassinato uno schiavo). Socrate, a sua volta denunciato per empietà (corromperebbe i giovani secondo il carrierista Meleto, icasticamente ritratto con maliziosa ironia), non rinuncia malgrado la minaccia incombente a confrontarsi con un uomo saldo nelle sue convinzioni che, messo alle strette, dimostra una sconsolante pochezza.

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Massimo Maggini: Introduzione a “Il capitale mondo”

lanatra di vaucan

Introduzione a “Il capitale mondo”

di Massimo Maggini

capitale mondo page 0001La fase terminale volge sempre in farsa,
anche se, in ultima analisi, in una farsa sanguinosa
Robert Kurz

Con la pubblicazione de Il capitale mondo esce finalmente in Italia uno dei libri più interessanti ed importanti di Robert Kurz.

Kurz, insieme a pochi altri (fra cui Roswitha Scholz, Norbert Trenkle e Ernst Lohoff), è stato il fondatore della corrente di pensiero chiamata Wertkritik (Critica del valore),1 una rilettura del pensiero marxiano che privilegia gli aspetti rimasti in ombra nella ricezione di Marx da parte del marxismo classico. Quest’ultimo, infatti, ha focalizzato l’attenzione sulla lotta di classe, sulla soggettività operaia e sulla richiesta di una più equa distribuzione del prodotto e della redditività sociale – tutti temi sicuramente presenti nell’opera marxiana – trascurando però quasi completamente, tranne qualche insufficiente e temporanea eccezione, una parte altrettanto presente ed importante, se non anche più dell’altra, che analizza la struttura di fondo del sistema del capitale e ne rintraccia le contraddizioni interne e i limiti invalicabili, verso i quali questo sistema è necessariamente indirizzato per un proprio moto interno ineludibile.

Non è un caso, infatti che Kurz parli di un “duplice Marx”,2 distinguendo fra un Marx “essoterico”, quello appunto della “lotta di classe” (un “rampollo e dissidente del liberalismo, il politico socialista della sua epoca ed il mentore del movimento operaio, che si limitava ad esigere diritti di cittadinanza e un ‘equo salario per una giornata di lavoro equa’ ”, come lo definisce Kurz),3 dove il capitale non è letto come un rapporto sociale storicamente determinato ma viene “ontologizzato”, e l’obiettivo principale diventa il rovesciamento dei rapporti di potere, non del sistema nelle sue fondamenta, e quello “esoterico”, critico impietoso della struttura capitalistica e del suo ottuso feticismo, della forma-valore, che presiede al movimento del capitale, e del tanto osannato – specie dai paladini del marxismo classico – “lavoro astratto” che ne è, diciamo, l’“esecutore materiale”.4


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Osvaldo Costantini: Pandemia, stato, capitale. Qualche bilancio

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Pandemia, stato, capitale. Qualche bilancio

di Osvaldo Costantini

covidball1Sebbene la nuova emergenza bellica abbia soppiantato quella del covid, mutuandone il linguaggio, nel palcoscenico mediatico, la gestione della circolazione del virus mediante un determinato approccio è ancora attivo. Al contrario, invece, sembrano in fase di risacca le mobilitazioni contro gli aspetti autoritari di quella vicenda, le cui caratteristiche sembravano aprire scenari in parte inediti.

A fronte di una annunciata volontà di allentare le misure, restano alcuni degli aspetti della gestione autoritaria della pandemia, a cui si aggiungono assurdi strascichi punitivi, tra cui quello nei confronti dei docenti sospesi: in virtù del nuovo decreto, essi possono rientrare a scuola ma, se non vaccinati, preclusi dall’insegnamento e quindi destinati ad altre mansioni. Al netto della valutazione sul demansionamento, che, per una cultura sindacale, è estremamente grave, ciò che colpisce è la messa in atto, nel piccolo, della dinamica greenpassista: mettere chi non ha obbedito, chi ha fatto una cosa diversa dalla massa (non importa qui se la valutiamo giusta o sbagliata), alla gogna. La persona in questione entrerà a scuola e sarà osservata dagli alunni nel suo nuovo ruolo (temporaneo?), messa in vetrina cioè come docente “novax” che non ha i requisiti (morali?) per l’insegnamento. Il dissenso in questo modo viene allontanato dalla possibilità di formare gli studenti e usato come monito per coloro ai quali venisse in mente, nella vita, di fare una cosa diversa da quella che gli dice il potere, da ciò che pensa la massa. A questo aspetto punitivo, si aggiungono alcune inquietanti dichiarazioni di Draghi e Colao che sembrano confermare alcune delle più nere ipotesi dei mesi passati, spesso bollate come complottismi.

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Alessandro Visalli: Disconnessioni e fìne del sistema-mondo occidentale

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Disconnessioni e fìne del sistema-mondo occidentale

Circa il rapporto della Banca di Russia alla Duma

di Alessandro Visalli

NabiullinaMentre il lockdown di Shangai crea un ciclopico ingorgo di navi mercantili davanti alla città e interrompe ulteriormente le catene di approvvigionamento globali, con colli di bottiglia che per il Frankfurter Allgemeine[1] inducono riduzioni di oltre il 40% e si faranno sentire fino in Germania, la Bundesbank[2] stima che l’embargo totale dell’energia la farebbe precipitare in recessione già quest’anno. Si stima una riduzione del Pil del 2% ed effetti trascinati per i due anni successivi. Inoltre, un incremento di lungo periodo del tasso di inflazione. In una intervista il Cancelliere tedesco ha inoltre spiegato per quale motivo non consegnerà armi pesanti e ritiene che l’embargo al gas russo non sia utile a fermare la guerra, e comunque non vada fatto.

Spostiamoci, la Banca di Russia ha presentato alla Duma il suo Rapporto 2021 e il suo Presidente, Elvira Nabiullina, che è stata confermata alla guida dell’ente, ha spiegato che il Pil è cresciuto nell’anno del Covid del 4,7% con un livello di disoccupazione ai minimi storici. Inoltre, nel 2021 i prestiti alle imprese sono cresciuti del 21%, i mutui del 30% e i prestiti al dettaglio del 20%. La Izvestia racconta[3] che la Nabiullina si è soffermata in particolare sulle misure assunte nel 2022 per contrastare le sanzioni occidentali. A febbraio/marzo la Banca centrale ha infatti alzato il tasso al 20% allo scopo di preservare la liquidità delle banche e ha sviluppato un corrispondente allentamento normativo. La Presidente ha spiegato che presenza di riserve in dollari ed euro, presso istituti europei, per 300 miliardi era necessaria per avere un termine di stabilizzazione in caso di crisi nazionale, ciò le ha rese attaccabili; tuttavia già dal 2014 la diversificazione delle riserve in moneta estera era andata avanti. La quota del dollaro Usa era scesa ad un quarto, mentre la quota di oro era salita di due volte e mezzo e quella di yuan al 17%.

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Fabio Mini: “Bombe di verità”: così gli Usa hanno messo le mani sull’Ucraina

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“Bombe di verità”: così gli Usa hanno messo le mani sull’Ucraina

di Fabio Mini

Un paio di settimane fa, in un’apparizione su una televisione statunitense, la celebre giornalista Lara Logan ha lanciato tante e tali “bombe di verità” su uno spaesato pubblico da costringere i conduttori della trasmissione a implorare (sui telefoni interni) l’interruzione pubblicitaria. Le bombe in realtà erano cose che i cosiddetti complottisti dicono da tempo a tutto il mondo, salvo agli americani evidentemente.

A prescindere dalla retorica putiniana, speculare a quella antiputiniana, ciò che meraviglia è la reazione del pubblico: un tripudio di complimenti per le verità taciute, un paio di obiezioni, molti attestati di ammirazione per il coraggio e altrettante preghiere di chi teme per la sua vita.

Anche nella terra della libertà di espressione, se dici qualcosa che infastidisce il potere sei morto. La filippica della Logan è qualcosa di più: è una chiara chiamata in correità della leadership Usa in ciò che sta accadendo in Ucraina. Lì la retorica dei buoni e dei cattivi è saltata, com’era saltata sul Vietnam, l’Iraq, l’Afghanistan, ma per gli americani ormai assuefatti all’idea di essere i buoni, è sempre una “scoperta” salutare ma traumatica.

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Antonio Mazzeo: Gli aerei USA di Sigonella e i misteri dell’affondamento dell’incrociatore russo nel Mar Nero

antoniomazzeo

Gli aerei USA di Sigonella e i misteri dell’affondamento dell’incrociatore russo nel Mar Nero

di Antonio Mazzeo

L’affondamento dell’incrociatore russo “Moskva” a largo di Odessa dopo essere stato colpito da uno o più missili, mercoledì 13 aprile. Certamente l’evento più traumatico per le forze armate e l’opinione pubblica della Federazione Russa in questi due primi mesi di guerra all’Ucraina.

Sono ancora fittissimi i misteri sulle dinamiche e sulle unità ucraine protagoniste dell’attacco, top secret il numero delle vittime. Un elemento a dir poco imbarazzante è però stato accertato: l’intera operazione militare contro la nave ammiraglia della flotta russa nel Mar Nero è stata “monitorata” e registrata a poche miglia di distanza da un pattugliatore marittimo Boeing P-8A “Poseidon” della Marina militare USA, decollato qualche ora prima dalla stazione aeronavale di Sigonella.

Sulla centralità della grande base militare USA e NATO “ospitata” in Sicilia per le operazioni di intelligence nel sanguinoso conflitto Russia-Ucraina si è soffermato un articolo comparso il 20 aprile sull’autorevole quotidiano londinese The Times, prontamente ripreso dal francese Le Figaro e – solo parzialmente – da alcuni organi di stampa italiani. Oggetto dell’inchiesta le evoluzioni aeree in Mar Nero del pattugliatore “Poseidon” prima e durante l’attacco contro l’incrociatore lanciamissili russo. Una missione, quella dell’aereo USA partito da Sigonella, che potrebbe aver contribuito in maniera determinante al “successo” dell’operazione delle forze armate di Kiev.

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Ahmet Tonak – Vijay Prashad: La globalizzazione guidata dall’Occidente potrebbe finire, quella nuova ha un volto orientale

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La globalizzazione guidata dall’Occidente potrebbe finire, quella nuova ha un volto orientale

di E. Ahmet Tonak* – Vijay Prashad**

Un articolo scritto dagli autori John Micklethwait e Adrian Wooldridge per Bloomberg il 24 marzo ha suonato l’allarme per annunciare la fine della “seconda grande era della globalizzazione“.

La guerra commerciale occidentale e le sanzioni contro la Cina che hanno preceduto la pandemia si sono ora unite alle rigide sanzioni occidentali imposte alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.

Queste sanzioni sono come una cortina di ferro costruita dagli Stati Uniti e dai loro alleati intorno all’Eurasia. Ma secondo Micklethwait e Wooldridge, questa cortina di ferro non scenderà solo intorno alla Cina e alla Russia, ma avrà conseguenze di vasta portata in tutto il mondo.

L’Australia e molti paesi dell’Asia, tra cui India e Giappone – che sono affidabili alleati degli Stati Uniti su altri temi – non sono disposti a rompere i loro legami economici e politici con Cina e Russia.

I 38 paesi che non hanno votato alla riunione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 24 marzo per condannare la guerra della Russia in Ucraina includevano Cina e India; entrambi questi paesi “rappresentano la maggioranza della popolazione mondiale“, osservano Micklethwait e Wooldridge nel loro articolo.

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Redazione: Che fine hanno fatto i documenti sull’efficacia dei vaccini?

ilparagone

Che fine hanno fatto i documenti sull’efficacia dei vaccini?

E ora per l’Aifa (querelata) si mette molto male

di Redazione

Il 27 dicembre 2020 è stata la data che ha segnato l’inizio della campagna vaccinale anti Covid-19 in Italia ed Europa. Una data che, molto probabilmente, resterà negli annali. Da allora la campagna vaccinale è stata un vero e proprio schiacciasassi. Passando sopra tutto e tutti, ha portato all’inoculazione dei sieri sperimentali circa un miliardo e mezzo di persone nel mondo. Nel nostro Paese l’89,98% della popolazione risulta essere vaccinata con almeno due dosi.

 

Domande lecite

Questo doveroso preambolo porta ad una questione di non poco conto: com’è possibile farmaci che solitamente hanno bisogno di un minimo di 15/20 anni per raggiungere i requisiti di efficacia e sicurezza, siano stati elaborati, contrattualizzati, messi sul mercato, distribuiti ed inoculati in certi casi con la forza nella popolazione? Alcune persone non si sono limitate alle domande, anzi, hanno iniziato ad indagare per contro proprio. Il fine? Stabilire su quali basi si fonda l’imposizione alla vaccinazione anti-Covid da parte dello Stato italiano.

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Salvatore Bravo: Realtà e Reale

sinistra

Realtà e Reale

di Salvatore Bravo

La scissione del tempo e dal tempo storico con la sua “guidata” frammentazione è il dominio che si instaura nelle coscienze, il logos è sostituito dal reale lacaniano. Il tempo immediato diviene la legge che governa le menti e fa in modo che l’astratto governi. La caverna di Platone è la mente umana posta al servizio dell’astratto, in essa il reale ha sostituito la realtà. Non si deve conoscere la realtà con i rapporti di produzione in cui si è implicati, rivelerebbero le contraddizioni e la costante sussunzione delle soggettività alla propaganda. Lacan con la distinzione tra reale e realtà è interno al percorso platonico. La caverna è buia come il reale astratto, non vi sono rapporti sociali e di produzione, il reale respinge e rimuove la realtà e la verità. Il reale è il sogno ipnotico del capitale, per autoconservarsi deve surrogare la parola con la propaganda, la realtà materiale con l’astratto. L’ipnosi di massa spinge le menti nel buio dell’astratto, si spegne lo sguardo del logos nello splendore mediatico del sonno della ragione. Il tempo si frammenta e scompare con i suoi dati carichi di senso, i quali attendono il soggetto per riportarli alla loro oggettività. Il reale è il fortilizio del capitalismo, addomestica con l’astratto, l’io non media tra il Super-io e l’Es, ma tutto è immediato, e pertanto la coscienza si disperde nel presente.

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Essepi: Riflessioni sulla guerra: Russia e Ucraina; Cina e Stati Uniti

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Riflessioni sulla guerra: Russia e Ucraina; Cina e Stati Uniti

di Essepi

L’aggressione della Russia all’Ucraina è anche il riflesso di un’emergente divisione del lavoro internazionale non più favorevole a Washington. La Cina al contrario si rivela sempre più il punto centrale di equilibrio del mondo

 

Guerra in Ucraina e riassetto internazionale

Nella pancia dell’attuale guerra in Ucraina si cela l’aspirazione a un nuovo ordine internazionale. Ma cos’è l’ordine internazionale se non la proiezione politica della divisione internazionale del lavoro? Se così è, all’interno dell’involucro sanguinoso della guerra c’è anche l’adeguamento delle relazioni tra gli Stati allo stato dell’arte dell’economia.

Il debito pubblico statunitense ha raggiunto a fine 2021 la cifra record di 28.900 miliardi di dollari e il rapporto debito/Pil ha superato il 100%. Si può legittimamente sospettare che vi sia una relazione tra la condizione sempre più precaria dei conti pubblici di Washington, le crescenti difficoltà del suo apparato produttivo e le tensioni tra Ucraina e Russia? C’è chi lo ha fatto egregiamente su questo giornale alcune settimane fa e non staremo a ripeterlo.

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