El Qaisi, una barbarie giuridica per zittire la diaspora

Il Manifesto – 30/09/2023

El Qaisi, una barbarie giuridica per zittire la diaspora | il manifesto

 

LA LETTERA. Rovelli, Cacciari, Levi, Salih, Mezzadra…l’appello al governo dell’accademia italiana e palestinese: «Si tratta di un innalzamento della repressione di Israele verso studenti, semplici cittadini, intellettuali la cui unica colpa è promuovere la cultura e i diritti del proprio popolo»

Scriviamo questa lettera come accademici italiani, italo-palestinesi e palestinesi con grande preoccupazione per le sorti di Khaled el-Qaisi, arrestato al ponte di Allenby dall’esercito di occupazione israeliano il 31 agosto 2023, mentre si accingeva a fare ritorno a casa con sua moglie e suo figlio dopo un periodo di vacanza trascorso a Betlemme, sua città di origine da parte paterna.

Khaled – studente di lingue e civiltà orientali alla Sapienza, intellettuale e traduttore di libri di fondamentale importanza per la storia politica e culturale palestinese – è detenuto da quasi un mese nelle carceri israeliane senza capi di imputazione, privato della possibilità di incontro con il suo legale. Amnesty International ha reso noto che Khaled è stato sottoposto a vessazioni psicologiche e fisiche durante la detenzione, tra cui «privazione del sonno, minacce, offese verbali e imposizione prolungata di posizioni di stress» che, continua Amnesty, «sono potenzialmente riconducibili a un crimine di diritto internazionale».

TUTTO QUESTO in contrasto con quanto dichiarato dal governo italiano che ha invece cercato di rassicurare il nostro paese sulle buone condizioni di Khaled. Ugualmente violenta e disumana è la modalità con cui i militari israeliani hanno trattato la famiglia di Khaled, la moglie e il figlioletto di soli 4 anni, che dopo aver assistito all’arresto arbitrario del marito e papà, sono stati privati di soldi e telefono e lasciati al confine in uno stato di estrema precarietà e di violazione dei più elementari diritti, ancora più grave se considerata la presenza di un bambino già certamente traumatizzato dagli eventi. Solo grazie alla solidarietà di alcune donne palestinesi sul posto, la famiglia è riuscita a giungere in Giordania e a recarsi all’ambasciata per il supporto necessario.
Da decenni i sistemi di arresto e carcerazione israeliani operano al di fuori della legalità internazionale. Secondo Amnesty International, sono oltre 5mila i palestinesi attualmente detenuti in Israele (deportati illegalmente dai territori occupati) e tra questi 1.260 sono in carcere senza accusa e processo, grazie all’utilizzo da parte di Israele dell’espediente della detenzione amministrativa che, rinnovata di 6 mesi in 6 mesi, consente a Israele di detenere cittadini senza alcuna prova, imputazione o processo, spesso per molti anni, in totale disdegno del diritto internazionale e dei diritti umani fondamentali.
Come accademiche e accademici siamo profondamente preoccupati per le condizioni e la natura della detenzione di Khaled, che rappresenta un ulteriore innalzamento della repressione di Israele verso studenti, intellettuali o semplici cittadini la cui unica colpa è di essere attivi o visibili a vario titolo nella promozione della cultura e dei diritti del proprio popolo nella diaspora.

Spesso si tratta di cittadini di paesi altri, di origine palestinese, che contemporaneamente detengono – grazie a grandi sacrifici e perseveranza – un passaporto palestinese o un permesso di residenza in Cisgiordania, incluso Gerusalemme, o a Gaza. «Colpevoli di Palestina», come ha efficacemente riassunto il titolo della campagna per la liberazione di Khaled che si è attivata in queste settimane.
Non è la prima volta che questo succede nel corso degli ultimi anni. Nel settembre 2016 un cittadino britannico, Fayez Sharary, fu arrestato in condizioni simili a quelle di Khaled, davanti alla moglie e figlioletta di 3 anni, mentre si accingeva a fare ritorno a casa dopo le vacanze. In questo caso, fu proprio un giudice militare israeliano a ordinare il suo rilascio, dopo avere accertato l’uso di tortura e confessione forzata sul detenuto e dichiarando irrilevanti i capi di accusa.

ANCORA Mustafa Awad, cittadino e ballerino belga di origine palestinese, detenuto per 253 giorni nelle prigioni israeliane e liberato grazie a una vasta campagna in favore della sua liberazione e all’assistenza legale della nota avvocata israeliana Lea Tsemel, che riuscì a dimostrare l’infondatezza delle accuse di «terrorismo» a lui mosse.
E ancora l’avvocato franco-palestinese Salah Hamouri detenuto di «massima sicurezza» in stato di detenzione amministrativa dal marzo 2022 al dicembre 2022 e poi deportato in Francia dopo essere stato privato del suo permesso di residenza e carta di identità di Gerusalemme.
Quello in atto è un chiaro tentativo di silenziare le voci della diaspora e contemporaneamente di privare i cittadini studenti e intellettuali della diaspora del diritto di residenza, di ritorno, o di visita alle proprie famiglie e cari nei territori occupati palestinesi.
Come intellettuali italiani e palestinesi della diaspora esprimiamo profonda preoccupazione per la scarsa attenzione che i nostri media hanno riservato alla detenzione arbitraria di Khaled.

CHIEDIAMO al governo italiano e al vicepremier e ministro degli esteri Tajani, che ha recentemente affermato che il nostro paese «non intende interferire con le attività giudiziarie» israeliane (!), di invece interferire, intercedendo per fermare la barbarie giuridica di una detenzione senza accusa, con condizioni di detenzione profondamente lesive della dignità e della salute di Khaled e in violazione dei più fondamentali diritti umani.
Va immediatamente chiesta la scarcerazione di Khaled el-Qaisi. A meno che il nostro governo consideri Khaled, in quanto italo-palestinese, un italiano di seconda o terza classe e il rapporto diplomatico con Israele più importante della dignità del nostro concittadino.

Primi firmatari:
Ruba Salih, Università di Bologna
Carlo Rovelli, Aix-Marseille University
Massimo Cacciari, Università San Raffaele, Milano
Wasim Dahmash, già Università di Cagliari
Alessandro Petti, Royal Institute of Art, Stockholm University
Sandro Mezzadra, Università di Bologna
Ada Barbaro, Sapienza Università di Roma
Giovanni Levi, Università Ca’ Foscari di Venezia
Sara Farris, Goldsmiths Università di Londra
Nicola Perugini, Università di Edimburgo
Alessandra Mezzadri, School of Oriental and African Studies, Università di Londra Francesca Biancani, Università di Bologna
Leopoldina Fortunati, Universita’ di Udine
Leonardo Capezzone, Sapienza Università di Roma
Diana Carminati, già Università di Torino
Daniela Pioppi, Università di Napoli L’Orientale
Riccardo Badini, Università di Cagliari
Simone Sibilio, Università di Venezia Ca’ Foscari
Cristiana Baldazzi, Università di Trieste
Marco Ramazzotti, Sapienza Università di Roma
Roberta De Monticelli, Già docente di Filosofia della persona alle università di Ginevra e San Raffaele di Milano
Luigi Daniele, Università di Nottingham Trent
Giacomo Costa, già ordinario di Economia Politica all’Università di Pisa
Marco Ammar, Università degli Studi di Genova
Roberto Beneduce, Università degli Studi di Torino
Simona Taliani, Università degli Studi di Torino
Paola Rivetti, Università di Dublino
Maria Chiara Rioli, Università di Modena e Reggio Emilia
Annalisa Frisina, Università di Padova
Paola Gandolfi, Università di Bergamo
Patrizia Zanoli, Università di Venezia Ca’ Foscari
Barbara De Poli, Università di Venezia Ca’ Foscari

 

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